L'Avvocato Veneziano
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L’Avvocato Veneziano è una commedia di tre atti in prosa rappresentata con successo per la prima volta durante il carnevale di Venezia del 1750. L’opera propone un vero e proprio dilemma deontologico che coinvolge il protagonista nel corso della sua attività legale. Goldoni, che era anche avvocato, ha voluto con questa opera rendere omaggio alla professione dell’avvocato evidenziandone i caratteri di onorabilità, correttezza e reputazione. “Era ben giusto che all’onoratissima mia professione dar procurassi quel risalto, che giustamente le si conviene“.
L’immagine di copertina è stata realizzata da Ivan Zoni.
Carlo Goldoni
Carlo Goldoni was born in Venice in 1707. While studying Law in Pavia he was expelled from his College for having written a satirical tract about the people of Pavia. He continued his legal studies in Modena and finally graduated in Law in Padova. After practising this profession for a short while, he abandoned it in favour of the theatre. An extremely prolific theatrical career followed spanning over sixty years. Goldoni was a prolific playwright, widely regarded as the Italian Molière. He died in Paris in 1793.
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Book preview
L'Avvocato Veneziano - Carlo Goldoni
ULTIMA
Introduzione
di Salvatore Primiceri
La scelta editoriale di inaugurare la collana dei classici di Primiceri Editore con L’Avvocato Veneziano
di Carlo Goldoni non è ovviamente frutto di una casualità. La vocazione giuridica della casa editrice e il pubblico di lettori, in larga parte composto da giuristi e professionisti che si confrontano quotidianamente col sistema legislativo e giudiziario italiano, hanno certamente influito sulla selezione delle opere che andranno man mano a comporre la collana. Per questo, il suo debutto non poteva che essere affidato ad un avvocato scrittore come Carlo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 febbraio 1793), cittadino e giurista della Repubblica di Venezia laureatosi a Padova, che ha esercitato la professione di avvocato sia a Pisa sia nello Stato Veneto. Proprio in quest’ultimo, precisamente a Rovigo, è ambientata la commedia qui rappresentata, andata in scena per la prima volta e con grande successo in occasione del Carnevale di Venezia del 1750, che vede protagonista un avvocato alle prese con una causa nella quale dovrà stare molto attento a non mescolare il dovere lavorativo con i sentimenti. Se vogliamo, L’Avvocato Veneziano
è un’opera deontologica attraverso la quale l’intento dichiarato di Goldoni è rendere merito e onore alla sua amata professione. Goldoni sente il dovere di restituire lustro all'avvocatura dopo che, in una commedia precedente, " Il Cavaliere e la Dama" , ne aveva rappresentato i lati più oscuri: " Dopo aver io nella Commedia intitolata il Cavaliere e la Dama staffilati alcun poco i Legali di cattivo carattere in quel tale maligno ed avido Procuratore, era ben giusto che all'onoratissima mia professione dar procurassi quel risalto, che giustamente le si conviene ".
Stavolta è la correttezza professionale a prevalere, il senso del dovere e il rispetto nei confronti del proprio assistito e della sua causa. L’avvocato goldoniano, Alberto Casaboni, è un uomo virtuoso elevato al massimo grado di onorabilità ed eleganza, dall'animo così nobile da permettergli di non cedere alle passioni, di resistere all'amore salvaguardando così l’onore di sé stesso e della propria professione. Alberto, il protagonista della commedia, è così puro nell'esercizio del proprio dovere che quasi viene criticato da coloro i quali, consapevoli delle proprie debolezze, ritengono che non sia possibile resistere alle tentazioni in tal rigoroso modo. Chi non è all'altezza dell’avvocato veneziano tende quindi a screditarne la veridicità. Così facendo, però, ad essere screditata è l’intera professione. Goldoni ha il grande merito di portare in scena i molteplici aspetti del mestiere di avvocato: dall'importanza del diritto di difesa all'importanza di saperlo esercitare con il massimo rigore, dall'importanza di rispettare e fare gli interessi del proprio assistito alla capacità del cittadino comune di sapersi scegliere un bravo avvocato che sappia degnamente difenderlo e rappresentarlo. " Il mio Avvocato non è che una copia dei buoni ed un ammaestramento ai cattivi. Chi lo somiglia, si consoli; chi va distante, arrossisca; chi non sa, impari; e chi sa, mi difenda" – conclude l’Autore nell'introduzione alla commedia.
Al giorno d’oggi la professione di avvocato è oggetto di una crisi di identità dovuta probabilmente a diverse cause che sarebbe impossibile analizzare in questa sede. Certamente una di queste è proprio la minore attenzione alle componenti etiche della professione e alla deontologia. Sembra talvolta smarrito il significato profondo dell’essere uomini e donne di giustizia, prima ancora che avvocati, ovvero quell'amore per la giustizia e per la verità che dovrebbero accompagnare l’esercizio della professione onorandone la sua profonda funzione sociale. Socrate diceva che chi esercita i mestieri dalla spiccata valenza sociale, come il medico, l’insegnante o, appunto, l’avvocato devono essere spinti più dalla passione di contribuire al bene comune e dei propri assistiti
più che da aspetti utilitaristici come la fama e il denaro. Proprio per salvaguardare la sua alta funzione sociale e il princìpio di uguaglianza che la sostiene, la professione di avvocato nell'Antica Roma, inizialmente non veniva retribuita. Leggi successive, come la Lex Cincia del 204 a.C. e successive modifiche, hanno introdotto un compenso che poteva essere elargito solo a conclusione della causa e un tetto massimo oltre il quale l’avvocato non poteva comunque chiedere ulteriore denaro. Proprio l’attenzione a tali limitazioni economiche ha reso la professione dell’avvocato molto ambita e nobile, professione oggi duramente messa alla prova quando l’aspetto economico si è reso confondibile con la missione sociale.
Ma non c’è solo questo aspetto da considerare in un’analisi che tenta sommariamente di individuare i problemi che affliggono oggi la professione, nella modesta speranza di contribuire alla ricerca delle soluzioni. Ad esempio, il sovraffollamento della professione e la perdurante crisi economica esplosa dal 2008 in poi impediscono a tutti gli avvocati di operare nella medesima fetta di mercato. Reinventarsi o, quantomeno, orientarsi su nuove specializzazioni diventa una necessità ma l’incapacità di molti di fare ciò ingolfa l’offerta e diminuisce la qualità. Per pochi e incerti soldini sono ancora troppi gli avvocati disposti a illudere i propri assistiti di chissà quali mirabolanti vittorie in tribunale. Senza contare quanta arretratezza e pregiudizio persiste nello sviluppo dei sistemi stragiudiziali, ovvero alternativi al giudizio, con il risultato di sovraccaricare una macchina giudiziaria già lenta e spesso insoddisfacente nel rispondere alla domanda di giustizia dei cittadini.
E che avvocato potrà mai essere una persona che basa il proprio rapporto con il suo assistito solo su una squisita questione economica? Con quale diligenza e senso della professione affronterà la causa? L’opera di Goldoni ci invita, con la dovuta ironia e con il sorriso che si addice alle più belle commedie teatrali, attraverso questi profondi interrogativi, a recuperare il senso originario dell’essere avvocato, ovvero un uomo costantemente virtuoso e incorruttibile, che ha ben in considerazione la funzione originaria della sua professione e che la onora mettendo in pratica non solo le sue competenze giuridiche ma anche, e forse soprattutto, i propri valori etici.
Cenni biografici
Carlo Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707 e morì a Parigi il 6 febbraio 1793. Laureato in giurisprudenza a Padova, esercitò la professione di avvocato sia a Venezia che a Pisa. Iniziò i suoi studi dapprima a Perugia dove il padre operava come medico per poi muoversi in diverse città quali Rimini e Pavia. Appassionato sin da bambino di teatro, scrisse la sua prima commedia all'età di 9 anni. L'irresistibile passione per il teatro lo portò ad alternare il suo percorso di studi in giurisprudenza alla scrittura di commedie che, in alcune occasioni, gli costarono non pochi problemi. Durante la sua permanenza al Collegio Ghislieri di Pavia, infatti, fu espulso al terzo anni di studi per aver scritto Il Colosso
, un'opera satirica contro i costumi delle ragazze borghesi della città. Si laureò a Padova nel 1731 dopo l'improvvisa morte del padre. Una volta terminati gli studi in legge, Goldoni si trasferì a Milano dove diede forte impulso alla sua passione di scrittore e drammaturgo. Nel 1736 sposò a Genova Nicoletta Connio. In questo periodo si dedicò sempre di più al teatro maturando uno stile personale che rinnovò profondamente il modo di scrivere e rappresentare le commedie. Goldoni è considerato, infatti, artefice di una riforma del testo teatrale, sempre più curato dall'autore e sempre meno aperto all'improvvisazione degli attori. Anche le caratteristiche dei personaggi divennero più definiti e più vicini alla realtà, diminuendo fortemente l'utilizzo di maschere. Dopo altri spostamenti lavorativi a Rimini e Pisa (qui entrò a far parte dell'Accademia dell'Arcadia), Goldoni fu chiamato nel 1745 dal capocomico Girolamo Medebach a mettere in scena una quarantina di commedie al Teatro Sant'Angelo di Venezia. Qui si perfezionò ulteriormente il processo di riforma del teatro con l'inserimento di tematiche attuali nei testi delle opere. Il teatro goldoniano ebbe quindi il merito di rinnovare la funzione dell'opera teatrale, non più solo finzione e maschera ma anche realtà, contemporaneità e riflessione critica.
Dopo la rottura con Madebach, Goldoni assunse un incarico al Teatro San Luca dove scrisse anche delle tragicommedie. Iniziò un periodo a fasi alterne in cui emersero nuovi grandi successi alternati ad alcuni segnali di difficoltà. In uno di questi ultimi si trasferì a Roma accrescendo l'interesse verso tematiche sociali come la critica alla borghesia e i problemi dei ceti meno abbienti.
Nel 1762 si trasferì a Parigi, invitato dalla Comédie Italienne, fiducioso di poter dare nuova linfa alla sua produzione teatrale in