Un giallo Puzzone
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Puzzone è un cane dal fiuto straordinario e dall’intelligenza pronta. È un incrocio tra un ratonero e un segugio da cui ha ricavato le migliori qualità. Dal padre, il ratonero andaluso, ha preso l’istinto di cacciare i topi, dalla madre l’abilità a riconoscere tra mille odori quello giusto, come ha potuto verificare il suo padrone, Walter Bruno.
Durante una passeggiata lungo il Botteniga a Treviso punta verso un arto artificiale. Da questo momento coinvolge Bruno in una storia dai contorni poco chiari. La sua padrona, Flora Zuin, a cui appartiene l’arto, è stata uccisa e il suo corpo diviso in più parti, che Puzzone riesce a individuare.
Il procuratore Depisis brancola nel buio ma le intuizioni di Walter e il fiuto di Puzzone compiono il miracolo di risolvere il caso.
Gian Paolo Marcolongo
Un giovane vecchio con la passione di scrivere. Amante delle letture cerca di trasmettere le proprie sensazioni con le parole. Laureato in Ingegneria. In pensione da qualche anno, ha riscoperto, dopo gli anni della gioventù, il gusto di scrivere poesie e racconti.Non ha pubblicato nulla con case editrici ma solo sulla piattaforma digitale di Smashwords e su quella di Lulu.
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Book preview
Un giallo Puzzone - Gian Paolo Marcolongo
Copyright © 2018-2019-2021-2023 Gian Paolo Marcolongo
Design di copertina © 2018-2019 Antonella Sessolo
Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l'utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere richiesti all'autore.
NOTE DELL'AUTORE
Il presente romanzo è opera di pura fantasia. Ogni riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, indirizzi e-mail, siti web, numeri telefonici, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale e involontario.
ISBN 9780463052631
1.
Puzzone era il bastardino di Walter e aveva una tendenza particolare: mettersi nei guai, trascinando anche l'incolpevole padrone.
Era un meticcio di mezza taglia con un mantello che pareva arlecchino, frutto dei molti incroci del parentado canino. Buono coi buoni, cattivo coi cattivi. Aveva un occhio azzurro e uno nocciola e una bella dentatura forte e robusta che non esitava a mostrare quando lo facevano arrabbiare.
Walter l'aveva raccolto cucciolo in un cantiere di Treviso. Come ci fosse finito, nessuno lo sapeva. I muratori gli davano gli avanzi delle loro gamelle, sfamandolo, mentre lui teneva loro compagnia. Quando Walter lo prelevò, ci fu un coro di proteste da parte loro. Tuttavia era la soluzione migliore, perché dopo alcune settimane il cantiere avrebbe chiuso e il cucciolo non si sapeva dove sarebbe finito.
Walter lo chiamò Puzzone, perché faceva davvero una puzza bestia. E ce ne volle prima che l'odore accumulato sul suo pelo né lungo né corto svanisse.
Sofia, quando vide arrivare in casa quel cane lurido e puzzolente, minacciò Walter: «O tu col tuo cane o io me ne vado».
Lui cercò di rabbonirla.
«Lo metto in terrazza».
Pessima idea. Ci mancò un pelo che i vicini chiamassero i vigili per far smettere i suoi lamenti. Comunque passata la notte, la mattina seguente lo portò in una toilette per cani. Nonostante fosse stato lavato, la puzza rimase, anche se l'aspetto era più presentabile. Sofia gli tenne il broncio per diversi giorni ma alla fine l'umore socievole di Puzzone la contagiò in modo irrimediabile. Così il cucciolo divenne il beniamino di casa. Viziato, coccolato sapeva strappare una carezza dopo ogni disastro che provocava. Il servizio buono del caffè in frantumi, la vetrinetta del mobile basso del salotto infranta, le pantofole di Sofia rosicchiate.
Era un pomeriggio grigio di dicembre con il Natale ormai vicino, quando Puzzone e Walter fecero una passeggiata lungo uno degli innumerevoli canali che attraversano Treviso e dintorni, il Botteniga.
Puzzone correva avanti e indietro instancabile, quando si fermò di botto. Immobile. Coda dritta e corpo nella classica postura di chi punta la preda.
«Dai Puzzone! Muoviti» imprecò Walter che era avanti una decina di metri.
Però il cane rimase immobile. Pareva una statua. Puntava delle piante palustri cresciute tra l'acqua e l'argine. Walter di malagrazia tornò sui suoi passi deciso a schiodarlo dove si era fermato.
Pose una mano sul capo di Puzzone e lo sentì fremere, mentre il respiro era quasi assente.
«Che c'è, Puzzone?»
Strinse gli occhi per mettere a fuoco quello che puntava il cane. Non vedeva nulla nell'oscurità che stava calando.
«Forza Puzzone, a casa ti aspettano le crocchette» provò ad ammansirlo senza risultati pratici.
Di solito il cibo era un ottimo pungolo ma stavolta non faceva effetto.
Il cane restava fermo col corpo proteso in avanti, fremendo come se avesse la febbre, nonostante lui cercasse di tirarlo.
Walter allora si avvicinò di più al digradare della riva per osservare meglio e restò a bocca aperta.
«Mio Dio!» esclamò portandosi una mano alla bocca.
Adesso capiva il motivo del blocco di Puzzone ma iniziava la parte più complicata.
2.
«Mio Dio!» ripeté altre tre volte.
Quello che vedeva in modo confuso tra le canne palustri cresciute nell'acqua lo lasciava allibito e inorridito. Non poteva crederci. Strinse gli occhi per mettere a fuoco l'immagine che l'aveva reso sgomento. Nessun dubbio ma si domandò cosa fosse collegato a quella scarpina e collo del piede femminile. Un corpo oppure un moncone di arto?
L'unico sistema era avvicinarsi ma Walter nicchiava. Rischiava di finire nelle acque gelide del canale con pessime conseguenze.
Adesso aveva un dilemma: Chiamo la polizia oppure fingo di non aver visto nulla?
Però c'era una questione da risolvere: Puzzone, che pareva inchiodato al terreno. Se avesse voluto andarsene, avrebbe dovuto lasciarlo lì, perché non aveva intenzione di muoversi. Il dilemma assomigliava tanto alla vecchia margherita del "t'amo, non t'amo" ma doveva risolverlo in fretta.
Walter sapeva che non aveva alternative valide all'unica possibile. Convenne che non aveva molto senso cercare di allontanarsi dal luogo dove affiorava quello che pareva un arto umano senza dare nell'occhio. La via che costeggiava il Botteniga era alquanto trafficata e molti condomini vedevano chi passeggiava lungo il canale. Rischiava solo di finire nel tritacarne della giustizia per spiegare i motivi per i quali non aveva fatto i suoi doveri di cittadino scrupoloso. Quindi decise: chiamare il 113 per risolvere i suoi dubbi sul ritrovamento.
Dopo un'estenuante telefonata per spiegare dove si trovava e perché era lì, Walter convinse una pattuglia dei carabinieri a intervenire.
«Sofia, tardo a rientrare» telefonò alla compagna nell'attesa del loro arrivo.
«Perché?» chiese malfidente la donna, in quanto sospettava che volesse nascondere altre verità.
Un pizzico di gelosia aveva scatenato questa reazione. Walter in effetti non l'aveva mai tradita ma Sofia era convinta del contrario.
«Ho chiamato la polizia, perché forse c'è una donna morta nel Botteniga».
Walter udì un profondo sospiro dall'altra parte del ricevitore senza comprenderne il motivo.
«Vi cacciate sempre nei guai voi due» lo incolpò Sofia e aggiunse. «Non potevi fregartene, anziché telefonare?»
Walter fece a sua volta un lungo respiro prima di rispondere. Voleva evitare un litigio telefonico. Erano già sufficienti quelli casalinghi.
«Lasciando Puzzone di guardia al corpo?»
«Maledetto cagnaccio!» urlò scocciata.
La telefonata proseguì tra accuse e difese in un dialogo tra sordi, mentre in lontananza si sentiva una sirena in avvicinamento.
«Ti lascio. Sono arrivati» troncò Walter bruscamente.
«Fammi sapere» gorgogliò mesta Sofia.
Un carabiniere munito di una potente torcia si avvicino a Walter che era fermo accanto a Puzzone, che non aveva smesso un attimo di puntare verso le erbe acquatiche.
Walter si presentò e indicò il punto dove aveva visto affiorare la scarpa, illuminata dalla luce azionata dal militare.
«Carmelo, chiama rinforzi e i vigili del fuoco. Sembra che in effetti ci sia qualcosa di sospetto tra l'acqua e l'argine» urlò al collega.
Walter non aveva dubbi. Quella è la parte inferiore della gamba di una donna
pensò dopo che la torcia aveva illuminato il punto. E se fosse un arto di un manichino?
Fu colto dal dubbio, perché non vedeva un corpo nell'acqua collegato al piede.
3.
I lampeggianti blu attirarono dapprima i passanti, poi gli abitanti del condominio vicino ma alla fine ci fu un bel nugolo di curiosi che chiedevano lumi su cosa stava accadendo.
«Qualcuno è caduto in acqua» disse un signore distinto con la voce di chi la sapeva lunga.
«Ma non