Avventure di un investigatore part-time
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Avventure di un investigatore part-time - Alain Della Savia
Introduzione
Dopo aver completato queste pagine e aver riletto la prima bozza, ho avuto la percezione di non aver scritto un libro, ma di aver composto un pezzo musicale, anche se le storie, tutte vissute in prima persona, in realtà, hanno poco di melodioso, dove si alternano note blues, a colonne sonore di cartoni animati e a qualche rintocco funebre.
Ho visto tra le righe di questo spartito qualche armoniosa chiave di violino e molte chiavi di basso che accompagnano il nostro saltellare da un posto all’altro. Ho notato dinamiche forti, qualche arpeggio, un metronomo a tratti grave, a tratti lento. Una parte iniziale emozionale, una centrale più descrittiva, con un finale incalzante che fa appoggiare sui tasti del pianoforte in velocità, tutte le dita, con storie che si intrecciano e che sembrano ordinarie, per chi fa il mestiere dell’investigatore. Se invece vengono ascoltate da un pubblico più attento, le note uscite dai tanti strumenti formano una pezzo di partitura del complesso sinfonico della nostra società vista con qualche trucco ma senza veli.
Giorno uno. Il padre
Que sto caso mi riconduce al testamento di Oliver Sacks ¹, nel punto in cui dichiara il suo sentimento di gratitudine
asserendo: «Ho ricevuto molto e dato qualcosa in cambio: ho letto e viaggiato e pensato e scritto. Ho avuto un contatto con il mondo.»
Sento anch’io un sentimento di riconoscenza per questa forma di scambio purificatore; zigzagando tra le vite degli altri, a volte sfiorandole, altre invece oltrepassandole come un fantasma che lascia un po’ di luce in qualche occasione, ma si appesantisce sempre di più trascinandosi un po’ di materia corporea con il passare degli anni. Ricordo a malapena quelle notti passate nascosto a sorvegliare depositi di caffè, tenuto sveglio dal suo profumo, dall’adrenalina e dai compagni di viaggio rilegati. Per quanto disagevoli certe postazioni, ci sono autori che con la loro compagnia riducono un po’ la fatica della posizione scomoda e alleviano l’attesa. A volte è come avere lo scrittore seduto davanti a te su una confortevole poltrona dove il profumo del caffè si trasforma in cremoso e caldo aroma da condividere.
Ho chiacchierato con Hemingway, di cui condividevo alcune idee, ma non la sua passione per la caccia; ho sofferto con Dostoevskij; ho gustato champagne con la Blixen; ho viaggiato con Canetti e Cacucci, ho accarezzato gatti con la Lessing e ho meditato con Hesse. E così tanti altri amici mi hanno tenuto compagnia per quasi vent’anni. Mi hanno raccontato i loro incubi, le loro emozioni, le loro idee strampalate, i loro amori impossibili, le loro disavventure. Le loro lacrime. Ho qualche flashback della torretta di postazione al mare, base di controllo per la sorveglianza al mercato ittico, dove le povere aragoste venivano sottratte per finire a strillare nelle pentole di acqua bollente.
Ricordo che per superare la doppia tristezza, quella dei poveri crostacei e quella dei miseri ristoratori che le ricettavano, mi teneva compagnia lo squinternato Burroughs. Altre volte il suo amico e compagno di viaggi Kerouac. Una mattina, alla fine di una di queste nottate in cui alternavo pagine di un libro a scatti fotografici, un poliziotto, vecchio amico d’infanzia, mi chiama per passarmi un lavoro che la Questura non può fare.
«Collabori ancora con l’agenzia? Bene. È una situazione che non prevede il nostro intervento e soprattutto non possiamo permetterci di dedicare una pattuglia in borghese, non essendoci apparentemente nessuna vita a repentaglio. Purtroppo siamo a corto di risorse, su ogni fronte. Ti lascio il numero. Si chiama Anna e ti spiegherà tutto lei, che è meglio.»
Chiamo Anna e ci accordiamo per un incontro. Arriva dentro un’utilitaria.
«Ma dove ci stavi lì dentro?»
Le dico cercando di rompere il ghiaccio quando esce dall’auto, guardando negli occhi un metro e ottantacinque centimetri di ragazza. Il suo sorriso dolcissimo e spontaneo celava senza sforzo le sue preoccupazioni e forse un po’ d’imbarazzo. Ci stringiamo la mano per le presentazioni. Ha delle mani enormi che osservo incredulo.
«Gioco a pallavolo.»
Mi dice subito anticipando alcune mie domande. Aveva poco più della metà dei miei anni, ma sembrava dotata di una maturità che avrei invidiato ai tempi dell’università. Mi chiede qualcosa d’insolito, controllare i movimenti del padre. Suo padre continua a lavorare, ma da un paio di mesi non porta più a casa lo stipendio. Le consiglio, anche in virtù dei chilometri che ci separano, di installare un rilevatore di posizione nell’auto del padre, per controllare, inizialmente, i luoghi che frequenterà. Dopo qualche giorno di osservazione a distanza avremmo raccolto informazioni a vista. Si fida della nostra esperienza e fissiamo appuntamento al giorno successivo.
Giorno due
Invito Anna a portarmi in un posto tranq ui llo ma non troppo malfamato della vicina città, che conosco poco, per installare con tranq ui llità il GPS , senza farla venire fino al nostro garage attrezzato. Montagg io che rich ie de, di solito, una mezzoretta su un’ au to di vecch ia produz io ne, per sfruttare l’alimentaz io ne dell’ au tomobile, senza l’ au sil io di batter ie supplementari. Per prec au z io ne, comunq ue , tiro f uo ri i cavi della batter ia per simulare un g ua sto e un’event ua le rimessa in moto della macchina, senza dover esibire il tesserino e dare sp ie gaz io ni a q ua lche pattugl ia di passagg io e dover g iu stificare la m ia presenza a q ue ll’ora tarda.
Sono stato profetico, o è stato solo frutto di esperienza, perché poco prima della fine dell’operazione, una gazzella dei Carabinieri ci punta il faro e si avvicina. La faccia da bravo ragazzo li ha convinti e se sono andati senza nemmeno chiedere i documenti. Forse non è andata così. Il sorriso luminoso di Anna deve averli rassicurati più della mia faccia in arretrato di sonno. Completo l’operazione mentre Anna mi racconta parte della sua vita, tutti i dettagli possibili del padre e mi fa una descrizione fisica, non rilevabile dal primo piano della foto che mi consegna, come d’accordo. Mentre rimetto gli attrezzi in ordine e provo se tutto funziona correttamente, mi viene in mente il terribile flagello della ludopatia. Prima di fare congetture, è meglio fare tabula rasa delle tristi esperienze vissute attraverso i clienti. Prendiamo esempio dal Dottor Semmelweis². Laviamoci bene le mani per non contaminare nulla. Per distinguere bene la vita dalla morte. Non mescoliamo i microbi. Teniamo buone solo le procedure. Arriva il breve sms di conferma che il GPS è montato correttamente. Possiamo rientrare a casa.
Giorno tre
Per q ua ttro g io rni controll ia mo i movimenti della vecch ia Panda. Il padre esce da casa all’alba e si dirige nel solito p ia zzale del n uo vo supermercato, l uo go in c ui si trova ora il negoz io dopo il trasferimento. Parchegg ia q ua si nello stesso posto ogni g io rno. R ie ntra nel pomerigg io facendo solo una volta una dev ia z io ne dal solito tragitto. Dalle c oo rdinate del navigatore non sembra esserci nulla di rilevante. Si rivelerà l’abitaz io ne di un lontano parente. Il q ui nto g io rno decido di seg ui re a vista i s uo i spostamenti.
Lo aspetto al solito parcheggio con il computer e il relativo software che lo individua sulla mappa. Arriva e si posiziona come previsto. Scende dall’auto. Lo seguo. Acquista un quotidiano e ritorna in auto. Che succeda qualcosa d’insolito? Che riparta proprio oggi? Sarei anche fortunato. Passa mezz’ora e continua a leggere il giornale. Aspetterà qualcuno in ritardo. Ecco che forse si spiega tutto. Forse lascia lì l’auto e se ne va con qualcuno. Forse c’è una donna nell’ombra che gli prosciuga lo stipendio. Situazioni già viste più volte. Passa un’altra mezz’ora e niente. C’è qualcosa però che non mi spinge verso questa soluzione. Ed è quella sottile capacità inconscia di prevedere, leggere tra le righe, inquadrare una persona, trovare una soluzione. Di intuire. Verbo quasi magico. Amato da alcune delle grande menti scientifiche del secolo scorso e scoperto quotidianamente, un po’ per caso da tutti, in quei momenti in cui dobbiamo prendere una decisione rapida. Ci affidiamo a lui.
L’intuito, onorato dagli orientali, al punto che il medico/filosofo indiano Sivananda³ suggeriva all’allievo: «Vendi ragione e compra intuito.»
Quando hai fatto tutto il possibile razionalmente, hai studiato sodo, lavorato duro e ti aspetti una risposta, affidati a lui. È vero che un ultracinquantenne potrebbe facilmente cadere nella trappola della crisi di mezza età, ma così, a naso, non mi sembra il tipo. Con una figlia solare come Anna poi, non può essere un genitore con valori etici inesistenti o soppiantati. Passa un’altra ora e non succede niente. Scatto una foto ogni mezz’ora circa. Sembrano tutte uguali se non fosse per le ombre diverse. Passa tutta la mattina così. Mi prendo una pausa per andare in bagno e per acquistare qualcosa da mangiare in auto. Ho con me Lacrime e Santi di Cioran⁴. Verso la fine del testo la frase credo di non aver mai perso un’occasione di essere triste
mi ricollega all’intuito.
Non facciamo mai partecipare direttamente i clienti, ma quando nel pomeriggio la situazione non cambia, chiamo Anna. Viene in zona. La recupero nel lato opposto del grande parcheggio e le