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Voglio andare all'Inferno
Voglio andare all'Inferno
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Voglio andare all'Inferno

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About this ebook

Cosa c’è nella testa di un serial killer? Per il giovane Kam, essere un mostro è la “normalità”. Non può fare altro che seguire la propria indole, dapprima torturando e uccidendo animali, poi passando ad uccidere gli esseri umani. Soltanto così, dando la morte attraverso il dolore, un serial killer riesce a godere. Un grave incidente, che lo riduce in fin di vita, offre il destro alla Morte per fargli dare un’occhiata all’inferno: Kam è sorpreso dall’aspetto bucolico del paesaggio, dalla vita che si può condurre nell’aldilà, continuando a fare ciò che procurava piacere durante la vita. Per lungo tempo, Kam continua a vivere e ad essere un serial killer, senza mai venire scoperto, soddisfatto per la sofferenza che riesce a procurare alle sue vittime. Quando, un giorno, muore davvero, si ritroverà all’inferno, che è veramente il luogo ameno che in passato gli ha mostrato la Morte, e qui potrà continuare a seguire le proprie pulsioni. Ma allora, non c’è una punizione per chi ha fatto delle scelte così terribili come quelle del protagonista? In che cosa consiste davvero l’inferno? Kam lo scoprirà ben presto…
LanguageItaliano
Release dateDec 17, 2019
ISBN9788855390439
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    Voglio andare all'Inferno - Irma Panova Maino

    Maino

    Voglio andare all’inferno

    Edizioni Tripla E

    Irma Panova Maino, Voglio andare all’inferno

    © EEE - Edizioni Tripla E, 2019

    ISBN 9788855390439

    Collana Altrimondi, n. 15

    EEE - Edizioni Tripla E

    di Piera Rossotti

    www.edizionitriplae.it

    Tutti i diritti riservati, per tutti i Paesi. Copertina di Irma Panova Maino.

    Tirare alla stessa fune non significa nulla;

    lo fanno anche il boia e l'impiccato.

    Helmut Qualtinger

    Prologo

    Kam aveva lavorato molto per guadagnarsi il diritto di varcare le porte dell’inferno, una volta morto.

    Aveva sudato le proverbiali sette camicie pur di riuscire ad aggiudicarsi un biglietto di sola andata per un luogo, giudicato da molti adatto solo per sopportare la dannazione perpetua e le pene inflitte per l’eternità.

    Tuttavia, Kam all’inferno era già stato e sapeva bene quale posto seducente potesse essere. Quali meraviglie potesse mettere a disposizione, quali e quante opportunità offrisse. Le descrizioni umane non rendevano giustizia al regno dei demoni né, tanto meno, ne rappresentavano la realtà.

    La verità era che se il genere umano fosse stato in grado di capire quanto spettacolare fosse quel posto, nessuno si sarebbe dato pena per conquistare il diritto di accedere al paradiso.

    A Kam era stata data un’occasione unica e non era stato certo un caso se era finito all’inferno. Quindi, non avendo avuto modo di vedere i piani alti, ciò che aveva verificato personalmente di quelli bassi era stato più che sufficiente per fargli intuire l’ammasso di menzogne che erano state propinate ai suoi simili. Tentare di redimere e convincere le persone dell’esistenza di una punizione divina ed eterna, a quel punto, assumeva un significato totalmente nuovo.

    Che cosa ne sarebbe stato della bontà d’animo, dell’altruismo e del pentimento, se non vi fosse stata la prospettiva di una condanna imperitura? Le persone avrebbero realmente faticato così tanto per non incappare nel biasimo divino? In quanti si sarebbero dati ai crimini più efferati se solo avessero saputo che, una volta trapassati a miglior vita, non vi era il fuoco eterno ad attenderli bensì la gioia, il piacere e il lusso più sfrenato?

    Un premio, altro che condanna!

    E Kam aveva avuto la fortuna di constatare proprio questa verità, di rendersi conto anzitempo degli sforzi inutili che stava compiendo per riuscire a tenere a bada la propria natura depravata e profondamente deviata.

    Fin da bambino gli era stata inculcata un’educazione religiosa estrema e inclemente. Fin dalla più tenera età, quando a malapena si reggeva sulle proprie gambe, aveva ricevuto un indottrinamento pressante e costante in merito a cosa fosse giusto e sbagliato. Persino il suo nome era stato tratto dalla Bibbia e quel figlio di Noè era anche stato l’unico maledetto dal padre. Dunque, persino il destino aveva posto il proprio sigillo, conferendo alla sua vita un andamento che forse avrebbe potuto essere differente con un nome diverso.

    Perciò Kam era cresciuto con un salmodiare continuo nelle orecchie su quelli che erano i suoi doveri nei confronti dei propri simili e su come le anime buone e candide finissero in paradiso, mentre i bambini cattivi fossero destinati all’inferno e maledetti per l’eternità, con tutta la loro progenie.

    Col passare del tempo si era oltretutto reso conto che, nella maggior parte delle religioni, esisteva una forma di giustizia divina che imbrigliava l’essere umano in un mondo di regole, restrizioni e punizioni, e i premi erano per lo più aleatori e illusori. Ricompense destinate a essere godute solo quando il corpo non era più in grado di bearsene.

    E a chi importava l’amore di un Dio, le attenzioni di settantadue vergini o la beatitudine dell’anima, quando un essere umano, nella propria misera vita mortale, era stato costretto a subire le angherie e le privazioni di una civiltà impietosa ed esigente?

    Non che Kam avesse problemi economici o fosse nato e cresciuto in una situazione misera e disagevole; al contrario, era stato persino fortunato a essere venuto al mondo in una famiglia agiata, in grado di procurargli tutto il benessere necessario per sopravvivere in una società consumistica.

    Una famiglia benestante ma profondamente religiosa, in cui i segreti e i peccati erano strenuamente custoditi all’interno delle mura domestiche. Di conseguenza, nessuno era al corrente del fatto che sia lui sia la sorella avessero subito severe punizioni corporali da parte di un padre/padrone estremamente deviato nel suo concetto di correzioni fisiche.

    Persino da adulto i segni delle frustate erano rimasti impressi nella sua carne. Anche dopo che il padre non era stato più in grado di toccarlo, dopo morto.

    Kam aveva riportato, crescendo, tutte le problematiche di un carattere psicotico, profondamente disturbato, in cui la realtà si confondeva spesso e volentieri con il desiderio di rivalsa e vendetta nei confronti di chiunque ostacolasse il suo cammino. Per lui gli affetti si traducevano con la violenza ed era un percorso del tutto naturale, nella sua logica contorta.

    I primi segnali li ebbe da adolescente, in quella fase della propria vita in cui gli ormoni esplodono in un corpo acerbo, portandolo nel giro di pochi mesi a superare in altezza il suo aguzzino, diventando più grosso e più forte.

    Da quel momento il passo verso la presa di potere era stato breve.

    Se l’era conquistato in un mattino di primavera inoltrata quando, stanco dell’ennesima sessione di cinghiate, si rivoltò contro il proprio aggressore, facendogli assaggiare la stessa medicina e gli stessi metodi correzionali.

    Aveva calcato decisamente troppo la mano, restituendo al genitore quanto gli era stato dato in diciassette anni di vita, purtroppo tutto in una volta.

    Purtroppo… a seconda dei punti di vista.

    Dal suo, sicuramente, non lo era stato abbastanza.

    Con il senno di poi, e con le tecniche raffinate che aveva acquisito nel tempo, avrebbe potuto far durare quella punizione diversi giorni, abbastanza da potersi ritenere finalmente soddisfatto.

    Tuttavia, l’impeto giovanile gli aveva inibito la possibilità di potersi godere fino in fondo il potere appena conquistato: il padre era spirato fin troppo presto, troppo velocemente per rendersi appieno conto che il momento di tirare le somme era appena giunto a reclamarlo.

    Kam non aveva provato rimorso, né allora né in seguito.

    Mai. Per nessuna delle sue vittime.

    Quel primo assaggio di onnipotenza gli aveva aperto un mondo di cui aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.

    O meglio…

    Non ne aveva del tutto ignorato l’esistenza, ma non si era mai reso conto di quanto potesse essere inebriante la sensazione di essere il reale padrone di un’altra vita, di un altro essere vivente.

    Avere per le mani il filo concreto del respiro di un altro e sapere di essere l’unico in grado di decidere quando toglierlo, lo aveva reso folle dalla gioia.

    L’attimo in cui aveva reciso quel filo a suo padre, chiudendone gli occhi per sempre, era stato quanto di più esaltante gli fosse accaduto in tutta la sua giovane vita, al punto di procurargli uno stato di euforia che lo aveva condotto direttamente a un orgasmo galattico.

    Nessuna masturbazione o palpeggiamento da

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