Jaska e Pelù
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Book preview
Jaska e Pelù - Giuseppe Leotta
info@youcanprint.it
CAPITOLO I
Rocco era arrivato all’aeroporto di Linate nelle prime ore del mattino e ad aspettarlo c’era un suo amico di vecchia data, da anni trasferitosi a Milano per motivi di lavoro dalla lontana Calabria ed esattamente da un paesino situato sulla costa ionica, molto vicino a Reggio Calabria.
Sasà faceva avanti e indietro davanti alla porta scorrevole che si apriva e si chiudeva tutte le volte che un passeggero usciva dal terminale d’arrivo dell’aeroporto. Era impaziente, perché aveva chiesto un permesso di lavoro proprio per andare incontro al suo amico d’infanzia, che per la prima volta in vita sua veniva a Milano, anch’egli per motivi di lavoro. Sasà non vedeva l’ora che Rocco si materializzasse dietro quella porta scorrevole, con il suo bagaglio, pronto per essere accompagnato nella scuola che lo aveva convocato per una supplenza, come docente di matematica. Esattamente ventiquattro ore prima, Rocco aveva ricevuto una telefonata e contemporaneamente una mail sulla sua posta elettronica da parte della segreteria di un liceo milanese, il quale gli avevano prospettato la possibilità di un contratto a tempo determinato per una supplenza su posto vacante. C’era quindi la reale possibilità che quella supplenza avesse una durata abbastanza lunga, tale da garantirgli la continuità lavorativa per l’intero anno scolastico appena incominciato.
Era la prima volta che varcava il portone d’ingresso di una scuola con l’incarico di docente anziché come studente ed era particolarmente emozionato, ma era anche molto teso e pensieroso per tutto ciò che stava per affrontare, dovendo gestire la propria vita lontano di casa e dalla sua famiglia, in una città che non conosceva per niente. Non appena ricevuta la convocazione per telefono da parte della segreteria della scuola, per la contentezza si mise a fare salti di gioia. Senza pensarci due volte, accettò la nuova sfida che gli era stata prospettata. A metà giornata, quando tutta la famiglia era riunita a tavola per pranzare, rivolgendosi a sua madre e a suo padre, disse in modo deciso: <
<
<
Anche se gli doleva il cuore staccarsi dal figlio Rocco per un tempo che sarebbe potuto diventare lungo, era felice per lui, perché cominciava a intravedere un po’ di futuro anche per quel figliolo che al contrario degli altri due, aveva deciso di studiare e laurearsi alla facoltà di Matematica. Rocco, intanto si stava preparando la valigia. La riempì di vestiti e diversi cambi della sua biancheria intima e mentre la preparava, discorreva con la madre, la quale, sul letto della sua stanza, piegava con cura ogni indumento. <
<Chissà come sarà la mia vita da domani?
, si chiedeva mentre tentava di dormire per l’ultima notte nel suo letto di casa. Ancora doveva partire e già stava pensando al suo ritorno a casa per un periodo di vacanza. C’è da dire, che Rocco a parte i suoi famigliari, non aveva altri legami in paese, essendo sempre stato un tipo piuttosto tranquillo fino allora, cui piaceva appartarsi per chiudersi nel suo mondo fatto di numeri e di equazioni di difficile soluzione. Se per un verso, la matematica lo aveva elevato culturalmente rispetto alla media degli amici che frequentava in paese, per altri aspetti, le incognite della matematica lo avevano condizionato e reso un po’ chiuso in se stesso, con un’incomunicabilità crescente, anche nei confronti dell’altro sesso.
Dopo una nottataccia passata con gli occhi sbarrati a guardare il soffitto, quando arrivò l’ora di partire, suo padre bussò alla porta della sua camera e senza aprirla gli gridò: <>, gli disse Rocco. <
<
<>.
<>, rispose Sasà. Rocco scese dall’auto e Sasà se ne andò via quasi all’istante. Rocco diede uno sguardo al grande edificio scolastico che aveva davanti a se e fece un bel respiro profondo.
CAPITOLO II
Rocco varcò il grande portone della scuola e subito fu avvicinato da un’operatrice, la quale, dopo averlo salutato, gli chiese: <Ora che cosa faccio?
. Cominciò a pensare a tutto quello che aveva affrontato da quando aveva lasciato il letto di casa nel suo paese in Calabria, alle due ore di volo, al suo amico Sasà, che lo aveva accompagnato fin sotto la scuola, alla segretaria che lo aveva subito catapultato in un'aula di un liceo scientifico milanese, ed era solo all’inizio della giornata. In segreteria non gli avevano detto nemmeno se quella classe fosse una di quelle che gli avrebbero assegnato per tutto l’anno o se lo avevano spedito là solamente per due ore di supplenza. Gli sembrò che l’organizzazione scolastica fosse lasciata all’improvvisazione. Dopo questo veloce pensiero che gli aveva attraversato la mente, batté una mano sulla cattedra, per attirare l’attenzione dei ragazzi che continuavano a non smetterla di rumoreggiare. <
<
La donna gli disse che c’era anche la mensa, se voleva usufruirne. Pensò di essere fortunato per essere stato chiamato in quella scuola, dov’era anche possibile pranzare o prendersi un caffè espresso al bar. Ne approfittò subito, andando in mensa per consumare un piccolo pasto, prima di incamminarsi per raggiungere l’abitazione di Sasà. Pur essendo settembre inoltrato, faceva ancora molto caldo e allora ne approfittò per riposarsi un po’ in una panchina di un grande parco non molto distante dalla scuola. Rocco era sereno, ma qualche preoccupazione l’aveva, nonostante avesse il sicuro appoggio del suo amico Sasà, perché non voleva dargli fastidio o stravolgere la sua esistenza, anche se per un giorno o due, come sperava lui stesso. Gli venne da pensare che forse sarebbe stato meglio se invece di cercare Sasà, fosse andato a dormire in albergo per quella prima notte, ma poi pensò che la prima sera passata a Milano non sarebbe rimasto da solo, senza nessuno con cui parlare. Dalla panchina dov’era seduto, vide a circa cinquanta metri un’edicola, situata in un chiosco al margine del parco e sul marciapiede di una strada molto trafficata. Decise di andare a comprare un giornale di inserzioni per chi è in cerca di una casa in affitto. Il giornalaio gli consigliò il giornale Secondamano, dov’era possibile ci fossero pubblicate il tipo di inserzioni che interessavano a lui. Poi si ricordò quello che gli aveva detto Sasà, di andare a guardare le inserzioni nell’atrio dell’università, situata nelle vicinanze. Oltre al giornale comprò una cartina stradale, che fosse d’aiuto per muoversi in città. Non ci mise molto a scoprire dove si trovava e quanto distante fosse l’università che gli aveva suggerito Sasà. Ci andò e quando la presenza degli studenti diventò più visibile, domandò a uno di loro, dove si trovava la bacheca con affissi le inserzioni che riguardavano gli affitti di case o di posti letto. La bacheca era stracolma di foglietti e numeri di telefono, tutti attaccati con le puntine. Rocco si mise a guardare attentamente tutte le inserzioni e con molta pazienza; quando trovava qualche cosa d’interessante, prendeva nota del numero di telefono e lo trascriveva in un piccolo block notes. Dopo avere guardato tutto quello che era affisso in bacheca, lasciò l’università e a piedi si diresse verso l’indirizzo dell’abitazione di Sasà, che aveva cercato sulla cartina e anche con l’aiuto di Google Maps sul suo cellulare. Non era molto distante dall’università e allora cercò di passare ancora un po’ di tempo in un parco che era lì vicino. Quella vissuta da Rocco, arrivando a Milano, era stata una giornata molto particolare, perché anche se continuava a pensare che il suo amico Sasà fosse un punto di riferimento importante, a metà pomeriggio cominciò a sentirsi come un senza tetto e la stanchezza cominciava a farsi sentire. Si mise a sedere nuovamente in una panchina del parco e chiamò al telefono Sasà. <
<>, gli disse Rocco. <>, disse Sasà. <