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Non ci resta che scappare
Non ci resta che scappare
Non ci resta che scappare
Ebook174 pages2 hours

Non ci resta che scappare

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About this ebook

Andrea è un laureato in Medicina a caccia di un posto fisso. Per mantenersi svolge saltuari lavoretti in un fast food. Però i soldi non bastano. Così, in attesa di vincere un concorso pubblico, ha architettato un sordido stratagemma: conservare il cadavere di suo padre dentro un congelatore in cantina per continuare a riscuoterne la pensione. Ma neanche in questo modo riesce a tamponare le spese mensili quindi è costretto a subaffittare una stanza a un coinquilino che percepisce un assegno di disoccupazione e che gli crea numerosi fastidi sia pratici che esistenziali.
La vita di Andrea scorre ripetitiva e insoddisfatta finché incontra Alice che, oltre a infondergli una notevole dose di autostima, lo aiuterà a tagliare il nastro del suo traguardo professionale. Tuttavia, il lavoro che ha sempre sognato di poter fare si trasforma in una delusione e Alice non è la persona che appare. Sarà lei a trascinarlo nelle viscere di un mondo depravato e violento, specchio di una società egoista e crudele.
Un noir vivace dalle sfumature grottesche che racconta la lotta per la sopravvivenza in un’epoca controversa e a tratti surreale.
LanguageItaliano
Release dateSep 26, 2018
ISBN9788861557550
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    Non ci resta che scappare - Francesco Palmisano

    Francesco Palmisano

    Non ci resta

    che scappare

    Collana CrimeGiraldi n. 7

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.

    commerciale@giraldieditore.it

    info@giraldieditore.it

    www.giraldieditore.it

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    ISBN 978-88-6155-755-0

    Proprietà letteraria riservata

    © Giraldi Editore, 2018

    Immagine di copertina di Stefano Bonazzi

    Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo

    Ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è puramente casuale o utilizzato dall’autore ai fini della creazione narrativa.

    Dieci minuti a mezzanotte

    Il parcheggio dell’ospedale è buio e deserto.

    Sono in attesa che arrivi una persona. Di questa persona non conosco né il nome né il volto. Lo abbiamo soprannominato l’Ornitorinco e di professione fa il medico, non so altro.

    Appena l’Ornitorinco si avvicinerà alla sua auto, scatterà il piano.

    Seduto accanto a me al posto di guida c’è Braga. Lui l’Ornitorinco lo conosce bene.

    Siamo sicuri di quello che stiamo per fare?

    Se ti caghi sotto, la finiamo qua. Però i soldi che ci hai dato ce li teniamo.

    Braga sta fumando una sigaretta fatta a mano mentre fissa un’auto in lontananza.

    Ma che cazzo, potresti abbassare il finestrino? Mi bruciano gli occhi, gli dico.

    Lui sbuffa una nuvola di fumo dal naso, poi gira la manovella quel tanto che basta per far entrare un filo d’aria.

    Lo stereo di questa malconcia Citroën Bianca sta trasmettendo Born on the Bayou dei Creedence Clearwater Revival. Mi piacciono i Creedence, mi sono sempre piaciuti. La voce di John Fogerty è inconfondibile.

    Se il piano dovesse andare male, molto prima dell’alba sarò in manette dentro a una cella e forse guadagnerò un trafiletto sulla pagina di cronaca nera. Se, invece, dovesse andare bene, be’, potrei avere un lavoro.

    Tirarmi indietro adesso? Troppo tardi, sarebbe un altro modo per rimandare una decisione.

    Non posso permettermi di perdere altro tempo.

    Alice è convinta che il piano funzionerà.

    Ormai le ho dato la mia fiducia, e non solo.

    Alice fa un profumo veramente accattivante

    Non ne capisco nulla di profumi, ma il suo è allettante oltre ogni immaginazione. Vorrei accendermi una sigaretta poi però il fumo sovrasterebbe questo magnifico odore, quindi la ripongo nel pacchetto.

    Sono nervoso. E quando sono così nervoso, mentre parlo gesticolo.

    Hai capito che sono più di cinque mesi che non esce un bando? Come si fa a trovare lavoro senza avere un aggancio o una raccomandazione?

    Alice passeggia accanto a me con le mani in tasca e il viso che affonda nella sciarpa.

    Cosa devo fare per firmare un contratto a tempo indeterminato? Non so, un fioretto? Un rito vudù? Una tangente? Non lo so davvero.

    Lei sposta lo sguardo dalla pista ciclabile e lo rivolge verso il cielo. È il tramonto e c’è una luce aranciata che schizza contro tigli e ippocastani.

    La domanda vera è: quanto sei disposto a rischiare per averlo?, mi dice.

    Per un attimo ammutolisco.

    In che senso? Conosci un modo?

    Alice continua a guardare per aria con un risolino sornione come se sapesse qualcosa.

    Eddai, su. Devo strapparti le parole di bocca?

    Ti farebbe comodo un posto da supplente?

    Supplente? Ma io sono un medico, mica un insegnante.

    Esistono anche medici supplenti, se non lo sai.

    Be’, vai avanti.

    Devi sapere che in ospedale quando qualcuno si ammala gravemente per un periodo piuttosto lungo, vengono chiamati dei supplenti per coprire i turni.

    Non lo sapevo, quindi?

    "Quindi devi sperare che qualcuno stia male oppure gli devi fare del male", e ride. Il suo è un riso aggraziato e perfido nello stesso momento.

    Mi prendi in giro?

    No, anche se può sembrare.

    Continua.

    "Ovviamente sperare che qualcuno stia male non è la scelta più pratica. Il che ci porta direttamente alla seconda, cioè creare il malato."

    Creare il malato?

    Ascolta, nel mio reparto c’è un medico, è una gran testa di cazzo. Gli regaliamo una bella vacanza in ortopedia, così per un po’ di tempo si leva di mezzo e tu potrai prendere il suo posto. Che ne pensi?

    Penso che sia una cazzata. Una stupida, colossale, mastodontica cazzata. E lo penso sul serio, però l’idea non mi dispiace.

    Perché?

    E me lo domandi? Questa è un’ottima strategia per finire in galera. Ecco cos’è!

    Guarda che né io né te dovremmo farlo.

    E chi lo farebbe?

    Lo farebbe Braga, è un mio collega. E, detto tra noi, non vede l’ora di menar le mani su quel pezzo di merda.

    Splendido. Così vuoi coinvolgere un’altra persona?, ironizzo.

    Di Braga ti puoi fidare, non è la prima volta che fa questo genere di cose.

    Adesso il sole è sceso completamente ed è salita un’umidità gelida. Attorno a noi non c’è nessuno, l’unico rumore è l’eco dei nostri passi.

    "Ammettiamo che Braga riesca a mettere fuori uso questo dottore, come faccio io ad avere la certezza di essere assunto al posto suo?"

    Vedi, l’ufficio del personale ha un elenco di supplenti. È una lunga lista di precari ai quali viene fatto firmare un contratto per la durata della sostituzione. Più è grave la malattia, più lungo sarà il contratto. L’ordine delle chiamate è stabilito in base alla data di presentazione della domanda. Tu fai domanda che io falsifico la data.

    Ma tu mica lavori all’ufficio del personale.

    "Conosco uno che ci lavora e so come distrarlo mentre sistemo la documentazione."

    Mi fermo a riflettere sui pro e sui contro.

    I pro: lavoro e indipendenza.

    I contro: espulsione dall’ordine professionale e vita di strada sarebbero la meno; poi condanna con arresto e detenzione per una serie di reati penali, e la prospettiva di condividere vitto e alloggio per un lungo periodo con carcerati che attentano alla mia verginità, sempre che non mi abbiano ammazzato prima (e forse sarebbe meglio).

    I contro sono molti di più, tuttavia i pro hanno un peso specifico maggiore.

    Credo che accetterò. Sono costretto ad accettare.

    Alice legge la risposta nel mio sguardo poi mi chiede se le presto l’accendino. C’è qualcosa nei suoi occhi che mi dice che posso fidarmi o forse sono condizionato da lei perché ci sono andato a letto.

    A proposito. Hai un millino da parte?

    Il millino in questione sarebbero mille euro che ammetto di avere.

    Credi che sia gratis?

    Ci allontaniamo in direzioni opposte.

    Braga si arrotola altro tabacco

    dentro una cartina e guarda l’orologio.

    È quasi l’ora, dice.

    In lontananza scruto la sagoma di un uomo che estrae un mazzo di chiavi dalla tasca dei pantaloni, preme il pulsante dell’apertura automatica, sale in auto, mette in moto ed esce dal parcheggio.

    Ce lo siamo fatto scappare così sotto al naso?

    Braga abbassa il volume dello stereo. Non è lui, mi risponde. Ancora non capisco cosa ci fai qua. Perché non sei stato a casa da bravo dottorino, eh?

    Ho sborsato parecchio. Voglio essere sicuro che non mi state prendendo per il culo. Ecco perché!

    Allora stai buonino e muto, taglia corto.

    Poco dopo, Braga dà un colpo di clacson.

    Improvvisamente e dal nulla balzano fuori due individui, i Cugini, vestiti di nero e con il volto coperto da un passamontagna. L’Ornitorinco sta per aprire la portiera quando uno dei due gli blocca le braccia dietro la schiena mentre l’altro gli rifila un cazzotto in faccia poi un altro nella bocca dello stomaco poi uno sotto lo zigomo e ancora un altro nello stomaco. È come se sentissi il rumore delle ossa sbriciolarsi, ma in realtà sento le note di Bad Moon Rising che escono dallo stereo in sottofondo. Vedo qualcosa che schizza dalla bocca del malcapitato e con una parabola arcuata finisce sull’asfalto.

    Dato il numero di botte ricevute finora, l’Ornitorinco dovrebbe avere una prognosi di almeno tre mesi, che equivalgono a tre mesi del mio ipotetico contratto.

    Braga osserva la scena. Fuma e non dice niente.

    L’Ornitorinco si affloscia sull’asfalto come un invertebrato.

    Gliene avranno date abbastanza?

    Non sono mai abbastanza, risponde Braga tra una boccata di fumo e l’altra.

    In un certo senso i Cugini stanno facendo un favore più a lui che a me.

    L’Ornitorinco è ancora in terra, esausto. Si muove a scatti e alza le mani in segno di resa ma uno dei due gli immobilizza le gambe mentre l’altro gliele spezza saltandoci sopra.

    Due gambe rotte corrispondono a sette, forse otto mesi di convalescenza.

    Per me è un ottimo risultato.

    Spero solo che non si presenti un buon samaritano a chiamare la polizia e fotterci tutti quanti.

    Dopo averlo massacrato con un’altra serie di calci un po’ dappertutto, i Cugini gli rubano valigetta e portafogli, corrono verso di noi e salgono in macchina. Braga accende il motore e la Citroën Bianca fa un inquietante sobbalzo; dal tubo di scappamento esce una nube densa e pestilenziale. Ce ne andiamo rispettando il limite di velocità mentre il poveretto respira con fatica, solo e sanguinante, accasciato sul pavimento ruvido del parcheggio.

    Se continuo a pensarci mi sentirò in colpa. Sentirmi in colpa non mi farà stare meglio. Quel che è fatto, è fatto. Nessun ripensamento, nessuna marcia indietro.

    Dallo stereo parte l’attacco di Run Through The Jungle.

    Braga svolta a destra, poi l’immagine dell’Ornitorinco scompare, e immediatamente scompare ogni accenno di senso di colpa per lui.

    I Cugini sono seduti nei sedili posteriori. Dallo specchietto retrovisore vedo spuntare dal passamontagna i loro occhi spettrali. Uno dei due apre il portafoglio rubato.

    Che razza di pezzente! Ha solo due carte da venti.

    Se li dividono equamente. L’altro apre la valigetta e fruga finché si rende conto che dentro ci sono solo dei documenti di lavoro e una mela.

    Potevi fregargli il cellulare già che c’eri!

    Pensa quanto è spilorcio, mi dice Braga riferendosi all’Ornitorinco. È impaccato di soldi da non sapere come spenderli e se ne va in giro con solo quaranta euro. Le botte che ha preso sono poche per uno così.

    I Cugini annuiscono.

    Be’, un piccolo extra non ci avrebbe fatto schifo.

    Loro ci saranno abituati a questo genere di cose ma io no. Mi sento come se dovessi vomitare e abbasso il finestrino.

    Accosta, ordino a Braga. Fammi scendere.

    Ehi ma che fai? Non vuoi che ti accompagni a casa?

    Non manca molto. Preferisco fare due passi.

    Fai come ti pare, bello. Rilassati. È andato tutto bene.

    I Cugini mi lanciano un’occhiata e Braga richiude la portiera.

    Mentre ritorno verso casa mi chiedo se ne sarà valsa la pena. Mi sento stanco e ho voglia di buttarmi sotto la doccia. Chiudo gli occhi e mi pare di vedere un film. O

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