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Il testamento di Don Liborio
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Ebook88 pages1 hour

Il testamento di Don Liborio

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Il libro è la narrazione liberamente interpretata dall'autore di alcune pagine oscure, cocenti e controverse della storia che ha determinato l'unità d'Italia. In particolare spicca la figura del barone don Liborio Romano, qui definito "Padre d'Italia" che avrebbe voluto sepolto per oltre 150 anni il suo testamento con i segreti, nascosti retroscena delle vicende accadute in Italia nel 1860 e che lo videro interprete determinante di decisioni strategiche che, nel racconto, andrebbero a stravolgere le verità storiche scritte come sempre dai vincitori.
LanguageItaliano
Release dateJul 30, 2019
ISBN9788890823022
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    Il testamento di Don Liborio - Umberto Rey

    | 978-88-90823-02-2

    Storia e verità

    Il giovane diciottenne Ippolito Bedin, pronipote del famoso storico e professore universitario Fulvio Bedin, come ogni giorno, si sveglia alle ore 7.15 della mat-tina, la suoneria del suo telefonino con il gingol dell’alza bandiera militare, rende la sua sveglia a dir poco traumatica, stanco, rintronato cerca il telefonino che lo sta traviando e non lo trova, con occhi semi chiusi tasta per terra più volte e dopo un po’ riesce a spe-gnere quel rumore insopportabile, stropicciandosi gli occhi e stiracchiandosi si siede sul letto.

    In quel frangente riceve un sms di buongiorno dalla sua fidanzata mediante una schermata con tanti cuo-ricini e baci.

    Si alza dal letto e contemporaneamente risponde alla sua fidanzata Ti amo a dopo.

    Arrivano altri due sms di amici, il primo contiene delle news su fatti di cronaca nera riguardanti fatti della camorra, il secondo la conferma che la sua associa-zione li ha convocati alle ore dieci in una saletta presso l’Università che frequenta, per discutere dei punti fissati nell’ordine del giorno.

    Si accorge di aver lasciato tutta la notte il computer acceso, controlla l’e-mail, riceve un invito ad un con-vegno sul lavoro giovanile come deterrente alla cri-minalità organizzata, dà un’occhiata ai titoli dei gior-nali on line, poi chiude il pc.

    La sua camera, come il suo guardaroba tenute in un ordine responsabile, da ragazzo disciplinato e consa-pevole, un trionfo di oggetti vari rendono il suo am-biente ricco e pieno di colori.

    Ippolito si veste, si pettina e in ordine e ben curato, va in cucina e si prepara la colazione, si siede al suo solito posto a tavola, i genitori sono anche loro seduti, la televisione e accesa, il telegiornale riporta notizie molto negative sullo spread, la crisi europea, fatti di mafia e n’drangheta, la fuga dei giovani cervelli ita-liani all’estero, l’immigrazione, ecc.

    Il padre Antonio Ippolito è un editore di libri avente come linea editoriale, fatti di geopolitica, rapporti tra etnie e religioni, criminalità organizzata nel mondo.

    Ogni mattina, per 30 minuti circa, la famiglia dibatte sui temi d’attualità, anche oggi accade la stessa cosa:

    Padre: Ma tu guarda che assurdità, gli appalti della gestione dei centri di raccolta degli immigrati gestiti dalla camorra.

    Ovvio che si crea una sorta di punto di reclutamento della nuova manovalanza criminale, di questi centri ne trovi due in Campania, tre in Sicilia, uno in Cala-bria e uno in Puglia. Ma possibile che le istituzioni non vigilano. Pazzesco. (Mentre legge il quotidiano)

    Ippolito: (Mentre mangia un biscotto e beve la sua tazza di latte e caffè, guarda il padre e annuisce con gli occhi).

    Padre: Ero piccolo, ricordo, nel ‘68 scendevano in piazza, serviva un gettone telefonico per chiamare e radunare nel giro di una mezza giornata migliaia di persone, giusto o sbagliato, se esisteva una battaglia, un ideale, un sogno anche una utopia, cavolo la difen-devano a denti stretti, lottavano.

    Madre: E spesso tornavano con la testa rotta a casa, per cosa poi...?

    Padre: Per la difesa dei diritti, amore mio.

    Caro Ippolito, devi sapere tu e la tua generazione che i diritti acquisiti, sono stati ottenuti mediante autentiche battaglie politiche e sociali.

    Molti pensano che sono come delle montagne che nes-suno può più togliere o eliminare e qui ci si sbaglia, tutto ciò che è stato conquistato bisogna difenderlo con tutta la forza che abbiamo, sempre.

    Ippolito: Ma di quali diritti acquisiti parli pà.

    Ci stanno togliendo tutto, se devi curarti mediante la sanità pubblica devi fare liste d’attese di due anni mi-nimo, poi magari chiedi al primario e ti dice vieni presso il mio studio privato domani ovviamente a pagamento.

    Non parliamo del lavoro, molti amici vanno a Stoc-colma, in Cambogia a lavorare, menomale che l’Italia è uno Stato fondato sul lavoro..., diritti, qui ci sono solo doveri, altro che.

    Padre: Vedi che mi dai ragione, la colpa è delle mol-lezze e incapacità, delle responsabilità della genera-zione mia e di quelle che si sono susseguite, siamo andati tutti dietro il mito dell’apparire e non dell’essere, del debito e non del risparmio, dell’egoismo ed indi-vidualismo perdendo di vista i veri valori e il bene comune.

    Madre: Ma cosa vuoi da Ippolito che diventi un rivoluzionario?

    Non dimenticare che tuo figlio ha solo 18 anni.

    Lasciagli vivere la sua gioventù in pace.

    Padre: Forse hai ragione, ma ho tanta rabbia per quello che accade, Ippolito mi aspetto tanto da te, sei un Bedin e mi aspetto tanto da te.

    Ippolito: OK pà ora è tardi devo andare all’Uni-versità ho un incontro con l’associazione, sai nei pros-simi mesi si rinnova la presidenza, forse mi candido.

    Padre: Ma il presidente attuale è quell’esaltato di Edoardo? Esaltato come il padre, vecchia nobiltà pie-montese, nostalgici della monarchia, roba d’antiquario.

    Ippolito: Sì è ancora lui, io voglio cambiare tutto, rinnovare, siamo impolverati, antichi, dici bene.

    (Con una ciambella in bocca, bacia il padre e la madre, prende la sua fidata valigetta, si infila il giac-cone e si dirige verso la porta. Mentre apre per uscire incontra il postino sull’uscio di casa.)

    Postino: Salve, cerco il Sig. Ippolito Bedin.

    Ippolito: Sì, sono io. Mi dica.

    Postino: Ho una raccomandata per lei, deve firmare qui.

    Ippolito: Per me? D’accordo, sì dove firmo?

    Postino: Qui, qui, grazie e arrivederci.

    Ippolito: Prego, salve.

    (Ippolito ritira la raccomandata, la osserva con cu-riosità, la gira, e con estrema delicatezza la apre per leggere il contenuto).

    Ippolito: (legge bisbigliando ad alta voce il contenuto)

     La S.V. è convocata per il ritiro di un documento presso lo studio del Notaio Giuseppe Margiotta,a partire dalla data del 1 Gennaio 2017, gli orari sono i seguenti, dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 19.00. Località - Patù (Le) in via G. Verdi N. 5.

    Distinti Saluti

    Ippolito: Mamma, ma abbiamo parenti in Puglia?

    A Patù in provincia di Lecce?

    MaDRE: Che io sappia no, perché?

    Ippolito: Ho ricevuto una convocazione per il ritiro di un pacco, leggi qua.

    MaDRE: No, che io sappia non abbiamo nessuno, tu caro sai di qualcuno che ci appartiene in Puglia?

    Padre: Dai un po’ qua la raccomandata

    (legge bisbigliando ad alta voce il contenuto) continua:

    Patù, Lecce, mi ricorda qualcosa, mio padre mi parlò che il mio bisnonno, il famoso storico

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