Le donne nell'ordine monastico buddhista: La cerimonia dedicata ad Ānanda come rito di affermazione
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About this ebook
Dopo un approfondimento sui suoi precursori nell’India e Cina antiche, la Ambros esamina questo rituale in tre momenti diversi – le origini medievali giapponesi, la moderna rivitalizzazione e il suo attuale svolgimento contemporaneo, e un commento contemporaneo al rituale. L’Anan kōshiki è svolto esclusivamente dalle monache buddhiste, che onorano il ruolo di Ānanda nel convincere il Buddha ad ammettere le donne nell’ordine monastico.
La Ambros sostiene che il rituale ha avuto una funzione polisemica per le monache: ha affermato la loro marginalizzazione e uno status inferiore nei confronti del clero maschile, ma è servito loro come mezzo per celebrare la differenza di genere in quanto monache.
La completa traduzione dell’Anan kōshiki appare in fondo al testo.
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Le donne nell'ordine monastico buddhista - Barbara Ambros
LE DONNE NELL'ORDINE
MONASTICO BUDDHISTA
La cerimonia dedicata ad Ānanda
come rito di affermazione
Barbara Ambros
© Myo Edizioni 2019
Nessuna parte di questo testo
può essere riprodotta o trasmessa,
in qualunque forma o con qualsiasi mezzo,
senza esplicito permesso.
Traduzione dall'inglese: Laura Silvestri
Foto di copertina:
Pubblico dominio
Grafica copertina & layout:
Laura Silvestri (AliaGrafica)
Per informazioni:
www.myoedizioni.it | info@myoedizioni.it
Testi originali
Editors’ Introduction
Kōshiki in Japanese Buddhism
(Michaela Mross, James L. Ford, Barbara R. Ambros)
Japanese Journal of Religious Studies 43/1: 1–15
© 2016 Nanzan Institute for Religion and Culture
http://dx.doi.org/10.18874/jjrs.43.1.2016.1-15
A Rite of Their Own
Japanese Buddhist Nuns and the Anan kōshiki
(Barbara R. Ambros)
Japanese Journal of Religious Studies 43/1: 207–250
© 2016 Nanzan Institute for Religion and Culture
http://dx.doi.org/10.18874/jjrs.43.1.2016.207-250
Anan kōshiki
An Annotated Translation
(Barbara R. Ambros)
Japanese Journal of Religious Studies 43/1: online supplement 3, 1–24
© 2016 Nanzan Institute for Religion and Culture
http://dx.doi.org/10.18874/jjrs.43.1.2016.supplement3
Presentazione
Il presente volume presenta un saggio sull'Anan kōshiki, una cerimonia appartenente alla tradizione buddhista Zen dedicata ad Ananda (Anan), uno dei principali discepoli del Buddha Shakyamuni, e svolta dalle donne – ma ormai solamente dalle monache – a partire dai tempi dell'antica India. Alla fine del libro è stata inserita anche la traduzione del testo dell'intera cerimonia, mentre all'inizio si è voluto inserire un'introduzione sul genere letterario del kōshiki nel Buddhismo giapponese che non era originariamente incluso nel testo della Ambros.
Con l'Anan kōshiki le donne che lo svolgono – ormai solo in pochissimi templi al mondo e solo in rare e speciali occasioni – onorano Ānanda, in ringraziamento al suo essere stato fautore della fondazione dell'ordine monacale femminile. È stato grazie a lui, infatti, che il Buddha Shakyamuni permise alle donne di abbandonare la vita laicale ed entrare a far parte dell'ordine monastico buddhista. L'Anan kōshiki, quindi, è uno strumento con cui le donne riaffermano la propria posizione all'interno dell'ordine, sebbene, come si leggerà nel libro, questo rito rappresenti sotto certi aspetti un'arma a doppio taglio per loro.
Si è deciso di pubblicare questo volume per far conoscere un aspetto poco conosciuto del Buddhismo e dare visibilità ad un rito speciale e intenso, attraverso il quale si viene in contatto con tanta parte della storia e della dottrina del Buddhismo.
Vorremmo ringraziare Barbara Ambros per la sua cortesia e pazienza, nell'aiutarci alla realizzazione di questa pubblicazione.
Laura Silvestri, Massimo Claus
Luglio 2019
Note sulla traduzione
Nella traduzione di questo testo si è deciso di lasciare i termini sanscriti con la scrittura uguale all'originale, per rimarcare il legame dell'Anan kōshiki con l'India.
Per quanto riguarda la traduzione della cerimonia dell'Anan kōshiki, gran parte di essa appartiene al genere del koshiki, che era svolto sia da uomini che donne. Il testo giapponese originale quindi non identifica il genere delle persone che conducono la cerimonia, così come non lo fa la vesione inglese. Per la versione italiana, tuttavia, non essendoci la possibilità di usare un genere neutro, si è scelto di identificare i cerimonianti usando termini al femminile.
Il termine zagu è stato sostituito alla traduzione letterale dell'inglese telo da inchino
. Si tratta di un telo (o pezzo di stoffa
) rettangolare usato nel Buddhismo Zen sul quale vengono eseguite le prostrazioni o ci si siede,
per evitare che il kesa, l'abito talare Zen, tocchi per terra. Originariamente i monaci in India usavano una stuoia di paglia tessuta per sedersi e dormire per terra, per tenere lontani gli insetti e proteggere le proprie vesti. Nell'Asia orientale questo telo arrivò ad avere un uso simbolico, in gran parte cerimoniale.
Il kōshiki nel Buddhismo giapponese
Michaela Mross, James L. Ford, Barbara R. Ambros
I kōshiki rappresentano un genere liturgico che fiorì durante l'inizio del periodo medievale della storia del Giappone. Questi testi e rituali lodavano, e spesso erano messi in scena, di fronte a un oggetto di devozione principale – generalmente un buddha, un bodhisattva, una divinità o una sacra scrittura. La loro funzione agiva su più livelli. Ovviamente tentavano di incoraggiare la devozione nei confronti dell'oggetto di venerazione principale spiegandone la storia, il significato, la natura virtuosa e l'acquisizione dei meriti derivanti dalla sua venerazione. Il rituale stesso promuoveva una connessione karmica tra i partecipanti e l'oggetto di venerazione. Ma questi testi e rituali agivano anche su altri livelli – sociale, politico, economico, ideologico e performativo.
Nelle lingue europee il termine kōshiki è stato tradotto in vari modi. Per esempio, Frédéric Girard (1990) ha usato rituel (rituale), George Tanabe (1992) litania
, Niels Guelberg (1999) buddhistisches Zeremonial (cerimoniale buddhista), Steven Nelson (2008a; 2008b) lettura-sermone
e Lori Meeks (2010) lettura cantata
. Nessuna di queste traduzioni cattura pienamente il significato del termine giapponese, rendendo difficile per i lettori non giapponesi afferrare intuitivamente le peculiarità musicali e liturgiche di questo genere.
Il termine kōshiki può descrivere sia il testo liturgico stesso che un rituale all'interno del quale tale testo liturgico è recitato. Il kōshiki aveva la funzione, almeno a un livello importante, di rendere gli insegnamenti buddhisti più accessibili a un pubblico di persone di lingua giapponese. Dall'introduzione del Buddhismo in Giappone fino all'ottavo e nono secolo, durante le cerimonie i testi buddhisti recitati erano cantati esclusivamente in cinese e rimanevano perciò largamente incomprensibili per un uditorio giapponese, e in particolar modo per i laici. Alla fine del decimo secolo e nell'undicesimo, comunque, i chierici buddhisti iniziarono a sviluppare dei generi liturgici recitati in giapponese. La nascita di una liturgia vernacolare, e il kōshiki in particolare, contribuì allo sviluppo di un largo movimento di riforma nel quale il Buddhismo si diffuse attraverso tutti gli strati sociali. In verità, il kōshiki è stato probabilmente il più importante genere liturgico nato in questo periodo ed è diventato parte integrante di un corpo rituale condiviso che trascendeva le divisioni confessionali.
All'inizio del periodo medievale, i chierici di differenti lignaggi buddhisti componevano kōshiki per svariati oggetti di venerazione, come buddha, bodhisattva, kami, eminenti monaci, sutra o perfino musica o poesia. Un esauriente database online compilato da Niels Guelberg elenca (almeno) 373 kōshiki, per la maggior parte scritti durante il periodo medievale, ma è plausibile che ne furono composti più di quattrocento, molti dei quali non più esistenti (Guelberg 1997–2016). L'importanza di questo genere non sarà mai sottolineata abbastanza, non solo nella storia del Buddhismo e della religione giapponese in generale, ma anche nel campo della musica e della letteratura.
Da una prospettiva musicologica, i kōshiki sono categorizzati come un genere liturgico della musica vocale buddhista giapponese (shōmyō 声明). Lo stile di recitazione dei kōshiki ha fortemente influenzato l'heikyoku平曲(la recitazione dell'Heike monogatari 平家物語 con l'accompagnamento della biwa 琵琶), lo yōkyoku 謡曲 (la recitazione nel teatro Noh), e il jōruri 浄瑠璃 (un genere musicale epico svolto con l'accompagnamento dello shamisen 三味線) (Guelberg 1999, 26, 33).
Dalla prospettiva della storia letteraria giapponese, i kōshiki appartengono anche al corpus della letteratura di predicazione buddhista giapponese. Essi funzionavano come sermoni vernacolari per spiegare il contesto e lodare il merito dell'oggetto di venerazione: essi rendevano idee e concetti buddhisti complessi più accessibili per un vasto pubblico – forse in modo più efficace dei sutra e dei testi dottrinali. I kōshiki ebbero una significativa influenza su altri generi letterari medievali quali i setsuwa 説話 (novelle didattiche), i monogatari 物語 (le storie epiche), gli enkyoku 宴曲 (un genere di canzoni medievali) e la waka 和歌 (poesia giapponese) (Guelberg 1999, 26, 33).
È difficile determinare con precisione le esatte origini di questo genere. Alcuni kōshiki sono stati tradizionalmente attribuiti a Saichō 最澄 (767–822), il fondatore della scuola Tendai, e a Kūkai 空海 (774–835), il fondatore della scuola Shingon, ma in realtà i loro sono kōshiki di origine più recente. Il Nijūgo zanmai shiki, scritto da Genshin nel Kanna 2 (986), è generalmente riconosciuto come il più antico lavoro di questo genere.¹ Genshin compose questo testo liturgico per il Nijūgo zanmai e 二十五三昧会 mensile, un rito svolto da venticinque monaci che promettevano di aiutarsi l'un l'altro per ottenere la rinascita nella Terra Pura del Buddha Amida.
Il genere si diffuse poi gradualmente ad altre denominazioni buddhiste, incluse le scuole di Nara, ma rimase strettamente connesso al culto di Amida. Circa un secolo dopo, il monaco Tendai Meiken 明賢 (1026–1098) compose il Seigan kōshiki 誓願講式, e il monaco Yōkan 永観 (o Eikan) della tradizione Sanron compose l'Ōjō kōshiki 往生講式 (1079 circa). Quest'ultimo, per via della sua struttura, è riconosciuto come il più importante modello per i successivi kōshiki (Nelson 2003, 17; Guelberg 2006, 36). Nel rendere chiare e lodare le virtù del Buddha Amida, questi sermoni rituali coltivavano una connessione karmica e rendevano più profonda la devozione di tutti i partecipanti. Mentre la maggior parte degli autori di kōshiki erano monaci Tendai devoti della Terra Pura, Kakuban 覚鑁 (1095–1144), fondatore del ramo Shingi della scuola Shingon (Shingi shingonshū 新義真言宗), scrisse almeno tredici kōshiki (Guelberg 1999, 47–49). Le prove suggeriscono che li compose come pratica devozionale personale dei clerici più che con lo scopo di propagare la dottrina buddhista a un maggior numero di persone (Yamada 1995, 35). Perciò, sebbene molti studiosi abbiano sottolineato che i kōshiki erano un mezzo per fare proselitismo, non bisognerebbe ignorare il fatto che potevano anche servire come pratica devozionale profondamente personale.
Con il passare del tempo la forma liturgica del kōshiki divenne molto popolare, e molti chierici di diversi lignaggi buddhisti ne furono attivi compositori. La paternità di nuovi kōshiki raggiunse il suo apice nel tardo dodicesimo secolo e inizio del tredicesimo con il monaco Jōkei della tradizione Hosso – a cui vengono attribuiti ventinove kōshiki – e il monaco