Il Re d'Irlanda
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Book preview
Il Re d'Irlanda - Maurizio Di Primio
info@youcanprint.it
RINGRAZIAMENTI
Questo libro è stato possibile grazie alle tante persone che mi hanno condotto fino a qui.
Provo a ricordarle tutte.
Grazie alle mie radici, a tutte le persone che tramite i loro esempi di vita, i loro pensieri, il loro amore, il loro mondo antico e prezioso mi hanno trasmesso la passione per la scrittura.
Grazie e mio nonno Antonio che mi ha trasferito la passione per i racconti passati ed in generale per la storia.
Grazie ai miei genitori Giovanna e Nicola che mi hanno dato la vita, mi hanno aperto gli occhi su di essa e mi hanno sempre accompagnato in ogni momento.
Grazie al mio piccolo ma grande fratello Luciano, che nonostante per me sia ancora piccolino
è un grande uomo. Sempre pronto ad ascoltarmi e darmi consigli. Ogni volta che ho bisogno di lui, nonostante i chilometri che ci separano, è sempre presente.
Grazie a mia sorella Paola, sognatrice in un mondo che ha scordato come si sogna e preziosa per la sua disponibilità e la innata generosità.
Grazie a miei figli, i migliori che Dio ha voluto donarmi, Leonardo e Yamila che mi hanno dato la spinta quotidiana e gli spunti involontari per scrivere questa storia.
Grazie a Martha senza la quale una parte dei miei sogni non sarebbe mai esistita.
Grazie a Gioia, compagna di viaggio nella vita di mio fratello, donna dall’animo nobile e di esempio con il suo amore verso la famiglia.
Grazie alla mia piccola nipotina Marlene e a quando un giorno leggerà questo racconto. L’augurio più grande è di avere sempre il sorriso a portata di mano.
Grazie in ultimo, ma non per ultimo, al mio stimato amico Aurelio, eroico compagno di scritture che mi ha prestato la sua professionalità e ha fatto salire la mia autostima in fatto di autore e narratore.
PREFAZIONE
Con Il Re d’Irlanda
, Maurizio Di Primio ha prodotto un romanzo che è al tempo stesso affascinante dal punto di vista storico e piacevolmente leggibile.
Seguendo l’evolversi del destino di Brian Boru e dei suoi figli superstiti, ed in particolare delle cruenti battaglie succedutesi per la conquista del Regno e per l’unificazione dei popoli Celti, ha così creato un seguito alla sua precedente opera I Celti Fatti Storici e Fantastici
confermando il suo dono celtico
di manipolare le parole e la sua straordinaria abilità di ridare vita al passato, che finora sono alcune delle caratteristiche della sua capacità in campo letterario.
Ne è risalto l’abilità del nostro autore di trascinare i lettori indietro attraverso i secoli e aprire quei cassetti dell’immaginazione racchiusi in ognuno di noi.
La famosa famiglia che risale a Brian Boru, il più grande fra i re irlandesi, ha svolto nel corso dei secoli un ruolo di primo piano nella storia delle isole britanniche e dei matrimoni dinastici stipulati tra i suoi discendenti.
Nel suo periodo di regno Brian Boru è senza dubbio arrivato più vicino di qualunque altro sovrano ad unificare l’Irlanda … senza però prendere in considerazione i capricci del fato che è poi intervenuto a modellare diversamente il futuro dell’Isola di Smeraldo a tal punto che viene spontaneo chiedersi quanto sarebbe stata diversa la storia dell’Irlanda se il nostro Re fosse riuscito a realizzare le sue ambizioni.
Nel testo che stiamo per scoprire abbiano l’opportunità di vedere ciò che accade nella storia di quei tempi, conoscere gli eroi che l’hanno rappresentato e guardare indietro nel tempo, con un salto millenario, e aprire i nostri occhi in un mondo fantastico e favoloso dove la realtà si mescola con l’immaginazione e i sogni.
Buon viaggio e buona lettura.
Balسطar
Baltasar scrittore e creatore di immagini allegoriche
http://alifbaltasar.com/
INTRODUZIONE
Irlanda, X secolo.
Su un’altura che sovrasta un piccolo monastero compare un giorno un giovane guerriero. E’ di aspetto fanciullo e biondo e a guardarlo dà una immagine di bellezza e di forza. L’uomo è Brian Bórumha mac Cennétig noto con il nome inglese di Brian Boru e irlandese di Brian Boraime, futuro sommo Re d’Irlanda. Ancora oggi è tra gli eroi più amati dal popolo dell’Isola di Smeraldo e viene rievocato, insieme alle sue vittorie in battaglie e conquiste, in canzoni e poemi. Mirabile sono le sue gesta in armi riportate in guerre contro avversari che volevano invadere le terre verdi e rigogliose d’Irlanda. La più importante di tutte è la sua vittoria contro gli invasori Vichinghi e la conseguente unione delle tribù irlandesi sotto la sua spada. Dall’alto della sua collina, a cavallo del suo corsiero, scorge da lontano un monaco, l’uomo è il druido Wythrin, il poeta e cantore delle gesta dei cavalieri di antichi re che lo avrebbe accompagnato per tutta la sua esistenza. Più oscure e misteriose sono invece le vicende successive che riguardano la morte del sovrano avvenuta il 23 aprile del 1014 e le successive conquiste del trono e che riguardano i suoi diretti discendenti.
Dopo aver stabilito un indiscutibile dominio sulla sua terra natale del Munster, Brian Boru si volse ad estendere il proprio dominio sulle altre provincie dell’Irlanda. Nel fare ciò entrò in conflitto con il Supremo sovrano d'Irlanda Máel Sechnaill mac Domnaill che governava sulla provincia del Meath. I successivi quindici anni videro continue guerre tra tribù rivali fino alla presa totale della città di Dublino da parte di Brian Boru nella battaglia di Glenmama. Tutti gli Annali Irlandesi concordano nel fatto che fu una battaglia particolarmente cruenta, che si prolungò dall'alba alla notte, e che le forze combinate del Leinster e di Dublino persero non meno di 4.000 uomini. Brian Boru ottenne la vittoria sul campo e anche questa volta preferì perseguire una politica di riconciliazione e permise a Sigtrygg di riprendere il trono di Dublino, dandogli in moglie una delle sue figlie, proprio come aveva fatto in precedenza con Cain, re di Limerick. Fu forse in questa occasione che Brian sposò la madre di Sigtrygg e sorella di Máelmorda, la regina Gormlaith…
"Era di Cristo, 1014.
… a Clontarf, il venerdì precedente la Pasqua.
In questa battaglia è stato ucciso Brian, figlio di Cennedi, monarca d’Irlanda, che era l’Augusto di tutto l’Occidente d’Europa…"
(Dagli Annali del Regno d’Irlanda
stilati dai Quattro Maestri – Volume II)
PROLOGO
Roma anno di Cristo 1064.
Io, Donnchad Mac Brian, figlio di Brian Bórumha Mac Cennétig scrivo che nel mio lungo viaggio tutti mi hanno detto che la strada che conduce a Roma e al perdono dell’anima è molto lunga e piena di complicazioni, più di altre strade ugualmente lunghe e difficili, in quanto sono giunto qui ormai vecchio e con la consapevolezza che potrei non vivere abbastanza a lungo da rivedere ancora l’Irlanda.
Sono venuto qui come estremo pellegrinaggio in remissione dei miei peccati, essi sono così tanti che mi hanno obbligato ad attraversare il mare e usare le mie ultime forze per chiedere perdono. In gioventù i miei peccati sono stati quelli dell’orgoglio, della passione e dell’ambizione, volevo tutto ciò che mio padre aveva avuto, volevo essere tutto ciò che lui era stato. Ma soprattutto avrei voluto emularlo per le sue imprese perché pensavo che l’avrebbero reso fiero di me nonostante lui fosse già morto. Ma per me lui non era morto, mi era sempre accanto, cavalcava al mio fianco, vedeva il mondo attraverso i miei occhi, e per questo ho fatto del mio meglio per cercare di modellarlo come lui voleva che fosse.
Per realizzare il suo desiderio.
Quando sono diventato più maturo ho cominciato a comprendere cosa significasse desiderare. In un primo tempo ho desiderato il più bel palazzo d’Irlanda a Kincora che sorge nella mia memoria splendido com’era un tempo, con le pareti di pietra grigia che si levavano a sfidare il cielo e la paglia dei tetti che si tingeva d’oro sotto il sole estivo. Poi ho desiderato il potere che era appartenuto a mio padre perché ero certo che con una simile dote potevo avere tutto quello che volevo e a questo scopo ho cercato di ottenere quella sovranità che era appartenuta a mio padre per tutta la vita: ponendomi sulla strada del pericolo ho impugnato la spada che era stata sua e ho incassato molti colpi, ricevuto molte ferite, versato sangue e pagato un prezzo terribile. Ho desiderato molte donne, prima sulla spinta del puro piacere e di quel folle ribollire del sangue che scuote i pilastri stessi dell’anima e placa l’angoscia e il dolore; poi ho desiderato una donna molto speciale ed ho odiato segretamente la Chiesa che s’interponeva tra di noi. Ho avuto una vita così lunga, due mogli, molti figli, nemici e così tante perdite! La sovranità che tanto bramavo non è mai stata mia perché se venivo chiamato Re non ho mai portato il titolo che era stato di mio padre e il poco potere che sono riuscito a conseguire è stato consumato e logorato dai complotti dei miei nemici. Ho perso ricchezze ed onore e adesso sono esule in una terra sconosciuta. Sono venuto qui ad implorare perdono per i miei peccati, non per me ma per i miei discendenti: non voglio che i miei figli pensino che io sia morto con delle macchie sulla mia anima. Quindi ho compiuto questo gesto estremamente pubblico per adempiere ad un ultimo dovere.
Se mi doveste incontrare sulla strada che porta a Bolsena, dove il Papa Alessandro II mi ha concesso qualche acro di terra che si affaccia sul lago, vedrete e forse compatirete un vecchio dai capelli canuti e dalle spalle curve, le stesse spalle che un tempo erano così ampie da indurmi a credere che potessero reggere qualsiasi fardello, così come credevo che sarei rimasto per sempre giovane e forte, immortale come lo era stato mio padre, con un futuro luminoso davanti a me.
Mi sbagliavo in tutto.
E sono il più felice tra gli uomini viventi.
Ho portato con me a Roma i simboli stessi della sovranità appartenuta a mio padre: l’arpa, la corona e lo scettro di Brian Boru, desiderando che rimangano per sempre qui in Italia.
CAPITOLO 1
Prime ore di un mattino di primavera.
Anno del Signore 966
Tiepido e timidamente riscaldato da qualche raggio di sole che penetra tra gli alberi di una foresta fitta e rigogliosa. La nebbia si sta diradando e sulla collina che si