Gli Angeli di Wakán Tanka
By ORLANDO EIJO
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About this ebook
Orlando Eijo ci offre un nuovo modo di comprendere il rapporto tra uomo e cane, e con esso la nostra stessa natura di esseri umani, sia sotto l’aspetto biologico che spirituale. Questa volta è attraverso una tenera storia che lascerà nel lettore la sensazione di una deliziosa brezza primaverile.
Francisco, un uomo vedovo desideroso di dare sempre di più, è appena andato in pensione dopo aver lavorato tutta la vita. Con i figli ormai indipendenti, la sua casa solitaria diventa una prigione silenziosa che lo deprime. I figli decidono così di regalargli un cucciolo di border collie per fargli compagnia. Questo cucciolo lo porterà ad iniziare una nuova attività, il disc dog, approfondendolo al punto di incontrare il volto spirituale e profondo della relazione tra uomo e cane sin dal suo inizio quando, secondo la leggenda Sioux, fu il Grande Spirito, Wakán Tanka , che inviò i lupi come suoi angeli per aiutare l'essere umano a percorrere questo passaggio della vita.
Con le profonde conversazioni di Francisco con suo figlio Jorge, psicologo, il lettore troverà l’opportunità di apprendere concetti di psicologia canina e umana in un modo chiaro e bello, non solo comprendendo i nostri comportamenti, ma approfondendo l'amore per la vita come il Grande Spirito volle insegnare con i suoi inviati a quattro zampe. Il piccolo border collie porterà grandi cambiamenti nella vita di Francisco e in quella di altri personaggi della storia, una storia che il lettore divorerà dall'inizio alla fine avidamente e senza sforzo.
Recensioni
Il consacrato poeta, narratore, critico, insegnante alle Università di Belgrado, Lubiana e Venezia, Octavio Prenz, scrisse da Trieste (Italia) su questa prima opera narrativa di Eijo "la sorpresa è stata più che piacevole, perché sa raccontare con una prosa fluida che suscita l'interesse del lettore e lo invita a continuare a leggere. Mi ha fatto scoprire cose che ignoravo e che arricchiscono, (Orlando Eijo) ha una vena da narratore. E dove c'è da inserire qualche riflessione o spiegazione descrittiva sa integrarla nel contesto della narrazione".
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Book preview
Gli Angeli di Wakán Tanka - ORLANDO EIJO
Gli Angeli di
Wakán Tanka
una tenera storia per capire
la relazione tra uomo e cane
––––––––
ORLANDO EIJO
Al mio vecchio amico di tutta la vita Ricardo Ferrer, morto prematuramente all'età di 50 anni, con cui iniziai questo viaggio di lavoro con i cani, quando eravamo ancora adolescenti, quasi 40 anni fa. So che nel posto in cui ti trovi giocherai con tutti quei meravigliosi cani con cui abbiamo lavorato in quei giorni.
RINGRAZIAMENTI
Il primo ringraziamento va a mia madre, che ha forgiato il mio amore per la narrativa, leggendomi storie quando non sapevo ancora leggere, e poi mettendomi in mano i primi libri adatti alla mia età in ogni fase. Grazie a lei ho potuto divertirmi a scrivere questa storia molto più di quanto sarebbe stato se si fosse trattato di un saggio tecnico.
Un ringraziamento speciale al famoso scrittore Octavio Prenz, per tutto il suo supporto e i suoi consigli nella mia incursione nella narrativa.
A mia moglie Estíbaliz, psicologa dei cani e presidente della Asociación de Euskadi de Psicólogos y Educadores Caninos, per aver contribuito con numerose idee e aver revisionato l'intero libro una volta finito.
Non posso dimenticare di menzionare anche mia figlia Ayelén per aver passato il tempo con me tranquillamente e senza proteste, così da potermi dedicare alla scrittura.
Don Francisco aveva finito di essere marito troppo presto nella vita, quando era rimasto vedovo a sessantadue anni. Aveva anche finito di essere padre, quando i suoi figli se ne erano andati da casa già da una decina d’anni.
Quella mattina si alzò, come sempre, alle 6:30. Fece la doccia, si fece la barba, ma non indossò il solito vestito e cravatta, perché era il suo primo giorno da pensionato. Sotto tutti gli aspetti, il giorno sembrava essere un'altra domenica. La stessa colazione, lo stesso silenzio, la stessa aspettativa dell'arrivo dei figli e dei nipoti in visita, ma questa volta, quell’aspettativa era angosciante, perché era solo martedì, e non sarebbero arrivati se non la prossima domenica.
Dopo aver lavato la tazza, ricordò le immagini del giorno precedente, il brindisi in ufficio, gli addii, l'abbraccio del compagno che avrebbe preso il suo posto. Ti invidio
borbottò tra i denti con ironia, ricordando le parole del suo collega. Vediamo chi invidia chi ... cosa farò ora tutto il giorno?
Andò al piccolo capanno degli attrezzi e prese una forbice da giardino. Come un padre premuroso, si avvicinò alla vite che, in quelle ore estive, proiettava la sua ombra nel cortile. Tagliò solo un piccolo ramo che sporgeva, ma non c'era più nulla da tagliare. La vite sembrava gestirsi da sola. Ma nessuno ha bisogno di me?
Si chiese tra sé e sé.
Da anni sapeva che questo giorno sarebbe arrivato e, anche se la data era stata fissata da tempo, non aveva previsto di fare qualcosa quando sarebbe arrivato il momento; il suo attaccamento al lavoro gli impediva di pensare che stava arrivando un cambiamento, si rifiutava di pensare al fatto che si stesse avvicinando l’ultimo giorno in cui sarebbe entrato in quell'edificio per fare il suo lavoro come faceva da tanti anni e che la sua vita avrebbe dovuto essere riorganizzata per iniziare una nuova e diversa fase. Aveva posticipato la pensione più di quanto gli spettasse, finché legalmente non poteva più ritardare il momento. Forse gli sembrava ingiusto, essendo stato un bravo sposo, che la sua vita da marito fosse finita così presto a causa della morte prematura della sua compagna. Forse gli sembrava ingiusto che, essendo stato un buon padre, i suoi figli si fossero emancipati ad un'età media di venticinque anni, pur sapendo che questa emancipazione era dovuta al fatto che li aveva educati così. Avevano dimostrato di essere autosufficienti prima di altri della loro età, ragazzi, la cui educazione li aveva fatti maturare molto più tardi. A questo proposito, Don Francisco usava come esempio gli uccelli, i genitori che insegnano ai loro pulcini a volare in modo più efficiente, devono subire la sindrome del nido vuoto prima degli altri
. E forse gli sembrava ingiusto che, essendo stato così efficiente nel suo lavoro, dovesse ritirarsi da esso, ma la vita aveva altri piani per lui.
Tornò a mettere le forbici al loro posto e si sedette al tavolo della cucina. L'orologio battè l’ora ... 7:30. Il tempo scorreva lento e denso, come quando, in pieno inverno, versiamo del miele da una bottiglia.
—La gente va in pensione troppo giovane— protestò ancora una volta. Con i suoi settant'anni si era assunto molte responsabilità, a casa e al lavoro. Fino a ieri, giorno in cui era arrivato il momento del pensionamento. Poi era stato come se qualcuno avesse messo il dito sulle lancette dell'orologio, e il tempo si era fermato all'improvviso. Pulì di nuovo il tavolo e riordinò la cucina. Ma quando si sedette di nuovo, non erano nemmeno le otto meno un quarto.
Per Don Francisco adesso la percezione del tempo era di una lentezza esasperante. Le ore erano giorni, i giorni mesi, le settimane anni.
La tanto sospirata domenica non era ancora arrivata, quando figli e nipoti sarebbero andati a trovarlo, e gli sembrava di essere in pensione già da diversi mesi. A questo ritmo, la sua maturità si sarebbe trasformata in vecchiaia per gli anni a venire, che sarebbero stati pochissimi per gli altri, ma troppi per la sua percezione solitaria.
La domenica i suoi figli lo trovarono preoccupantemente invecchiato. Speravano di trovare un Francisco attivo e vitale, adesso che avrebbe dovuto riposare e godersi il dolce fare niente
. Ma invece si imbatterono in un vecchio stanco e con difficoltà nei movimenti, come se il suo corpo fosse dolorante per l'età. L'immagine che videro fu quella di una vecchia porta con i cardini arrugginiti, che si apriva con pesantezza, difficoltà e lamenti.
Fu Jorge, il figlio psicologo di Francisco, che segretamente propose un incontro tra fratelli a casa sua per il giorno successivo, con l'idea di analizzare la situazione e pensare a come migliorare le cose per suo padre.
––––––––
La casa di Jorge era leggermente in disordine, come ci si poteva aspettare in una casa da single. I tre figli di Don Francisco si erano riuniti quel pomeriggio, preoccupati per la situazione del loro padre: sembrava che la pensione non gli facesse bene.
—Il vecchio dovrebbe uscire con i suoi amici, andare a giocare a bocce o a carte come tutti i pensionati —disse Mauro, il figlio maggiore.
—Quasi tutti i suoi amici sono ancora attivi —rispose Jorge— e quindi non hanno tutto il giorno libero, ma non si tratta di un paio di ore al giorno, il tempo libero lo aveva anche prima di andare in pensione. Qui il problema è che si è improvvisamente ritrovato ventiquattro ore al giorno vuote, senza niente da fare, senza nessuno a cui badare, in una casa silenziosa piena di ricordi che gli cadono addosso in continuazione come a volerlo schiacciare.
—Deve lasciare quella casa —disse Melina, la figlia minore—. Forse sarebbe meglio convincerlo a venderla e a trasferirsi in un appartamento più piccolo.
—Sì, come una gabbia —disse Jorge infastidito dall'idea— cambiare una prigione grande per una più piccola non farà che aggravare le cose, il problema è un altro, non è il luogo ma il suo atteggiamento. I ricordi dei tempi felici possono essere meravigliosi o generare depressione per non averli più, tutto dipende dall'atteggiamento che ognuno assume e quell'atteggiamento dipende da come si sta nel presente. Se papà fosse felice con il suo presente, ogni ricordo felice gli porterebbe un sorriso, ma se il suo presente è una noia, i ricordi sono un peso. Bisogna cambiare il suo presente.
—Al momento non possiamo sperare che abbia un’altra relazione —disse Melina— sapete com’è, non si è ancora cicatrizzata la ferita della morte della mamma e dovrà passare ancora del tempo prima che la ferita guarisca.
—Quindi un amico che stia con lui ventiquattro ore, cioè un cane —disse Mauro.
—È un'idea da non scartare —disse Jorge— studi fatti negli Stati Uniti dimostrano che possedere un cane previene e, addirittura, cura la depressione e, siccome sapevo che avrebbe potuto sorgere questo problema, ho queste informazioni a portata di mano.— Si alzò e andò a prendere alcuni fogli che aveva lasciato su un mobile— Lo studio si è basato su 167 proprietari di animali domestici e su 50 che non lo erano —disse sfogliando i documenti— e risulta chiaramente che i livelli di stress sono più bassi e c’è più la resistenza alle malattie. Addirittura, con lo studio è stato dimostrato che il semplice fatto di menzionare il nome del proprio animale domestico faceva abbassare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca.
—E questo anche considerando il lavoro che gli darà allevare un cucciolo? —chiese Melina.
—È proprio questo il motivo, uno dei fattori motivanti è sapere che c'è qualcosa che devi fare, che c'è una responsabilità, questo ti stimola perché qualcuno ha bisogno di te, è come tornare ad essere padre ancora una volta. —spiegò Jorge— Uno psicanalista di nome Berne, promotore dell'analisi transazionale, ha spiegato che esiste un organo psichico chiamato esteropsiche, che ha il compito di renderci genitori, guide, educatori. Quest’organo psichico è molto marcato in noi e il fatto di avere qualcuno a cui badare fa sì che non dobbiamo reprimerlo e bloccarlo. Rilasciamo quindi quell'energia dell’io-padre e questo ci rilassa, ci riempie di sentimenti positivi. Il fatto è che un cane agisce trasmettendo risposte, cioè risponde a tutto ciò che facciamo con gratitudine, e quindi ci sentiamo eccellenti educatori e guide. In questo modo la possibilità di diventare depresso si allontanerebbe da papà. Il cane sarà lì 24 ore, come ha detto Mauro, e se ha l'insonnia, non deve