Dialogo sopra la generazione dei venti, baleni, tuoni, folgori, fiumi, valli e montagne
Dialogo sopra la generazione dei venti, baleni, tuoni, folgori, fiumi, valli e montagne
Descrizione
Per i suoi meriti e per la sua genialità sarebbe potuto di buon grado passare alla Storia come un secondo Leonardo Da Vinci, ma la sua figura, al pari di quelle di molti altri protagonisti del Rinascimento considerati a torto “minori”, è stata invece confinata nel ristretto ambito degli studi accademici e risulta oggi quasi del tutto sconosciuta e dimenticata.
Il suo Dialogo sopra la generazione dei venti, baleni, tuoni, folgori, fiumi, valli e montagne, pubblicato a Roma nel 1584, costituisce un pregevole condensato di Sapienza iniziatica, Scienza e Filosofia, un vero e proprio cibo per l’anima.
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Dialogo sopra la generazione dei venti, baleni, tuoni, folgori, fiumi, valli e montagne - Camillo Agrippa
Τεληστήριον
CAMILLO AGRIPPA
DIALOGO
SOPRA LA GENERAZIONE DEI VENTI, BALENI, TUONI, FOLGORI, FIUMI, LAGHI, VALLI E MONTAGNE
Edizioni Aurora Boreale
Title: Dialogo sopra la generazione dei Venti, Baleni, Tuoni,
Folgori, Fiumi, Laghi, Valli e Montagne
Autore: Camillo Agrippa
Collana: Telestèrion
Con prefazione di Nicola Bizzi
Editing e illustrazioni a cura di Nicola Bizzi
ISBN versione e-book: 978-88-98635-95-5
Edizioni Aurora Boreale
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CAMILLO AGRIPPA, POLIEDRICO MATEMATICO, ASTRONOMO, ARCHITETTO E INIZIATO DEL TARDO RINASCIMENTO
Nel 2019 si sono tenute in tutto il mondo, dall’Europa all’Australia, dalla Cina agli Stati Uniti d’America, imponenti manifestazioni culturali volte a celebrare il quinto centenario della morte di Leonardo Da Vinci, genio universale, grande artista, scienziato poliedrico, e – cosa certo non secondaria anche se solitamente taciuta – iniziato ad antiche Tradizioni misteriche.
Se da un lato fa indubbiamente piacere e ci può riempire di orgoglio il fatto che questo indiscusso protagonista dell’aurea stagione rinascimentale e del Genio Italico venga in questo modo ricordato e celebrato a livello internazionale, da un altro lato dobbiamo necessariamente soffermarci ad un’amara constatazione: il Rinascimento ha avuto molti altri protagonisti di assoluta genialità, uomini che, per quanto con le loro opere, teorie, creazioni, intuizioni, scoperte ed invenzioni abbiano contribuito in maniera determinante a traghettare la società europea dal Medio Evo all’Età Moderna, sono stati ingiustamente e miseramente condannati all’oblio, o – nel migliore dei casi – ricordati saltuariamente e sporadicamente nelle enciclopedie come personaggi minori
.
Potrei fare a riguardo molti nomi, da Matteo Palmieri a Coluccio Salutati, da Luca Pacioli a Ciriaco d’Ancona, da Giovanni Augurelli a Pietro Bembo, da Lorenzo Valla a Bernardino Telesio, da Girolamo Rorario a Michele Marullo, da Paolo Dal Pozzo Toscanelli a Marcello Palingenio Stellato, da Francesco Da Meleto a Niccolò Della Luna, da Cosma Raimondi a Guarino Veronese, da Bartolomeo Sacchi a Giulio Pomponio Leto. Ma in questa lunga schiera di personaggi misconosciuti, scarsamente ricordati, o comunque esclusi dai riflettori della ricerca storica main stream
e troppo spesso confinati nell’ambito di ristretti studi accademici, spicca sicuramente una figura come quella di Camillo Agrippa.
Nato a Milano agli inizi del ‘500 (non si conosce – e questa è una incolmabile lacuna – la sua esatta data di nascita), fu un umanista e un poliedrico erudito di grande spessore, oltre a essere un ingegnere, un astronomo, un esoterista e un valente matematico.
Sappiamo che si trasferì a Roma nell’Ottobre del 1535, proprio mentre, sotto il pontificato di Gregorio XIII°, nell’ambiente dei tecnici ferveva la discussione in merito al trasporto e alla collocazione del grande obelisco egizio in Piazza S. Pietro; un’impresa, questa, decisamente grandiosa e di non facile soluzione, al cui progetto stavano già da tempo studiando Antonio da Sangallo e Michelangelo Buonarroti. E fu proprio Agrippa a trovare la soluzione più congeniale, presentando un suo ampio studio corredato da un modello in scala di tutti gli impianti necessari per il trasporto. Secondo questo suo progetto, che venne poi pubblicato nel suo celebre Trattato di trasportar la guglia in su la piazza di S. Pietro, pubblicato a Roma nel 1583, l’obelisco avrebbe dovuto essere spostato in posizione verticale, evitandosi così le operazioni di abbattimento e di successivo sollevamento.
Scrive Agrippa all’inizio di questo trattato: «Alla venuta mia in Roma, che fu alli ٢٦ d’Ottobre nel ١٥٣٥, io sentiva raggionare di portar la guglia sicuramente in su la piazza di S. Pietro, et erano all’hora in predicamento per conto di questa impresa Antonio Sangallo degnissimo huomo, et il gran Michel Angelo Bonarota, & infiniti altri: siche sin hora son sati fatti assai modelli da diversi, e poco fa, mi fu parlato da due valent’huomini, ch’io ci pensassi, che si pensava in me, à quali io dissi, ch’io ci haveva già pensato piu di trenta anni, et ch’era in ordine per tale impresa; poi diedi supplica, poi feci il modello, di poi diedi di nuovo supplica, e ottenuto il parlamento, dechiarai un modo facile, col quale s’havea da procedere per portar detta guglia, come qui sotto intenderete à parte à parte». Ma fu solo un cinquantennio più tardi, dopo l’elezione al Soglio Pontificio di Sisto V°, che l’imponente obelisco eliopolitano riuscì a trovare la sua collocazione definitiva al centro della piazza, ad opera dell’architetto ticinese Domenico Fontana, che realizzò l’impresa tra l’Aprile e il Settembre del 1586. Fontana ignorò deliberatamente l’ottimo progetto di Agrippa (che peraltro era stato pubblicato appena tre anni prima) e, rifacendosi alle tecniche romano-imperiali, abbatté, spostò e rialzò l’obelisco al