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Tequiero La stagione dei mostri
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Tequiero La stagione dei mostri
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Tequiero La stagione dei mostri

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Fantascienza - romanzo (390 pagine) - Sul pianeta degli uomini alati è venuto il momento della resa dei conti finale. Il romanzo conclusivo della trilogia del Nastro di Sanchez


Horacio, lo scienziato nemico di Mentore, è finalmente prigioniero. Ma le sue risorse non sono esaurite, e il momento della sua riscossa è destinato ad arrivare, mettendo in pericolo di vita tutti i membri della comunità di Tequiero. Per Halcon, c'è una sola speranza: chiedere l'aiuto dell'ultima persona alla quale vorrebbe chiederlo, sulla Terra.

Con questo avvincente romanzo si conclude la trilogia iniziata con Il nastro di Sanchez, romanzo finalista al Premio Urania.


Giovanna Repetto, nata a Genova e residente a Roma, è psicologa e psicoterapeuta.

È redattrice della storica rivista letteraria online Il Paradiso degli Orchi fin dalla sua fondazione.

Ha pubblicato per Moby Dick i romanzi La banda di Boscobruno (1999, premio Selezione Bancarellino), Palude, abbracciami! (2000, premio Navile Città di Bologna). La gente immobiliare (2002) e Cartoline da Marsiglia (2004), e per Gargoyle L'alibi della vittima (2014). Col romanzo Il nastro di Sanchez è arrivata in finale al Premio Urania.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateDec 10, 2019
ISBN9788825410815
Tequiero La stagione dei mostri

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    Tequiero La stagione dei mostri - Giovanna Repetto

    9788825409406

    1

    Trovò Decius sul Picco della Felicità, nel suo ruolo di Maestro d’ala con il piccolo Jacopo. Aveva inserito un bastone orizzontale fra due guglie di roccia. Sfiorandolo appena con le mani il ragazzino si esercitava in una serie di capriole che lo costringevano a ruotare intorno all’asse, trovandosi alternativamente sopra e sotto al bastone. Quando era al di sopra dispiegava le ali per aumentare l’elevazione, ma doveva essere lesto a ripiegarle mentre passava sotto, per non urtare la roccia.

    – Sei pazzo? Non puoi farlo girare così, è pericoloso.

    Decius si limitò a sollevare un sopracciglio, infastidito.

    – Se sbaglia – insisté Halcon – si sfracellerà le ali.

    – Per questo non sbaglierà – rispose secco il numida.

    Jacopo concluse l’esercizio con una piroetta che lo rimise elegantemente in piedi, e scoppiò a ridere.

    – È tutto a posto, messer Halcon. Il Magister sa quello che posso fare.

    I riccioli biondi si inanellavano in boccoli intorno al viso allegro. Appariva più minuto di quanto comportassero i suoi dodici anni terrestri.

    – Sei bravo – lo incoraggiò Halcon – ma non devi mai dimenticare la prudenza.

    – Di che t’impicci – lo rimbeccò Decius. – Non hai niente di meglio da fare?

    Il tono aggressivo lo infastidì.

    – Ho consigli anche per te, se vuoi.

    Decius gli mostrò il pugno.

    – Vuoi per caso appoggiarli qui i tuoi consigli?

    Jacopo si tappò le orecchie con gesto plateale.

    – Che fai, miles? – lo provocò Decius. – Ti dolgono le orecchie?

    – Obbedisco al nonno. Dice che non devo ascoltare, quando cominciate a fare i ragazzini.

    – Qui l’unico ragazzino sei tu, puer. Porta rispetto, se non vuoi finire in punizione.

    – Me ne vado – sospirò Halcon. – La mia presenza ti rende troppo nervoso. Non è una bella cosa per un maestro.

    – La cosa più bella sarebbe dare una lezione anche a te, bamboccio. Peccato che scappi sempre al momento giusto.

    – Mi hai detto tu di andarmene, ma se vuoi ti aspetto giù sul prato dopo la lezione.

    – Pensi di essere più forte a terra?

    – Preferisci sfidarmi in volo?

    – Io sono migliore di te sia in volo che a piedi, ricordalo.

    – Io sono ancora migliore, perché so perdere.

    Jacopo intanto era volato via.

    Decius cominciò a sfilarsi i guanti e i calzari da volo. Halcon aveva già capito e si liberò a sua volta dell’attrezzatura. Gli artigli ricavati dalle spine della Bella Dolorosa non erano salutari durante la lotta.

    Decius lo attaccò senza preavviso, ma Halcon era pronto, e schivò il colpo lasciandosi cadere giù ad ali spiegate.

    Si riacchiapparono in volo, avvinghiandosi in un groviglio di braccia e gambe.

    La Terza Luna splendeva maestosa all’apice del cielo, ma i due lottatori erano troppo affaccendati per godersi lo spettacolo. Finirono per avvitarsi in picchiata fino a un punto di non ritorno. L’impatto con il suolo era questione di attimi. Ma i due alati avevano esperienza.

    Dopo essersele suonate di santa ragione, si afferrarono per le mani con grazia stendendo i corpi in orizzontale, con le gambe aperte, simmetrici come due danzatori.

    Così planarono dolcemente come un unico corpo sostenuto da quattro grandi ali che battevano in sintonia. L’impatto col terreno fu lieve.

    Decius ridacchiò.

    – Hai smesso di lottare per primo, comes.

    – Devo picchiarti ancora?

    – Stai dicendo che vuoi fartele suonare di nuovo?

    In realtà Halcon sapeva che Decius era più forte di lui. E ormai anche più abile nel volo benché avesse cominciato molto tempo dopo.

    Il suo corpo di ventenne agile e muscoloso, supportato da una mente libera da conflitti e remore, ne faceva una perfetta macchina da guerra. Era poco più basso di Halcon, con la pelle leggermente ambrata dei berberi, un viso bello e sfrontato incorniciato da capelli neri, ricci ma non crespi.

    – Va bene – concesse Halcon – posso dartela vinta. Ma non farmi preoccupare per quel ragazzino.

    Dux mihi tradidit. L’ha affidato a me.

    – Appunto, ne sei responsabile.

    – Hai disturbato la mia lezione solo per dirmi questo?

    Sul viso di Decius si stava irradiando di nuovo un’espressione bellicosa.

    – Veramente… no, ti portavo un messaggio. Mentore vuole vederci subito alla Caverna.

    Quod? Che aspettavi a dirlo?

    – Me ne hai fatto scordare con le tue bravate da ragazzino.

    – Parla per te, moccioso. Dux iratus, nunc!

    – Sarà arrabbiato di sicuro. Sbrighiamoci.

    Stulte! – infierì ancora Decius. – Abbiamo perso tutto questo tempo per le tue idiozie.

    – Smettila con le chiacchiere!

    Decius non se lo fece dire due volte. Abbrancò il collo di Halcon con mani che sembravano tenaglie.

    – Che fai – tossì Halcon – mi vuoi uccidere?

    – In verità, ho ucciso diversi uomini che erano migliori di te.

    – Di certo erano migliori di te, animale.

    Si stavano spintonando, quando un fruscio nell’aria li indusse ad alzare gli occhi. Le ali maestose di Mentore si stagliavano contro il disco della Terza Luna.

    Puntava verso di loro con determinazione minacciosa. I due ragazzi, spinti da un impulso simultaneo, si abbracciarono in una goffa stretta fraterna. Mentore non commise l’errore di atterrare sul prato, da dove non avrebbe più potuto decollare, ma prese a insultarli dall’alto.

    Locos! Estultos! Y mentirosos tambien. Anche bugiardi.

    – Che succede, zio? – domandò Halcon da finto ingenuo.

    Que pasa! Vuoi sapere che succede? Il Prigioniero è scappato!

    I ragazzi si separarono di botto con un grido. Halcon si prese la testa fra le mani, Decius strinse i pugni. Ma l’allarme fu interrotto dalla risata cavernosa di Mentore che si propagava nell’aria argentata dalla Luna.

    Dux, ti prendi gioco di noi! – protestò Decius.

    – Non sono scherzi da fare, zio!

    Mentore indirizzò il volo verso una roccia non troppo alta, ma sufficiente per potersi lanciare planando. I ragazzi si affrettarono a raggiungerlo correndo e arrampicandosi.

    – Forza con quelle gambe! – li incitava Mentore. – Vi siete impigriti, a furia di farvi portare dalle ali.

    – In Numidia vincevo gare di corsa – protestò Decius.

    – Sì, chico, ma non era lo stesso corpo che hai su Tequiero.

    Raggiunsero ansanti il cocuzzolo di roccia. Senza aspettare che riprendessero fiato, Mentore distribuì uno scappellotto per uno. Halcon alzò le mani per difendersi. Decius non si difendeva mai, quando era Mentore a colpirlo.

    Que verguenza… devo sempre vergognarmi di voi. Non siete in grado di comportarvi civilmente? E perché non mi avete raggiunto alla Caverna? Devo mostrarvi qualcosa.

    – È colpa mia, zio, mi sono distratto quando ho visto gli esercizi che questo animale fa fare al bambino.

    Decius ridacchiava.

    – Si è confuso, Dux, perché il bambino è lui.

    – Basta con queste stupidaggini, siete penosi. E dimenticate ogni momento che siamo in guerra.

    – Ma zio, Horacio è al sicuro in prigione.

    – È al sicuro, appunto. A differenza di noi.

    Dux, cosa vuoi dire?

    Mentore fece scorrere dall’uno all’altro uno sguardo torvo.

    – Eppure dovreste conoscerlo ormai, Horacio Gonzales. – Pronunciò il nome come se fosse quello di un prodotto certificato. – Avete visto di che cosa è capace.

    – Non può scappare da quella prigione – insisté Halcon.

    – Oh, sì che può scappare! In un modo o nell’altro. Ha già tentato di uccidersi nei modi più ingegnosi.

    – Che cosa volevi mostrarci, zio?

    – Smettila, Halcon, di chiamarmi zio. Non sei un ragazzino. Dovresti aver capito che fortunatamente fra noi non c’è alcun legame di parentela. Quanti anni hai?

    – Sulla Terra, fra un Transito e l’altro, ne ho compiuti ventisette.

    Dux – insinuò Decius con un sorriso maligno – io posso chiamarti pater?

    – Vuoi un’altra sberla, hombre? Non è giornata di scherzi.

    Halcon evitò di fargli notare che l’unico a scherzare era stato lui annunciando la fuga di Horacio. Domandò invece le novità sul Prigioniero.

    – Vi mostrerò le registrazioni delle sue prodezze. E anche delle vostre, durante i turni di sorveglianza.

    – Registrazioni?

    – Sono riuscito a mettere a punto insieme a Pericle un sistema di registrazione telepatica con le Meduse Transfer.

    – Il sistema che usava Horacio?

    – Quello l’abbiamo smantellato, era collegato alla sua mente. Quest’altro è diverso. Può immagazzinare dei dati solo in modo temporaneo, non siamo riusciti ancora a stabilizzarlo. Per questo ho urgenza di farvele vedere, prima che i dati scompaiano. E mi aiuterete a stendere un verbale minuzioso, con tutti i dettagli.

    Si lanciarono in volo. Le due lune gemelle erano già tramontate, e la Terza Luna stava calando verso l’orizzonte. Pochi minuti dopo si posavano sulla Torretta, in vista della Caverna.

    2

    TRASCRIZIONE DELL’OSSERVAZIONE DEL PRIGIONIERO

    TURNO DI HALCON

    (Horacio si avvicina alla grata interna. Parla in italiano)

    HORACIO: Dimmi, Halcon, come la pensi sulla pena di morte?

    (Halcon non risponde)

    HORACIO: Non vorrai farmi credere che tu, ragazzo italiano di inizio duemila, sei favorevole? Scommetto che sulla Terra ti dai da fare per i diritti umani. Non è così?

    (Halcon non risponde)

    HORACIO: Ebbene, come ti senti sapendo che dopo il Consolidamento sarò giustiziato?

    (Halcon non risponde)

    HORACIO: E le condizioni di prigionia? Nudo, senza nessun oggetto personale. In uno spazio angusto. Sulla Terra manderesti la tua firma ad Amnesty per me.

    (Halcon non risponde)

    HORACIO: Sai che quando mi darete la morte definitiva seppellirete tutte le mie scoperte, quelle che ancora non conoscete?

    (Halcon non risponde)

    HORACIO: Non ti piacerebbe ad esempio poter tornare sulla Terra anche quando sarai Consolidato? Poter rivedere la tua Sofia ogni volta che vuoi?

    HALCON: Stai mentendo!

    – Alla fine hai risposto – disse Mentore con un amaro tono di rimprovero.

    Halcon stava finendo di trascrivere la sua parte di verbale. Erano seduti sulla panca circolare intorno all’ampolla con la Medusa Transfer che fungeva da centralina al sistema di comunicazione telepatica. Lì si convogliavano le informazioni provenienti dalle meduse periferiche.

    Sedevano con le gambe verso l’esterno e le schiene rivolte all’ampolla. Le loro teste erano circondate dai filamenti provenienti dalla vasca. Le informazioni li raggiungevano sotto forma di immagini e suoni. Era come vedere un filmato. Su un pianeta privo di tecnologia come Tequiero, le meduse erano una grande risorsa.

    – Avete visto di che cosa è capace? Utilizza i suoi Transiti per andare a studiare sulla Terra. Si sta documentando sulle epoche da cui provenite, studia le vostre lingue. E sa stuzzicarvi nei vostri punti deboli. Senza contare tutti i modi ingegnosi con cui ha tentato di suicidarsi.

    – Come può farlo? Non ha più nulla.

    – Lo sottovaluti ancora. Ha cercato perfino di soffocarsi con la zuppa. Per questo ho disposto che il prigioniero rimanga in vista giorno e notte. I due ordini di sbarre, ben distanti fra loro, basteranno a trattenerlo. Ci alterneremo in turni di sorveglianza continui e brevi, molto brevi, perché l’esposizione alla sua presenza è pericolosa e logorante.

    – Com’è possibile che sia pericoloso, Dux? Non ha armi.

    – I discorsi che fa sono le sue armi. Vi ipnotizza con l’astuzia di un serpente.

    Decius rise.

    – A questo si può rimediare facilmente tagliandogli la lingua. Posso farlo io, Dux. Sono capace.

    Halcon lo guardò inorridito, anche se la cosa non lo stupiva per niente.

    – È la tua – sbottò Mentore – la lingua che si dovrebbe tagliare. Sei quello che gli ha parlato più di tutti. Lo vuoi sentire? Eppure avevo dato l’ordine tassativo di non rispondere alle sue provocazioni.

    – Che male c’è se gli rispondo?

    – Il male è che disobbedisci al mio ordine. Questo ti deve bastare, è inutile far capire le ragioni al caprone che sei.

    – Dovremmo fare i turni di sorveglianza due a due – suggerì Halcon – così ci si potrebbe controllare l’un l’altro.

    – Ci avevo pensato, ma è complicato organizzare turni doppi così brevi, perché le persone idonee, o quasi, sono veramente poche. La sorveglianza può avvenire attraverso il sistema di Meduse Transfer. Un osservatore esterno può resistere più a lungo e garantire la continuità.

    – Dovremo spiarci l’un l’altro.

    – Puoi chiamarla supervisione, se vuoi.

    – È quello che hai già fatto a nostra insaputa con queste registrazioni.

    – Ti dispiace, comes? – si intromise Decius. – Vorresti rimanere tutto solo con Pablo?

    Continuava a chiamarlo Pablo, non c’era verso. Forse perché quello era il primo travestimento con cui Horacio si era presentato, o forse perché era in quella forma che Decius era riuscito a ucciderlo. L’avevano ucciso una volta per uno, ma finché non si fosse attuato il Consolidamento ogni morte sarebbe stata l’anticamera di una rinascita in un corpo tequieriano.

    TURNO DI DECIUS ALIGER

    (Il Prigioniero parla in latino, sia pure con frequenti errori di desinenza)

    PRIGIONIERO: Come te la passi, culattone? Ti piace fare la parte della femmina, eh?

    DECIUS: Se mi vuoi provare ti dimostrerò che sono più maschio di te, e molto più capace di far felici altri maschi.

    PRIGIONIERO: Va bene, allora vieni a dimostrarmi queste tue doti.

    DECIUS: Mi dispiace, Pablo, non ce l’ho abbastanza lungo per trapassare due grate così distanti, e nemmeno tu a quanto vedo.

    PRIGIONIERO: Peccato che non puoi mandarmi tua sorella!

    (Decius si getta contro la grata esterna e la scuote con le mani)

    DECIUS: Bastardo!

    PRIGIONIERO: So che ha fatto una brutta fine, ma credo che se la sia cercata, quella zoccola!

    (Decius rimane a lungo zitto e immobile, poi parla a voce bassa)

    DECIUS: Pablo, tu non le conosci tutte le mie doti. Io sono capace di torturare un uomo senza ucciderlo. So farlo con pazienza e con metodo, per così tanto tempo che sembrerebbe lungo anche a chi se la spassasse fra gli agi.

    PRIGIONIERO: Ti esprimi come un poeta. Secondo me tutti i pederasti sono poeti, o viceversa. Ma il senso è chiaro. Ti aspetto qui. Sono disarmato. Puoi raggiungermi con la tua valigetta del piccolo torturatore. Perché reprimere la tua giusta ira?

    DECIUS: Puoi ringraziare le sbarre che ti proteggono.

    PRIGIONIERO: Sai benissimo che esiste un tassello amovibile, in tutt’e due le grate. Basta inserire l’apposita brugola. Altrimenti come mi avrebbero soccorso quando ho tentato di uccidermi?

    DECIUS: Il mio Dux mi ha vietato di toccarti.

    PRIGIONIERO: Dimmi la verità: hai paura di lui o di me?

    DECIUS: Te lo dirò quando sarai Consolidato.

    – Una bella conversazione! – commentò Mentore. – Mi ha vietato di toccarti. Che ti avevo vietato di rivolgergli la parola non l’hai detto però. Te n’eri scordato?

    Dux, come sapeva di mia sorella? Ne ho parlato solo con voi, e ancora mi pento.

    – Non penserai che l’abbia saputo da noi! – protestò Halcon.

    – Riesce a usare mezzi imprevedibili e insospettabili. È un demonio, continuo a ripeterlo e voi non ci credete.

    Dux, parli come Cassandra.

    – Queste citazioni dotte lasciale a Pericle. È già abbastanza pedante senza il tuo contributo.

    – A proposito, zio, c’è anche il turno di Pericle in questo barattolo di gelatina?

    – Sì, diamogli un’occhiata.

    Si lasciarono di nuovo avvolgere dai tentacoli che pulsavano di lieve fluorescenza violacea.

    – Voglio vedere se Horacio ha imparato il greco – disse Halcon.

    – No, gli parla in latino. Visto che ha dovuto impararlo per Decius ha preso due piccioni con una fava.

    – Allora trascrivo io – si propose Decius prendendo un foglio di corteccia. Intinse il bastoncino nell’inchiostro con la mano sinistra. Aveva trasferito su Tequiero la sua scrittura da mancino per forza, acquisita dopo che una leonessa sulla Terra gli aveva fatto fuori la mano destra e buona parte del braccio.

    TURNO DI PERICLE

    PRIGIONIERO: Non ti senti frustrato a lavorare per quello zotico di Pedro Sanchez? Scusa, dimenticavo che qui si fa chiamare Mentore. Il nome di un personaggio omerico, ma è sempre un fottuto messicano come me. Con la differenza che io gli sono infinitamente superiore.

    (Pericle non risponde)

    PRIGIONIERO: Ti ha proibito di parlarmi, vero? Teme che tu possa apprendere da me certe cose che lui non sa. Le mie ultime scoperte. Sbava per l’invidia. Tu non sei curioso?

    (Pericle non risponde)

    PRIGIONIERO: Non farai molta strada con lui. Ti chiederà tutt’al più di modificare le dosi di additivi per rafforzare i corpi che si formano nelle Vasche. Ti suggerirà di aumentare l’estratto di Meduse Volanti per migliorare la qualità delle ali. È vita questa?

    (Pericle non risponde)

    PRIGIONIERO: Per uno scienziato come te, scienziato e umanista, erede della cultura greca e apprezzato anche a Roma per le tue doti di medico e di pensatore, è sufficiente essere impiegato come un fabbricante di mangimi per polli?

    (Pericle non risponde)

    PRIGIONIERO: Hai lavorato al mio fianco. Non era più eccitante? Stavo facendo di te un demiurgo, stavo per mettere nelle tue mani la chiave della vita, il sigillo della natura. Il segreto che fa invidia agli dèi.

    (Pericle non risponde)

    PRIGIONIERO: Il tuo ingegno è sprecato con Pedro. Tu hai una mente acuta, brillante. Sei intelligente come Aristotele e ingegnoso come Archimede. Hai la stessa inventiva di Odisseo, quel guerriero che vinse una guerra costruendo la sua anatra di legno.

    PERICLE: Non era un’anatra, era un cavallo!

    Decius cominciò a sganasciarsi dalle risate.

    – Stupido di un greco, ecco come l’ha fatto parlare!

    – Incredibile – commentò Halcon – ha usato il Cavallo di Troia come cavallo di troia.

    – Non c’è tanto da ridere – dichiarò Mentore torvo.

    Dux, non mi sembra tanto pericoloso parlare delle storie di Omero.

    – Ah, no? Hai visto come continua il dialogo? Horacio confessa la sua ignoranza, si fa raccontare Iliade e Odissea, e alla fine conversano come in un salotto letterario. Direi quasi amichevolmente.

    – Che t’importa, zio? Se lo stomaco non gli si rivolta a parlare con Horacio, Pericle non fa niente di male.

    – Halcon, ti ci metti anche tu! Credevo che avessi due dita di cervello. Horacio è come un virus che si fa trasportare dall’aria, dall’acqua, dal cibo, dalla pelle. Può insinuarsi nella più impercettibile fessura. Nel più insignificante recesso della mente. Ma è inutile parlarne. Se non lo avete già capito da soli non posso spiegarvelo io. Voi capite solo ordini e punizioni, come soldati ottusi. Locos! Estultos! Cabrones! Perros callejeros! – Prese appena respiro prima di continuare. – E non chiamarmi zio, accidenti! Questa bestia infarinata di finta civiltà freme dalla voglia di tagliare una lingua, e magari fosse la tua!

    In un altro momento Decius avrebbe sghignazzato, invece si limitò a scambiare un’occhiata perplessa con Halcon. Per quanto Mentore fosse di temperamento sanguigno, era inconsueto che si avventurasse in uno sfogo così lungo e scalmanato.

    – In che cosa ti abbiamo offeso? – domandò Halcon.

    Mentore si passò le mani sulla testa e sul viso, ora libero dai tentacoli della medusa, nel suo abituale gesto di stanchezza e preoccupazione.

    – Scusatemi, ragazzi, ma la presenza di Horacio qui nella Caverna mi rende nervoso. Non potete sapere fino a che punto ho paura.

    TURNO DI FRANZ

    (Il Prigioniero parla in tedesco)

    PRIGIONIERO: Una volta hai lavorato per me, Franz. Godevi di dignità e prestigio come quando servivi l’impero d’Asburgo nel XVIII secolo terrestre. Io ho una natura grandiosa, ho ambizioni e progetti che gli altri non possono nemmeno capire, presi come sono da interessi meschini.

    (Franz non risponde)

    PRIGIONIERO: Hai visto chi sono i tuoi amici? Un branco di rammolliti, privi di ideali e di moralità. Non fai bella figura a mescolarti con loro.

    (Franz non risponde)

    PRIGIONIERO: Un arciere asburgico! Un gentiluomo. Sei ancora in tempo: io potrei ridarti dignità e gloria.

    (Franz non risponde)

    PRIGIONIERO: Ma forse anche tu hai perso la bussola, insieme a quella feccia.

    (Franz non risponde)

    PRIGIONIERO: Lo si capisce da tutto quello che tolleri da parte della tua donna, la cosiddetta Pisana. Una puttana nota in tutta la Repubblica Marinara, finché era giovane. Poi diventata una ruffiana di provata malizia e avidità, ma senza perdere l’esercizio del precedente mestiere. Una vera baldracca.

    (Franz si avvicina alla grata, ma non risponde)

    PRIGIONIERO: E credi che su Tequiero abbia cambiato vita? Quante volte ha soddisfatto le voglie del tuo capo adorato, il nobile Mentore? La usa come tappa buchi, ogni volta che gli va male con un’altra donna, o quando si stanca di quello zotico pederasta.

    (Franz non risponde. Si allontana dalla grata e gli volta le spalle)

    PRIGIONIERO: Già, tu sei convinto che tutto questo le accadesse prima di diventare la tua donna! Non sai che cosa succedeva quando io regnavo nella Caverna, e tu giacevi come morto in questa stessa cella.

    (Franz non risponde)

    PRIGIONIERO: Certo, anche Pedro Sanchez… ops… Mentore stava in cella con te, sotto controllo. Ma quel ragazzo, Halcon, con gli occhi così innocenti… mi aveva domandato il permesso di portarsela in camera a suo piacere. E come ne era felice, la vecchia zoccola. È questo che vuoi sopportare dalla tua donna?

    FRANZ: Frau Pisana non è la mia donna. Non è mia. È una donna libera, di grande intelligenza e gran cuore. Quando mostra predilezione per me io mi sento onorato e riconoscente.

    Mentore che era poliglotta, e che aveva già trascritto la conversazione in tedesco, aveva fatto la traduzione simultanea.

    – Ammirevole! – esclamò Halcon alla fine. – Che nobili parole. Franz è davvero un grande.

    – Intanto ha parlato – protestò Mentore. – Ha parlato anche lui, accidenti!

    – Hai notato, zio, la doppia strategia di Horacio?

    – Doppia?

    – Sì, lavora in due direzioni opposte: da un lato cerca di blandire e sedurre per trovare alleanze, dall’altro offende e provoca nella speranza che qualcuno lo uccida.

    – È proprio così, chico. Presto lo verificherò di persona. È ora che anch’io partecipi ai turni di guardia.

    – Zio, credi che con te farà la stessa cosa?

    – È possibile, e forse aggiungerà perfino una terza tattica.

    – Come può pensare di farcela, con te?

    – Io non do niente per scontato, Halcon. So che dovrò stare molto in guardia.

    Dux, se mi consenti di tagliargli la lingua e di legarlo non ci darà più nessun pensiero.

    Mentore si limitò a un’occhiataccia.

    3

    Le precauzioni si erano moltiplicate di giorno in giorno per rispondere alle astuzie del prigioniero. Era stata eliminata qualsiasi cosa dura o aguzza. Le pareti della grotta erano state imbottite con materiali derivati dalle alghe, incollati in modo che non potessero essere staccati e usati per soffocarsi. I pasti ormai gli venivano serviti attraverso le grate, con una lunga cannuccia che lui aveva tentato più volte di attirare a sé per trasformarla in un’arma. Quando aveva provato con il digiuno si era trovato il modo di alimentarlo a forza. L’acqua usciva da una feritoia sul muro, in un getto sottile e continuo, e andava a defluire in un buco sul pavimento che fungeva da bugliolo. Non c’erano recipienti in cui Horacio potesse raccogliere abbastanza acqua per affogarsi. Meno che mai disponeva di stoffe, lacci o corde. Aveva ugualmente usato tutto il suo ingegno per cercare di darsi la morte. Finora i piani erano stati sventati.

    Era essenziale mantenerlo in vita fino al Consolidamento. Un Non Consolidato che muoia su Tequiero continua a vivere sulla Terra, e in qualsiasi momento il suo messaggio telepatico può essere captato da una Spugna Madre insieme al segnale genetico per dare origine a un nuovo corpo tequieriano. Un Consolidato che muoia su Tequiero muore per sempre, perché i suoi legami con la Terra sono stati rescissi in modo definitivo.

    Horacio era alla sua quarta vita tequieriana e di certo, non potendo evadere, aspirava alla quinta.

    All’inizio i turni di guardia erano svolti soprattutto dagli Arcieri. Franz li aveva addestrati scegliendoli fra i Cacciatori, che avevano ali corte ma robuste, adatte al volo radente, e li impiegava ogni giorno per la guardia e la perlustrazione. Da soli non erano però sufficienti a coprire le necessità di una sorveglianza continua, e alla squadra si erano uniti Halcon, Decius e Pericle. Quest’ultimo, pur non avendo alcun addestramento militare, aveva però l’occhio allenato del medico per valutare condizioni e rischi del Prigioniero. Mentore fino a quel momento si era astenuto dai turni di guardia, con il motivo ufficiale che era preso dal lavoro organizzativo, ma quando stese con Franz il nuovo elenco dei sorveglianti inserì anche il proprio nome.

    Collegati alla Medusa Transfer Centrale, Halcon e Decius assistettero insieme, a distanza, al primo turno di sorveglianza di Mentore.

    Che onore! Che straordinario onore! Il grande Pedro Sanchez in persona!

    L’accoglienza untuosa e beffarda era una tappa scontata.

    Nemmeno tu vuoi parlarmi, Sanchez? Non dirmi che hai paura a rivolgermi la parola. O è una sorta di punizione? Un’altra tortura a un prigioniero indifeso?

    – Usa l’arma della compassione – commentò Halcon – ma sa già che è un’arma spuntata. Vedrai, ora tenterà di lusingarlo.

    Non è da te, collega. La tua sensibilità, ma più ancora la tua intelligenza, dovrebbero indurti a comunicare con me su quel piano d’intesa che una volta ci univa così profondamente.

    – Che t’ho detto? Senti che sviolinata!

    Dux non loquetur. Non parlerà.

    – No di certo.

    Mentore infatti se ne stava fermo in piedi davanti alle grate, a braccia conserte.

    Potrei esserti ancora prezioso, Sanchez. Hai sempre riconosciuto la mia superiorità scientifica. Te l’ho sentito dire perfino nei momenti peggiori. Che io sono un biologo migliore di te, un maestro. La scienza ha fatto progressi sulla Terra da quando tu l’hai lasciata per sempre, mentre io ancora ci bazzico nei miei Transiti. E qui su Tequiero, nei rari momenti in cui ho potuto disporre del Laboratorio, ho fatto altre ricerche. Chiedilo al greco. Lui sa qualcosa del mio lavoro, anche se non ne conosce i segreti. Solo io, Pedro. Solo in questa mia mente che vuoi distruggere c’è il tesoro che soddisferebbe tutti i tuoi desideri.

    – Lo sta stuzzicando proprio dove è più sensibile, il maledetto.

    Decius ridacchiò.

    – Uhm… Dux loquetur…

    – Cosa? Hai cambiato idea? Dicevi l’esatto contrario. Ora stai dicendo che parlerà?

    Dux loquetur!

    – Zitto, fammi ascoltare.

    "Fra noi possiamo capirci. Siamo due messicani del ventiduesimo secolo, due uomini di scienza, abituati a usare il raziocinio. C’è un’eventualità che non hai preso in considerazione, forse. O forse ci hai già pensato. Potrei continuare a essere il tuo prigioniero, ma non in questo pertugio. C’è da vergognarsi a tenermi qui. E chissà per quanto tempo! In alternativa potresti portarmi su in Laboratorio. Farmi sorvegliare a vista notte e giorno, farmi lavorare come uno schiavo. Non ti piacerebbe che io collaborassi con te? Tu non ti fidi, ti domandi quale sarebbe la mia convenienza. Avete lacerato le mie ali, cosa mi resta? Sono uno scienziato. Il mio lavoro è quello che mi piace. Abbandonerò ogni ambizione. Hai vinto, Sanchez. Non lasciarmi qui. Sottomettimi, lavorerò per te.

    Dux loquetur, – bisbigliò ancora Decius.

    – Ti dico che non parlerà.

    Loquetur!

    – Vuoi stare zitto? Non parlerà, sono pronto a scommettere.

    – Davvero vuoi scommettere, comes?

    – Qualunque cosa, ma ora taci.

    Decius era insolitamente eccitato.

    – Scommettiamo! O non sei convinto? Times! Hai paura…

    – Zitto!

    – Tacerò, ma prima facciamo una scommessa.

    – Ci scommetto quello che vuoi.

    – Voglio una sola cosa, comes. Se parlerà verrai nella mia stanza.

    – Zitto ho detto, imbecille! Fammi sentire.

    – Prima scommetti.

    – Va bene, quello che vuoi.

    Doveva solo liberarsi della sua petulanza. E sapeva di poter contare sulla tempra di Mentore.

    – Verrai da me?

    – Verrò nella tua stanza, e farò tutto quello che vuoi.

    Iura!

    – Te lo giuro. Ma ora sta’ zitto.

    Halcon cercò di concentrarsi di nuovo sulle immagini e i suoni che si formavano nella sua mente, veicolati dai tentacoli della Medusa Transfer.

    Mentore continuava a stare in silenzio, immobile. Ma Horacio si stava spazientendo.

    Cocciuto di un messicano! Ti senti forte, adesso. Non ti ricordi come mi imploravi quando avevo in pugno la tua donna? Mi supplicavi, strisciavi come un verme. Mi gridavi: tienila per te, purché la lasci in vita! Volevi regalarmela, ma io non sapevo che farmene. Sapessi come si agitava mentre sprofondava nella melma! Sapessi come si dibatteva per venire a galla!

    – Che bastardo! – sbottò Decius.

    – Al posto dello zio lo avrei già ammazzato.

    – Forse lo farà.

    – Non farà il suo gioco.

    Mentore manteneva la compostezza senza lasciar trapelare alcuna emozione.

    Dopo un po’ Horacio cambiò tattica.

    Adesso ci sarà una sorpresa per te, Pedro. Te l’avrei risparmiata se fossi stato più ragionevole.

    Si portò sul pertugio che serviva da bugliolo. In piedi, e voltando le spalle a Mentore, si portò le mani all’inguine.

    – Sta facendo pipì – disse Halcon. – Sarebbe questa la sorpresa?

    – Non so cosa faccia, comes. – Decius ridacchiava. – Vir lascivus, immundus.

    Si accorsero che Mentore si era mosso e si stava avvicinando alle sbarre, insospettito.

    Halcon e Decius erano nel pieno della concentrazione, con la testa avviluppata dai filamenti gelatinosi, quando Pericle irruppe nella stanza.

    Kyrie, Domine… Eureka… Inveni!

    Nonostante l’agitazione, insisteva con le traduzioni simultanee.

    – Zitto Pericle, per favore! Stiamo osservando lo zio, è un momento cruciale.

    Mira, Domine!

    Aveva in mano qualcosa. Sembrava una canna.

    – Che cos’è?

    – È la canna con cui è stato alimentato il Prigioniero l’ultima volta.

    Halcon gli prestava appena orecchio, preso com’era a osservare Horacio che sembrava intento a far pipì sopra il pertugio di scarico.

    – Ah – disse Decius – sembra scheggiata!

    – Ne manca un pezzo – confermò Pericle. – Dove può essere?

    – Pensi che l’abbia inghiottito per uccidersi? – domandò Halcon. – Ma sembra che stia bene.

    Il Prigioniero intanto si era accovacciato rannicchiandosi su se stesso. Decius scoppiò a ridere.

    – Forse l’ha mangiato e ora tenta di espellerlo!

    – Sarebbe questa la sorpresa? – commentò Halcon disgustato. – Defecare davanti allo zio. Sai che impressione? Tutt’al più si tapperà il naso.

    Ridacchiavano, pur accorgendosi che in realtà Horacio si stava afflosciando e man mano si adagiava sul pavimento. Lo zio ora si era attaccato alle sbarre con le mani. Lanciò un urlo spaventoso.

    "Madre de Dios!"

    Pericle, che aveva infilato la testa fra i tentacoli per percepire qualcosa anche lui, sgranò gli occhi. Si guardarono tutt’e tre esterrefatti.

    Adesso era ben visibile la chiazza di sangue che dal corpo di Horacio si stava allargando sul pavimento.

    "Hijo de puta! – gridava Mentore, e intanto armeggiava con la brugola per aprire le sbarre.

    Mandate qualcuno! – gridò ancora rivolto alla Medusa Transfer che fungeva da telecamera. – Questo bastardo è riuscito a tagliarsi le vene!

    Pericle guardava desolato la canna che teneva in mano. Ora la connessione appariva evidente: la scheggia mancate era stata affilata e trasformata in un coltello.

    Decius era schizzato verso il fondo della Caverna per raggiungere la cella, e Pericle gli corse dietro dopo aver afferrato al volo delle strisce di tessuto da usare come lacci emostatici.

    Halcon uscì a chiamare Franz perché venisse a dare manforte con i suoi Arcieri.

    Quando rientrò alla Caverna si trovò davanti una scena surreale.

    Horacio, bianco come il marmo, era disteso immobile sul tavolo del Laboratorio, ed era difficile capire se fosse vivo o morto. Un esile tubicino, ricavato dalle liane della Bella Flessuosa, gli spuntava dall’incavo del gomito.

    Halcon seguì incredulo con gli occhi il percorso del tubo e fu costretto ad ammettere l’evidenza: all’altro capo c’era il braccio di Mentore, che se ne stava seduto al capezzale del ferito per donargli il sangue.

    Pericle controllava con preoccupazione il polso di Horacio, e Decius, a scanso di sorprese, se ne stava lì accanto con le armi pronte.

    – È vivo? – domandò Halcon.

    Mentore alzò su di lui uno sguardo cupo.

    – È riuscito a recidere la femorale all’altezza dell’inguine. Se è vivo? So solo che sta bevendo il mio sangue come una spugna.

    – Il battito è debole ma c’è – assicurò Pericle. Rimboccò la coperta addosso a Horacio e ne appoggiò un’altra sulle spalle di Mentore, per compensare il freddo causato dalla perdita di sangue.

    – Perché proprio tu, zio?

    – Il mio sangue è l’unico di cui sono certo che sia compatibile con il suo. Avevamo fatto un check-up insieme, all’università, e ci avevamo anche scherzato sopra.

    – Fratelli di sangue, eh?

    – Non c’è da ridere, chico. Mi viene da vomitare se penso che il mio buon sangue va a finire in questa fogna d’uomo.

    – I gruppi sanguigni valgono anche per i corpi tequieriani?

    – Suppongo di sì, in assenza di dati contrari. Non farmi stancare, adesso.

    Halcon propose di dargli il cambio, ma il suo gruppo sanguigno non era compatibile. Gli altri presenti, provenienti da epoche più antiche, non sapevano nemmeno di che cosa si stesse parlando.

    La Pisana arrivò trepidante a portare una bevanda per Mentore.

    – A stento, messeri, credo a quel che veggio. Giammai avrei potuto figurarmi siffatti artifizi. Messer Diabolo – era il nome che dava a Mentore – come vi sentite?

    Mentore si limitò a grugnire, pallidissimo.

    Il viso di Horacio si increspò, ebbe un fremito, le labbra si schiusero in un mormorio.

    Que pasa?

    Hijo de puta! Ti sto riempiendo di sangue Consolidato, e spero che faccia consolidare anche te una volta per tutte.

    Horacio riuscì ad aprire un occhio, e vide il tubicino che lo univa a Mentore. Era la sconfitta del suo piano, ma si concesse un sorriso.

    – Ah… è buon sangue messicano!

    Hijo de puta – ripeté Mentore sottovoce, e subito dopo svenne.

    Decius ne approfittò per appoggiare la punta della lancia sotto la mandibola di Horacio.

    – Fa’ una sola mossa e ti cavo tutt’e due gli occhi.

    – È inutile minacciarlo – disse Halcon. – Aiutami a legarlo prima che riprenda le forze. Poi lo zio deciderà che fare.

    Lo avvolsero con robuste funi di Fili di Luna intrecciati. Ogni tanto Pericle interveniva per assicurarsi che nello stringere gli consentissero almeno di respirare.

    Il Laboratorio sembrava un campo di battaglia dopo una sconfitta. Circolava un sentimento di impotenza e sconforto per la difficoltà di controllare il Prigioniero. Ne erano ogni giorno più consapevoli, e quest’ultimo episodio era stato la conferma.

    Franz aveva setacciato la cella e aveva trovato il coltellino ricavato da una scheggia di canna, affilato come un rasoio. Non c’era altro. La prossima mossa di Horacio sarebbe stata di nuovo una sorpresa.

    Mentore si era rianimato e aveva ricominciato a tracannare bevande energetiche. Sbraitò che dessero da bere anche a Horacio, perché non poteva essere affidato solo al suo sangue il compito di rialzargli la pressione.

    – Devo anche ricucirlo, Kyrie Domine, altrimenti continuerà a sanguinare. Per ora abbiamo tamponato con bende e zaffi d’alga, ma non può durare così.

    – Posso aiutarti? – si offrì Decius con un ghigno. – Ho sempre sognato di dare una bella cucita a Pablo.

    – Non dire cose sconvenienti, Aliger. Io intendo curarlo, non torturarlo. Ho fatto il giuramento di Ippocrate.

    – Ma io no!

    – Ehi, hombre, lascia in pace il dottore! Cerca di svolgere bene i compiti che hai, Decius Aliger, invece di cercarne di nuovi.

    Decius si guardò intorno cercando lo sguardo di Halcon.

    – A proposito di giuramenti… non avevamo fatto una scommessa?

    – Sì, e l’ho vinta.

    – Ti sbagli, comes, l’ho vinta io.

    – Ti dico che l’hai persa.

    – Ne riparleremo.

    Mentore uscì, sorretto da Decius, per andare a riposare.

    Pericle scoprì il bacino di Horacio e cominciò la sutura. Halcon lo aiutava a inserire il filo negli aghi ricavati dalla Bella Dolorosa. Horacio, fra un gemito e un sobbalzo, alzò gli occhi su di lui.

    – Figliolo –

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