Violenza sulle donne: le anti-statistiche
By Davide Stasi
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Book preview
Violenza sulle donne - Davide Stasi
All’uomo
PREFAZIONE
di Fabio Nestola
Poche cose sono impopolari come contestare il mantra della violenza sulle donne.
Un femminicidio ogni tre giorni, no ogni due, una violenza ogni 15 minuti, denunciate, denunciate, servono più fondi per i centri antiviolenza, vanno rifinanziati quelli esistenti e se ne devono creare di nuovi, rieduchiamo il maschio, il nemico, la fonte di ogni male: toxic masculinity.
Le famiglie italiane grondano sangue, è tutto vero, deve essere vero, lo dice l’ISTAT, lo dicono i giornali, lo dicono i TG e pure tutte le trasmissioni mattutine, pomeridiane e serali di qualsiasi emittente pubblica e privata: è vero, l’ho sentito in TV
.
E se lo dice Barbara d’Urso … cosa c’è di più attendibile?
Il pastore impone la strada ed il gregge si adegua. E la gente si adegua da troppi anni, è facile seguire il Vento Prevalente, mai nessuno che senta il bisogno di verificare.
Paul Joseph Goebbels, il Ministro per la propaganda del III Reich, sosteneva se dici una menzogna enorme e continui a ripeterla, prima o poi il popolo ci crederà.
Col tempo la frase ha subito diverse varianti: prendi una menzogna e ripetila mille volte: diventerà una verità
oppure niente è più vero di una menzogna ripetuta all’infinito
.
Forme diverse ma il succo è lo stesso: chi controlla l’informazione controlla anche il condizionamento delle masse. Non ha importanza cosa si dica, ma quanto spesso lo si ripeta; gutta cavat lapidem.
Un’informazione pilotata ci anestetizza da decenni, o tenta di farlo. Allineati e coperti, foche ammaestrate nutrite a pillole blu, tutti in disciplinata fila dietro al Grande Pifferaio Magico.
Ogni tanto però qualcuno alza la testa e comincia a farsi delle domande.
Davide Stasi è uno di questi.
Davide ha fatto dell’impopolarità il proprio pane quotidiano, non importa il prezzo che deve pagare ma esce dal gregge e studia, si documenta, approfondisce, cerca risposte alle troppe domande che l’informazione pilotata lascia inevase.
E le risposte le trova.
Se preferite non avere problemi con i rigurgiti di coscienza, se vi basta accodarvi al Vento Prevalente, avete buttato i vostri soldi. Non leggete questo libro, non apritelo nemmeno, usatelo per pareggiare la gamba del tavolino che balla.
Se invece vi interessa un’informazione non allineata, prendete la red pill e bevete una ad una le pagine di un libro che toglie il velo alla menzogna.
È strano che sia lasciato ad un ricercatore privato affrontare argomenti scomodi come i numeri gonfiati dei femminicidi e delle denunce di violenza; dobbiamo piuttosto domandarci perchè non li abbiano mai affrontatati le fonti istituzionali.
Buona lettura: Violenza sulle donne: le anti-statistiche
è collirio per occhi affaticati dal qualunquismo dominante.
INTRODUZIONE
Questo libro nasce dall’esperienza di tre anni come amministratore e gestore del blog Stalker sarai tu
[1]. In tre anni di attività di analisi e produzione di contenuti, con più di mille articoli all’attivo, ho avuto modo di farmi un’idea abbastanza chiara del contesto culturale in cui le società occidentali, italiana inclusa, si stanno muovendo relativamente alle relazioni tra uomini e donne.
Quello che ho riscontrato è l’esistenza di un solido blocco ideologico che sovrasta e determina tutta intera la descrizione della realtà, imponendola alle collettività con strumenti propagandistici di ogni tipo, dai più rozzi (la ripetizione ossessiva del messaggio) ai più raffinati (l’infiltrazione nei gangli del potere). La versione dei fatti che questa ideologia trasmette, nella sua devastante semplicità, è la seguente: le donne, tutte, sono state storicamente e ancora sono vittime dell’oppressione e della violenza maschile. In quanto tali, meritano un risarcimento nel presente e nel futuro. Gli uomini, dal canto loro, sono naturalmente malvagi, violenti, aggressivi, per loro intima inclinazione orientati a opprimere le donne, ostacolandone l’emancipazione sociale, professionale, affettiva e sessuale. Come tali, vanno perseguiti, puniti ed emarginati. Unica via d’uscita: una salvifica ma obbligatoria rieducazione
.
Quali siano gli scopi di questa ideologia e di chi se ne fa portatore nel mondo, non è chiaro. Asseritamente è la parità tra uomo e donna. Negli atti come nella comunicazione pubblica, però, sembra piuttosto essere il totale annientamento della figura maschile in generale, con uno speciale accanimento se essa si declina anche nella figura paterna. Le teorie sui possibili obiettivi di un’ideologia del genere e del suo apparato sono tante e non è questa la sede per analizzarle ulteriormente rispetto a quanto già detto da altri. Basta constatare che si tratta di un impulso conflittuale e distruttivo che individua come nemico il maschile e, per estensione, ogni capacità relazionale tra persone di sesso opposto. In una parola, si tratta di un’ideologia che gioca pericolosamente con il futuro, avvelenando le falde del presente.
Non molto tempo fa ho scritto nel mio blog che oggi non possiamo non dirci antifemministi
. Qui lo confermo con forza, anche se proprio concetti del genere mi hanno fatto guadagnare la scontata nomea di misogino
. Ovvero un soggetto che odia le donne. Un modo astuto per etichettare negativamente un nemico, rendendolo così già perdente agli occhi dell’opinione pubblica. Ma è, per l’appunto, soltanto un’astuzia. Perché sono anche antinazista, ma non per questo odio i tedeschi. Sono anche antifascista, ma non per questo odio i miei connazionali italiani. Sono pure anticomunista, ma non odio i russi, i cinesi, i nordcoreani o i cubani. Aborro il fondamentalismo religioso, ma non per questo odio tutti coloro che professano una fede.
Io ho combattuto per tre anni il femminismo. Ma questo non fa, non può fare di me un odiatore delle donne. Anzi, a ben vedere, la mia battaglia si rivolge anche a quell’incalcolabile folla di donne che non si riconoscono nemmeno per errore in nessuno dei dettami dell’oltranzismo in gonnella, o della corporate rosa, come la chiamerò spesso nelle prossime pagine. E che ritengono non solo normale, ma addirittura bello relazionarsi con il mondo maschile, con la consapevolezza di differenze che non possono essere colmate ma solo integrate in un quadro più completo, profondo, evoluto.
La mia battaglia per contribuire a ricollocare l’uomo nuovo, quello sorto dalle ceneri del modello maschile scaturito dal boom economico degli anni ’60 del ’900, poi superato negli anni ’80 e ’90, ossia quello non solo disponibile, ma desideroso di integrare il suo tradizionale ruolo di bread-winner con quello nuovo di care-giver, – ebbene, quella battaglia vuole avere come esito non la vittoria del patriarcato
e lo schiacciamento della donna nei ruoli più marginali della società, bensì una nuova alleanza orientata a un futuro sostenibile sotto il profilo delle relazioni di coppia. Anche questo è un concetto espresso centinaia di volte nel mio blog, ma debitamente trascurato da chi ha avuto interesse a etichettarmi semplicemente come misogino
.
Con la stessa potenza semplificatoria e mistificatoria gli apostoli di questa rovinosa ideologia chiamata (a mio avviso molto impropriamente) femminismo
, si appropriano e manipolano dati e statistiche per piegarle a proprio vantaggio, per usarle come prova della fondatezza della loro lettura del mondo. E per determinare nell’opinione pubblica la giusta propensione ad accettare come doverosa la perpetuazione di prassi ingiustificate, come il corposo finanziamento pubblico ad associazioni, organizzazioni, onlus e simili