I volti del coraggio
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Un’avventura fatta di coraggio e incontri, dubbi e incomprensioni, tra i fumi e i colori di un’Africa inaspettata che affascina e spaventa.
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Book preview
I volti del coraggio - Silvia Fontana
Indice
Antananarivo, 31 luglio
Antananarivo, 1° agosto
Toliara, 2 agosto
Hotel Paradise Blue, 2 Agosto
Hotel Paradise Blue, stanza 121, 2 agosto
Hotel Paradise Blue, cortile interno, 2 agosto
Ilakaka, area mineraria, 2 agosto
Hotel Paradise Blue, 2 agosto
Toliara, area del mercato, 2 agosto
Toliara, Hotel Paradise Blue, 2 agosto.
Toliara, Hotel Paradise Blue, 3 agosto.
Miniera di Ilakaka, deposito nord ovest, 3 agosto.
Miniera di Ilakaka, ufficio del direttore, 3 agosto
Ilakaka, negozio di gemme, 3 agosto
RN7, direzione sud, 3 agosto
Miniera di Ilakaka, deposito nord ovest, 3 agosto.
Ranohira, Hotel Du Voyageur, 3 agosto
Ranohira, Hotel Du Voyageur, 3 agosto
Ranohira, piazza centrale, 3 agosto
Ilakaka, deposito, 3 agosto
Ilkaka, Hotel Du Voyageur, 3 agosto
Ranohira, Hotel Du Voyageur
Ilakaka, Hotel Du Voyageur
Azoabo, 3 agosto
Villaggio di Azoabo, 3 agosto
Miniera di Ilakaka, ufficio del direttore, 3 agosto.
Villaggio di Azoabo, 4 agosto
Villaggio di Azoabo, 4 agosto
Villaggio di Uroaziva, 4 agosto
Una capanna di Uroaziva, 4 agosto
I volti del coraggio
Silvia Fontana
Koi Press © 2019
Libro prodotto in collaborazione con ThinkABook.it
Koi Press è un marchio editoriale di
OpenMind Srls - Via Volta 72, 20013 Magenta
ISBN : 9788885769229
Immagine in copertina: freestocks.org - Pexels
Il contenuto di questo libro è il puro frutto dell'invenzione, eventuali riferimenti a fatti, luoghi e persone è da ritenersi del tutto casuale.
I volti del coraggio
Silvia Fontana
Antananarivo, 31 luglio
L’intercontinentale AirFrance 818 atterrò puntuale alle 22.15, dopo quasi undici ore di viaggio.
Non era stato difficile trovare un volo nel giro di un paio di giorni, in estate varie compagnie occidentali competevano sulla tratta Parigi – Antananarivo e i decolli erano frequenti.
Una partenza non programmata, inattesa per le persone che le stavano intorno quasi quanto per lei stessa. Una partenza organizzata in poco più di un’ora. Al termine della terza notte di veglia, trascorsa in attesa di notizie che non erano arrivate. Era invece arrivato uno di quei momenti in cui prendere in mano la situazione era come riprendere a respirare, dopo una lunga apnea. La molla della decisione di partire era scattata all’improvviso, dando il via alla sequenza di eventi che l’avevano portata fino a lì.
La ricerca di un volo per il Madagascar, la conta dei risparmi e delle rinunce che questo viaggio avrebbe generato. Questione di priorità, doveva partire. La richiesta urgente di un permesso sul lavoro anche se sì, era già successo qualche mese prima. Sì, era davvero urgente anche questa volta. In pochi istanti aveva dimenticato l’espressione scocciata della sua responsabile, per concentrarsi sulla gestione dei documenti e delle vaccinazioni last minute. E poi l’organizzazione domestica. Il discorso per telefono a suo fratello, chiedendogli di cenare insieme per chiarire la situazione. Una visita di sua madre rimandata, la seconda no, era troppo importante, avrebbe dovuto occuparsene lui.
Il turbinio di emozioni che avevano riempito i due giorni prima della partenza non aveva dato a Sofia il tempo per riflettere ulteriormente. Si era sentita addosso la stessa carica di tensione, coraggio e risolutezza che si portava dentro da quando sua madre si era sentita male per la prima volta, ormai dieci anni prima. Stava preparando degli spuntini per gli ospiti sul tavolo della cucina. Mentre le tartine si spargevano per tutto il pavimento, Sofia aveva appena fatto in tempo a evitare che cadesse, battendo la testa. Dopo averla adagiata sul divano, era corsa nello studio a chiamare i soccorsi, portando con sé il fratello minore Filippo per farlo sentire utile a qualcosa. Anna era uscita dall’ospedale una settimana dopo, con in mano una diagnosi, e sul volto lo stesso sorriso coraggioso che aveva rivolto ai figli il giorno in cui aveva comunicato loro che il padre se n’era andato.
La malattia di Anna aveva sconvolto il delicato equilibrio che la donna era riuscita con grande fatica a ricostruire, dopo essere rimasta sola con due bambini piccoli. Il marito Giulio si era allontanato improvvisamente da lei, dicendo di non averla mai amata e lasciandola con due figli di sei e due anni. Nel cercare il modo giusto per comunicarlo ai suoi bambini, quella sera nella stanza dei giochi, era riuscita a regalare loro quel sorriso per tranquillizzarli e trasmettergli serenità. Le uniche notizie da parte di Giulio erano arrivate sotto forma di un assegno mensile appena sufficiente a coprire le spese per la loro istruzione, con cui lui probabilmente sperava di lavarsi la coscienza. Qualche anno dopo, la disgrazia della malattia, subdola e invasiva, si era insinuata nelle loro vite, ma questa volta la sicurezza di Anna aveva vacillato. Con il trascorrere degli anni, si erano ripetuti gli episodi di malore, e la presenza di Sofia al suo fianco era diventata indispensabile. Anche se davanti ai figli cercava di apparire forte, lo sguardo di Anna aveva gradualmente perso la vitalità, le labbra si erano impercettibilmente ma inesorabilmente inclinate verso il basso, ed era stato sempre più difficile vederla sorridere. Mentre le energie di sua madre venivano meno, l’animo di Sofia si rinvigoriva di forze nuove, alimentate dal senso del dovere e dalla preoccupazione, e presto la ragazza era diventata il punto di riferimento per quello che restava della sua famiglia.
Seduta in una delle ultime file, accanto al finestrino, Sofia aveva letto per ore articoli e opuscoli informativi sul Madagascar. Non aveva mai considerato seriamente un viaggio così lontano, le condizioni di sua madre miglioravano e peggioravano ormai da anni in modo discontinuo, e non si era mai sentita sicura ad allontanarsi troppo. Più volte Fabio, il suo fidanzato, le aveva proposto di accompagnarlo in uno dei suoi viaggi, per condividere quella parte della sua vita che rimaneva tutt’ora distante da lei, conosciuta solo tramite i suoi racconti. Lui sosteneva che le avrebbe fatto bene. L’ultima volta avevano fatto questo discorso proprio a proposito del viaggio in Madagascar, mentre cenavano seduti al solito tavolo della loro trattoria preferita, in una multietnica viuzza vicino a Porta Venezia. Mentre il cameriere serviva loro un tortino fumante al cioccolato e mandorle e una mousse all’amaretto, Filippo aveva telefonato chiedendole con voce eccitata di raggiungerli in ospedale, Anna aveva avuto uno svenimento.
Aveva trovato sua madre che dormiva con al braccio una flebo di liquidi, ma accanto a lei Filippo non c’era. Sofia aveva in seguito appreso dalle infermiere che, dopo esser stato rassicurato sulla stabilità delle condizioni della madre, se n’era andato dicendo di avere un appuntamento.
Consultando i primi capitoli della guida turistica che aveva comprato, Sofia aveva ammirato paesaggi incontaminati, spiagge paradisiache e resort extra lusso. Si era concessa di fantasticare per qualche minuto su una vacanza in totale relax, tra acque cristalline e sabbia bianca.
L’inquietudine l’aveva invasa invece quando si era concentrata su vari articoli che riguardavano la sicurezza e le condizioni sanitarie del Madagascar. Sapeva di essere diretta in un luogo povero e pieno di contrasti, ma leggendo di disordini politici e malaria, coprifuoco e attacchi agli stranieri da parte di malviventi su alcune spiagge del sud, o di banditi con il machete lungo le strade isolate dell’entroterra, la sua preoccupazione per Fabio si era acuita. Solo grazie a una commedia americana di basso livello, accompagnata da una bottiglietta di liquore al rum delle Antille, era riuscita nell’intento di distrarsi dai brutti pensieri.
Ormai da quasi un’ora aspettava in piedi, in coda ai controlli sanitari. Aveva compilato le schede da consegnare in uno dei tre sportelli messi a disposizione alle più di cinquecento persone scese dal suo volo, e per ingannare l’attesa osservava i compagni di viaggio. Si era stufata quasi subito dei discorsi lamentosi della giovane donna che per ore e ore aveva criticato la comodità dei sedili, i film proposti, il cibo servito, e che ora si appoggiava di peso al suo neo marito perché stanca di stare in piedi. I ragazzini davanti a lei, carichi di adrenalina fin dall’atterraggio, e tutto sommato riposati dopo essere stati sdraiati per ore addosso alle gambe dei genitori, facevano in continuazione domande scientifiche al padre, che se la cavava davvero bene con le risposte. Tre ragazze italiane nella fila accanto alla sua sembravano particolarmente liete di essere atterrate, e parlavano intensamente in inglese con una suora dai tratti indocinesi, programmando le attività dei giorni successivi.
Anche se in passato le era stato fatto notare quanto questa pratica fosse maleducata, Sofia amava ascoltare i discorsi delle persone che incrociava nei luoghi pubblici, e spesso fantasticava sugli intrecci delle loro vite che le avevano portate fino a quel punto. La fantasia era sempre stata per lei un dolce rifugio dalle asprezze della realtà, specialmente nei momenti di calma e solitudine che seguivano una pessima giornata sul lavoro, l’ennesimo ricovero di sua madre, la rottura con il fidanzato di turno. In quei momenti, al termine di giornate passate ad affrontare situazione dopo situazione con estrema razionalità, dentro al suo intimo rifugio provava un calore che sembrava reale, un senso di spensieratezza fondato sulle vite degli sconosciuti, che le ricordavano come la realtà potesse essere varia e soddisfacente. Aveva provato le stesse sensazioni quando aveva iniziato a frequentare Fabio. Con i suoi racconti, lui la faceva viaggiare in mondi che non aveva mai potuto vedere, e le dava modo di esplorare emozioni che non aveva mai avuto il tempo di provare.
Sofia aveva vissuto anni a sostegno di una madre, donna indipendente e realizzata, che troppo giovane aveva dovuto fare i conti con una delle peggiori battaglie che si possa dover combattere. Aveva cercato di allontanare da giri poco raccomandabili un fratello adolescente, che da solo non aveva avuto