In maglia rosa. Viaggio romanzato per una riscoperta dei vini rosati
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In maglia rosa. Viaggio romanzato per una riscoperta dei vini rosati - Giuseppe Castelluzzo
Table of Contents
Giuseppe Sebastiano Castelluzzo - In maglia rosa - Viaggio romanzato per una riscoperta dei vini rosati
Giuseppe Sebastiano Castelluzzo - In maglia rosa - Viaggio romanzato per una riscoperta dei vini rosati
Prefazione
Coltivazione della vite e consumo consapevole del vino come elementi di civiltà.
Premessa
Introduzione
Prologo
I. La biciclettata
II. L’approdo
III. Arneo e dintorni
IV. La pizzicata
V. Ritratto in bianco e nero
VI. Minuti pensieri
VII. La perla del Salento
VIII. Via del Corso e dintorni
Epilogo
Conclusioni
Appendici
Profilo biografico
Il concorso
Vini e viti
Luoghi
Nomi
Giuseppe Sebastiano Castelluzzo - In maglia rosa - Viaggio romanzato per una riscoperta dei vini rosati
©Musicaos Editore, 2019 - Narrativa 22
Progetto grafico Bookground
Foto dell’autore: Rino Cordella
www.rinocordellaphotographer.com
Ogni riferimento a fatti, cose, persone, è da ritenersi puramente casuale.
Musicaos Editore
Via Arciprete Roberto Napoli, 82
Neviano (Le) – tel. 0836.618.232
www.musicaos.org - info@musicaos.it
Isbn 978-88-94966-442
Giuseppe Sebastiano Castelluzzo - In maglia rosa - Viaggio romanzato per una riscoperta dei vini rosati
prefazione di Giuseppe Baldassarre
IN MAGLIA ROSA
Se sono giunto al punto dal quale sono partito
è grazie a Rosi, Sara e Aurora
e a quanti mi hanno fatto conoscere
il luogo per la prima volta.
Un pensiero particolarmente grato
al Dottor Giuseppe Baldassarre:
Amico, Collega e Maestro di … Vitae
.
Prefazione
Coltivazione della vite e consumo consapevole del vino come elementi di civiltà.
La coltura della vite, la produzione del vino e il suo consumo, hanno accompagnato per millenni la civiltà mediterranea, favorendone lo sviluppo.
Il vino ha acquisito in tale contesto, al di là dell’indubbia valenza enogastronomica, un forte significato simbolico, influenzando innumerevoli aspetti della cultura e della civiltà. Non c’è bevanda che, più del vino, si intrecci mirabilmente con gli aspetti più diversi del sapere. Per millenni il vino è stato una musa impareggiabile, un ineffabile ispiratore di artisti, fino a rappresentare esso stesso quasi una forma d’arte.
Con un patrimonio di oltre 400 vitigni, di centinaia di vini pregiati, legati a ciascuna delle aree territoriali del nostro Paese, l’Italia si configura come una grande terra del vino. Le vigne, sapientemente condotte e ordinate, conferiscono una fisionomia unica al nostro paesaggio, lo caratterizzano e lo modellano, rendendone unica la bellezza. È quanto avviene anche in Puglia, tacco dello stivale, penisola lambita da due mari, vestita da verdi distese di vigne, allevate nella maggior parte dei casi a spalliera o a tendone. Significativa e preziosa rimane, tuttavia, la presenza in alcuni vigneti di vetusti alberelli, memoria palpitante dell’eredità magno-greca.
Negroamaro, Primitivo, Nero di Troia e tanti altri vitigni costituiscono il prezioso lascito del tempo e di una lunga e sapiente civiltà contadina.
Il vino, singolare prodotto della vite e del lavoro dell’uomo, rappresenta per noi, oltre che una bevanda molto apprezzata, un fondamentale elemento identitario, un formidabile patrimonio culturale e un punto di forza della nostra agricoltura e del Made in Italy, un volano del turismo e delle nostre esportazioni verso l’estero. Sviluppare tale patrimonio e portarlo a sempre più prestigiosi livelli di eccellenza richiede cultura e molteplici professionalità, con implicazioni di rilievo anche nel campo dell’occupazione.
Evidenziare questa serie di valori di cui il vino è portatore nella formazione delle giovani generazioni è importante per farne percepire le radici storico-culturali, per farne comprendere l’importanza nell’oggi e nel domani e per costruire le basi culturali su cui successivamente fondare scelte consapevoli, e non solo in campo eno-gastronomico.
Non a caso, in questi ultimi anni si assiste a un grande ritorno di interesse dei giovani per professioni legate al mondo del vino.
Il fenomeno dell’abuso delle bevande alcoliche e quello di una larga diffusione di malattie e di problemi alcol-correlati rappresentano l’altra faccia della medaglia.
Sembra esserci particolarmente tra le giovani generazioni una scarsa percezione dei rischi che possono derivare da un accostamento troppo precoce alle bevande alcoliche e dall’abuso delle stesse, ma anche un progressivo allontanamento dal modello enogastronomico mediterraneo.
Diverse esperienze storiche hanno chiaramente dimostrato che le campagne proibizionistiche sono controproducenti e che le misure repressive, pur necessarie, si rivelano insufficienti.
Altrettanto improduttive si sono dimostrate campagne di tipo meramente esortativo.
Anche in questo caso si rende sempre più urgente un’azione educativa, che porti a valorizzare la civiltà del vino, la dieta mediterranea e il bere vino moderatamente e in modo responsabile quali elementi di uno stile di vita complessivo, colto, sano e salutare, consentendo di maturare nelle giovani generazioni la capacità di autoregolazione e di autocontrollo.
Un tale progetto formativo può essere realizzato solo con il concorso di tutti i soggetti e le agenzie, a partire dalla scuola e delle associazioni culturali, che, a diverso titolo, intervengono nella formazione delle giovani generazioni.
Accrescere la cultura e la consapevolezza fin dall’età preadolescenziale può preparare il terreno perché l’accostamento al vino e alle altre bevande alcoliche avvenga negli anni successivi in modo più responsabile e con maggiore capacità di discernimento e di autoregolazione.
Ma c’è di più, perché la civiltà del vino è anche cultura del paesaggio, letteratura, giornalismo, fotografia arte e folklore. Ben vengano quindi iniziative, come questa alla quale mi è stato dato l’onore di partecipare, che servono a richiamare alla nostra attenzione questi aspetti, sollecitando la creatività e stimolando le più diverse forme espressive.
Dottor Giuseppe Baldassarre
Premessa
Il vino – sostanza rituale e divinatoria, prodotto elitario e alimento, bevanda salutistica e socializzante – ha accompagnato l’uomo lungo il suo processo di civilizzazione, assumendo nel corso dei millenni valenze e significati differenti in base a usi, costumi e credo religioso.
Con l’intento di ripercorrere
alcune tappe dello sviluppo del settore enologico e degli aspetti culturali correlati al suo consumo, è nata l’idea di un Viaggio nella terra e nelle tradizioni – quello delle Vite e delle Viti che ruotano attorno ad un universo fatto di lavoro e prodotti che sanno esaltare, al contempo, la cultura e il sapere – con l’obiettivo di valorizzare un comparto che, a tutt’oggi, è ancora sottovalutato o sottostimato.
Il progetto, proposto dallo scrivente nel corso de Il Veliero Parlante, è stato presentato per la prima volta nel castello di Copertino (sessione La scialuppa di salvataggio), riscontrando ampia condivisione da parte del dottor Giuseppe Baldassarre, che mi ha pregiato del suo magistrale intervento e della prefazione del libro che state leggendo.
Già la premessa – Bello è il tempo di partire...
– di Ornella Castellano, organizzatrice dell’evento, riconduce agli albori della colonizzazione della Magna Grecia e alla diffusione dell’arte enoica nella nostra penisola dove, a fronte di una pre-esistente base ampelografia, fu diffuso il sistema di allevamento ad alberello e l’affinamento delle tecniche di vinificazione.
Se kairòs fu il tempo
delle opportunità per i colonizzatori micenei che si spinsero sulle coste italiche, anche la ricerca del bello
e del buono
– la kalokagathia cara ai filosofi dell’epoca – fece scuola nel nostro territorio e la bellezza, già riscontrata nel cratere del nettare degli dei, diventò cultura enologica. Facendo riferimento ad un alfabeto
enoico, l’armonia del vino, che deriva dalla consonanza delle valutazioni organolettiche, si interfaccia con una lettura in chiave antropomorfica, e diventa sintesi cognitiva del bagaglio di conoscenze acquisite e stimolo a collegare gli engrammi sensoriali evocati.
La storia vitivinicola del Salento – da sempre volano di crescita economica della Puglia – può essere annoverata come culla
dell’enologia mondiale ed è storicamente legata ai rosati da Negroamaro e alla tradizionale produzione a lacrima. Tradizione che continuò anche dopo l’arrivo dei romani perché il primo mosto, che fuoriusciva dal palmento (calcatorium) dove erano state accumulate le uve appena raccolte, veniva fermentato separatamente e dava un vino roseo – noto come lagrima
– utilizzato per il consumo familiare e che assunse anche l’epiteto di vino puro
per distinguerlo dai vini conciati
con miele o erbe aromatiche (mulsum e vinum absinthiatum) i quali, da bevande corroboranti quali erano, venivano utilizzate per ritemprare il corpo e allietare lo spirito di convalescenti, pellegrini e viandanti, secondo una consuetudine ospitaliera che si diffuse nel Medioevo.
Testimonianze dell’utilizzo del mosto vergine nella vinificazione a lacrima si riscontrano anche negli scritti di Sante Lancerio e nelle citazioni di Andrea Bacci; del resto si ebbe un’impennata del consumo di vino rosato durante il flagello della filossera che colpì l’Europa, che da un lato fece elevare la Puglia a cantina d’Italia
e dall’altro incrementò il consumo locale dei vini rosati del Salento, il cui rilancio commerciale avvenne grazie alla lungimiranza e allo spirito imprenditoriale di personaggi come i Leone de Castris, Severino Garofano e Mino Calò.
Peraltro, il rosato del Salento oltre che vessillo di tradizione e cultura è anche fautore del messaggio
di tutela e rilancio di questa tipologia di vino a livello nazionale, tant’è che grazie all’attività dell’associazione deGusto Salento è partita la proposta di consociazione e partnership dei consorzi che più rappresentano l’Italia in Rosa.
Da alcuni anni a questa parte, gli eventi che hanno catalizzato l’attenzione del pubblico su questa tipologia di vini spaziano dai Drink Pink (evento curato dal team editoriale del Gambero Rosso) a Italia in Rosa (format sviluppato dal Consorzio Valtènesi), dal Concorso enologico nazionale Rosati d’Italia (con la partnership di Assoenologi1 e dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino) a Rosati d’Italia a Firenze (nato dall’idea di Enoclub Siena), da BereRosa (iniziativa editoriale di Cucina&Vini) a Charme in Rosa (iniziativa dell’AIS Puglia). Per non parlare dell’attenzione dei cultori della materia su eventi internazionali, quali il format Rosé Revolution
(in Australia) o La Nuit en Rose
(che a New York promuove l’incontro tra fashion e vini rosé).
Partendo da queste considerazioni è maturato l’incipit di questo libro, le cui premesse si sono concretizzate nel corso di formazione alla SUMMER SCHOOL: Innovazione per il Vino Rosato2 (acronimo In Rosa) organizzato presso l’Università del Salento3 – Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali – e finanziato dalla Regione Puglia, conclusosi con la degustazione di vini nazionali e internazionali presso il Castello Carlo V di Lecce, dove si è svolto il V Salone Internazionale dei Vini Rosati che, come da programma, ha messo a confronto il Rosato prodotto dalle aziende associate a deGusto Salento con altre realtà regionali, nazionali e internazionali e che si fregia della partnership di associazioni di navigata esperienza (come AIS4 e Slow Food Puglia), proponendo una vetrina espositiva con tutte le aziende sullo stesso piano valutativo.
Mi preme precisare che questo libro non ha la pretesa di essere un saggio e tantomeno un romanzo. Quanto leggerete è la sintesi di esperienze maturate negli scorci di tempo in un’insolita stagione estiva, con la spensieratezza delle vacanze, metaforicamente rappresentata dalla maglia rosa
perché lo sfondo del racconto ha come leit-motiv il vino rosato e sia perché la riscoperta del Salento è avvenuta utilizzando come mezzo di locomozione la bicicletta.
Sono convinto che talvolta le storie siano più importanti della Storia
e per questo mi auguro che i lettori possano trovare diletto e spunti di riflessione anche se la narrazione è intervallata da un pizzico di ironica goliardia!
La cultura enoica è anche Storia del territorio e la biciclettata si pone come strumento di conoscenza di tradizioni sopite o dimenticate, oltre che come momento di sintesi di saperi e sapori, il cui traguardo di tappa è… un bicchiere che accalora, sazia insieme affama
.
Parlare dei rosati non implica pregiudizi, ma viaggi e approfondimenti, perché amo anche i vini bianchi e i rossi, così come il mondo della birra e i distillati; anzi... soprattutto nei confronti della bistrattata liquoreria di epoca vittoriana
nutro un approccio empatico, che spazia dal piratesco
Rhum al sociale
Gin, sino ai faziosi
Whisk(e)y di scuola irlandese, scozzese e americana!
Non so se la lettura Vi entusiasmerà –Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore
–.
In questo libro, oltre all’amore, ci ho messo anche la passione!
Buona lettura e… prosit.
Introduzione
Del vino si fa uso da quando la vite fu domesticata dalle popolazioni che, circa diecimila anni fa, abbandonarono il nomadismo per diventare stanziali e dare avvio alla rivoluzione neolitica. Da allora, con la trasformazione del cibo da crudo a cotto, con il passaggio dalle rudimentali forme di scrittura pittografica e cuneiforme alle prime forme di espressività neurolinguistica e con l’edificazione dei primi agglomerati umani furono gettate le basi per la civilizzazione.
Per contro, la birra fu il prodotto alcolico più utilizzato dagli Egizi, anche se sembra che tra i primi coltivatori di vite da vino ci siano proprio gli schiavi dei Faraoni; ai Fenici e, soprattutto, ai Greci, invece, si deve il merito della diffusione dell’arte enoica nel mondo allora conosciuto. All’epoca della colonizzazione greca, che raggiunse il massimo splendore tra l’VIII e il VII secolo a.C., al territorio appartenente a Puglia, Basilicata e Calabria (zona ionica Tarantina, Metaponto, Eraclea, Siri e Sibari, sino a Crotone e Reggio Calabria) – dove le popolazioni autoctone già producevano vino – venne dato il nome di Enotria tellus, ragion per cui a loro