Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

DOSSIER HATEFIELD : Raggruppamento Spada [4 di 5]
DOSSIER HATEFIELD : Raggruppamento Spada [4 di 5]
DOSSIER HATEFIELD : Raggruppamento Spada [4 di 5]
Ebook107 pages1 hour

DOSSIER HATEFIELD : Raggruppamento Spada [4 di 5]

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Rieke Hatefield lavora in una ditta di legnami di Addis Abeba, in Etiopia. Le battaglie nella savana rodesiana sono diventate un ricordo, come i volti delle persone care perdute laggiù. In un viaggio a Torino scoprirà quanto la Guerra Fredda imperversi ancora in Europa. Nel caos di una nuova avventura si aggiunge la notizia che, forse, suo padre è ancora vivo, prigioniero nella Libia del Rais. Liberarlo vorrebbe dire recuperare quello che credeva di aver perso per sempre in Rodesia.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateNov 4, 2019
ISBN9788831644075
DOSSIER HATEFIELD : Raggruppamento Spada [4 di 5]

Read more from Matteo Marchisio

Related authors

Related to DOSSIER HATEFIELD

Related ebooks

Related articles

Reviews for DOSSIER HATEFIELD

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    DOSSIER HATEFIELD - Matteo Marchisio

    633/1941.

    Prologo

    L’uomo ruotò il potenziometro di acciaio satinato.

    A horse with no name degli America calò di intensità.

    La ragazza seduta alla scrivania smise di mormorare le parole della canzone e i due vicino alla finestra di ballare.

    Una scimmia cappuccina avanzò tra i rami dell’acacia che toccava la struttura esterna della finestra, guardando cosa succedesse nella stanza. Il giardino accanto a quella palazzina squadrata, dallo stile marcatamente fascista, ne accoglieva una colonia, abituata al frinire delle seghe elettriche sotto i capannoni e al viavai dei camion carichi legname semilavorato e tronchi da scortecciare.

    – Rieke hai capito cosa ti ho detto? chiese Barba.

    Rieke e la ragazza iniziarono a giocare con la scimmietta, seduta sul bordo della finestra dell’ufficio.

    La giovane africana sui venticinque anni, vestita in modo semplice ma elegante, prese una banana dalla fruttiera di design simile a una semisfera sul tavolo al centro dell’ufficio.

    Ruppe il frutto giallo a metà, consegnando una parte alla piccola cappuccina.

    Barba incrociò le braccia, spazientito.

    – Rieke Peter Hatefield!

    Rieke si voltò di scatto, mettendosi sull’attenti.

    – Comandi! Andare a Torino. – Sembrò che pronunciare il nome della città lo avesse accigliato – Ma perché cazzo Torino? Milano non andava bene? Comunque… –

    – Non parlare così davanti alla bambina! A Torino perché ho i miei contatti lì, compagni dei tempi della guerra. Non saprei dove altro trovare una cisterna di alcool, e poi sei tu che me l’hai chiesta! – spiegò Barba irritato.

    – Ma piantala papà. Mi mandi tutti i giorni a prendere le bolle di carico nell’officina! Sento di peggio! – sbottò la ragazza.

    – Vediamo di non scialacquare i soldi della ditta. Visto che sarete lì per incontrare il nostro importatore italiano, tanto vale reperire sul posto l’alcool per il tuo progetto, Rieke – spiegò ancora Barba muovendo l’indice.

    Barba sospirò.

    – Prosegui, te lo chiedo come principale. Ti pago lo stipendio, io!

    Rieke gonfiò il petto.

    – Andare a Torino. Consegnare la merce. Chiedere un prezzo per la nuova spedizione. Chiedere al signor Umberto Gastaldi che ci dia il contatto del signor Radicati per avere un po’ di alcool a buon prezzo e senza troppe domande – spiegò Rieke pedissequamente, socchiudendo gli occhi.

    Barba annuì, muovendo il palmo come se remasse in circolo.

    Rieke cambiò atteggiamento, cogliendo una seria preoccupazione nell’amico, chiaramente in cerca di un segno di collaborazione.

    – Tranquillo Barba. Ricordati che la linea di pavimenti in legno opaco a incastro è una mia idea. Farò attenzione e mi inventerò un modo per far arrivare qui quell’alcool, so bene che il nostro governo è musulmano ed è sensibile a queste cose. Tra una settimana al massimo avremo l’alcool e produrremo la prima partita di parquet sbiancato. La concorrenza non potrà che mangiarsi le dita.

    – Quello che volevo sentire! – l’uomo batté le mani insieme, soddisfatto dalla spiegazione di Rieke.

    Barba era in ciabatte di cuoio, pantaloncini e canottiera. Sui fianchi portava un cinturone militare verde con una fondina lucida, una baionetta e un paio di tasche squadrate verde oliva, mentre in spalla un Mauser da caccia con cannocchiale.

    Barba si infilò gli occhiali da sole, passandosi una mano sui capelli quasi del tutto grigi.

    Si avvicinò alla ragazza di colore, baciandola sulla testa. Non aveva i capelli ricci, classici delle donne africane, ma una sorta di mosso, altro segno, insieme alla pelle leggermente più chiara, dell’unione tra un italiano e una etiope.

    – Ti prego fai attenzione, papà – disse lei accarezzandogli il viso.

    – Inizio a odiare quando lo fai – aggiunse voltandosi verso la scimmietta, che smise di mangiucchiare il pezzo di banana con aria colpevole.

    Poi sfiorò il naso largo e bianco di Barba con la punta del suo, color cioccolato.

    – Tranquilla. Sai che ogni tanto devo vivere a modo mio. Lascio tutto nelle tue mani. Tra cinque o sei giorni sarò di ritorno – disse lui abbracciandola forte.

    Lei lo baciò ancora sulla fronte.

    Barba batté il palmo sulla spalla di Rieke, accarezzando poi la mano di Katie, seduta alla scrivania, intenta nello studio di un loro listino prezzi.

    Uscì dalla stanza.

    – Spero sempre che con gli anni papà la smetta – disse la ragazza dando alla scimmietta l’ultimo pezzo di banana.

    – È fatto così, lascialo tranquillo – rispose Rieke guardandola, cercando di essere d’aiuto.

    In basso videro Barba salire nel camion di punta, un Mercedes nuovo di pacca.

    I mezzi della colonna misero in moto. Sui pianali collegati alle motrici erano caricati i rimorchi, e su questi, fusti di nafta legati tra di loro con catene. Un piccolo esercito di neri in tute e salopette blu, scalzi, sedeva sui fusti o lungo le fiancate dei veicoli.

    La colonna di camion iniziò a muoversi nel piazzale.

    Rieke seguì con lo sguardo fino alla stecca di metallo che chiudeva l’accesso dell’uscita mezzi, accanto all’insegna Segheria Fontana, dal 1896, la più antica ditta italiana di legami di Addis Abeba.

    – Se non partecipa personalmente a una spedizione ogni tre mesi proprio non vive. Meno male che questa è solo qui vicino – aggiunse la figlia di Barba.

    – Dovresti essere fiera di te però. – Si intromise Katie– Hai venticinque anni e tuo padre ti affida la sua azienda – chiuse il tariffario, allungandosi sulla sedia di acciaio e cuoio.

    Rieke la guardò facendole l’occhiolino.

    Katie mise la mano su un altro libro con stime e costi dei prodotti della ditta.

    Prima di ricominciare a leggere, Katie lo guardò lanciandogli un bacio con le labbra.

    1

    Rieke porse la mano a Katie.

    Uscirono dal taxi.

    Katie si teneva il vestito lungo, di seta nera bordato da applicazioni gioiello. Una stola le copriva le spalle, chiusa frontalmente con un nodo accennato.

    Rieke teneva il braccio piegato, perché la ragazza potesse appoggiarsi come si conveniva a un’occasione del genere.

    Con l’altra mano si aiutava a reggere il passo di lei, stringendo una stampella.

    La ragazza sorrise alla coppia di facchini all’entrata dell’hotel Principi di Savoia.

    Katie aumentò leggermente il passo, lasciando che una gamba dalle pelle chiara, tornita e vestita con decolleté altissime, sbucasse dallo spacco dell’abito.

    Rieke strinse i denti, sentendo che il dolore apriva un rigagnolo di sudore tra i capelli pettinati all’indietro. In un secondo percepì il bordo della camicia umido.

    – Rallenta – mormorò Rieke stringendo l’impugnatura della stampella.

    – Col cazzo – rispose lei a denti stretti, sorridendo educatamente a un’altra coppia di invitati.

    Entrarono nella sala ricevimenti.

    Si mischiarono con il diffuso salutare, stringere di mani e beneducati convenevoli.

    Loro due, in qualità di inviati commerciali della Fontana, ditta leader del commercio e lavorazione del legnale dal Corno d’Africa per l’Europa, esibirono gli inviti su carta intestata.

    – Ecco gli Hatefield! – esclamò una signora sottobraccio al marito.

    Rieke e Katie ritrovarono Umberto e Franca Gastaldi.

    Umberto aveva partecipato alla missione coloniale in Etiopia nel ‘36 con Giuseppe Fontana, chiamato Barba da pochi intimi, come tenente di fanteria, ritornando in Italia nel ‘46 dopo un soggiorno forzato nei campi di prigionia britannici, durante il quale aveva imparato un inglese articolato e complesso.

    Da allora aveva mantenuto i rapporti con Barba, accogliendolo nelle trasferte italiane come amico e importatore di legname e derivati.

    – Oh caro, ma cosa

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1