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Il giardino d’inverno
Il giardino d’inverno
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Ebook34 pages28 minutes

Il giardino d’inverno

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La vita ci porta a confrontarci con i rimpianti, i rimorsi, la rabbia e il dolore che, in un alternarsi di silenzi e grida, ci inseguono quando siamo consapevoli del male fatto e ricevuto. Nasce spontanea la domanda: vogliamo perdonare? Possiamo essere perdonati? Possiamo perdonarci in quella stanzetta del cuore dove l’Altro non c’è? Dove, raccolti e senza maschere, siamo solo noi allo specchio?
Viviamo di rapporti; i più significativi sono quelli di amore, di amicizia, le relazioni familiari, professionali. Sia Fabio sia Giovanni, protagonisti dei due racconti contenuti nella silloge, sono stati duramente provati dalla vita e ognuno a modo proprio cerca un riscatto. Fabio avrebbe voluto studiare Lettere invece a causa dello sconsiderato comportamento del padre si ritrova autista di autobus con una moglie sensibile al corteggiamento. Giovanni deve prendersi cura di una sorella incapace di intendere e volere, di una madre su sedia a rotelle per paralisi progressiva e di un padre in fase oncologica terminale.
Il terzo testo è un racconto-non racconto, in bilico tra riflessione e flusso di coscienza: il protagonista si interroga sulla reale opportunità di vivere fino a cent’anni e anche di più.
Con una delicata e sorprendente sensibilità, Franco Sorba ci accompagna in un viaggio singolare, destinato a rivelarci le contraddizioni, le discese e, al tempo stesso, le alte vette raggiunte dall’animo umano.
LanguageItaliano
Release dateNov 1, 2019
ISBN9788832926088
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    Il giardino d’inverno - Franco Sorba

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    Il giardino d’inverno

    Nei miei trentadue anni di vita non ho mai conosciuto una persona peggiore di mio padre. Arrogante e pieno di sé. Mai presente in famiglia se non per dettare le sue leggi. Io e mia madre dovevamo essere ai suoi ordini, sempre, come gli impiegati e gli operai che lavoravano per lui. Era un ingegnere molto apprezzato ai suoi tempi, Gianni Polizzi, costruiva ponti e strade e abitazioni di alto standing. Ovviamente pretendeva che io seguissi le sue orme, ben incise nel terreno, ma io… io ero (e sono) Fabio Polizzi, un perdente, uno che non sa imporsi e che tende a confondersi con la massa. Non un faro trascinatore come era lui. Ero attratto dalle materie letterarie. Leggevo romanzi, racconti e libri di poesie. Mi interessava ogni parola scritta.

    Con la poesia non si mangia, Fabio, povero illuso. Al massimo puoi sognare di vincere il Premio Strega. Sognare, non realizzare.

    Ma ingegneria no, non me la sentivo proprio, era una pura follia per chi, come me, era stato rimandato due volte in matematica e prendeva lezioni di recupero fin dai tempi delle scuole medie. Anche l’arte mi sarebbe piaciuta. Invece mi sono laureato in economia e commercio, faticosamente, ma ho disattivato la rabbia di mio padre almeno per un po’. Lui non era felice della scelta, ma era una facoltà di prestigio, adatta per collocare le mezze calzette come ero io, donando a loro un futuro mediocre ma accettabile.

    Roberta, insomma, la pasta è scotta… io la voglio al dente.

    Ancora il pesto… Roberta, cerca di cambiare ogni tanto.

    C’è una riga sulla portiera della tua auto. Roberta è proprio vero che non sai guidare.

    Per fortuna della moglie e del figlio, l’ingegner Gianni Polizzi stava poco tempo in famiglia. La società costruttrice per cui lavorava lo mandava frequentemente all’estero e per lunghi periodi. Straordinaria era però la sua determinazione: anche quando era a casa trascorreva notti insonni chiuso nel suo studio al piano terreno, per portare avanti i suoi progetti. Ricordo l’incredibile quantità di tazzine da caffè vuote che si accumulavano di fronte alla sua porta. Due o tre pile alte anche sei o sette pezzi, senza cucchiaino, perché il caffè lo prendeva amaro. Guai a sfiorare quei bei cumuli sporchi di resti di caffè secco. Se ne cadeva qualcuna…

    "E lavatele quelle tazzine… Possibile che non fate nulla? E

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