Lessico Lakota: Storia, Spiritualità e Dizionario Italiano-Lakota
By Raffaella Milandri and Myriam Blasini
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About this ebook
Gli autori: Scrittrice e giornalista, fotografa umanitaria e viaggiatrice in solitaria, Raffaella Milandri, attivista per i diritti umani dei popoli indigeni, è membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe in Louisiana e della tribù Crow in Montana. Come viaggiatrice solitaria è stata accolta da tribù nei più remoti angoli di mondo. Ha pubblicato: Io e i Pigmei. Cronache di una donna nella Foresta (Polaris 2011); La mia Tribù. Storie autentiche di Indiani d'America (Polaris 2013); In India. Cronache per veri viaggiatori (Mauna Kea, seconda edizione novembre 2019); In Alaska. Il Paese degli Uomini Liberi (Mauna Kea, seconda edizione ottobre 2019); Liberi di non Comprare. Un invito alla Rivoluzione (Mauna Kea, seconda edizione agosto 2019); Gli Ultimi Guerrieri. Viaggio nelle Riserve Indiane (Mauna Kea, settembre 2019); Lessico Lakota. Storia, Spiritualità e Dizionario Italiano-Lakota (con M. Blasini, Mauna Kea, dicembre 2019). Tutti i suoi ultimi libri sono disponibili in e-book. Myriam Blasini, di origini canadesi, è studiosa appassionata di storia delle religioni e di tradizioni multiculturali e multilinguistiche. Laureanda in Veterinaria alla Federico II di Napoli, è esperta di cultura giapponese e di manga. Ha pubblicato: Lessico Lakota. Storia, Spiritualità e Dizionario Italiano-Lakota (con R. Milandri, Mauna Kea, dicembre 2019).
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Lessico Lakota - Raffaella Milandri
978-88-31335-09-6
PREMESSA
a cura di Raffaella Milandri
In un mondo che tende a smussare diversità e a livellare identità, in nome di quella fantastica invenzione chiamata globalizzazione, c’è chi, come i Lakota, resiste. Intendiamoci, la globalizzazione oggi non ha la funzione di eliminare povertà, disagi e conflitti, bensì quella di uniformare una enorme fascia di popolazione agli stessi alimenti, agli stessi abiti, allo stesso potere di acquisto, per contare su una massa di miliardi di consumatori dai gusti simili, ottimizzare la produzione industriale e, di conseguenza, i profitti. Aumentando il PIL. Il fine è che questa massa di consumatori, facendo acquisti pianificati dal sistema, creino pochi problemi e che, con robotica acquiescenza, accorrano ad acquistare l’ultimo modello di cellulare, ad esempio. In questo appiattimento universale, le prime a pagarne le conseguenze sono quelle peculiarità che sono patrimonio dell’Umanità: linguaggi, usanze, tradizioni, religioni, culture. A discapito, innanzitutto, della capacità di sopravvivenza primordiale: il popolo inerme e inetto è più gestibile. Perché appianare le conoscenze, gli istinti e le capacità di un popolo, lo rende dipendente da concezioni che non hanno nulla a che fare con la Natura, la Autoconservazione e lo Spirito Collettivo. E così, la civiltà dal XX secolo in poi, se verrà ricordata un giorno, resterà alla storia per aver provocato estinzioni di proporzioni bibliche: di ecosistemi, di animali, di piante, in cielo come in terra, come in mare.
Ma anche di linguaggi. Lo scempio del colonialismo — il nonno
della globalizzazione —, da Cristoforo Colombo in poi, è andato a colpire duramente, e con tragica efficacia, interi continenti. O meglio, tutti i continenti esclusa l’Europa, la patria di quegli Stati che sono andati all’arrembaggio del resto del mondo, per accaparrarsi in primo luogo ricchezze, terre e minerali. Senza scrupoli per gli indigeni abitanti dei territori da saccheggiare. E con il placet delle Bolle Papali, che benedivano
le aggressioni colonialiste in nome di una conversione a un Dio migliore
: più severo, più potente, più esigente. Mi dirai: ma anche oggi accadono questi stupri
della Natura e degli abitanti originari. Sempre per sfruttarne le risorse; vedi ad esempio l’Amazzonia. Ed io ti rispondo: certo, ma oggi a sdoganare i soprusi non sono più conquistadores o giubbe rosse, bensì multinazionali e governi. Che hanno come scusa
la creazione del benessere: nuovi posti di lavoro, maggiore ricchezza per il paese, un minor costo del petrolio e delle materie prime, come se fossero missionari, portatori di felicità sulla Madre Terra. Unci Maka, che in lingua Lakota vuol dire esattamente "Grande Madre Terra". Una lingua morta non viene parlata più da un popolo e dai relativi discendenti. E vivaddio non è ancora il caso, per perseveranza e per tenacia identitaria, del linguaggio Lakota. Ma quante lingue si sono estinte in Nord America negli ultimi secoli? Da una stima approssimativa, incompleta e ottimistica, oltre un centinaio, di cui più dell’80% nel territorio corrispondente agli odierni Stati Uniti. Il restante 20% si divide tra Canada, Messico, Groenlandia e Isole Vergini. La maggior parte di queste lingue appartiene a tribù di Nativi che sono scomparse dal 1492 in poi. Troviamo qui una lista sommaria di tribù estinte https://www.aaanativearts.com/extinct-tribes.
Ovviamente, nessuno può più verificare con esattezza queste informazioni, che riguardano ciò che è svanito per sempre. Basti pensare che, secondo le stime, i Nativi Americani all’arrivo di Colombo erano circa 112 milioni, e che alla fine dell’Ottocento i superstiti, in tutti gli Stati Uniti, si ridussero appena a 300.000. La parola genocidio
diventa quasi un eufemismo. John Toland, il vincitore 1991 del Premio Pulitzer con la biografia di Adolf Hitler, riportò nel suo libro che, nell’ideare i campi di concentramento, il dittatore fu ispirato proprio dalle riserve indiane, ammirando come il Governo degli Stati Uniti fosse riuscito a sterminare con efficiency
— con efficienza — il popolo dei red savages
, i selvaggi rossi.
PERCHÈ UN DIZIONARIO LAKOTA
"Quando noi smetteremo di parlare Lakota, noi non saremo più Lakota, ma saremo diventati Wasicu, Uomini Bianchi, così mi spiega in tono accorato l’amico John, studioso e promotore della lingua del suo popolo. La sua parola d’ordine è
decolonizzazione; egli promuove l’insegnamento del Lakota e dice ai giovani, ai padri e alle madri della sua tribù:
Il linguaggio Lakota è meraviglioso. È una lingua sacra e spirituale. Non capisco. Perché non provate a impararla, voi ragazzi? E perché non provate a insegnarla, voi genitori? È nostra. È vostra. Ci connette ai nostri antenati e a quelli di noi che la parlano già. E crea tra di noi, e tra padri e figli, un legame speciale, una comprensione profonda, che prosegue nelle generazioni. Per John, l’identità e l’essenza del suo popolo sono contenute nel linguaggio, che ne è la chiave di sopravvivenza. Ispirata dalle sue parole, è nata l’idea di questo libro, che contiene storia e tradizioni dei Lakota, e in particolare un dizionario che aiuti a tenere la lingua Lakota viva e accessibile, per la prima volta, in italiano. Non è stato facile: miti, leggende ed espressioni Lakota sono state tramandate solo per via orale fino alla metà dell’Ottocento, quando i missionari cristiani iniziarono a trascriverla. Per ogni parola, per ogni frase, per ogni racconto ce ne sono tante versioni diverse; le contaminazioni culturali degli
invasori" sono state infinite. Oggi ancora molti membri tribali parlano Lakota fluentemente, usandolo ad esempio durante tutte le cerimonie tradizionali. Dal raffronto delle più accreditate fonti linguistiche, da approfondite ricerche con l’aiuto di consulenze di amici Lakota, nasce questo Lessico Lakota che è un omaggio profondo a un popolo fiero, che non ha mai smesso di combattere. Lingua Lakota si dice Lakotiyapi che significa letteralmente: "Essi parlano Lakota", mentre Lakota vuol dire "alleanza di amici".
NOTA: Troverai nel testo svariate parole Lakota. Molte che sono riportate in forma semplificata nel testo, le troverai nel dizionario, con la aggiunta di accenti e fonetica. Altre, ad esempio nomi di spiriti e divinità, sono solo nel testo, in forma semplificata. Quelle, invece, che hanno accenti e fonetica direttamente nel testo, fanno riferimento al Standard Lakota Ortography, esplicato più avanti.
STORIA E TRIBU’ DELLA GREAT SIOUX NATION
Cercherò di porgerti una visione d’insieme della storia e delle tribù della Grande Nazione Sioux. Una visione sintetica, che potrai approfondire con alcuni link che troverai in seguito — tratti specialmente dal Wikipedia in inglese —, o con altri testi. Alle origini comuni delle diverse tribù, chiamate ancora oggi Sioux a causa di un misunderstanding dei primi colonizzatori, c’è la famiglia linguistica Siouan, che pare si sia sviluppata nella regione meridionale del Mississippi River, in quella della Ohio Valley e nelle Grandi Pianure. Diversi studi affermano che tra il XVI e il XVII secolo queste tribù vivessero nelle aree dell’attuale Minnesota, Wisconsin, Iowa, e Nord e Sud Dakota, e che si siano spinte, verso la metà del XVII secolo, nella zona delle Grandi Pianure, a causa di conflitti con bande dei popoli Cree e Anishinaabe.
Le tribù e le riserve
Le tribù della Grande Nazione Sioux sono distinte in tre gruppi linguistici, a ognuno dei quali appartenevano diverse bande: la lingua Lakota, La kóta, chiamata anche Tetonwan, Thít uŋwaŋ o Teton; la Eastern Dakota chiamata anche Santee- Sisseton o Dakhóta; la Western Dakota, chiamata anche Yankton o Dak óta ed erroneamente, per lungo tempo, Nakota. Il gruppo linguistico del Lakota o Tetonwan, il più numeroso, comprende: i Lakota del Nord, Hunkpapa, Húŋkpap a, e Sihasapa, Sihásapa; i Lakota del Centro, Miniconjou, Mnik ówožu, Itazipco, Itázipčho e Oohenumpa, Oóhenuŋpa; i Lakota del Sud, Oglala, Oglála, e Sicangu, Sičháŋǧu. Il secondo gruppo, della Eastern Dakota, dei Santee o Isanti, Isáŋyáthi, che significa "fabbricanti di coltelli", comprende Mdewakantonwan, Bdewákhathuŋwaŋ e Wahpekute, Wa pékhute; poii Sisseton: Sissetonwan, Sisíthuŋwaŋ e Wahpetonwan, Wa péthuŋwaŋ. Il terzo gruppo, Western Dakota: Yankton, Iháŋkt uŋwaŋ e Yanktonai, Iháŋkt uŋwaŋna.
La Great Sioux Nation, quindi l’Oceti Sakowin, che significa Seven Council Fire, Consiglio dei Sette Fuochi, è formata da sette popoli, uniti dal Peta Wakan, il Sacro Fuoco del Consiglio. Mi permetto una breve nota esemplificativa sulla terminologia della organizzazione sociale dei Lakota. Il significato di ogni cosa, e della vita stessa, tra i Lakota è basato sulla connessione e sulla appartenenza, e lo dimostra la famosa frase Mitákuye Oyás’iŋ: "Siamo tutti connessi o
siamo tutti parenti". Ogni individuo fa parte di un tiwahe, che è la famiglia, il nucleo familiare che vive insieme; ogni tiwahe affluisce in un tiospaye, che è una banda, un insieme di tiwahe, quindi diversi gruppi di consanguinei collegati tra di loro; ogni tiospaye appartiene a un oyate; un insieme di bande. Tutti gli oyate insieme vanno a creare l’Oceti Sakowin, la Grande Nazione Sioux.
Ecco i sette popoli che formano l’Oceti Sakowin: Tetonwan ovvero tutti i Lakota (Gente della Pianure), Mdewakanton (Abitanti del Lago Sacro), Wahpekute (Arcieri tra le foglie), Sissetonwan (Gente della Palude), Wahpetonwan (Abitanti tra le Foglie), Yankton o Ihanktonwan (Villaggio in Fondo, chiamati erroneamente Nakota), e Yanktonai o Ihanktonwana (Piccolo Villaggio in Fondo).
Il gruppo dei Tetonwan o Lakota è a sua volta diviso in sette tribù:
Hunkpapa (A Capo del Circolo, per la loro posizione all’ingresso del Consiglio),
Sihasapa (Piedi Neri, da non confondere con i Blackfeet Piegan),
Miniconjou (Piantatori presso il Fiume),
Itazipco/Sans Arc (Senza Arco),
Oohenumpa (Due Calderoni),
Oglala (Quelli che si Sparpagliano) e
Sicangu/Brulè (Cosce Bruciate).
Ecco le attuali riserve della Great Sioux Nation.
In Sud Dakota sono nove:
Pine Ridge Reservation degli Oglala,
Rosebud Sioux Reservation dei Sicangu,
Cheyenne River Reservation dei Miniconjou, Sihasapa, Oohenumpa e Itazipco,
Standing Rock Reservation degli Hunkpapa, Sihasapa, Ihantonwanna e Ihanktonwan,
Crow Creek Reservation dei Mdewakanton e Ihanktonwan,
Flandreau Santee Sioux Reservation dei Mdewakanton e Wahpekute,
Lower Brule Reservation dei Sicangu,
Lake Traverse Reservation dei Sisseton e Wahpeton, e infine Yankton Sioux Tribe Reservation degli Ihanktonwan.
In Nord Dakota troviamo la Spirit Lake Tribe, ex Devils Lake Sioux, degli Ihanktonwan, Sissetonwan e Wahpetonwan. Poi abbiamo in Nebraska la Santee Sioux Reservation, dei Santee. In Minnesota ve ne sono quattro: la Lower Sioux Indian Reservation, dei Mdewakantonwan e Wahpekute; la Upper Sioux Indian Reservation, dei Mdewakantonwan; la Shakopee Mdewakanton Sioux Community, dei Mdewakantonwan; la Prairie Island Indian Community, dei Mdewakantonwan.
In realtà vi sono Dakota e Lakota che vivono anche in Canada: quattro riserve in Saskatchewan e quattro in Manitoba. Su otto riserve, sette sono abitate da discendenti dei Dakota: Mdewakanton, Wahpekute, Sisseton e Wahpeton, e una sparuta presenza di Yanktonai. Nella ottava riserva, la Wood Mountain Lakota First Nation, in Saskatchewan, vivono invece Hunkpapa Lakota discendenti di Toro Seduto, che si rifugiò in quell’area dal 1877 al 1881 durante la sua fuga dall’esercito americano. Mentre il capo Hunkpapa fece ritorno negli Stati Uniti dopo quattro anni, una banda costituita da trentasette famiglie rimase in Canada e, nel 1930, ottenne il riconoscimento dal Governo canadese.
I Winter Counts
Le prime testimonianze storiche dei Lakota si trovano nei loro Winter Counts, Waníyetu Wówapi, calendari di pelle di bisonte