Tutto sotto controllo: Una fuga quasi impossibile
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Collana Sentieri: narrativa italiana
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Tutto sotto controllo - Pasquale Fusco
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Capitolo 1
Erano anni che il lavoro continuava incessantemente nella grande foresta. Le stagioni si susseguivano l’una dietro l’altra presentando, volta per volta, il loro volto. E il tempo, incommensurabile, imperscrutabile e inarrestabile, continuava il suo cammino incurante di ciò che avveniva attorno a sé. Si aprivano nuove strade e i paesi equidistanti fra loro venivano collegati fra loro da queste nuove strutture. Si abbattevano, si tagliavano e si segavano grandi alberi, polmoni d’ossigeno per l’umanità, mentre enormi sassi venivano scavati dalle grosse gru e accantonati. Profondi crepacci venivano sorpassati con ponti realizzati con tronchi d’alberi intrecciati o con tortuose stradine serpeggianti nel verde fitto che raggiungevano a valle la base delle fondamenta da dove, poi, si ergevano maestosi i pilastri a sostegno dei ponti. Enormi strutture in cemento armato si alzavano maestose verso il cielo sormontate da nuvole e uccelli migratori. Salite e discese ripidissime delineavano il corso della strada fangosa e pietrosa e si sterrava tutto ciò che opponeva resistenza. Si creavano nuovi ponti sospesi sorretti solo da enormi piloni poggiati su fondamenta larghe e profonde.
Immense gallerie venivano scavate nelle profondità della roccia viva, utilizzate per avanzare oltre le colline e i monti. La parola d’ordine lanciata dalla società era: il contratto va rispettato. Niente doveva ostacolare il lavoro che doveva essere terminato e consegnato entro la primavera successiva. Gli operai, alternandosi di giorno e di notte, sottostavano e sostenevano turni massacranti per rispettare le consegne. Avvolte dalla fitta nebbia, che regnava regina nella folta foresta e dal fumo di scarico degli enormi motori dei mezzi meccanici, le ruspe arrancavano sui cumuli di terra e sui ripidi sentieri al limite del ribaltamento.
Grosse motoseghe e macchine trincialegna abbattevano e trinciavano enormi alberi secolari che, cadendo, emettevano un sibilo frastornante, il loro impattato al suolo era simile a un terremoto. Tremava tutto per un raggio di trecento metri. Tre elicotteri dall’alto, vigilavano e segnavano il percorso da seguire. Di notte, segnalavano il tracciato con enormi fari, di giorno con fumogeni di color rosso lasciati cadere nel fitto della boscaglia. Volgendo lo sguardo indietro si poteva scorgere un lungo serpente scuro che sembrava seguire i numerosi operai addetti alle varie mansioni. Le macchine operatrici e le ruspe abbattevano ogni sorta di ostacolo che si pareva sul loro cammino, mentre enormi gru caricavano i camion di detriti e di alberi abbattuti. Avanzavano lentamente fra dirupi e scoscesi, attenti a non finire nel vuoto profondo, provocare danni o pericolo ad altri. Il tutto, conglobato in un’atmosfera irreale, li faceva sembrare tanti soldatini in fila. Tronchi abbattuti o tagliati giacevano ovunque, rami recisi e cumuli di terra smossa si alzavano alti ai lati della strada rendendo più lugubre il luogo. Le gru, che si stagliavano alte e maestose nel buio, illuminate dalla luce dei riflettori artificiali, disegnavano enormi ombre simile a creature mostruose. Il loro compito era pulire il percorso da residui legnosi e depositare sullo sterrato cumuli di massi che venivano tritati da una macchina livellatrice lasciando il suolo pronto da asfaltare. Cosa che faceva un’altra macchina che seguiva spargendo catrame e, ancora dietro, grossi e pesanti mezzi cingolati trainavano mastodontici rulli che comprimevano lasciando un manto stradale efficiente e agibile. Voci di comando si alternavano ai vari e cupi rumori emessi dai mezzi, gli operatori, gli operai e gli ingegneri, colloquiavano tra loro con delle mini radio che avevano una frequenza personalizzata. A volte, il frastuono così denso e forte, non permetteva neanche alle radio essere sufficientemente idonee e, per attirare l’attenzione degli operatori, lunghi fischi laceravano l’aria e gesti con le mani mimavano e indicavano il luogo dove scavare o dove abbattere gli enormi alberi che ostruivano il passo. Anche quella notte, come le altre trascorse, sembrava una notte normale, una di quelle notti senza sorprese che passano senza lasciare il segno e il lavoro procedeva speditamente e senza intoppi rilevanti. Fuori, negli abissi bui del bosco, dove neanche la luna riusciva a irradiare i suoi raggi argentei, s’udivano solo gli ululati dei lupi e il suono della natura che non dorme mai. La notte continuava a essere tranquilla e il lavoro proseguiva spedito senza interruzioni.
Nulla faceva presagire ciò che da lì a poco stava per accadere. Un vento freddo e gelido anchilosava le mani degli operai intenti al lavoro, brividi di freddo attraversavano i loro corpi e il vento, con la sua furia, emetteva un ululato simile al lamento di un animale ferito a morte. Un’improvvisa pioggia battente rendeva il cammino arduo, le fronde degli alberi si agitavano furiosamente toccandosi come baciandosi e le foglie bagnate strofinandosi emettevano un lugubre fischio. Sembrava quasi una notte normale, per essere una stagione invernale ad alta quota, e il lavoro era più o meno come altri eseguiti in precedenza. La ditta operatrice era seria, era una di quelle che lo Stato prende in considerazione per la sua credibilità e per la responsabilità nel progettare ed eseguire opere mastodontiche. Opere durature e appariscenti, opere che attirano lo sguardo e che restano a perenne memoria.
La società che la gestiva, era una di quelle a partecipazione statale con utili e interessi esorbitanti che controllava il settore delle perforazioni e che operava, soprattutto, per un business petrolifero ad alti livelli: la Edil & Oil Company. Una società all’avanguardia di macchine operatrici, dotata di un alto livello di progetti interessanti dovuti a operatori altamente qualificati che, sistematicamente, riceveva enormi soddisfazioni e attestati di merito facendone la numero uno nel suo settore. Una società che si definiva: machines company for construction service. Non a caso s’era attribuita tale definizione. Definizione che rendeva l’esatto valore e potenza della società: cioè, compagnia di macchine per servizi di costruzione. Ovvero, operatori di grandi opere.
Il suo punto forte era l’invenzione di nuove macchine per la realizzazione di opere di perforazioni petrolifere, lo scavo di enormi gallerie nonché costruzioni edili e realizzazioni di strade a scorrimento veloce in attraversamento di luoghi impervi, monti, boschi o tunnel nel profondo della crosta terrestre. Il curriculum era pieno di opere realizzate e in tanti anni d’attività non vi erano mai stati intoppi che potessero oscurare la sua credibilità. Il suo punto forte: legalità, serietà e puntualità nella consegna delle opere appaltate. La Edil & Oil Company era una di quelle poche società altamente qualificate che offriva enormi garanzie sia per capitali versati interamente sia per aver eseguito opere per privati ma, soprattutto, per aver portato a termine con serietà, strutture d’alto livello per il Governo. Qualche tempo addietro il Governo centrale ritenne che il Dakota del Nord, 39° Stato degli Stati Uniti, della Regione del Midwest, fosse collegato da una catena di strade moderne con tutti quei paesi che si trovavano a ridosso dell’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico. Uomini influenti del governo votarono a favore del progetto e loro stessi scelsero la Edil & Oil Company come società per l’espletamento dei suddetti lavori. Molte volte però, la società, non potendo soddisfare appieno le esigenze degli appalti, era costretta a dare in subappalto lavori di minor importanza a ditte che operavano nello stesso settore con la supervisione di tecnici qualificati sempre della Edil & Oil Company. Mai un’opera terminata in ritardo o problemi avversi avevano ostacolato o rallentato i lavori stessi.
Invece i guai, iniziarono proprio quella notte. Il cielo, già cupo e carico di grosse nuvole, sembrò squarciarsi improvvisamente e una pioggia battente, più forte di prima e di inaudita portata, si riversò sul campo rendendo il cammino ancora più arduo. Enormi lampi illuminavano a giorno il buio fitto del bosco e i tuoni, tanto roboanti, riuscivano a coprire persino il rumore dei