Yantra Zombie
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Zombie - romanzo breve (103 pagine) - Una nuova avventura della saga zombie The Tube! I morti camminano sulla terra, è iniziata l’era delle fosse aperte. I sopravvissuti dello Stupa Bar combattono gli zombie con gli yantra: mistici diagrammi che evocano il potere divino. Ma il vero nemico è il silenzio. Nel silenzio si compirà il destino di ognuno.
Gli zombie sono inesorabili e le loro prede umane hanno ormai perso la speranza.
Tony, titolare dello Stupa Bar, lotta ogni giorno per la sopravvivenza sua e del gruppo che guida, confrontandosi con una tatuatrice che ha smesso di parlare, ragazzi che danzano lungo la verticale, un ingannevole prestigiatore e un’aspirante attrice.
Insieme combattono gli zombie affidandosi agli yantra: mistici diagrammi che evocano il potere divino. E con l’aiuto degli ultimi arrivati, i fratelli Coppia d’assi, affronteranno la missione decisiva: vincere le loro guerre personali e controllare il potere dello yantra di sterminio dei non morti. L’ultima possibilità per non arrendersi al silenzio, che dominerà quando l’ultimo grido di orrore verrà lanciato dall’ultimo uomo prima di morire.
Ma per trionfare e mantenere unita la famiglia dello Stupa Bar, Tony dovrà dimostrare di essere all’altezza del suo vero nemico, che non vaga per le strade cibandosi della carne dei vivi ma si nasconde nel silenzio e si nutre delle debolezze di tutti loro.
Alberto Tivoli è nato a L’Aquila in un marzo nevoso del 1973. Nella sua città natale ha scoperto la narrativa, che lo accompagna da sempre, e il piacere dell’esplorazione tra le cime del Gran Sasso. Vive e lavora a Rieti come ingegnere. A partire dal 2015 alcuni suoi racconti brevi sono stati selezionati e pubblicati in antologie di autori vari, sulle riviste Robot (contest “I vagoni di Trainville”) e Writers Magazine Italia (Speciale Science Fiction del 2016). Nel tempo libero legge con passione, scrive con amore e viaggia per il mondo ogni volta che può con grande meraviglia.
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Book preview
Yantra Zombie - Alberto Tivoli
meraviglia.
I
Volti di cera deformati dalle fiamme.
Corpi ciondolanti, grigi e gonfi. Pelle spaccata intorno alle giunture.
Viscidi e cedevoli come larve.
Fetenti come una tomba profanata.
Mi circondano.
Tendono le braccia.
Artigliano.
Li spintono per allontanarli ma loro si rifanno sotto. Spalancano le bocche e i denti si staccano dalle gengive insieme a gocce grasse e nere.
Gorgogliano.
Urlano.
– Tony!
Spalancò gli occhi, tremando per il disgusto.
– Tony, sveglia. – Fabio e Daniel minacciavano di buttarlo fuori dalla branda a forza di spinte.
– Ma che succede? – Una mitragliata di pensieri gli esplose in mente: Morti viventi nel vicolo o balordi in vena di saccheggio? L’ingresso sprangato riportava segni di scasso? Forse avevano forzato l’accesso al cortile e ora assediavano l’uscita sul retro?
Fabio spalancava la bocca come se l’aria non gli bastasse e aveva bloccato le palpebre tanto da far immaginare serrande tirate su con troppa forza e ormai incastrate. Daniel lo fissava con le labbra spiaccicate l’una sull’altra fino a scolorirle, dava l’idea di arginare un torrente di insulti che aspettava solo il momento di essere liberato.
Sulla soglia, appoggiato contro lo stipite, Alexander giocava con un fazzoletto rosso. Con la sinistra lo infilava nella destra chiusa a pugno, lo estraeva sfilandolo dal basso, lo scrollava in aria e il tessuto ondeggiava come una bandiera al vento.
– Alessia? – Tony sputò la domanda all’apice di un’ondata di reflusso acido.
Alexander nascose ancora una volta il quadrato di stoffa nel pugno, agitò le mani e le aprì mimando una farfalla in volo. Il fazzoletto era scomparso.
Tony abbrancò il profilo della branda, i ganci delle molle gli incisero la carne. Si tirò su a sedere con la pancia che strabordava dai pantaloncini – Siete sicuri?
– Abbiamo guardato anche al cesso – lo informò il prestigiatore. – Miss cinema è sparita.
– Da quanto tempo ve ne siete accorti?
– Mi sono alzato mezz’ora fa – spiegò Fabio. – Per darmi una svegliata sono andato diretto alle taniche, quando sono arrivato al bancone per mangiare ho visto che al portone non c’era nessuno.
– Stava lei di guardia? – Tony si mise in piedi e si grattò la barba ricciuta.
Fabio annuì e inghiottì a vuoto, quindi cacciò dalla tasca un cordino rosso e prese a comporre un nodo barcaiolo. Lo faceva per calmarsi e quasi sempre funzionava.
– Insomma, ho sentito che chiamava Alessia, facendo anche un bel casino. – Daniel tirò uno scappellotto a Fabio che subito nascose il nodo in tasca. – Quindi ho pensato che…
– Che stesse da me – sbuffò Alexander. – Ti rendi conto che è andato a pensare la scimmia? Io e miss cinema!
– Non sono io che non le stacca gli occhi dal culo – ringhiò Daniel.
– Se è per questo le rimiro anche le tette. Sei geloso, scimmia? – Alexander protese il collo verso il ragazzo, inclinando il naso adunco ora a sinistra, ora a destra.
– Cazzo. Ma la piantate? – li azzittì Tony. Nelle situazioni come quella perdeva la speranza e, maledizione, se si sentiva solo.
Con gli occhi cercò sua moglie oltre le spalle dei ragazzi.
Katia sedeva nel laboratorio. La gamba sinistra divaricata, l’altra ripiegata verso il busto. Lavorava sulla coscia destra per prolungare l’unico tatuaggio del suo corpo: un decoro che copriva piedi e gambe con rami, spine, fiori e drupe di un intricato rovo di more.
Arriverà fin sulla testa
rifletté Tony. Pensa di nascondersi sotto quel disegno. Finirà con l’isolarsi completamente.
La pistola tatuatrice ronzava e lei se ne stava lì in canotta chiazzata e mutandine abbastanza trasparenti da far intravedere i peli pubici. Soffocò l’impulso di sbraitarle contro e la raggiunse stampandole un bacio sulla fronte. Lei rispose carezzandogli una guancia e scrollandogli i capelli dopo averli annusati.
– Lo so, tesoro, sono sporchi da fare schifo. – Tony le tenne le mani nelle sue. – Ma ora dobbiamo occuparci di Alessia. È uscita. È fuori già da un po’, da sola.
Katia negò e i capelli le ondeggiarono davanti al viso, coprendolo.
Un sospetto ribollì nella testa di Tony. – Che vuoi dire? Non ha lasciato il pub? Che mi vuoi… – Si accovacciò sui talloni e si fece vicino a lei, guancia a guancia. – L’hai vista uscire? – sussurrò.
Katia inspirò ed espirò come se avesse terminato una maratona.
– Capisco. Ma non possiamo lasciarla là fuori. – Tony le sfiorò gli occhi con le labbra. – Se l’abbandoniamo, se veramente siamo in grado di farlo, tanto vale aprire la porta e far entrare gli zombie. Dobbiamo rimanere uniti e proteggerci a vicenda.
– Ne sa qualcosa? – Alexander si avvicinò. – Kat, visto niente? Ci saresti venuta a svegliare, no? Avevi paura? Perché non hai sbatacchiato qualcosa per terra? Potevi suonare le campane di Tony. Potevi…
– Lasciala stare. – Tony si piazzò tra la moglie e il mago. – Lo sai che non esce mai da questa stanza. Appena sveglia, avrà sicuramente iniziato a tatuarsi.
Alexander si tolse il cilindro accennando un inchino. – Chiedo venia. Era solo per raccogliere tutti gli indizi e svelare il mistero. – Tornò serio, si rinfilò il cappello in testa, sbirciò Katia e prese Tony sottobraccio. – Lo sai che sono sempre stato dalla tua parte. Allora, voglio dirti solo questo. – Guardò Tony dritto negli occhi. – Valuta di dare retta a tua moglie. Lo farai?
Tony non se ne capacitava. Dopo tutti gli anni che si conoscevano, Alex non aveva ancora capito che odiava quando gli parlava in quel modo, bisbigliando e alitando a centimetri dalla sua bocca, come se volesse mettergli le parole in gola, fargliele bere e digerire fino a farle assimilare dal cervello.
Non ricevendo risposta, Alexander riprese a blaterare con la sua vocina melliflua. – Ti dico questo perché da quando Kat non parla più, sente le cose diversamente. È una questione di percezione profonda. E tu su questa materia ne sai più di me, amico mio. Capisci perfettamente cosa intendo. Te ne sei accorto anche tu, sicuro.
Alex lo stava snervando, uno scheletro da classe di anatomia abbarbicato sulle spalle. Tac, tac, tac, batteva i denti a ogni frase. Tony si staccò da lui. – Parla chiaro, Alex. Mi vuoi dire che siccome Alessia ci ha lasciato volontariamente, è giusto lasciarla andare?
– Che pezzo di merda. – Daniel ruppe gli argini. – Ha solo strizza di andare fuori a cercarla, si caga sotto, lo stronzo.
– Com’è che ci chiami? – intervenne Fabio. – Il ragno e la scimmia, giusto? Be’, almeno a noi uno zombie non ha mai sfiorato il culo. Quante volte ti abbiamo salvato quelle chiappe secche, di’ un po’?
Alexander mostrò il medio e ignorò i ragazzi. – Sì, direi che voglio dire proprio questo. E sono convinto che anche Katia la pensa come me.
– Alessia non si rende conto di quello che sta facendo – spiegò Tony. – Se è ancora viva, prima o poi capirà di essersi messa in pericolo. Vorrà tornare e noi dobbiamo aiutarla.
– Senza contare che se è così sbalestrata potrebbe farsi seguire da qualcuno, guidarlo fino al pub – aggiunse Daniel.
– Che cosa vai predicando, Tony? – Alexander staccò il farfallino e aprì il colletto della camicia. – Miss cinema, poverina, è sciroccata, non è consapevole delle proprie azioni, dolce creatura indifesa, dobbiamo salvarla… Certo! Dobbiamo salvarla dagli zombie, dalle bande di figli di puttana uno più arrapato e incazzato dell’altro. Dobbiamo salvarla da se stessa. È questo il dannato punto? È questo quello che mi stai dicendo?
– Esattamente, Alex. È proprio questo il dannato punto. – Tony fronteggiò il compagno come un epitaffio di marmo.
Se l’era gustata la tirata, tutta l’intera pantomima. Alexander sapeva dare forma fisica alle stronzate che partoriva: toc, toc, toc, si era agitato tutto e le ossa avevano cozzato l’una contro l’altra. Tony aveva dovuto mordersi le labbra per tutto il tempo, Alex avrebbe dato di matto se gli fosse scoppiato a ridere in faccia. Ma ora doveva ristabilire le posizioni.
Tony fissò i compagni negli occhi, nella stanza ormai si sentiva solo il ronzio della macchinetta per tatuaggi. – Diciamo le cose come stanno. La porta d’ingresso non è stata solo chiusa dall’esterno, è sbarrata da dentro. I puntelli sono al loro posto e così le catene.
Fabio e Daniel confermarono, Alexander si sedette a terra coprendosi il viso con le mani.
Tony continuò. – E tutti gli altri ingressi sono perfettamente chiusi, così come li lasciamo sempre.
– Uscita per il cortile, chiusa; cancello del palazzo, incatenato; portone per il primo piano, sprangato; finestre sul vicolo, inchiodate – elencò Fabio.
– Ha fregato le chiavi. Katia se ne è accorta e ha richiuso da dentro. – Daniel allargò le braccia. – Okay, Kat avrebbe dovuto avvertire, sicuramente era in piedi da prima di Fabio, comunque Alessia era già andata.
– Diglielo. Per favore, spiegaglielo che anche tra noi possiamo starci tremendamente sul cazzo. – Alexander chiuse gli occhi, da quando aveva terminato il suo giochino di sparizione non aveva rilassato un attimo i muscoli del collo. Ora reclinò la nuca in avanti.
– Alessia non ha rubato nessuna chiave – concluse Tony. – Le ha aperto Katia.
Nessuno fiatò.
E ora? Ora doveva spiegare perché fosse necessario giocarsi la vita per trovare Alessia. E forse capiranno anche che nessuno di noi può lasciare il gruppo in questo modo
si augurò. Ma adesso dobbiamo calmarci, ritrovare la serenità, l’armonia.
Diede le spalle ai compagni e cominciò a fare respiri lenti e profondi. Si concentrò su un pensiero positivo: si trovava nel suo mondo, lì era al sicuro. Io credo in un futuro di vita
ripeté