I ribelli della Montagna Jugoslava: Storia della divisione italiana partigiana «Garibaldi» 1943-1945
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Book preview
I ribelli della Montagna Jugoslava - Francesco Filiali
nazista.
La Divisione Italiana Partigiana Garibaldi di Anita Garibaldi Jallet
Desidero ringraziare Francesco Filiali per avermi chiesto di introdurre il suo lavoro dedicato alla Divisione Italiana Partigiana Garibaldi. Gli ufficiali e soldati che hanno combattuto in quelle fila sono stati il nucleo fondante dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini che fu tra i primi segni della rinascita di quell’associazionismo risorgimentale mortificato dal regime fascista, e che ho l’onore oggi di presiedere. Esso fu, grazie ai reduci della Divisione Garibaldi, impresso dall’idealità della Resistenza militare che si coniugò, per formare il fragile tessuto della rinascente nazione, con la Resistenza dei civili nella lotta per la riconquista della nostra libertà.
Nel caso della Divisione che ha operato in Jugoslavia dalla fine del 1943, si tratta della resistenza di militari italiani vittime di un fatto inaudito: l’abbandono di interi reparti dell’esercito in territorio occupato dal nemico. Resistere, per quei Corpi dell’esercito, era condizione di vita. Ma a chi? All’esercito tedesco che dal 25 luglio 1943 all’8 settembre occupava l’Italia ormai da ex-alleato? A quell’esercito che seppur con diffidenza condivideva con quello italiano l’occupazione dei territori invasi in Francia come nei Balcani, come in Grecia? Resistere ai partigiani jugoslavi che hanno conosciuto l’occupazione italiana come non proprio amica?
Fino al 2 dicembre la confusione contribuisce all’esposizione delle truppe italiane agli attacchi sia del vecchio sia dei possibili nuovi alleati. La riorganizzazione è una necessità, il dovere degli Ufficiali verso i quali si voltano gli uomini abbandonati, esposti all’incombente inverno, è di non lasciarli esposti in piccoli gruppi al nemico, ma invece di costituire un Corpo militare che sia in grado di difendere se stesso e soprattutto di trovare una nuova ragione per combattere. Scelsero di farlo a fianco di chi combatteva il nemico comune, il nazismo.
Le vicende di questa Divisione italiana che ha combattuto il nemico nazista in Jugoslavia dal 1943 al 1945 a fianco dell’esercito di liberazione di Tito sono conosciute sia grazie all’opera dell’Ufficio storico del ministero della Difesa e della speciale Commissione per lo studio della resistenza dei militari italiani all’estero, sia grazie all’imponente memorialistica dei suoi reduci. Non vi è da aggiungere nulla alla sintesi fatta da Francesco Filiali, efficace in quanto riprende i fatti salienti all’interno di un intreccio di eventi bellici, umani, anche territoriali, veramente difficili da districare.
L’ambiguità politica di quelle scelte, che si volle sottolineare più dell’eroismo di quegli uomini che fecero la loro guerra «per l’onore d’Italia», secondo la bella espressione coniata come titolo di un suo scritto dal presidente dell’ANVRG, col. Lando Mannucci, emerse dal momento del loro rimpatrio. Nel contesto politico internazionale degli anni 1945-46, la posizione dei reduci fu guardata con sospetto. Si erano spenti i governi di liberazione nazionale, non soffiava più il vento del nord. Iniziò una nuova guerra, la guerra fredda. I reduci, restituiti per la maggior parte alla vita civile, vollero allora rimanere uniti per ricordare e decisero di formare un’associazione.
L’Associazione Nazionale Veterani Garibaldini era rinata nel 1944 nella Roma liberata dalle ceneri delle associazioni disciolte nel 1926. Di queste ormai vi erano in vita solo alcuni veterani, per ultimi quelli della campagna delle Argonne del 1914. Aderirono ovviamente coloro che si erano rifiutati di riconoscersi nella Federazione delle associazioni garibaldine nata nel novero del Regime. Ma a Roma non si sciolsero, sotto varie spoglie, alcune associazioni che avevano fatto parte della Federazione e le amnistie avrebbero rapidamente contribuito a confondere gli ideali della nuova associazione con un generico garibaldinismo. Si sarebbe arrivati, probabilmente, a breve termine ad una fusione tra tutte le associazioni. Furono i reduci della Divisione Garibaldi ad impedirlo.
Tra la fine del 1945 e i primi mesi del 1946, alcuni reduci della Divisione Garibaldi si erano già riuniti a Firenze con il proposito di costituire una loro associazione. Ma poi si convinsero, sotto la pressione di alcuni veterani, che era meglio confluire in massa nella vecchia associazione, le cui tradizioni patriottiche e gli scopi morali, fissati dallo statuto sociale, avevano bisogno dell’apporto di chi vedeva nel nome di Garibaldi il legame tra Risorgimento e Resistenza.
L’Associazione, spostando il suo baricentro a Firenze, laddove vi era il nucleo più cospicuo di reduci dalla Jugoslavia, si allontanò dai compromessi di Roma. L’Associazione diventò Veterani e Reduci, e fu riconosciuta come Ente morale dal Ministero della Difesa nel 1952. Presieduta fino a due anni or sono da esponenti della Divisione Garibaldi, ha conservato gelosamente la sua identità, e la conserverà curandone musei e biblioteche che illustrano tutte le campagne del Risorgimento, dalla Repubblica Romana a Mentana, dall’Armata dei Vosgi alle Argonne, alla Resistenza garibaldina militare e civile.
Perché la Divisione Venezia, la Divisione Taurinense ed altri piccoli corpi dispersi nel marasma della Jugoslavia dell’8 settembre 1943 scelsero il nome di Divisione Garibaldi? La primogenitura della scelta è controversa, ma sembra tuttavia che debba essere fatta risalire allo stesso Tito che, credendo di dovere ricomporre all’interno dell’esercito partigiano jugoslavo i pezzi sparsi dell’esercito italiano e di eserciti di altre nazionalità, doveva dare loro un nome che fosse, da una parte, considerato al disopra delle parti ma d’altra parte si riallacciasse al volontariato militare internazionale della guerra di Spagna, al quale Tito stesso si ispirava. D’altra parte, sostiene Stefano Gestro, uno dei reduci e degli storici della Divisione italiana più serio e documentato, «il nome di Garibaldi era conosciuto e venerato tra i jugoslavi e specialmente tra i montenegrini fin dal 1862 perché reparti di Garibaldini avevano combattuto in Jugoslavia durante le guerre di insurrezione contro i turchi e gli austriaci».
E in ben altre circostanze ancora, fino ai tempi moderni.¹ Ma non vi era d’altra parte nome che più chiaramente potesse significare il mantenimento dell’identità italiana da parte di quei due corpi che avrebbero costituto l’unica Divisione, la Garibaldi. Il fatto che ambedue, seppur distanti sul territorio, abbiano optato per questo nome, lascia intendere che la scelta sia stata suggerita dall’alto. Una scelta giusta che voleva affermare non la fusione in una grande formazione internazionale, ma la caratteristica di Corpo militare e partigiano italiano.
La Divisione Garibaldi si costituì il 2 dicembre 1943, ben 5 mesi, si noti, dopo il 25 luglio, data della caduta del regime mussoliniano. Lo storico Eric Gobetti ha coniato una formula efficace: gli italiani ormai sono «alleati del nemico», dice.² La zona d’occupazione italiana è come congelata, non vi si svolgono più rappresaglie. Ci sono azioni sporadiche ma Gobetti parla, per i militari, di «senso di abbandono e di inutilità».
All’annuncio dell’Armistizio i nostri Reparti rimangono isolati. Quali sono le soluzioni? Qualcuno fugge verso l’Italia,