Faccia un bel respirone
By Luigi Gioia
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Faccia un bel respirone - Luigi Gioia
1978)
INTRODUZIONE
Gigi (amicizia cronica)
Quando Gigi mi ha chiesto di scrivere due righe di introduzione al suo libro, leggendo le bozze mi sono tornati alla mente i versi di una bellissima poesia di Alda Merini:
"Le persone capitano per caso
nella nostra vita,
ma non a caso."
Ebbene, proprio su questa casualità
si è costruita un’amicizia che dura da cinquant’anni… e non a caso.
Da quei primi giorni di asilo - e lui, sì, aveva lo stesso ciuffo di capelli che ha ancora adesso (solo un po’ più scuri) - abbiamo condiviso molto, abbiamo riso insieme, sofferto insieme, giocato, parlato, sognato, gioito, viaggiato insieme.
Certo, ci sono stati anche periodi fisiologici
di distanza (studio, lavoro, famiglia) ma l’assenza e la lontananza non hanno rovinato l’amicizia.
Sapevo in ogni istante che Gigi c’era e ci sarebbe stato, che avrei potuto contare su di lui con quella stessa disponibilità aperta e sincera, con quello stesso sorriso curioso e affidabile che ritroverete certamente negli splendidi ritratti che ha conservato nella sua Galleria
.
Ritroverete dolore e serenità, tristezza e speranza, smarrimento e fiducia, ma vedrete affiorare soprattutto un’umanità che troppi ormai considerano solo una condizione, non un sentimento, quale invece è in realtà.
Ecco, è questa la sensazione che Gigi trasmette nel dipingere i suoi incontri con persone che si offrono con il proprio, unico ma universale, alito di umanità.
Vorrei permettermi solo una piccola intrusione in uno dei suoi ricordi.
C’ero anch’io fra i trenta volti che sprizzavano fiducia nella foto di fine elementari insieme alla nostra maestra, suor Ada.
E sono certo, come Gigi, che suor Ada continuerà ad abbracciarci tutti, come ha sempre fatto fin da quel giorno lontano.
E comunque anche questo è stato un caso
, fecondo magico essenziale intenso, come lo sono stati gli incontri che Gigi ha raccontato in questo libro che, non a caso
, gli hanno donato sempre qualcosa di speciale, e lo faranno anche a voi: uno sguardo, un sorriso, un gesto, un rimpianto, un sospiro, una lacrima trattenuta a stento, un’onda improvvisa di emozioni molteplici, perché così è la vita, in fondo: ruvida e secca come le mani di un anziano che accenna un saluto, disarmante e sincera come gli occhi di un bimbo spalancati sul mondo.
Antonio Strepparola
21 giugno 2019, San Luigi
Baia delle Favole, Sestri Levante
PROLOGO
Passeggiando sulla spiaggia all’improvviso mia moglie Marina mia ha chiesto: Perché lo hai scritto?
Ho risposto d’istinto: Perché mi piace scrivere!
.
Mi ha sempre intrigato la sfida lanciatami da un foglio bianco ed una penna.
La sensazione di libertà nel riempirlo.
Così è nato questo mio scritto.
Frutto della mia esperienza di medico e di uomo.
I nomi sono di fantasia.
Le persone e le storie sono reali.
A chi vi si riconoscesse chiedo sin d’ora venia se non sono stato all’altezza della verità.
Ma le ho scritte col cuore.
E col cuore ve le consegno sperando che vi regalino un momento di riflessione su un’umanità in lotta con la malattia.
Ma innamorata della vita.
Fate un bel respirone, come vi chiede di fare quando vi visita il vostro medico e... buona lettura!
Un ringraziamento particolare a mia figlia Eleonora.
Si è assunta l’ingrato compito di decifrare la mia scrittura per inserire i racconti al computer.
Divenendo così la mia prima lettrice.
4 agosto 2018, in viaggio verso Mosca.
1. Il soffiatore di vetro
(neoplasia intestinale)
La felicità è amore, nient’altro.
(Hermann Hesse)
Occhi vivaci, felici, un uomo felice!
Qualcosa gli cresceva dentro l’addome: un cancro.
E lui lo sapeva.
E la felicità non l’aveva abbandonato.
Fu uno dei miei primi pazienti, si faceva vivo ogni tanto.
Per un disturbo, un dolore.
Gli occhi azzurri, vivaci.
Aveva vissuto più di ottant’anni.
Ed era soddisfatto.
Raccontava spesso di quando soffiava il vetro in Università.
Costruiva ampolle, alambicchi.
E i cervelloni nei laboratori lo adoravano, sapeva fare il suo mestiere e gli piaceva, molto.
Mi chiedeva con delicatezza quanto tempo gli restasse.
Ed io ero vago ma sincero.
E intanto il cancro cresceva; nonostante la terapia, nonostante la sua voglia di vivere, nonostante i suoi occhi azzurri fossero ancora curiosi.
Non era incazzato col destino, lo sfidava con dolcezza ed umiltà.
Nella sua semplicità ne usciva vincitore.
Ed era sereno.
Un giorno la moglie, con gli occhi bagnati, mi fece vedere la sua collezione di piccoli animali di vetro.
Soffiati, creati.
Il suo essere stato anche un artista era forse la sua forza.
Poi venne il suo giorno.
Vi giunse smagrito ma lucido.
Non dimenticherò il suo sguardo sereno.
Fino all’ultimo.
La sua dignità.
Una lezione di vita.
Un soffiatore di felicità.
4 agosto 2018, tra Mosca e Hanoi.
2. La teoria degli stormi
(genetica)
"Le forze della natura agiscono
secondo una segreta armonia."
(Gregor Johann Mendel)
Un’estate in Liguria.
Un’amica mi confida un segreto: la popolazione umana è divisa in stormi.
Una teoria sulle caratteristiche umane a lungo meditata.
Le affinità di carattere, i modi di essere e di fare, le fisionomie li accomunano.
Anche l’universo dei miei pazienti è diviso in stormi.
Ci sono le rondini: volano in alto leggere e decise.
In buona salute.
Ci sono i gufi: tristi e depressi, immobili davanti alle difficoltà della vita.
Si nutrono di ansiolitici.
I piccioni: saltellano qua e là inconcludenti e pettegoli.
In sovrappeso chiedono la prescrizione dell’esame solo perché l’ha fatto anche l’amico.
I falchi: sempre a caccia di prede più deboli, a volte feroci.
Ipertesi, gastritici cronici.
I passeri: semplici e contenti, ogni tappa del loro viaggio è un gioco.
Vengono in studio per fare due chiacchiere.
I fagiani: lenti, vanitosi, mimetici.
Dislipidemici.
I gabbiani: sempre in movimento, a caccia di cose inutili.
Ogni mese necessitano di un nuovo esame.
Gli avvoltoi: non serve descriverli.
Ricordagli che c’è un collega più bravo.
Le ghiandaie: lottatrici, generose e coraggiose.
Attente alla salute dei loro cari, si trascurano.
I pappagalli: non elaborano un pensiero originale, seguono l’onda.
Ogni malattia che trovano su internet è la loro.
Ma infine che specie d’uccello sono io per giudicarli?
Agosto 2018, tornando dalla Baia di Halong
(Vietnam Settentrionale).
3. Lo scricciolo anemico
(morte violenta)
"Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso."
(Se ti tagliassero a pezzetti, Fabrizio De Andrè)
Definisco meteore i pazienti che vedo poche volte nell’ambito dell’intero rapporto medico-paziente.
Per Anna la definizione calza a pennello: la vidi in tutto quattro volte.
Alla prima visita mi ricordò quei passerotti che raccogli impauriti dopo un acquazzone estivo.
Ed era pallida, troppo pallida.
Alle donne si chiede di dirti se hanno perdite ematiche di qualunque tipo.
Per lei il punto debole era il mestruo.
Polimenorrea e dismenorrea: un flusso abbondante e doloroso.
Ne parlava con rassegnazione.
Ma le dissi che il problema si poteva affrontare.
E l’affrontammo.
Terapia marziale per l’anemia ed anticoncezionale per regolare il mestruo.
Ma quello che mi colpì di Anna è che sembrasse aver paura di tutto.
E tutto poteva travolgerla.
Con le parole giuste le feci capire che nella vita bisogna trovare il giusto coraggio.
Coraggio di vivere, coraggio di lottare, coraggio di sbagliare, coraggio di rialzarsi.
Mi ascoltava in silenzio, sembrava bere ogni mia parola.
Ed era assetata.
Assetata di consigli sulla vita.
Poi se ne andava sorridente, quasi sollevata, leggera.
Quasi trovasse sollievo nell’aggrapparsi alla sua grande voglia di vivere.
L’hanno trovata morta in un fiume.
Di morte violenta.
Aveva vent’anni.