Sound Art: Percorsi Della Creatività
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A differenza di molti studi sull’organizzazione dei suoni nel tempo, nella sound art installazioni e performances hanno una forte correlazione con lo spazio e con il complesso di interventi necessari alla creazione di ambienti acustici ottimali; esse richiedono nuovi modelli progettuali per una scelta adeguata alle problematiche di localizzazione spaziale.
Le discussioni privilegiano spesso le descrizioni sui sistemi più adatti e sulle pratiche relative alla posizione del suono; qui vengono evidenziati i modi in cui i concetti di spazio sono socialmente, culturalmente e politicamente interpretati, e come le opere, elaborate e organizzate, riflettono e resistono a queste diverse costruzioni concettuali.
Attingendo ai presupposti teorici e all’esperienza di artisti scelti [per ovvi motivi solo alcuni fra i tanti], vengono proposte diverse tematiche che per le loro specificità di argomentazione, possono meglio avvicinarci ad una comprensione più vasta dell’arte del suono, dei luoghi, della visione del mondo.
Maurizio Chiantone, napoletano, inizia il suo percorso artistico negli anni ’70. Nel 1980 fonda On Raku, laboratorio di ricerca sui linguaggi.
Si diploma in Contrabbasso al Conservatorio di Napoli e successivamente riceve il Master in Digital Writing, Scrivere per i Nuovi Media presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Firenze. Laureato in Composizione Musicale Elettroacustica al Conservatorio di Benevento è fortemente attratto dalle possibilità di interscambio dei codici e dai loro elementi costitutivi distintivi e trasversali; dalle potenzialità dinamiche, comunicative e creative di un evento artistico.
Gli ambiti di ricerca si concentrano sulle interazioni fra la Visual e la Sound Art e spingono verso uno studio mirato alle relazioni fra fonemi, segni, percezione e ambiente in una direzione olistica e minimalista. Sono numerosi i concerti e le performance da musicista a cui partecipa con un’ampia versatilità fra culture, stili e modelli artistici: dal jazz al contemporaneo, dalla world music all’elettronica e all’acusmatica fino alla pura sperimentazione.
Lavora su più livelli di interesse: compositivo, progettuale, didattico; fra scambi di pensiero e di fare condiviso con artisti e creativi.
Nel 2004 nasce il progetto RUMINANZE©. L’indagine è sulla ri-mediazione fra linguaggi che concorrono alla creazione di uno specifico luogo nello spazio e nel tempo in cui coinvolgere attori e fruitori. Tecnica e tecnologie analogico-digitali convivono e le scritture collettive si costituiscono come momenti di interpenetrazione e di ibridazione coesistendo con casualità e progettualità.
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Book preview
Sound Art - Maurizio Chiantone
Maurizio Chiantone
SOUND ART
Percorsi Della Creatività
Foto di Enrico Pofi
Revisione del testo a cura di
Lorena Caccamo
sito : servizieditorialiloreca.wordpress.com
email : loreservizieditoriali@gmail.com
© 2019 Il Terebinto Edizioni
Sede legale: Via degli Imbimbo, n. 8, Scala E
83100 Avellino
tel. 340/6862179
e-mail: terebinto.edizioni@gmail.com
www.ilterebintoedizioni.it
A mamma Felicia e papà Roberto.
Genitori e mèntori speciali.
Grazie per questa vita.
A mia moglie Paola,
campionessa di pazienza, tenacia e fiducia.
UUID: ca0b4f8e-aacf-11e9-8181-bb9721ed696d
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice
Introduzione /
Performance e Installazione /
Sapere, discorso, spazio /
Semiotica dell’arte contemporanea e del neo-monumento /
Sound Art /
Archetipi /
Miti /
La Svolta Sonica /
La pratica nell’Arte /
Rumore e Silenzio /
Musica e Contesti /
Arte e Suoni /
\ LE PRATICHE AURALI
Considerazioni /
Il suono è reale? /
I Precursori /
Anche Pollock ascoltava Cage /
Il New-Dada /
Fluxus e Digital Sound /
Nouveau Réalisme /
Process Art ¹ /
Process Art ² /
Land Art /
Spazio e Opera /
Performance ¹ /
Performance ² /
Performance ³ /
\ BIO
Pinuccio Sciola /
Intermedialità /
Litofonia /
La Sperimentazione /
Pietra e Passione /
Ontologia della Materia /
I Semi della Pace /
Laurie Phillips Anderson /
Strumenti creativi /
Alter ego /
At The Shrink /
Fuga di Ologramma /
Home of the Brave /
\ Esperienze: Maurizio Chiantone
Scultura Sonora /
Site Specific /
Flussi /
Ringraziamenti | Skēnè /
Bibliografia /
Introduzione /
Questo libro esamina l’emergere e lo sviluppo della sound art, anche definita arte sonica o arte installativa sonora (fra le tante definizioni possibili), una tradizione ormai consolidata che si è sviluppata a partire dagli anni ’50 intorno alla musica, l’architettura e le pratiche dell’arte mediatica.
A differenza di molte opere musicali che riguardano l’organizzazione dei suoni nel tempo, installazioni e performances soniche hanno una forte correlazione con lo spazio e di conseguenza con il complesso di interventi necessari alla creazione di ambienti acustici ottimali; esse richiedono quindi nuovi modelli tecnici, teorici e analitici per meglio predisporsi alle diverse soluzioni legate alle problematiche di localizzazione spaziale.
I discorsi inerenti la diffusione panoramica delle vibrazioni privilegiano le descrizioni sui sistemi e sulle pratiche relative alla posizione del suono. In aggiunta, qui si vogliono esaminare i modi in cui i concetti di spazio sono socialmente, culturalmente e politicamente interpretati, e come le opere sonore, organizzate spazialmente, riflettono e resistono a queste diverse costruzioni concettuali.
Utilizzando una metodologia interdisciplinare di analisi e studi critici sulla musica, ma soprattutto attingendo ai profili teorici ed esperienziali di artisti scelti per il loro sostanziale contributo in quest’area delle arti (naturalmente molti di essi non sono citati in ragione della natura e degli obiettivi di questa Iª edizione), in questo testo saranno proposte alcune tematiche che, per le loro specificità di argomentazione, possono meglio avvicinarci a una comprensione più vasta dell’arte del suono.
Tali discussioni possono essere così descritte:
concezioni dello spazio acustico nella musica d’arte occidentale, nell’architettura e nella teoria dei media;
sviluppo di impianti di installazione sonora in relazione alle filosofie della vita quotidiana e dello spazio sociale;
legami storici tra prestazioni musicali (performances), arte concettuale e scultura sonora;
uso del corpo come sito per installazioni sonore; strategie spaziali soniche che affrontano la politica delle differenze e del genere.
Attraverso queste modalità di ricerca si giunge alla proposta di un modello ontologico utile per un accesso al mondo del suono più consapevole: un oggetto di indagine critico che possa essere di stimolo a un ascolto aperto e ridotto, come definito da Schaeffer, e che privilegi una comprensione del suono e dell’arte in relazione alle caratteristiche peculiari dello spazio, del luogo e del tempo.
Performance e Installazione /
Facciamo tesoro della ricchezza semantica del vocabolario della critica d’arte (e in particolare della critica d’arte contemporanea) per risolvere una prima ambiguità: quella tra performance e installazione.
In termini elementari, la critica d’arte utilizza l’espressione performance per descrivere l’azione di un soggetto in cui sia centrale il farsi, il darsi a vedere nel modo e nel momento in cui il lavoro si compie.
Il valore artistico della performance non è dato dal risultato e dal prodotto finale dell’azione (che può, semplicemente, mancare: è il caso dei lavori della più famosa performer contemporanea, Marina Abramovic) ma dall’azione stessa.
Il prodotto della performance può essere differito nello spazio (esposto come oggetto), nelle forme linguistiche (la performance può essere filmata e mostrata successivamente in modalità video), oppure può coincidere con il resto della performance stessa (esemplare il caso dei set lasciati dopo le performance di Paul McCarthy).
Al contrario, nell’installazione, la centralità del fare (e del farsi in contemporanea all’esperienza di fruizione) può essere subordinata e lasciata fuori dal lavoro dell’artista, perché la condizione artistica è data dal suo risultato e, in particolare, dalla sua collocazione site specific.
La differenza tra performance e installazione è dunque essenzialmente di tipo temporale: la performance è un’azione puntuale, situata e caratterizzata da una necessaria estemporaneità, mentre l’installazione presuppone un’orizzontalità lineare e una duratività del risultato. L’asse temporale non può essere rappresentato senza una declinazione e un’influenza di tipo spaziale: la performance contamina lo spazio con cui entra in contatto, lasciando dei residui volatili destinati alla scomparsa, mentre l’installazione modifica (diremo più avanti: taglia) lo spazio producendo una sostanziale ri-semantizzazione.
Ancora qualche notazione che, nell’obbligata approssimazione, ci sembra utile: l’impiego del termine/concetto di performance riflette una tendenza precisa dell’arte novecentesca (erede delle esperienze del futurismo, del dadaismo, dell’happening, legata alle sperimentazioni di body art, Fluxus e arte concettuale, a partire dagli anni sessanta, con le esplorazioni di Yves Klein, Piero Manzoni, Jim Dine, Claes Oldenburg e Robert Rauschenberg), e ha quindi un valore definitorio oltre che funzionale (si può parlare di performance a partire dagli anni settanta con Laurie Anderson, Joseph Beuys, Hermann Nitsch, Gilbert & George, Vito Acconci e Marina Abramovic, come di ready made dopo Marcel Duchamp). L’uso del termine installazione cerca prima di tutto di rendere conto di un progressivo spostamento dell’arte dal modello testuale dell’opera.
Si parla di installazione (così come di lavoro d’artista, di intervento) invece che di opera, per rafforzare alcune caratteristiche dinamiche della produzione artistica a livello temporale e spaziale (nel concetto di installazione è presupposta la centralità dello spazio in cui il lavoro è installato, cioè inserito, secondo una pratica alternativa a quella dell’esposizione).
È evidente che la dimensione del fare (e in particolare il suo livello processuale, molto più di quella del saper fare) segna lo statuto dell’arte contemporanea. Non è possibile qui rendere conto della complessità dell’argomento (De Oliveira, Oxley, Petry 2004): la critica d’arte si è interrogata non solo sullo statuto dei suoi oggetti di analisi e studio, ma anche sul modo in cui è possibile trattarli linguisticamente, e questo percorso di studio ha alcuni dei risultati più interessanti nelle posizioni di Nicolas Bourriaud, che propone un superamento dell’alternativa tra performance e installazione attraverso il concetto di estetica relazionale, secondo cui il processo più importante che si è verificato dall’inizio dell’arte moderna è stata la trasformazione dell’opera da monumento a evento (Bourriaud 1998); oppure attraverso la nozione di post-production, per cui non si tratta di elaborare una forma sulla base di materiale grezzo, ma di lavorare con oggetti che sono già in circolazione sul mercato culturale, cioè oggetti già informati da altri oggetti (Bourriaud 2002; Dusi e Spaziante 2006).
Sapere, discorso, spazio /
È fin troppo ovvio sottolineare che nella performance la dimensione centrale è quella performativa (nell’azione del soggetto creatore, e in quella esperienziale del fruitore): meno scontato è riflettere su come nell’installazione d’arte urbana, il terreno sul quale si gioca la (possibile) produzione di senso sia quello della competenza. E sui termini in cui si articola la negoziazione e il dialogo tra il sistema dell’arte e il sistema