I grandi errori di Stephen Hawking
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Nel corso della sua lunga carriera accademica ha scritto numerosi testi e articoli che sono stati oggetto di vivaci discussioni da parte di fisici e filosofi.
Nell’opera evidenzio i grandi errori dello scienziato inglese quando cercò di affrontare le tematiche riguardanti l’origine dell’universo, Dio e l’aldilà.
Inoltre sostengo, a differenza di Hawking, che la filosofia deve rimanere un punto di riferimento insostituibile per comprendere i misteri del cosmo nel quale viviamo.
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I grandi errori di Stephen Hawking - Edoardo Jacopo Bruno
Note
INTRODUZIONE
Stephen Hawking inizia Il grande disegno, scritto insieme al fisico Leonard Mlodinow, con alcune domande che almeno una volta nel corso della propria esistenza la maggior parte delle persone si sono poste: come possiamo comprendere il mondo in cui ci troviamo? Come si comporta l’universo? Qual è la natura della realtà? Che origine ha tutto ciò? L’universo ha avuto bisogno di un creatore? [¹]
Nel saggio cercherò di evidenziare i grandi errori commessi da Hawking nel suo tentativo di rispondere a questi quesiti fondamentali relativi al cosmo. Secondo lo scienziato inglese, infatti, per secoli questi interrogativi sono stati di pertinenza della filosofia, ma la filosofia è morta, non avendo tenuto il passo degli sviluppi più recenti della scienza, e in particolare della fisica. Così sono stati gli scienziati a raccogliere la fiaccola nella nostra ricerca della conoscenza.
[²]
La critica di Hawking nei confronti della possibilità da parte della filosofia di rispondere agli importanti enigmi relativi all’universo non è certo nuova poiché è già presente nel libro intitolato Dal big bang ai buchi neri :
Fino a oggi la maggior parte degli scienziati sono stati troppo occupati nello sviluppo di nuove teorie che descrivono che cosa sia l’universo per porsi la domanda perché? D’altra parte, gli individui professionalmente qualificati a chiedersi sempre perché, essendo filosofi, non sono riusciti a tenere il passo col progresso delle teorie scientifiche. Nel Settecento i filosofi consideravano di propria competenza l’intero sapere umano, compresa la scienza, e discutevano problemi come: l’universo ha avuto un inizio? Nell’Ottocento e nel Novecento la scienza divenne però troppo tecnica e matematica per i filosofi o per chiunque altro tranne pochi specialisti. I filosofi ridussero a tal punto l’ambito delle loro investigazioni che Wittgenstein, il filosofo più famoso di questo secolo, disse: «L’unico compito restante per la filosofia è l’analisi del linguaggio». Quale caduta dalla grande tradizione della filosofia da Aristotele a Kant!
[³]
Ma Hawking sbaglia a non considerare la filosofia importante per comprendere l’universo e i suoi misteri. Come vedremo, le domande che egli si pone nelle sue opere devono essere conosciute ricorrendo anche alla filosofia poiché, se la scienza è adibita a rispondere al come, la filosofia rimane un punto di riferimento insostituibile per capire il perché dei processi che regolano il cosmo.
PRIMO CAPITOLO:
DIO, L'UNIVERSO E STEPHEN HAWKING
STEPHEN HAWKING, DIO E LA RELIGIONE
Nel Il grande disegno Hawking afferma che: La creazione spontanea è la ragione per cui c’è qualcosa invece di nulla, per cui esiste l’universo, per cui esistiamo noi. Non è necessario appellarsi a Dio per accendere la miccia e mettere in moto l’universo.
[⁴] Quest’ultima frase ha portato giornalisti e scienziati a dichiarare che Hawking non crede in Dio e dev’essere considerato un autore ateo. Attraverso un’attenta analisi delle sue frasi si può, invece, sostenere che Hawking non nega mai la visione di un Dio che può esistere scientificamente:
" Se però perverremo a scoprire una teoria completa, essa dovrebbe essere col tempo comprensibile a tutti nei suoi principi generali, e non solo a pochi scienziati. Noi tutti, filosofi, scienziati e gente comune, dovremmo allora essere in grado di partecipare alla discussione del problema del perché noi esistiamo. Se riusciremo a trovare la risposta a questa domanda, decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giacché allora conosceremmo la mente di Dio. [⁵]
Si può immaginare che Dio abbia creato l’universo letteralmente in un tempo qualsiasi in passato. D’altra parte, se l’universo è in espansione, potrebbero esserci ragioni fisiche per cui dovette esserci un inizio. Si potrebbe ancora immaginare che Dio creò l’universo nell’istante del big bang, o addirittura successivamente, in modo tale da dare l’apparenza che ci fosse stata una grande esplosione primigenia, mentre non avrebbe alcun senso supporre che l’universo sia stato creato prima del big bang. Un universo in espansione non preclude un creatore, ma pone dei limiti circa il tempo in cui egli potrebbe aver compiuto questo lavoro. [⁶]
Queste importanti questioni sono state affrontate in vari modi da scienziati, filosofi e teologi. La risposta alla prima domanda, la risposta di Keplero, Galileo, Cartesio e Newton, è stata per secoli che le leggi sono opera di Dio. Ma questa non è che una definizione di Dio come personificazione delle leggi di natura. A meno che non si doti Dio di qualche altro attributo, quale quello di essere il Dio dell’Antico Testamento, servirsi di Dio come di una risposta alla domanda sull’origine delle leggi equivale semplicemente a sostituire un mistero con un altro. Quindi se si chiama in causa Dio nella risposta alla prima domanda, la vera questione cruciale diventa la seconda domanda: ci sono miracoli, eccezioni alle leggi? [⁷]
Non sostengo che Dio non esiste. Dio è il nome che le persone danno alla ragione per cui siamo qui. Ma penso che la ragione siano le leggi della fisica piuttosto che qualcuno con cui si possa avere un rapporto personale. Un Dio impersonale.
La scoperta di tali leggi è stata, a mio avviso, la più grande conquista dell’umanità: saranno infatti proprio le leggi di natura, come le chiamiamo oggi, a dirci se c’è bisogno o meno di un Dio per spiegare l’universo. Le leggi di natura descrivono il funzionamento delle cose nel passato, nel presente e nel futuro. [⁸]
Io uso il termine Dio in un senso impersonale, come faceva Einstein, per indicare le leggi di natura. Perciò da questo punto di vista, conoscere la mente di Dio significa conoscere le leggi di natura. La mia predizione è che, entro la fine di questo secolo, arriveremo a conoscere la mente di Dio. [⁹]
In accordo con le leggi della scienza, io ritengo che l’universo si sia spontaneamente creato dal nulla. L’assunto di base della scienza è il determinismo scientifico: dato lo stato dell’universo in un particolare momento, le leggi della scienza determinano la sua evoluzione. Queste leggi potrebbero essere state stabilite da Dio, o forse no, ma sta di fatto che nemmeno lui può poi contravvenirvi, altrimenti non sarebbero leggi. Dio avrebbe dunque la libertà di scegliere lo stato iniziale dell’universo, ma con ogni probabilità anche questo potrebbe essere regolato da una serie di leggi. Di conseguenza, Dio non avrebbe alcuna libertà." [¹⁰]
Nelle sue opere, come si può notare dalle citazioni sopra riportate, Hawking utilizza numerose volte la parola Dio. Secondo lo scienziato inglese, Dio può avere avuto un rapporto diretto con l’universo unicamente in momenti precisi della sua storia come, ad esempio, nel corso dell’era di Planck; di conseguenza nelle sue opere non esclude mai che le leggi fisiche possano essere state create da Dio. Chiaramente il Dio impersonale di Hawking, compatibile con un cosmo in espansione, non è quello presente nei Testi Sacri delle religioni rivelate che interviene nella vita delle persone, ma non per questo non ha nessun rapporto con il nostro universo. Dio, essendo l’artefice delle leggi fisiche, ha un ruolo fondamentale per Hawking: creare le basi dell’universo per poter successivamente sviluppare la vita sui pianeti. La tesi di Hawking ricorda molto quella di Albert Einstein, che affermò in una lettera:
Gli scienziati credono che ogni manifestazione, comprese le faccende umane, è dovuta alle leggi della natura. Perciò uno scienziato non può essere incline a credere che il corso degli eventi può essere influenzato dalla preghiera, ovvero da un desiderio manifestato in modo soprannaturale. Comunque, dobbiamo ammettere che la nostra vera conoscenza di queste forze è imperfetta, perciò alla fine il credere nell’esistenza di uno spirito ultimo dipende da una specie di fede. Questa fede rimane diffusa nonostante le attuali conquiste della scienza. Ma tuttavia, chiunque sia seriamente coinvolto nella ricerca della scienza si convince che un qualche spirito è manifesto nelle leggi dell’universo, qualcosa di enormemente superiore all’animo umano. In questo modo la ricerca della verità scientifica porta a un sentimento religioso speciale, sicuramente abbastanza diverso rispetto alla religiosità di qualcuno più ingenuo.
Hawking e Einstein avevano la stessa visione basata su un Dio che si manifesta nelle leggi di natura. Di conseguenza l’opinione, che ancora oggi compare in molti giornali e articoli scientifici, secondo cui Hawking negò nei suoi testi l’esistenza di qualunque forma di Dio va rifiutata perché non attinente alla realtà del pensiero del famoso scienziato inglese.
Per comprendere ancora meglio questo importante aspetto presente nelle sue idee dobbiamo approfondire il rapporto che egli aveva con la religione. Nelle sue opere e interviste Hawking analizza molte volte le problematiche religiose:
" Nei primi anni Sessanta, la grande domanda in ambito cosmologico era se l’universo avesse avuto un inizio. Molti scienziati si opponevano d’istinto a questa idea, perché, ai loro occhi, individuare il momento della ‘creazione’ avrebbe attentato alla validità di qualsiasi assunto scientifico: per determinare il come e il perché della nascita dell’universo, avremmo dovuto fare appello alla religione e alla mano di Dio. Si trattava senza dubbio di una questione fondamentale, ed era