Reddito di Cittadinanza
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Reddito di Cittadinanza - Pietro Sgambati
corrente
Premessa dell’Autore
Nell’accingermi a scrivere questo saggio molte sono le idee che mi affastellano la mente, tanto che al momento non saprei esattamente da dove incominciare. Tuttavia il concetto mi è chiaro poiché il Reddito di Cittadinanza è un argomento che ha occupato il mio pensiero fin dall’adolescenza, sebbene avesse per me, a quell’epoca, un’altra denominazione: il diritto all’esistenza.
Nono figlio di una famiglia mezzadra, il primo di secondo letto poiché mio padre era vedovo quando convolò in nozze con mia madre, ero molto probabilmente destinato anch’io come i miei fratelli e sorelle maggiori al lavoro campestre. Il destino volle che fossi il primo ad intraprendere una strada diversa e dopo il conseguimento della quinta elementare, grazie al prete del paese, i miei genitori furono convinti a farmi proseguire gli studi. Affrontai e superai gli esami di italiano e matematica obbligatori per l’ammissione alla scuola media, trovandomi immerso in un mondo da cui non mi sarei mai più staccato: la cultura. Un amore che serbo tuttora nel cuore.
Perché faccio questa affermazione! Per il semplice motivo che lo studio dell’Iliade e dell’Odissea ebbero un forte impatto sul mio interiore tanto da alimentare la mia fantasia e far nascere in me il desiderio di andare oltre, ogni volta che approdavo alla fine di una epopea. Già durante la scuola elementare, leggendo i testi sacri che trovavo sui banchi della parrocchia ed altri che mi procurava il reverendo Don Gerolamo per attrarmi al sacerdozio, era sorta, sebbene in forma larvale, quel cosiddetto desiderio di andare oltre
. Poi l’accesso agli studi medi fece il resto.
Frequentando i riti sacrali con una certa costanza, diventai un provetto chierichetto e più di una bigotta o gentildonna era convinta che io avessi la vocazione. Non ebbi mai questi segnali perché mi piacevano le fanciulle e pensavo che da grande ne avrei sposato una. Il sacerdozio richiedeva la purezza ed il celibato per cui la chiamata alla castità era fuori luogo. Ligio, anzi prigioniero, dovrei dire, della mia coscienza, non avrei mai potuto agire da ipocrita. Mi attiravano comunque i racconti biblici con la medesima intensità con cui mi sarebbero poi affascinate le vicende mitologiche degli antichi greci e romani.
Sebbene incline al laicismo, il mistico prendeva consistenza e rilevanza nella mia crescita ed il relativo connubio alimentava il senso di solidarietà verso il prossimo.
La mia famiglia - numerosa perché dopo di me ne arrivarono altri quattro di cui una fanciulla che passò a miglior vita dopo pochi mesi dalla nascita – possedendo il necessario riusciva a sbarcare il lunario e a me in particolare fu riservato un trattamento speciale. Ero l’intellettuale e oltre al latino cominciavo a masticare anche un po' di francese e quando mia madre mi diceva di rispondere ai miei fratellastri che erano in Corsica per motivo di lavoro, mi cimentavo con delle frasette in lingua subalpina. Mi toccava il cuore quando mi accorgevo che altri ragazzi non avevano, come me, il privilegio di un pezzo di pane sicuro né un avvenire colmo di aspettative che fibrillavano nella mia mente. Non ero conscio delle difficoltà della vita ed ero convinto che con un’istruzione tutto mi sarebbe stato consentito. E allora mi chiedevo perché ciò che sembrava a me garantito a vita mancasse agli altri che venivano classificati poveri e/o indigenti. Stentavo a credere che i bisognosi erano prediletti, ascoltando il predicatore nella festa di San Giovanni Battista, nostro patrono, secondo il quale i diseredati fossero beati poiché a loro era riservato il Regno dei Cieli. Ero, invece, convinto che ogni persona umana avesse diritto ad una vita decorosa e non apprezzavo la proverbiale necessità della miseria. Disdegnavo udire spesso ragionare anche gli adulti come se la povertà fosse una necessità sociale.
No, non è possibile
proferivo tra me che non ci fosse un benché minimo per chiunque; concetto che più tardi coniai
nel diritto ad esistere quando alle superiori intrapresi lo studio delle materie giuridiche ed economiche al
Masullo" di Nola.
E questo saggio, inteso primariamente come mia personale opinione della Buona Politica, vuole ribadire la necessità del minimo garantito che nessuno dovrebbe ostacolare, semmai dare un aiuto affinché sia concretizzato come Dio e Costituzione comandano.
Prefazione a cura della dott.ssa Dora Pelullo
Pietro Sgambati, che fa del Bene Comune
la sua linea guida per un mondo equo, solidale e giusto, usa, ancora una volta, un mezzo di cui non può fare a meno, la penna, per esortare ognuno di noi ad essere partecipante attivo e responsabile della nostra Società. Il suo Paese a 5 stelle è una nazione consapevole dei propri limiti e delle proprie ricchezze (materiali ed individuali), che deve tener conto e rispetto di ogni fascia sociale allo scopo di rendere l’Italia un Paese per tutti. Quello che oggi è noto come Reddito di Cittadinanza
e che Sgambati definisce la Pietra Miliare della Civiltà
è qualcosa di molto simile a ciò che egli stesso, fin da giovanissimo, ha definito: il Diritto ad esistere
. L’autore, infatti, delineando un rapido excursus delle varie frange politiche alternatesi e occupatesi (o meno) del Governo della nazione dal secondo dopo guerra ad oggi, si fa portavoce e sostenitore delle politiche attuate dal Movimento 5Stelle e, in particolare, grida a gran voce l’esigenza di un reddito minimo garantito per tutti, nella ferma convinzione che ogni singolo cittadino meriti le stesse opportunità e, prima fra tutte, appellandosi all’articolo 38 della nostra Costituzione, il diritto ad esistere dignitosamente.
Nel suo ultimo libro Sgambati sostiene la necessità di riportare all’attenzione delle aule parlamentari i temi più caldi, quelli che realmente stanno a cuore agli Italiani, dando precedenza a pratiche volte all’eliminazione della povertà e a politiche che tutelino e permettano alle nuove generazioni di crescere ed affermarsi, senza trascurare l’impegno nella formazione di una nuova Europa in cui ogni membro conti allo stesso modo; temi troppo a lungo trascurati dai politologi di turno.
L’Italia è e dev’essere un Paese per tutti, così come la giustizia, a riguardo della quale l’autore, che ha trascorso gran parte della sua vita lavorativa nei tribunali e ne conosce limiti e procedimenti, ritiene necessaria una vera e propria riforma che in tempi brevi dia certezza di pene e diritti, dev’essere garantita ad ogni singolo cittadino. L’etica del comportamento non viene insegnata a scuola, ma dovrebbe essere insita in ognuno di noi ed applicata in ogni ambito di vita, Pietro Sgambati ne è certo.
Il suo invito è quello ad un ottimismo sano, cui segua attivismo e partecipazione: ogni Italiano è responsabile di questa Italia. Sia cura di tutti impegnarsi nel suo miglioramento, mai dimenticando gli ultimi.
Con stima e affetto
Dora Pelullo
Cenni storici propedeutici al Reddito di Cittadinanza.
Si era parlato varie volte e c’erano stati degli interventi a sostegno delle classi deboli specie con l‘avvento delle varie ideologie socialiste. Tante configurazioni di solidarietà allenivano le sofferenze generate dall’indigenza, tuttavia la povertà era così diffusa particolarmente nell’Italia meridionale ed insulare che il nostro Paese sembrava economicamente spaccato in due.
Poi ci furono sostanziose riforme durante la prima Repubblica, nata dalle macerie della seconda guerra mondiale, che portarono in pochi decenni al cosiddetto miracolo economico. L’emigrazione verso il Nord Italia ed i paesi europei sostituì quella massiccia emigrazione dei diseredati verso i continenti d’oltreoceano. Anche in Italia con le conquiste sindacali, le condizioni dei lavoratori migliorarono notevolmente ed anche le offerte di lavoro divennero eterogenee ed innumerevoli. Migliorarono altresì le pensioni derivanti sia dal settore pubblico che privato e nacquero le varie forme di ammortizzatori sociali a salvaguardia dei lavoratori a causa di eventuali e transitorie crisi delle imprese industriali.
Nonostante la migliorata situazione economica e sociale del nostro Paese, centri sociali ed organizzazioni politiche catalogate come cultura di sinistra accennavano ad una minima dignità da garantire a tutti i cittadini quale forma non solo di giustizia sociale ma anche di sostanza giuridica, appellandosi principalmente al primo comma dell’art. 38 Cost. che legge tuttora e testualmente: ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
Tale questione in un contesto non del tutto urgente, tranne per quelle fasce di popolazione dell’ancora arretrato Sud, era diventata pavida fonte di discussione nei salotti televisivi ed in qualche manifestazione o in sporadici eventi culturali senza però che divenisse un serio ed approfondito dibattito politico. Di controverso, le opinioni di coloro che si affermavano alfieri della cultura di destra accantonavano tale discussione affermando che si trattava di puro assistenzialismo che conduceva al parassitismo e all’allontanamento del cittadino dalla cultura del lavoro. Nel contempo la politica di destra, a cui si conformò gradualmente anche quella della sinistra, cominciava a creare privilegi e forme varie di caste ad onta del parassitismo o lassismo, osteggiato in pubblico ma che, a mio avviso, prendeva piede nella Pubblica Amministrazione e nelle cariche dello Stato.
Si crearono varie forme di cariche – non contemplate dalla Costituzione - che col tempo sono diventate istituzionalizzate, come ad esempio il vice ministro, i sottosegretari e così di seguito che oggi appaiano come indispensabili ma che forse in sostanza sono delle sovrapposizioni oppure dei surrogati, istituiti per dare più spazio a politici trombati e ad amici che comunque non avrebbero alcun ruolo istituzionale nelle diverse collocazioni politiche sia centrali che periferiche. Tutto questo andazzo, portato avanti con leggi e leggine oppure con inserimenti di emendamenti in legge che non avevano nulla a che fare con la politica, davano adito a plurincarichi che sostanzialmente si sono trasformati di fatto in ulteriori appannaggi con attività quasi sempre improduttive per non classificarle parassitarie.
Ed il Debito Pubblico assumeva forme incomprensibili!
Con l’avvento di Italia dei Valori, sono ritornati in Parlamento argomenti di giustizia sociale come l’attenzione ai diseredati ed il gravoso problema della illegalità diffusa in politica e negli strati articolati della Società italiana e la necessità di risolvere il conflitto di interesse; temi che si assopiscono per la precipitosa caduta del partito dell’ex magistrato Di Pietro e che vengono ripresi da un nuovo movimento politico, ideato da Gianroberto Casaleggio e Giuseppe Grillo che per certi aspetti fanno rivivere i tempi risorgimentali della Giovane Italia dell’illustre Giuseppe Mazzini. Il dibattito sull’indigenza sociale diventerà più forte con lo straordinario avvento di oltre cento parlamentari pentastellati con le elezioni politiche del 2013. Viene altresì ribadita la necessità di porre fine al conflitto di interessi in Parlamento, vivacizzando il dibattito sulla illegalità diffusa dando battaglia su temi che disattendono le esigenze della povera gente. In minoranza, ottengono pochissimo però la loro voce si solleva tanto da diventare oggetto di discussione nei vari palinsesti della TV di Stato e di quelle private a livello nazionale come Mediaset e Sky. Ma la politica dominante sembra badare a difendere il proprio orticello trascurando le problematiche della povera gente. Con il rilevante successo del 4 marzo 2018 del M5stelle Il Reddito di Cittadinanza
costituisce ora uno dei punti più salienti del programma pentastellato che ha raggiunto un’ulteriore evoluzione a livello organizzativo con la piattaforma Rousseau, introducendo esperti sia nel suo ambito politico sia sotto l’ambito governativo. Il discorso dell’on. le Fico, subito dopo la sua elezione a Presidente della Camera dei Deputati, conferma la particolare attenzione alla sobrietà del costo della politica in tutti gli ambiti istituzionali per poi riportare tale risparmio quale risorsa per sollevare le classi meno ambienti dallo spettro della povertà. Il Tema della povertà ha attratto l’attenzione di tutte le compagini politiche anche se condotto maggiormente dai cosiddetti pentastellati e contrastato dalle opposizioni.
Quali prospettive per il Paese dopo il 4 marzo del 2018.
La legge elettorale, sebbene ha ben individuato i principali vincitori delle recenti elezioni politiche, non ha - come previsto - risolto il nodo della governabilità mentre l’urgenza di affrontare tanti dilemmi e deliberare sulle impellenti necessità della Nazione diventano sempre più improcrastinabili.
Il corpo elettorale ha premiato palesemente il M5stelle che si è presentato alle politiche per la seconda volta non solo con i propri iscritti storici ma anche con esponenti liberi che hanno accettato le regole ed il programma del Movimento ma sostanzialmente sono politicamente indipendenti. L’altra compagine politica premiato dai cittadini è risultato il partito della Lega, con poco più della metà dei voti raccolti dai pentastellati e facente parte della coalizione del Centrodestra che nell’insieme ha superato, sebbene di pochi punti, lo stesso M5stelle.
Il veto posto dall’on. Salvini, capo esponente della Lega e premier vincente del Centrodestra, verso il PD e la marcata bocciatura dell’on. Di Maio, capo politico del M5stelle, coerentemente evidenziata prima e dopo il