Tu, Io e il freddo brivido dell'incertezza
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Book preview
Tu, Io e il freddo brivido dell'incertezza - Alfonso Dell'Agli
Indice
DEDICA
PREFAZIONE
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
Alfonso Dell’Agli
Tu, Io e il freddo brivido
dell'incertezza
Youcanprint
Titolo | Tu, Io e il freddo brivido dell'incertezza
Autore | Alfonso Dell'Agli
ISBN | 978-88-31654-19-7
Prima edizione digitale: 2019
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Marco Biagi, 6 - 73100 - Lecce
info@youcanprint.it
www.youcanprint.it
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Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.
DEDICA
A tutte le persone che ho incontrato per strada, alla mia famiglia, a Carmine Mercuri per la bellissima prefazione, ai poeti ubriachi di poche parole, ai musicisti senza strumenti musicali, ai sognatori e a tutte quelle persone là fuori che non hanno paura di reinvetarsi.
PREFAZIONE
Prefazione
Questo libro non è un semplice diario di viaggio. Questo piccolo racconto rapisce il lettore, si legge tutto d’un fiato, è scritto in modo rabbioso ed allo stesso tempo trasmette tutta la voglia di scoperta, tutti i perché, tutte le emozioni, tutta l’ansia, non solo ed esclusivamente del protagonista. Se vogliamo, e così è, si tratta dell’ansia di un’intera generazione, la generazione X
, quella dei senza futuro, dei nuovi schiavi, dei milleuristi, di chi, come il Nostro scappa via dalla sua casa, per scappare da una realtà in cui è un pesce fuor d’acqua, per inseguire i suoi perché, per trovare il suo posto nel mondo. Questo libro insegna. Un ragazzo di venti anni, come tanti, iscritto regolarmente all’università, che ha scelto il suo percorso di studi e lo sta seguendo come da programma. La passione per la fotografia e per la buona musica. La fidanzata. Eppure i giorni trascorrono ma lui non si sente al suo posto, sempre più a disagio, sempre più in balìa di sensazioni di disadattamento che non sa descrivere. Una morte strisciante
a piccole dosi, come direbbe Neruda. Troppe domande sulla vita e sul suo vero senso, sull’estetica della vita, sulla sua bellezza e profondità nell’unicità in cui ci è concessa. La si vive al massimo del potenziale e della felicità? Quello che la nostra società ci educa a fare e a pensare, alzarci ogni mattina, andare a lavorare o a lezione, laurearsi, lavorare, fare famiglia, fare ogni giorno gli stessi percorsi alle stesse ore, le vacanze programmate, questa sicura, confortevole, mediocre, innata ed inculcata sopravvivenza
, questo trascorrere
il tempo, non viverlo o addirittura ammazzarlo
possiamo chiamarlo Vita? Certo queste non sono domande di un comune ventenne che dovrebbe pensare solo a divertirsi e alle ragazze. Ma sono proprio queste domande, penetranti come tarli nel cervello a spingerlo a mollare tutto, università, fotografia e tutto il resto, perché il suo posto non è lì, non lui, non ora. E le sue domande lo porteranno anche a diventare un emarginato, perché con nessuno dei suoi coetanei può intavolare un confronto, una discussione, qualsiasi cosa che gli alleggerisca la pressione sul cranio. Il destino, che dovrebbe essere un po’ quello di tutti è racchiuso in un verbo: Andare
. Andare senza mai fermarsi, buttare via i perché, sublimare i come, farsi trasportare dal vento, dalla fortuna, e a volte dalla sventura, dallo spirito più estremo di adattamento. Andare via non solo fisicamente dai propri luoghi familiari, ma andare via soprattutto da sé stessi, da quello che si è diventati, andare via da sé stessi per ritrovarsi chissà dove, in un luogo diverso, con genti diverse, a fare cose diverse, ad avere interlocutori diversi. Senza mai fermarsi. Ricominciare ogni volta che si ha assorbito tutto quel che c’era da assorbire da un luogo, da una sensazione, da una persona, da rivedere o non rincontrare mai più, avendo fatto proprio l’insegnamento buddhista del non attaccamento
. Andare. Sempre. E così il racconto del Nostro diventa un diario di bordo, raccontandoci un’avventura in Macedonia, dove quasi per caso, si ritrova, e dove metterà alla prova tutto sé stesso, ma metterà a dura prova anche il lettore, costringendolo con i suoi racconti e soprattutto con le sue riflessioni virgolettate, ad interrogarsi egli stesso, a porsi domande su quanto sta effettivamente vivendo
la sua, di vita. Un viaggio che mette in discussione anche il nostro modello di società occidentale, mostrandoci la povertà, le brutture, eppure le bellezze di un paese nascosto ed arretrato sconosciuto ai più. Insieme a lui tante persone e personaggi
incrociati per la strada, con i quali condividere questo viaggio totale, perché fisico ed interiore, lontano dal passato sé
. Arriva anche l’amore, ritorna la passione per la fotografia, il protagonista ormai viaggia leggero e lascia tutto indietro
, si sente quasi un moderno Kerouac, nel suo piccolo. Lui continua a percorrere chilometri e ad inseguire come il miraggio di un’oasi nel deserto che non arriva mai, i suoi perché, più arrivano risposte, più aumentano le domande. A volte può essere veramente sfibrante e difficile convivere e sopravvivere a sé stessi. Persino il fattore linguistico, la difficoltà a comunicare in inglese con persone che arrivano da tutto il mondo in Macedonia e nel suo infosega
pone ad egli delle domande. E anche l’amore, come tutti gli amori, a fasi alterne, lo stuzzica, ma è l’amore che solo i ventenni sanno fare, con quella innocenza, con quella voglia di darsi, di fare, di sperimentare, di volere, di essere esseri al di là del bene e del male
, che quasi vivono letteralmente di soffi di aria. Del resto ci si accorge, durante il racconto, che per quanto veloce e coinvolgente sia, si finisce per voler essere al posto di questo ragazzino
che il suo paese ha scacciato via, che si trova ad affrontare