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Gli Ultimi Guerrieri: Viaggio nelle Riserve Indiane
Gli Ultimi Guerrieri: Viaggio nelle Riserve Indiane
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Gli Ultimi Guerrieri: Viaggio nelle Riserve Indiane

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About this ebook

Un viaggio affascinante tra gli Ultimi Guerrieri, dalla parte dei Nativi Americani. Nello scenario ammaliante dei pow wow, le feste delle riserve indiane in costume tradizionale, l’autrice abbraccia la causa di un popolo che difende la Madre Terra, e lotta per la propria identità, dopo secoli di ingiustizie e sopraffazioni da parte dell'Uomo Bianco. Raffaella Milandri confronta cultura, usanze e cerimonie delle due tribù, i Crow e i Lakota, anticamente nemiche. Viene rapita da una spiritualità profonda a favore dell’ambiente e del Pianeta, e da una cultura all’insegna del rispetto e dell’uguaglianza. Per i Lakota i problemi non sono solo i Trattati mai rispettati dal Governo degli Stati Uniti, che li hanno privati delle terre sacre, le Black Hills; incombono anche oleodotti, miniere di uranio e d'oro che feriscono la Natura e avvelenano l'Uomo. Battaglie senza arco e frecce, ma con tanta determinazione da parte degli Uomini Rossi. La versione ebook è arricchita da foto originali.
L’Autore: Scrittrice e giornalista, fotografa umanitaria e viaggiatrice in solitaria, Raffaella Milandri, attivista per i diritti umani dei popoli indigeni, è membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe in Louisiana  e della tribù Crow in Montana. Come viaggiatrice solitaria è stata accolta da tribù nei più remoti angoli di mondo. Ha pubblicato: Io e i Pigmei. Cronache di una donna nella Foresta (Polaris 2011); La mia Tribù. Storie autentiche di Indiani d'America (Polaris 2013); In India. Cronache per veri viaggiatori (Mauna Kea, seconda edizione novembre 2019); In Alaska. Il Paese degli Uomini Liberi (Mauna Kea, seconda edizione ottobre 2019); Liberi di non Comprare. Un invito alla Rivoluzione (Mauna Kea, seconda edizione agosto 2019); Gli Ultimi Guerrieri. Viaggio nelle Riserve Indiane (Mauna Kea, settembre 2019); Lessico Lakota. Storia, Spiritualità e Dizionario Italiano-Lakota (con M. Blasini, Mauna Kea, dicembre 2019). Tutti i suoi ultimi libri sono disponibili in e-book.
LanguageItaliano
Release dateSep 16, 2019
ISBN9788831335041
Gli Ultimi Guerrieri: Viaggio nelle Riserve Indiane

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    Gli Ultimi Guerrieri - Raffaella Milandri

    Indice

    La dimensione parallela

    La dimensione reale

    Il turismo nelle riserve

    Il senso del mio viaggio

    Nostalgia

    Consigli prima di partire

    Rapid City

    Insieme ai Crow

    Orientamento

    Il Lago Big Horn

    Crow e Lakota

    Niente lacrime

    Pomodori verdi fritti

    Kristen e la tanica di benzina

    Il pow wow

    La violenza delle foto

    La Grand Entry dei Crow

    La competizione

    Perdita

    Alma

    Il nome

    La parata

    La sfilata di moda

    Il senso degli affari indiano

    Insieme ai Lakota

    Rinnegata

    Solitudine

    Arrivo a Rosebud

    Little Big Horn

    Ancora le Black Hills

    Casinò

    Wacipi

    Il cervo

    Crazy Horse Memorial

    J’accuse

    Bislaccheria

    Carboneria

    Corsa all’oro

    Elezioni

    Akicita

    Nuovo giorno

    Tamburi

    Ricerche

    Microcosmo

    Cavalli

    La vergogna di essere bianchi

    Guerrieri

    Oceti Sakowin

    La leggenda di Turtle Island

    La Donna del Giovane Bisonte Bianco

    Missing

    Wounded Knee

    Badlands

    Nota dell’Autore

    L’autrice

    Libri pubblicati

    Raffaella Milandri

    Gli Ultimi Guerrieri

    Viaggio nelle Riserve Indiane

    Raffaella Milandri

    Gli Ultimi Guerrieri. Viaggio nelle Riserve Indiane

    Prima edizione

    © 2019 MAUNA KEA EDIZIONI

    © 2019 Copyright by Raffaella Milandri

    ISBN 978-88-31335-04-1

    Foto all’interno realizzate da Raffaella Milandri

    Gli eventi narrati in questo libro sono reali. Alcuni nomi di persone e luoghi sono stati modificati.

    La dimensione parallela

    In un altrodove e in un altroquando, i Nativi Americani hanno vinto le guerre con gli Uomini Bianchi, e dominano incontrastati l’America. Gli sconfitti vivono in riserve bianche, dove vengono educati allo stile di vita altamente civilizzato dei Nativi: al rispetto e alla difesa delle creature della Madre Terra, della preziosa Acqua e della Natura tutta. Nelle scuole delle riserve viene insegnato ai bambini bianchi a vivere senza l’assillo di accaparrare ricchezze e ammassare possedimenti. Tra le materie di studio ci sono l’educazione ambientale, la preparazione alla vita comunitaria, la pratica all’uguaglianza sociale, l’istruzione all’accettazione delle diversità culturali, religiose ed etniche. Oltre ai classici studi di storia, matematica, geografia, filosofia e inglese, i Bianchi hanno libero accesso a lezioni di lingua originale Lakota, Navajo, Cherokee e altre.

    Essi possono decidere liberamente se lasciare le riserve bianche e il continente, tornando in Europa, o rimanere. Ma, data l’incapacità dimostrata nella gestione della Madre Terra e della vita sociale dei suoi abitanti, non è loro permesso vivere in America in maniera autonoma. Sono considerati selvaggi, potenzialmente pericolosi, distruttivi, guerrafondai, e dalle abitudini nocive per l’ambiente e per se stessi, fino all’autodistruzione. Senza alcun dubbio, i Bianchi sono giudicati uomini di una civiltà inferiore, ma proprio per questa loro sfortuna e debolezza vengono tutelati: hanno diritto a leggi indulgenti e a tribunali speciali che giudichino con clemenza le loro intemperanze e i loro crimini.

    Quando un bambino nativo americano fa i capricci, le donne anziane l0 ammoniscono con una frase dei tempi antichi: Se non fai il bravo, ti porto dagli Uomini Bianchi.

    La dimensione reale

    Nel nostro concreto dove e quando, i Nativi Americani vivono in quello che è un vero paradosso: le riserve indiane, piccole zone circoscritte all’interno di quello che era il loro immenso territorio originario, il Nord America. Costretti nell’Ottocento a firmare con una croce trattati in inglese che non potevano comprendere, come del resto non erano in grado di concepire la bramosia di possesso e di potere dell’Uomo Bianco, aliena al loro modo di pensare, furono forzati dall’esercito e dal Governo statunitense a cedere e abbandonare le loro terre, per essere confinati in riserve regolate da una moltitudine di leggi e comandamenti. Dopo la vittoria dei Bianchi, ormai padroni del territorio, i Nativi Americani furono abusati con ogni tipo di soverchieria e discriminazione, e gli furono finanche proibite la loro identità culturale, la loro religione e la loro spiritualità. Essi hanno subìto per centinaia di anni una forma di costante e violenta estraniazione da se stessi: la colonizzazione buonista e cristiana ha cercato di salvarli dalla loro cultura, considerata selvaggia, forzandoli a cambiare lingua, religione, stile di vita e alimentazione, vietandogli persino di portare i loro nomi originali.

    Gli Americani, dominatori di una nuova terra, e ansiosi di dimostrare all’Europa che aver raggiunto l’indipendenza li elevava a una maggiore civiltà e democrazia, diedero una parvenza politically correct alla loro invasione, e cercarono di trasformare i guerrieri di un popolo fiero e libero in agricoltori e allevatori, e di smembrarne le comunità attraverso le boarding school e le adozioni forzate.

    Le boarding school, istituite principalmente da missionari cristiani finanziati dal Governo statunitense, erano scuole che avevano il compito di scardinare la cultura tradizionale nei giovani, per facilitare un processo di assimilazione attraverso l’imposizione della istruzione euroamericana; i ragazzi nativi non avevano scelta ed erano obbligati ad allontanarsi dalle loro comunità e a frequentare questi collegi missionari. Le adozioni forzate erano un altro potente strumento per imporre l’integrazione: i bambini venivano strappati ai genitori per essere collocati in famiglie bianche, dove erano soggetti a violenze e umiliazioni e obbligati a lavori pesanti. Tutte le generazioni di Nativi tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento subirono questi soprusi. A dispetto di ciò, furono proprio le riserve indiane a preservare le tradizioni e a mantenere unite le tribù, evitando che i Nativi Americani si disperdessero ai quattro venti negli States. L’espediente escogitato per spezzarne la resistenza, isolarli e distruggerli, alla lunga si è dimostrato invece il mezzo per tenerli insieme e salvaguardarne la cultura e l’identità, che alla fine del Novecento, pur tra mille problemi e contaminazioni, sono rinate come un’araba fenice dalle ceneri di mille ingiustizie.

    Il turismo nelle riserve

    Attualmente le tribù riconosciute negli Stati Uniti sono 573, e vivono – da sole o insieme ad altre, come nella Fort Peck Assiniboine & Sioux Tribes, in Montana – in territori chiamati riserve, dove hanno diritto a una quota di aiuti federali, attraverso il BIA, Bureau of Indian Affairs. Sono definite domestic dependent nation, nazioni domestiche dipendenti, sotto la tutela del Governo statunitense. Di fatto la loro autonomia è sempre stata molto limitata e sottoposta a una miriade di leggi americane. Ben grama cosa per essere di diritto i padroni di casa, con centinaia di milioni d’inquilini non paganti, immigrati illegalmente dal Cinquecento in poi dall’Europa, e poi da tutto il mondo. I Nativi Americani che vivono al di fuori delle riserve oggi sono circa due terzi su 6,6 milioni (Census del 2015), e le tribù che ancora lottano per essere riconosciute sono centinaia, vedendosi negato il diritto alla identità, alle radici, alla appartenenza ma anche a un proprio lembo di terra. Il Grand Canyon, la Monument Valley e lo Yellowstone Park sono solo alcune delle gemme del turismo americano, circondate e intersecate da riserve e tribù come quelle dei Navajo, dei Crow, degli Hopi, dei Lakota e altre.

    Ma pur se la cultura, l’artigianato e il folklore dei Nativi Americani sono un grande punto d’attrazione per turisti americani e stranieri, a livello economico sono la Cenerentola degli Stati Uniti, raccogliendo solo le briciole dei proventi di un turismo che è pilotato al di fuori delle riserve e che spesso, attraverso attività gestite dai Bianchi, sfrutta commercialmente il richiamo delle opere e dei talenti degli artisti Nativi. Eppure, visitare le riserve e approfondire la cultura degli Indiani d’America è indubbiamente l’attività più interessante per chi si reca nel Paese come viaggiatore e non come turista. Partecipare a un pow wow, la festa tradizionale in costume con la quale in ogni riserva e tribù è celebrata una volta l’anno l’identità culturale, è un’occasione imperdibile e una vera e propria immersione nelle radici di un popolo davvero speciale, formato da tante tribù incastonate nel territorio americano.

    Vale la pena fare un viaggio negli Stati Uniti solo per assistere ai favolosi pow wow e conoscere da vicino la cultura e l’arte dei Nativi. Attenzione, occorre osservare alcune regole quando si visita una riserva e, soprattutto, è necessario portare rispetto a chi, dopo tante sofferenze e ingiustizie, accetta l’Uomo Bianco e lo ammette alle proprie danze e cerimonie. È importante in ogni occasione essere coscienziosi e cercare di aiutare l’economia delle comunità native, laddove sono discriminate turisticamente, impegnandoci a spendere i nostri dollari in attività gestite da membri delle tribù o dal consiglio tribale. E’ un gesto controcorrente, che si oppone al consumismo occidentale: i negozi e i mercatini dei Nativi Americani spesso sono spogli, ignorano le regole di marketing e la promozione delle vendite, le confezioni degli oggetti in esposizione sono semplici, gli scaffali disordinati; ma al ritorno a casa potremo dire che i nostri souvenir sono originali e comprati da un vero Nativo Americano.

    Fancy Shawl Dancer

    Il senso del mio viaggio

    Ho partecipato a pow wow e cerimonie, e ho amici del cuore presso diverse tribù. Sono membro onorario della Four Winds Cherokee Tribe, e parente adottiva in una famiglia Crow, i Black Eagle. Nove anni fa la mia adozione, proposta da mio fratello acquisito Cedric, fu approvata dal consiglio familiare; dopo due anni fece seguito a essa un periodo passato con John, il mio clan’s uncle, mio zio di clan. Egli confermò che io avevo i requisiti morali per far parte della tribù, m’indottrinò alla cultura Crow e infine suggellò la adozione assegnandomi il nome Baa Kuxsheesh, Aiuta gli Altri. Un nome, sigillato da un battesimo tradizionale tra i membri tribali, che mi sembrò subito impegnativo, e di cui scoprirò più avanti, durante questo mio viaggio, il senso profondo e il presagio

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