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Inganni e realtà
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Inganni e realtà

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About this ebook

L'autrice scrive questo libro al fine di tutelare sempre di più i figli e le donne vittime di violenze fisiche e psicologiche. La scrittrice si immedesima nei vari racconti ascoltati e narra in prima persona un intreccio di inganni e di non detti. La protagonista a trentacinque anni ha difficoltà a comprendere se si trova all'interno della scena di un film o nella vita terrena. Sono anche ben descritti i sentimenti della protagonista affinché i genitori possano rendersi conto delle conseguenze che i loro comportamenti possono avere sul futuro dei loro figli. La protagonista nasce da una famiglia che forse non era ancora preparata ad accoglierla. I genitori si separano, lei soffre il distacco dal papà, il nonno materno è la sua guida, ma non può sostituirsi al padre. Supera le sue paure come meglio riesce fino a quando si laurea, cambia lavoro e decide di sconfiggere la sua timidezza. Questa donna riesce a non cadere in depressione grazie a un percorso di crescita interiore che le permette di accettare il passato e di guardare oltre. Impara a leggersi dentro e ad accettare le violenze subite per vivere una vita nel presente, il più possibile serena e felice.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateDec 19, 2019
ISBN9788831653329
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    Inganni e realtà - Sonia Vicino

    ispiratrice.

    Cosa l’autrice vuole dirti

    Grazie per essere qui con me a leggere questa raccolta di racconti. Questo romanzo vuole renderti meglio consapevole di dove ti trovi adesso e delle tue emozioni relative ai vari periodi della tua vita.

    Voglio dare un valore aggiunto a tutti coloro che leggeranno questo libro.

    Ragazzi e figli che mi leggete,

    voglio che voi, che state per scegliere il vostro percorso di vita, possiate un domani, magari tra venti o trent’anni, quando penserete a ciò che avete realizzato, essere soddisfatti delle scelte fatte, consapevoli che in quel momento erano le migliori per voi.

    Tutti i giorni incontrerai persone, all’interno della tua famiglia o fuori, che cercheranno di farti intraprendere la scelta che vorrebbero loro se fossero al tuo posto.

    Ma loro non sono Te.

    Solo Tu conosci le tue emozioni, i tuoi desideri, le tue paure, i tuoi timori, le tue difficoltà e solo tu puoi scegliere per la tua vita.

    Ai genitori voglio fare i complimenti per il lavoro svolto: sono certa che abbiate dato ai vostri figli i migliori consigli e tutto ciò che in quel momento eravate in grado di donare, in termini emotivi, intellettivi ed economici.

    Genitore, comprenderai che tuo figlio è e sarà sempre il tuo migliore giudice, il risultato della tua vita.

    E, ancora prima che tuo figlio nascesse, già sentiva le tue emozioni. Se sei mamma, ha vissuto dentro di te.

    Ha mangiato ciò che hai mangiato tu.

    Ha vissuto le tue emozioni, positive e negative.

    Siete stati la sua guida per diversi anni e, anche se pensavate che vostro figlio non capisse, in realtà comprendeva tutto già dalla più tenera età.

    Le scelte che avete fatto per vostro figlio le avete fatte anche per voi, pensando che un domani potrà comprendere i vostri sacrifici e le vostre scelte e che vorrà ringraziarvi.

    Non sempre è e sarà così.

    Vostro figlio deve prima comprendere che voi avete fatto di tutto affinché potesse vivere una vita migliore della vostra.

    Voi da genitori siete consapevoli dei pregi e dei difetti dei vostri genitori e cercherete di far rivivere in voi i pregi e anche di evitare gli errori.

    Involontariamente anche voi farete degli errori e spesso non ve ne renderete conto finché forse un giorno vostro figlio ve lo rinfaccerà o si allontanerà o si comporterà in un modo diverso da quello che vi sareste aspettati.

    Per esempio, un genitore che ha avuto molte privazioni cercherà di non fare mancare nulla a suo figlio, ma deve stare attento a non esagerare, altrimenti il figlio diventerà viziato.

    Un adulto che ha vissuto con i genitori sempre presenti e forse a volte un po’ soffocanti, cercherà di non opprimere troppo il figlio lasciandolo un po’ più libero, come avrebbe voluto essere lui, ma deve anche qui stare attento a non esagerare.

    Ai futuri genitori voglio dire: donate amore alle vostre creature e quando litigate con la vostra dolce metà chiedetevi:

    Come posso trarre vantaggio dagli errori commessi?

    Da cosa è stato determinato questo litigio?

    Che cosa avrei potuto fare di diverso?

    Come posso gestire al meglio questa situazione?

    Ricordate, il dialogo in una coppia è importantissimo per il bene dei figli e a volte sono sufficienti un po’ più di umiltà e di amore per affrontare anche la peggiore delle situazioni.

    Un giorno penserai alla tua vita e ti porrai delle domande:

    Come mai ho scelto quel percorso di studi?

    Come mai mi sono sposata/o con…?

    Come mai non mi sono ancora sposata/o?

    Come mai ho fatto quel corso?

    Quali vantaggi posso ottenere dal corso che ho scelto?

    Come mai ho lavorato in quell’azienda?

    Come mai ho cambiato lavoro?

    Come mai voglio cambiare lavoro?

    Sono felice della mia vita?

    Della mia relazione?

    Della mia attività?

    Quali sono i miei pregi? I miei difetti?

    Quali sono i miei desideri?

    Quali sono i miei obiettivi?

    Se dovessi scoprire domani che ho solo tre mesi di vita, che cosa farei?

    Leggendo queste domande hai stimolato la tua mente, puoi provare a darti delle risposte e migliorare le situazioni che non ti soddisfano.

    Viviamo la nostra vita una sola volta.

    Cerchiamo di viverla al meglio dando il migliore beneficio anche a chi vive al nostro fianco.

    L’insieme delle emozioni positive e negative che vivi ogni giorno è il risultato di ciò che sei.

    La protagonista si è resa conto che ricorda solo ciò che l’ha fatta divertire o ciò che non l’ha fatta divertire, ma con il tempo ha cercato di riderci su per uscire dal loop di pensieri negativi.

    In tutte le testimonianze i dettagli precisi della routine sia in fase di studio sia in fase lavorativa sono vaghi e confusi. Questo vuol significare che spesso la nostra mente non ritiene rilevanti alcuni ricordi per il nostro futuro.

    Tuttavia, quando ho chiesto ad amici e conoscenti qualche consiglio, i ricordi sono riaffiorati in loro e coloro che hanno intrapreso un percorso di crescita interiore sono tutti fieri di essere riusciti a rendere più a colori la loro vita lasciando che tristezza, monotonia e sconforto rimanessero solo un vago ricordo lontano.

    Riuscirai a raccontare nel dettaglio solo ciò che ti ha emozionato in positivo. Ti ricorderai dei flash degli eventi negativi, ma avrai difficoltà a raccontarli nel dettaglio perché la tua mente cercherà di nasconderli. In ogni caso se vorrai scoprire il perché di determinati tuoi comportamenti e dei tuoi risultati dovrai anzitutto lavorare su te stesso.

    Tutta la vita dipende dalle scelte che fai ogni giorno.

    Tu sei il risultato delle tue scelte, dei tuoi pensieri e del cibo che scegli di mangiare.

    A ciascuno di voi voglio dire una cosa che tutti i testimoni hanno compreso tardi, ma meglio tardi che mai:

    Per ogni problema esiste una soluzione,

    cercala!

    GLI ANNI DELL’INNOCENZA

    Le mie radici

    In seguito a qualche anno di riflessione, dopo un intenso percorso di crescita personale, ho deciso di scrivere questo libro per permettere ai figli di genitori divorziati, separati e non, ai genitori in separazione e ai giovani studenti di trarre beneficio dalla lettura di esperienze di vita reale. Così potranno guardare la vita da un’altra prospettiva e salire al loro livello superiore.

    Inizio con il raccontarti di parte delle mie radici. Sembra che ognuno di noi sia il risultato di sette generazioni che l’hanno preceduto e che i nostri comportamenti siano anche una conseguenza di come hanno agito i nostri antenati.

    Sono entrata nella vita dei nonni materni ventiquattro anni dopo che diventarono genitori per la prima volta con mia madre. Mio padre ha qualche anno in più di mamma e divenne papà pochi anni prima dei trent’anni. I genitori di mia mamma avevano pochi anni di differenza e il nonno aveva cinquantacinque anni quando sono nata io.

    Era l’inizio degli anni Ottanta e mio nonno materno ancora lavorava come impiegato presso quella che all’epoca era la principale azienda di telecomunicazioni italiana. Aveva un forte senso di appartenenza all’azienda e un grande rispetto per i superiori, determinati anche dal passato nell’esercito fino al grado di colonnello.

    Mio nonno, originario dell’Emilia-Romagna, nacque in un paesino di campagna e conobbe la nonna durante il periodo del servizio militare in Piemonte. Si trasferì, comprò casa, ebbe due figli e diventò nonno quando nacqui io.

    Mia nonna invece nacque in una grande città piemontese e lavorò come impiegata amministrativa presso uno studio assicurativo, fino a quando diventò mamma per la seconda volta quando nacque mio zio, il fratello di mia mamma.

    Mio nonno amava stare nella tranquillità della natura e, dopo la pensione, si ritirò nel paesino di origine della moglie, nelle Valli Valdesi. Mia nonna era di fede valdese e mio nonno cattolico praticante.

    Per portare a compimento il loro matrimonio religioso negli anni Cinquanta, dovettero andare entrambi contro la loro tradizione religiosa familiare. Mia nonna era più emancipata di molte donne di quegli anni.

    Era finita da pochi anni la Seconda Guerra Mondiale. L’esperienza della guerra li aveva segnati e portati a seguire il loro cuore indipendentemente dalle credenze familiari e religiose.

    Ma mio nonno, da uomo cattolico credente e praticante, avrebbe voluto che i suoi figli diventassero cattolici e studiassero dalle suore. Entrambi i figli di mio nonno sposarono un valdese e i lori figli sono diventati di fede religiosa valdese.

    Mia mamma ha sposato mio papà, valdese credente e praticante. Lui ha voluto che seguissi la cultura religiosa valdese. Ora, con la conoscenza attuale, penso che in realtà sia stata una volontà di mio nonno paterno. Il bisnonno di mio papà era ligure e sposò una donna valdese che andò a Genova a lavorare nelle famiglie. Quando il nonno di mio papà aveva dieci anni si trasferirono in Piemonte, dopo che aveva conosciuto il Vangelo e aveva fatto come Valdo il colportore per far conoscere la Bibbia alle genti.

    I colportori erano venditori ambulanti di Bibbie, libri e opuscoli evangelici che giravano nelle piazze dei mercati e nelle strade e sfidavano spesso l’ostilità dell’ambiente alimentata dal clero. Rivestirono un ruolo fondamentale nella diffusione delle denominazioni protestanti in Italia, percorrendo la penisola e preparando il terreno ai pastori e agli evangelisti che avrebbero stabilito le nuove comunità.

    I valdesi ottennero i pieni diritti civili nel 1848, alla fine dell’Ottocento, anni in cui visse il mio bisnonno. Non c’erano più le persecuzioni ma ancora pochissimi erano i cattolici che conoscevano una religione diversa dalla loro.

    In realtà anche nel mio percorso formativo e lavorativo pochi avevano chiaro chi fossero i valdesi e perché siano stati perseguitati. Suppongo quindi che mio nonno non avrebbe mai accettato che un suo erede ritornasse a essere della stessa fede religiosa di chi aveva perseguitato i valdesi, che semplicemente chiedevano di ottenere la libertà di culto e di parola.

    Mio padre mi ha raccontato che, circa vent’anni fa, ha fatto una ricerca genealogica sul cognome ed è stato in Liguria, nel paese di origine del suo bisnonno, per cercare di conoscere i figli dei fratelli. Allora ha scoperto che nessuno voleva sentir parlare di quel figlio che era andato contro la volontà dei genitori. I genitori del bisnonno di mio papà non hanno mai accettato che il figlio avesse disobbedito alla famiglia portando avanti, nel suo credo, l’insegnamento cristiano, ispirato da Valdo.

    Il mio rapporto con la fede religiosa?

    Mi definisco cristiana valdese, sono poco praticante e frequento poco le chiese perché ho riscontrato un po’ di ipocrisia e ritengo che ognuno di noi debba essere libero di seguire il credo che desidera secondo le emozioni che riceve.

    Ho scelto io di essere battezzata nella Chiesa valdese e di questo ringrazio mio papà e mia mamma per avermi permesso di scegliere io a chi dare fiducia. Nella Chiesa Valdese è il catecumeno che chiede di confermare la sua fede nell’atto liturgico detto confermazione e chi non è stato battezzato da bambino si battezza in quell’occasione. La confermazione è considerata come la cresima del rito religioso cattolico e si svolge solitamente nell’anno in cui si compie il diciassettesimo anno di età.

    Della Chiesa cattolica e della sua cultura non ho mai accettato che due persone non possano vivere insieme e amarsi in libertà senza fare peccato. Perché nel XXI secolo ci si deve ancora nascondere per essere felici?

    Io sono dell’idea che se non ti sta bene qualcosa non la fai e se una persona non ti sta bene eviti di frequentarla.

    Ad oggi sembra che siamo circa 7,7 miliardi di persone nel mondo, quindi anche se ne eviti qualcuna perché ti ha offeso, ti ha deluso, ti ha tradito, ne troverai tante altre che ti apprezzano e ti amano.

    I nonni materni

    I ricordi più belli della mia infanzia sono quelli delle attenzioni e del grande amore dei miei nonni materni nei miei confronti e in particolare del nonno. Lui mi adorava e io adoravo lui. Era un uomo distinto, composto, atletico e riservato. Era abitudinario, non sopportava la confusione e gli spifferi quando si viaggiava in auto.

    Mia nonna era una bellissima ragazza bruna, alta, occhi marroni. Da ragazza amava camminare sui sentieri in montagna. Era abituata ad andare a piedi anche in città poiché aveva vissuto il periodo della guerra, in cui erano pochi i mezzi di trasporto.

    Mi raccontò che una volta per sfuggire ai bombardamenti in città mia nonna con la mamma, sua sorella e suo fratello percorsero oltre 60 chilometri a piedi per trovare rifugio in montagna nel suo paese di origine. Lei, penso anche per aver vissuto negli anni dei bombardamenti, era curiosa nel vedere gli edifici in seguito alla ristrutturazione. Era affascinata dalle strutture appariscenti e dai negozi che esponevano oggetti di lusso. Adorava camminare nel centro della città per ammirare le vetrine dei negozi. Ha smesso di tingersi i capelli quando sono nata io, quindi l’ho sempre vista con i capelli grigi i quali, con il passare degli anni, sono diventati di un bel bianco uniforme.

    Non ho mai visto mia nonna truccata, ha sempre mantenuto un bel viso anche con il passare degli anni e con il tempo direi solo con qualche ruga di espressione. Lei era una donna con il suo carattere, diceva il nonno, ogni tanto bisognava lasciarla brontolare e la stessa cosa diceva la nonna del nonno.

    Lei non accettava le imposizioni e non ha mai molto accettato la volontà del marito di lasciare il lavoro per accudire i figli. Mia nonna usciva poco, ma riceveva spesso visita da amici e conoscenti che le raccontavano le varie novità e fatti accaduti in paese.

    Mia nonna, nel suo paese di origine, trascorreva la maggior parte del tempo nella saletta in cui lavorava con la macchina da cucire. Mentre lavorava, dalla finestra affacciata sulla piazza davanti al Comune, osservava i passanti. Non so come facesse, ma ricordava chi era entrato e uscito dal Comune, quale auto avesse e in che zona del paese abitasse. Questo a dimostrazione della grande memoria che gli anziani avessero rispetto alla gioventù di oggi abituata alla tecnologia invasiva dei computer e dei cellulari.

    Aveva sempre da fare qualche orlo o cucitura ai pantaloni del nonno o di suo figlio, a indumenti miei o di mia mamma e quando si è sposato suo figlio anche alla nuora e in seguito anche ai loro figli. Da piccola mi metteva le toppe ai gomiti e alle ginocchia di maglie e pantaloni che volevo continuare a indossare anche se si erano rovinati o bucati. O stringeva e allargava pantaloni o giacche di ogni componente della famiglia.

    Inizialmente creava solo federe, tende, cuscini, poi con il passare degli anni e forse anche per le mie insistenti richieste, ha iniziato a creare vestiti e camicette oltre a bellissime maglie in lana e in cotone.

    Mia nonna forse ha cercato anche di trasmettermi questa sua passione, ma io non ero portata, per la scarsa pazienza, all’arte del cucito.

    Il nonno materno e la casa in villeggiatura

    Mio nonno materno, trasferitosi in Piemonte, alla fine degli anni Cinquanta, ebbe l’opportunità di acquistare un alloggio di proprietà in un edificio realizzato dall’azienda di cui era dipendente. Lì vivo io da quasi vent’anni e ho tanti bei ricordi dei nonni. Da piccola non ricordo di avere mai dormito in questo alloggio.

    Da bambina passavamo a prendere la posta, la nonna toglieva un po’ di polvere, i nonni sbrigavano qualche commissione, pranzavamo e mio nonno dopo il pisolino del dopo pranzo mi portava al parco giochi. Nell’età in cui ho più ricordi infatti il nonno era già andato in pensione e si era trasferito nella casa di villeggiatura che, con l’aiuto di muratori e specializzati del mestiere, realizzò alla fine degli anni Sessanta: era una villa indipendente confinante con il cortile della casa dei suoceri nel paesino di origine di mia nonna.

    D’estate faceva il pendolare, quella casa era a circa 60 chilometri dal suo ufficio, così la moglie, casalinga dopo la seconda maternità, e i figli, non soffrivano il caldo estivo della città e la nonna poteva stare vicino ai suoi genitori.

    Anche i miei bisnonni erano andati a vivere in questo paesino dopo il pensionamento. Un paese tranquillo, di circa mille abitanti a poco più di 650 metri sul livello del mare, lontano dalla confusione e dallo smog della grande città, con temperature relativamente fresche che, anche nelle sere d’estate, spingevano la nonna a mettersi sempre un golfino sulle spalle.

    In questo paesino iniziai ad andare in altalena, in bici, a fare i pupazzi di neve. Quella dei nonni è stata per molti anni la mia seconda casa durante le vacanze.

    Quando terminavo di fare i compiti ero quasi sempre fuori con il nonno. Dai nonni, in questo paesino di mezza montagna, era abitudine andare ogni mattina a prendere il pane fresco a La Boulangerie, una sorta di mini market nella piazza centrale.

    Di frequente, oltre al pane, il nonno comprava per me la focaccia o la pizza con cui facevo lo spuntino mattutino, e a volte il famoso ovetto che volevo, come tutti i bambini, solo per aprirlo a metà e vedere la sorpresa.

    La focaccia o la pizza i nonni me la portavano, con una bottiglietta di tè fresco al limone, anche come merenda pomeridiana quando venivano a prendermi, un giorno la settimana, all’uscita pomeridiana da scuola. Hanno continuato a portarmi la merenda a scuola fino alle superiori. Una volta, forse in seconda superiore, dissi loro che non potevo mangiare un pezzo così grande di pizza alle quattro di pomeriggio, altrimenti non sarei riuscita a saltare durante l’allenamento

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