Ritratti mortali
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Book preview
Ritratti mortali - Luigi Angelino
ispirato.
Prefazione
L’antologia che vi apprestate a leggere è il frutto dell’incontro di due autori, che hanno deciso di unire le proprie esperienze per proporre qualcosa di alternativo. Ne è nata una collezione di racconti, proposti da Elisabetta Munerato, alternati ad approfondimenti riccamente documentati, scritti da Luigi Angelino.
Una formula ibrida ed inusuale che propone un incontro tra brevi racconti eterogenei, accomunati da un filo conduttore (il tema della morte), ed una selezione di articoli che indagano, analizzano ed approfondiscono elementi solamente accennati nelle narrazioni.
Un gioco che ha stimolato entrambi gli autori, motivandoli a scrivere articoli in funzione dei racconti ma anche viceversa, grazie alla continua alternanza di spunti offerti ora dall’uno ora dall’altra.
Sono nati così una serie di ritratti
, ribattezzati mortali
per la scelta del leit-motif che lega tra loro i racconti.
Un ringraziamento speciale al maestro Carlo Piterà, che ci ha permesso di utilizzare per la copertina una sua opera, molto simbolica ed evocativa, la quale ha a sua volta un significato legato alla morte ed al dolore per una perdita.
Quadri con delitti
Il sottotetto luminoso, grazie alle ampie vetrate che si affacciano sul lungo balcone che lo circonda, domina l’incantevole città di Pavia.
In lontananza, si vedono le torri e i palazzi antichi, distanziati tra loro dalle viuzze del centro.
Pavia, grazie alla sua eccellente università, è sempre piena di giovani studenti. Giorgio li vede camminare lungo le vie, con gli zaini sulle spalle o con i libri tenuti stretti al petto. Passano sotto casa, sorridenti e vivaci, e lui ascolta i loro schiamazzi. Gli ricordano gli anni dei suoi studi, quando, ansioso, non vedeva l’ora di apprendere nuove tecniche di disegno e di pittura, per poi utilizzarle al meglio e dare così vita alle sue opere.
Giorgio oggi è diventato un pittore molto ammirato, non solo in città, ma anche all’estero.
Sovente si avventura per le strade di Pavia in cerca di ispirazione. A lui basta poco. Uno sguardo, una sensazione, un attimo, possono bastare per accendere quel fuoco interiore che gli necessita.
Spesso si reca anche lungo le sponde del Po, per ammirare il gioco della luce riflessa sull’acqua, oppure le nuvole che si specchiano. Adora tuttavia anche lasciarsi alle spalle Pavia e dirigersi verso la campagna della Lomellina, dove Dio ha trovato immense tele ove posare i suoi stupendi colori.
A questo proposito Giorgio ha anche scritto una poesia in dialetto Lomellino, quel dialetto che i giovani studenti universitari non sanno nemmeno più che esista.
Ma oltre ai fossi e a alle strade di terra battuta, là tra i campi, c’è anche un’importante monumento visconteo che a Giorgio piace visitare: la Certosa di Pavia.
Ogni volta che il maestro ci arriva, con la vecchia vespa azzurra che lui chiama nuvola
, il suo cuore vibra in petto nell’osservarla.
La sua facciata, che quasi sfrontatamente si mette in mostra, per lui è alla pari di una delle sette meraviglie del mondo moderno, e si sofferma lungamente ad ammirarla.
Le guglie svettanti e il chiostro sono alla pari della sua bellezza interiore, ricca di opere d’arte.
Quell’arte misteriosa come la fede, che eleva l’artista ad essere padrone e servo del mondo.
Anche in questo giorno, del quale ti sto per raccontare, vorrei che immaginassi Giorgio al lavoro: con il suo pennello in mano, mentre solletica la trama vergine della tela con gli occhi attenti sul soggetto, che presto prenderà forma e colore.
Ma oggi, oltre la tela, c’è una modella in posa. Nuda e immobile. Alle spalle delle sue sinuose forme, al di là della vetrata, c’è il cielo terso che accarezza i tetti e le torri della città lombarda.
La pelle olivastra della giovane donna è lucida, e appare morbida e liscia alla vista.
Gli occhi sembrano due chicchi di caffè, incastonati nel viso leggermente rotondo.
I capelli lunghi, color della notte senza luna, sciolti e gonfi, si posano appena al di sotto delle spalle. La modella sorride serena all’artista al lavoro.
I seni sono parzialmente coperti dalla mano della donna che, seduta sullo sfarzoso sofà e leggermente piegata all’indietro con la schiena, mostra senza alcuna vergogna i riccioli spettinati e scuri al di sotto del ventre.
La tela accoglie il corpo olivastro di Annabella, adagiata sul sofà di velluto rosa antico, circondata da sette opere monumentali, che paiono sospese nel cielo oltre le vetrate.
Una pausa però è necessaria, non solo per dare respiro alla modella e per darle modo di sgranchirsi un poco le gambe, ma anche per far riposare le abili mani del maestro.
Giorgio si affaccia da dietro la tela e le sorride.
- Credo che per ora basti… facciamo una pausa di una decina di minuti - le dice con la tavolozza tra le mani.
- Grazie! Non ne potevo più… Oh! La mia schiena…- la modella esclama, riprendendo vita.
Il suo corpo è bello e proporzionatamente generoso di forme.
Giorgio sta per uscire dalla grande stanza, poi si volta e le dice: - Ci vediamo tra un po’… riprendiamo dalla stessa posa e, mi raccomando, vai in bagno se ne hai bisogno…-
La giovane donna sorride, si copre il corpo con un lungo scialle e fa un leggero cenno con la testa.
La raccomandazione di Giorgio la fa sorridere, ma sa quanto lo innervosisca essere disturbato mentre dipinge.
Quella non è la prima seduta alla quale la modella si presta, per il quadro in questione, che rappresenta le sette meraviglie del mondo moderno.
Quando Giorgio ritorna, la giovane donna è già in posa. L’artista si posiziona davanti al cavalletto e prontamente si rimette al lavoro.
- Sei troppo sdraiata e devi nascondere il seno… la testa poi… su con la testa e via quei capelli da lì! Mostrami un po’ il viso… è troppo indietro rispetto a prima… così mostri solo il collo…-
La donna non esegue.
Giorgio scrolla la testa e continua a dipingere. Ma un istante dopo, le chiede nuovamente di mettersi nella posa corretta.
- Non sei per nulla nella posizione di prima… mi hai capito? -
Non riceve alcuna risposta. La donna non si muove.
Posa la tavolozza e si dirige verso di lei. Forse le sta facendo uno scherzo. Del resto la ragazza, oltre che bella, è anche simpatica.
Avvicinandosi, il viso di Giorgio si incupisce. La osserva immobile.
Lungo le sue spalle, della tempera rossa scivola lenta verso il basso, ricoprendo la stoffa del sofà.
Il petto della modella pare non sollevarsi, né abbassarsi.
Per un attimo Giorgio rimane paralizzato davanti a lei, cercando di capire da dove può arrivare quel colore. Il viso della modella è completamente ricoperto dalla notte scura dei suoi folti capelli. La testa è scompostamente riversa all’indietro e posata sull’imbottitura dello schienale.
Giorgio trema.
Si porta le mani al petto e, con pieno stupore steso in viso, stringe la stoffa della camiciola.
Quella tempera rossa gli pare troppo scura per esser tale e quel corpo fermo sembra troppo immobile per essere uno scherzo… come quel silenzio tra loro, che appare troppo reale e spaventoso.
La polizia non ci mette molto ad arrivare. La cucina dell’artista non solo si è riempita di aroma di caffè appena fatto, che Giorgio sta bevendo con il commissario, ma si è anche saturata di domande precise e di risposte inconcludenti.
- Io ero qui in cucina. Quando sono tornato lei era già distesa sul sofà… ho ripreso il mio lavoro… le ho anche parlato, ma lei non mi ha risposto… sul subito non ci ho trovato nulla di strano… mai avrei pensato che fosse morta. Oh, ma basta, vi prego! È l’ennesima volta che vi dico le stesse cose! - Giorgio si lamenta, con tono disperato.
Seduto al tavolo con il commissario, guarda l’agente in piedi accanto a lui, che annota il loro dialogo. Per un attimo si ferma ad osservare la mano dell’uomo mentre scrive. Quella penna non potrebbe mai scrivere quanta e quale pena sente in cuor suo. Mai avrebbe pensato che in casa sua avrebbe potuto avere luogo un delitto. E quasi sotto i suoi occhi... che però non avevano visto nulla.
- Oltre a lei, chi frequenta questa casa? - chiede il commissario.
- Nessuno! Non ho nemmeno una donna delle pulizie, una compagna… vivo solo e nessuno entra in casa mia mentre lavoro… nessuno mi assiste mentre dipingo, ma questo gliel’ho già detto anche prima, se non ricordo male! -
- Si limiti a rispondere alle domande, per cortesia. -
- Mi avevano detto di non prendere in affitto questo appartamento… chi abitava qui prima di me è stato costretto ad andarsene, a causa di strane sparizioni di oggetti… forse c’è davvero un fantasma, in questa casa! - dice Giorgio, tenendosi la testa fra le mani.
Il commissario lo osserva perplesso. Tace per qualche istante, poi solleva le spalle e riprende a parlare: - Fantasmi? Troppo facile accusare loro… sa quanti danno la colpa dei loro reati a demoni, fantasmi e cose simili? -
- Anch’io non credo ai fantasmi, commissario, ma mi sono sparite parecchie cose in questa casa, e non le ho mai più ritrovate… è scomparso persino un quadro. Non era molto grande, ma era pur sempre una mia opera, capisce? Sono disperato, commissario. -
- Si, capisco… Cos’altro le è venuto a mancare da questa casa?-
- All’inizio un vecchio orologio da taschino… era di mio padre sa… uno di quelli che si usavano una volta, appartenuto a mio nonno. Oltre ad avere un valore affettivo, ne aveva uno anche a livello economico. Poi, piccole cose: un ferma cravatta d’argento, ogni tanto qualche soldo dal mio portafogli, persino cibo dal frigorifero. -
- Strano… un fantasma affamato… Non ha mai sporto denuncia? -
- No. All’inizio pensavo di essere sbadato io e di perdere in giro per casa i soldi o quant’altro… sa com’è, pensi che prima o poi saltino fuori da qualche parte… -
- Sì, è vero… ma un fantasma che se ne farebbe di soldi, oggetti preziosi e cibo? Non ha mai sentito rumori strani, passi… -
- Più di una volta. Una notte mi sono alzato e ho perlustrato tutta casa. Mi sono recato anche in mansarda, ma nulla, non ho mai trovato nessuno. -
- Le andrebbe di seguirmi al piano superiore? -
- Ed entrare in mansarda? - Giorgio aggiunge.
- Sì! -
- C’è ancora il corpo? - Giorgio chiede, stringendo tra le mani la tazzina ancora mezza piena di caffè.
- Sì. I miei uomini stanno cercando di scoprire da dove qualcuno possa essere entrato. -
- Impossibile! Quello di sopra è l’ultimo piano dello stabile… questo edificio confina solo con quello qui accanto… che è disabitato da tempo. Inoltre, le porte in vetro sui tre lati le tengo chiuse… c’è sempre un po’ di vento e lassù si sente molto di più. Mi innervosisce e non mi lascia dipingere con tranquillità… comunque, andiamo... - Giorgio esclama rassegnato, allargando le braccia.
Salite le scale e percorso il pianerottolo i due entrano nella mansarda, dove gli uomini della polizia sono ancora al lavoro. I flash della macchina fotografica illuminano il corpo immobile della giovane donna. Giorgio sarebbe stato contento di quella posa perfetta, senza un solo respiro, senza un solo movimento. Ma all’uomo gli si restringe il cuore, nel rivedere la scena.
Anche il sofà viene perquisito, come se potesse essere il colpevole dell’omicidio. La mansarda è setacciata da uomini che frugano dappertutto. Il commissario si avvicina al quadro che Giorgio stava dipingendo, notandone le grandi dimensioni.
- L’opera che sto realizzando rappresenta le sette meraviglie del mondo moderno e, anche questa volta, volevo utilizzare una ragazza... -
- Perché anche questa volta? -
- Venga le mostro una cosa. -
L’uomo si dirige verso un angolo dove sono ammassate alcune tele.
Il commissario lo segue e Giorgio toglie la stoffa che ricopre alcune opere, mostrandole fiero.
I quadri raffigurano sette bellissime, donne con il corpo tatuato.
- Una serie ispirata alle sette meraviglie del mondo antico: questa è la bella Babilonia… sulla schiena della modella ho impresso il tatuaggio dei giardini dell’antica città. Quest’altro invece la bella Artemide, con il tempio dedicato ad Efeso tatuato sul ventre… poi c’è la piramide di Cheope, vede? Sul seno è raffigurata la piramide presente nella valle di Giza. -
- Interessante, non crede commissario? - chiede un poliziotto che li ha raggiunti.
- Sì, certo, ma...-
- Questa invece è la bella Alessandria, con il suo storico faro tatuato sul braccio della fanciulla… e poi, Olimpia, con la statua di Zeus …-
- Sette modelle? -
- Sì commissario. Sette modelle, una per ogni opera! Il quadro che stavo per terminare è dedicato invece alle sette meraviglie del mondo moderno. Stavo per concluderlo… mi mancavano ancora un paio di sedute e l’avrei terminato! - mentre parla Giorgio si avvicina al dipinto in lavorazione.
- Ma questa volta, utilizzando una sola modella, commissario. Con quello che costano… Guardi che bei monumenti: la grande Muraglia, Chichen Itza, il Cristo Redentore, il romantico Taj Mahal, la misteriosa Petra, il Colosseo e l’incredibile Machu Piccu…e al centro dei magnifici monumenti lei, la giovane Annabella, con il suo bel corpo, la più meravigliosa tra le opere d’arte create dall’uomo! - esclama il pittore.
Il commissario annuisce poi, silenzioso, si dirige verso il balcone che circonda la mansarda.
Giorgio lo segue insieme ad un altro poliziotto.
- Capo… non credo che qualcuno sia potuto entrare dal tetto. L’unico passaggio potrebbe essere quello… vede? Quel tubo proviene dai piani di sotto, ma ci vorrebbe un bel coraggio ad arrampicarsi lungo quell’affare e salire fin quassù! -
- Già! L’unica parete in comune è quella dove c’è il camino e quell’armadio. Ci vuole coraggio, dici? Per uccidere c’è gente che il coraggio lo trova, fidati! - il commissario esclama, gettando un occhio verso il basso.
- Chi abita al piano di sotto? - chiede, uscendo sul balcone.
- Io! Gli ultimi due piani sono miei… il mio appartamento e questa mansarda! - Giorgio risponde mentre la cerniera del sacco nero scorre, racchiudendo il corpo inerme della modella, come un pisello in un baccello di plastica.
Giorgio stringe gli occhi e abbassa la testa.
- Più sotto, intendo dire. - il commissario domanda ancora, rientrando.
-Sotto al mio appartamento c’è un vecchio ragioniere, che da anni è su una sedia a rotelle. Un ictus gli ha provocato la paresi degli arti inferiori e del braccio sinistro. Sotto al ragioniere abita una sarta, che da più di vent’anni è vedova. Anche lei, come me, vive sola…- Giorgio risponde, con dovizia di particolari.
- E il ragioniere con chi vive? - il commissario lo interrompe.
- Tatiana! È la sua badante ucraina… ma, le dicevo… al piano più sotto abita una famiglia con tre bambini piccoli. Il padre è camionista e spesso lavora fuori casa per giorni… dipende da quale paese straniero deve raggiungere, capisce? La moglie è segretaria presso lo studio legale di un avvocato, credo che abbia lo studio vicino alla Minerva… i due hanno tre figli che vanno alla scuola secondaria. Oggi però non sono in casa… spesso vanno a mangiare dalla nonna materna e rientrano alla sera con la madre… - Giorgio termina, guardando gli uomini al lavoro attorno al suo sofà.
- Quel divano è suo? - il commissario gli domanda.
- Più sotto ancora… Sì, sì, quel sofà è mio! Prima stava in quell’angolo. Ho dovuto spostarlo e metterlo al centro della stanza per esigenze artistiche… era dei miei nonni… è stato sistemato da almeno due anni… era malconcio e mi dispiaceva buttarlo… in fondo è ancora carino, non trova? Ho fatto una fatica a portarlo fin quassù… non è da molto, che abito qui. - Giorgio spiega, avvicinandosi al gruppetto di uomini che esaminano il sofà.
- Sì, è carino! Hanno fatto un ottimo lavoro nel sistemarglielo, pare nuovo… ma credo che dovremo portarlo via… comunque tutta la mansarda è sotto sequestro e non potrà entrarci fino a quando il giudice non le darà il permesso…-
- Ma… -
- E’ necessario, per non inquinare la scena del delitto! Magari l’assassino ha lasciato un’impronta, un capello o un pelo sulla stoffa… e nella palazzina qui a fianco chi ci abita? -
- Al pian terreno un farmacista con sua figlia… ma è cieco da tempo… sopra di loro c’è un appartamento che è sfitto da anni e dall’altra parte dell’edificio c’è la palazzina ad angolo che è vuota… sotto sequestro da mesi… apparteneva ad una società di assicurazioni andata in fallimento… non so altro. Qui di fronte c’è anche un’officina meccanica, ma ha chiuso da mesi, causa la crisi… Anche se qualcuno si fosse arrampicato fin quassù, non crede che i passanti lo avrebbero visto? Del resto è pieno giorno e…-
- Ha ragione, ma non dobbiamo escludere nulla. Capisce? Con chi confina questo piano? - l’Ispettore indica la parete con il camino.
- Una palazzina abbandonata da tempo. Il proprietario è lo stesso di questo stabile. Ma adesso cosa accadrà? - Giorgio domanda disperato, passandosi le mani tra i capelli.
- Dovremo aspettare l’autopsia, intanto avviseremo la famiglia. Era sposata la ragazza? -
- No! So che viveva da sola a Milano… era venuta qui con il treno… sono andato io a prenderla in stazione. Qui c’è la sua borsetta… ma vedo che è già stata aperta… - dice Giorgio.
- Non siamo riusciti a trovare il portafogli, capo! I suoi documenti non ci sono, nemmeno tra i vestiti. - interviene uno degli agenti di polizia.
- Mmm… strano… non c’è nemmeno il cellulare? -
- Eppure ci deve essere… perché quando è arrivata a Pavia mi ha chiamato… guardi, qui c’è il mio telefono… vede, è ancora in memoria la sua chiamata… - dice Giorgio, mostrando il suo cellulare.
- Questo può significare che la ragazza è stata scippata in stazione, prima che lei passasse a prenderla, oppure che qualcuno si è intrufolato qui dentro… non solo per uccidere, ma anche per derubare… o viceversa! - ipotizza il commissario.
- Ma da dove? Io non mi sono mosso da casa… non ho aperto a nessuno e comunque sia sarò mancato da questa mansarda per dieci, quindici minuti al massimo! Giusto il tempo di farmi un caffè. Come può essere morta, la povera Annabella? -
- Lo so, lo so! Me lo ha già detto un miliardo di volte che è sceso per un caffè… la giovane è stata trovata con una ferita dietro la nuca, alla base del collo… sarà l’autopsia a stabilire con quale arma è stata uccisa. -
- Qui sopra aveva appoggiato un anello e la sua collana… li avete presi voi? - Giorgio dice ai presenti.
Gli uomini lo guardano perplessi e gli agenti confermano di non aver trovato effetti personali, oltre alla borsetta, vuota, e i suoi abiti. Il commissario si acciglia. Non sa cosa pensare, né cosa dire. Di casi ne ha visti tanti, ma di misteriosi e assurdi come questo, mai.
- Come possiamo metterci in contatto con la