Il lato oscuro della Kronos: Ciclo: Kronos
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Appropriatasi della tecnologia per navigare nel tempo, la spietata multinazionale Kronos ora insegue la possibilità di accedere agli infiniti universi paralleli. Per raggiungere i suoi scopi non esita ad allearsi con una razza aliena le cui motivazioni non appaiono affatto chiare o del tutto comprensibili.
Il detective Ted Torres verrà coinvolto in una serie di indagini apparentemente fuori da ogni logica. Dispositivi che permettono di sognare, armi che possono uccidere riducendo una persona a un cubetto, macchine che tolgono anni di vita a giovani donatori per trasferirli ad anziani facoltosi, sono solo alcune delle interessanti invenzioni alla base delle storie che ruotano attorno alle sinistre trame tessute dalla Kronos.
Seguito del romanzo Kronos (2009, riproposto recentemente in questa collana), questo libro sviluppato con la struttura di una serie di racconti allarga il respiro della serie su scala galattica e intradimensionale.
Contiene i racconti vincitori del Premio Italia: Il lato oscuro della Kronos e, aggiunto per questa edizione, Il Grande Errore.
Claudio Chillemi, nato a Catania nel 1964, insegnante, ha pubblicato numerosi racconti, romanzi e opere teatrali per ragazzi. Ha vinto due volte il Concorso Nazionale Teatro e Natura e nel 2000 il premio per il teatro scolastico Arte Per La Pace, e diverse volte il Premio Italia per il miglior racconto di fantascienza. Ha fondato, insieme a Enrico Di Stefano, la rivista amatoriale Fondazione. Tra le sue opere più importanti i romanzi Federico piccolo grande Re (2005) e Kronos (2009). Nel 2014 ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Fantasy and Science Fiction il racconto scritto con Paul Di Filippo The Panisperna Boys in Operatin Harmony, una ucronia dedicata alla figura di Ettore Majorana.
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Il lato oscuro della Kronos - Claudio Chillemi
9788825409222
Questioni di tempo e d’opportunità
Universo di Greenwich – 48 ore dopo la scomparsa della Gabbia di Baccahus
– Devi sapere che tutto ha inizio in una dimensione vicina alla nostra, ci separano appena 14354 Baccahus.
– Baccahus?
– Già, chiamiamo così l’unità di misura dello spazio-tempo. Abbiamo scoperto che l’universo non si dipana solo nelle tre dimensioni spaziali, ma ha anche una sua dimensione temporale, formata da infinite dimensioni parallele. Ebbene, tali dimensioni possono essere vicine o lontane. Se sono molto vicine sono altrettanto simili, se sono molto lontane differiscono di molto. Abbiamo stabilito che un Baccahus equivale a una differenza di 10-20% tra due dimensioni. Detto questo abbiamo visto che nella porzione di tempo vicino a noi, diciamo tra 1 e 30.000 Baccahus, un evento a propagazione circolare ha interessato tutte le dimensioni: la KRONOS ha assunto il controllo della Gabbia Temporale e ha iniziato il controllo della quarta dimensione. Tutto stava procedendo bene, quando, inaspettatamente, la propagazione circolare si è arrestata nella tua dimensione…
Una mano sfiorò rapidamente un pannello e la riproduzione si fermò. Il volto dell’ultracentenario Ronald Bean III del futuro aveva un’espressione distorta sullo schermo. Eppure, tra le pieghe della sua età avanzata, gli occhi emanavano lo stesso raggelante autocontrollo e la stessa superbia intellettuale del suo giovane alter ego che, dall’altro lato del monitor, lo stava a vedere e ad ascoltare per l’ennesima volta.
– Allora, Theodore, cosa ne pensi?
– Se ho ben capito – disse una voce nascosta nell’ombra, mentre la sua mano muoveva le dita ritmicamente – il nostro universo coesiste con infiniti altri, ognuno dei quali differisce dal nostro per una certa infinitesima percentuale… Bah! Tu ci credi? Quel Ronald Bean non potrebbe semplicemente venire dal futuro?
– Continua con la registrazione.
La mano scattò portando avanti velocemente l’immagine, finché la stessa si fermò ancora una volta su Ronald Bean III il vecchio.
– Comunque, la vostra dimensione ora è troppo contaminata, rappresenta un ramo morto e non può accedere al controllo del tempo. Ecco perché devi lasciare che quei due se ne vadano. Andranno a innescare un’altra propagazione circolare nelle loro dimensioni dando inizio a un nuovo processo di colonizzazione temporale da parte della KRONOS, in zone inesplorate dell’Universo di Baccahus.
– Processo di colonizzazione temporale? – chiese Theodore uscendo per un attimo dall’ombra e mostrando il suo volto perplesso.
– Così ha detto, questo escluderebbe la nostra dimensione dal controllo del tempo e da un mucchio di altre cose.
– Come ad esempio i nostri affari con gli amici lassù?
– Ad esempio… Comunque, vai avanti con la registrazione.
– Un’ultima curiosità. Hai detto che la mia linea temporale è troppo compromessa, non si potrebbe tornare indietro nel tempo e sistemare ogni cosa?
– Non è possibile, nostro figlio nel 2189 impedirà per legge i viaggi temporali nella tua dimensione, considerandola off-limits.
– Ma perché? – domandò costernato Ronald Bean III, il giovane.
– Perché, per allora, la KRONOS sarà così potente che nulla, proprio nulla, dovrà inquinare il suo potere.
La registrazione si fermò nuovamente e bruscamente, interrotta da Theodore con inusuale e veloce destrezza manuale.
– Così potente? E se questo potere gli derivasse dai nostri nuovi amici, anche loro potrebbero averli incontrati.
– In effetti, sembrerebbe possibile. Anche se il mio alter ego più vecchio non sembra aver usufruito poi molto della tecnologia antietà gentilmente fornitaci dai nostri partner in affari – disse Ronald Bean III il giovane.
– È vero, una macchina che ti permette di tornare giovane non può non far gola a un vecchio che dice di avere centoventi anni, anni che lui dimostra di aver tutti o quasi – rifletté Theodore ad alta voce.
– Beh, a loro il controllo del tempo, a noi quello dello spazio, e chi se ne frega se il nostro universo è più o meno, come ha detto?, contaminato…
– Diciamo che il nostro è un Universo di Greenwich, e come l’omonimo meridiano scandisce da zero i fusi orari del pianeta, noi inizieremo da qui una nuova fase temporale.
– Un ragionamento che non fa una piega, mio caro cugino; iniziamo immediatamente a lavorare ai nostri nuovi progetti – concluse Ronald avvicinandosi a Theodore e spegnendo lo schermo. – Chi ha tempo non aspetti tempo – sogghignò.
Universo parallelo distante 14354 Baccahus – 72 ore dopo la scomparsa della Gabbia di Baccahus, anno solare terrestre 2195
– Allora, come hanno reagito, padre?
– Come avevamo previsto, ricordavo bene la mia giovanile bramosia di potere, anche se sono passati più di cento anni – disse Ronald Bean III, il vecchio.
– Bene, molto bene, quindi i nostri piani vanno per il meglio.
– Gli ho fatto credere di essere molto più giovane e di non essere entrato in possesso di nessuna tecnologia, diciamo, fuori dall’ordinario ma… – Si fermò un attimo digrignando i denti nervosamente. – Li ho tutti i miei centocinquanta e passa anni, li ho tutti, ma non li sento – strinse i pugni provando a se stesso la propria durezza.
– E ora che si fa? – chiese il suo interlocutore.
– Mio caro ragazzo, si aspetta, si aspetta che un ramo morto del tempo perda tutte le sue foglie.
Il lato oscuro della Kronos
Universo di Greenwich – 12 mesi dopo il caso Kronenberg
La corsa dell’uomo era incalzante. Il suo fiato irregolare cercava di aspirare quanto più ossigeno potesse in quell’aria rarefatta. Sfortunatamente le strade di New Crown non erano affollate né di persone né di veicoli, e sfuggire ai suoi inseguitori era davvero difficile, se non impossibile. Li sentiva dappresso, poteva udire le loro voci, le loro minacce tutt’altro che velate; erano stati fin troppo chiari sul suo destino e lui non aveva esitato, aveva agito velocemente e senza indugio, correndo all’impazzata senza una meta precisa. Dove si poteva fuggire, infatti, in una città sulla Luna chiusa dentro un’immensa cupola di cristallo? Eppure, per quanto folle e irrazionale fosse quell’azione, lui non poteva, proprio non poteva, lasciarsi uccidere senza reagire. Arrivò ansimante nella piazza centrale della cittadina lunare, proprio vicino al monumento di uno dei tanti Bean, scartò un paio di persone che stavano amenamente passeggiando e si guardò intorno nervoso. Li vide con la coda dell’occhio, in fondo alla strada a non più di cento metri da lui; il suo cuore sobbalzò, ma non si fermò, anzi gli diede la carica per continuare la sua corsa e, di slancio, scavalcò una piccola siepe e si diresse verso il lato apposto ai suoi inseguitori. Fu proprio in quel momento che, in un istante, si accorse di essere invaso da una strana energia, quindi svanì senza lasciare traccia.
* * *
Archibald Jones stava ruminando il suo quotidiano spuntino di noccioline rosse di Marte quando sul suo foglio elettronico apparve il segnale di un messaggio in arrivo. La provenienza lo fece trasalire: riconobbe, infatti, immediatamente lo stemma della mezzaluna calante su sfondo viola che contraddistingueva l’organo di polizia del satellite terrestre. Non era cosa solita ricevere notizie dalla Luna. Fu proprio per questo che una delle sue arachidi gli andò di traverso provocandogli una semitracheotomia spontanea. Quando si fu ripreso, ordinò al computer di mostrare il file che gli giungeva dai suoi colleghi extraterrestri e aspettò che il terminale lo decodificasse. Ci vollero trenta secondi buoni prima che apparisse il volto scarno e pensieroso del capitano Mike Dubbin, suo vecchio amico e collega, che iniziò a raccontare i fatti con una voce leggera e cadenzata, quasi senza emozione. La narrazione durò poco più di un quarto d’ora e quando ebbe fine Archibald Jones ebbe solo un’idea in mente, rintracciare Ted Torres e spedirlo con il primo razzo disponibile, sulla Luna.
* * *
– Perché io? – chiese Ted sgranando gli occhi.
– Dopo quello che mi hai fatto passare con il caso Kronenberg è il minimo che tu possa fare per me – grugnì Archie.
– È acqua passata.
– Acqua passata? Sono stato sei mesi a fare il tenente per quello stronzo di Marco Rossetti al terzo compartimento traffico. Poi ho dovuto leccare il culo al vicesindaco nel suo dannato ufficio di gabinetto per altri sei mesi, e mentre vivevo tutto questo avevo una sola cosa in mente: fartela pagare!
– Oh, andiamo Archie, nulla di tutto questo vale un viaggio sulla Luna – sbottò Ted alzandosi di scatto dalla sedia.
– Per conto mio è anche poco.
– Mi vuoi spedire in orbita in uno di quegli affari che volano nello spazio, e tu la chiami cosa da poco?
– Bene, visto che con le buone non ottengo nulla…
– Con le buone?
– Già, con le buone. Guarda almeno le immagini che mi ha mandato Mike Dubbin, e dimmi se un poliziotto come te non è il più adatto a questo tipo di inchiesta.
Ted grugnì un rumore inarticolato di assenso e si mise in piedi proprio dietro le spalle di Archie per assistere sul terminale di questi alla proiezione delle immagini. Si trattava di una inquadratura fissa, come quella di una camera di sicurezza. Si vedeva una piazza, probabilmente a New Crown, uno degli insediamenti che la Kronos aveva sulla Luna. C’era un po’ di gente che parlava e passeggiava; a un tratto un uomo irruppe di corsa tra la folla e proprio mentre stava per lasciare l’inquadratura scomparve, o meglio svanì, letteralmente in pochi istanti.
– Allora? Cosa ne pensi? – gli chiese Archie.
– Beh, il caso è singolare, non c’è che dire.
– Singolare?
– Singolare, cosa vuoi che ti dica? – gli fece eco Ted rimettendosi a sedere innanzi al suo superiore.
– Ma tu lo sai chi era l’uomo scomparso?
– Chi, il governatore della Luna? Il sindaco di New Crown? Il vicepresidente esecutivo della Kronos? – chiese Ted sogghignando.
– Di più, molto di più – disse Archie gustandosela un mondo a svelare con la giusta suspense il nome dello scomparso. – Era Mark Kronenberg, il fratello del tuo caro ingegnere – concluse con un sorriso ebete facendosi saltare in bocca una coppia di noccioline.
A quelle parole Ted strappò dalle mani di Archie il foglio elettronico con la preziosa sequenza della sparizione di Mark Kronenberg e con la maggiore velocità consentita a un essere umano cercò il primo razzo per la Luna.
* * *
Ovviamente non si trattava di un razzo. Gli shuttle che congiungevano la Terra al suo unico satellite erano navi spaziali a tutti gli effetti, dotate di ogni confort per affrontare con serenità le quasi dodici ore di viaggio che univano le due destinazioni. Ted prese posto nella sua poltrona lato finestrino con un leggero pizzicore allo stomaco. Era da quasi un anno che non sentiva quella strana sensazione, da quando si era imbattuto nell’ingegnere Steve Kronenberg e nel suo misteriosissimo caso che lo aveva condotto sull’orlo della follia, privo di amici e a un passo dal divorzio con la moglie. Archie Jones aveva pagato molto la testardaggine di Ted nel voler combattere la Kronos con la stessa spavalderia di Don Chisciotte alle prese con i mulini a vento, e ora gli chiedeva il conto di un anno passato da degradato, al servizio dei più improbabili ufficiali comandanti di Crown. Erano stati momenti difficili, anche perché la verità era rimasta chiusa nel limbo dell’incertezza, almeno per lui, s’intende; da qualche parte, qualcuno aveva scoperto com’erano andate realmente le cose. Certo, Steve Kronenberg gli aveva dato anche qualche soddisfazione, in primo luogo sputare in faccia ai Bean, proprietari e signori della Kronos, tutti i loro intrighi; poi, quella di condurre un’indagine di polizia come si faceva una volta, basandosi sull’intuito e l’occhio veloce; infine, il consumo di qualche buona e profumata sigaretta di vero tabacco. E proprio la scomparsa di quel dannato ingegnere gli aveva tolto la comodità di fumare una bella e vera sigaretta d’altri tempi, e in momenti come quello, vale a dire quando per la prima volta stava lasciando il suo pianeta natale, un po’ di tabacco gli avrebbe dato una serenità inaspettata. Ma non era così e doveva accontentarsi di una hostess mozzafiato che gli versava un drink. Non che la cosa gli dispiacesse, ma una sigaretta era una sigaretta.
Per un po’ pensò al breve saluto con la moglie. Archie era stato deciso: Tornerai quando avrai risolto il caso, non un minuto prima!
, quindi Ted aveva salutato la sua consorte con lo spirito di chi non sapeva proprio quando l’avrebbe rivista. D’altro canto sapeva bene di dovere al suo capo, nonché suo vecchio amico, quella piccola vendetta: era stato infatti il suo sciagurato comportamento nel caso Kronenberg di un anno prima a costare ad Archie il posto. Ma tant’è, prese per buono il consiglio della moglie: "Vedi di stare piantato