Il Punto sull'Ancora
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La praticità che il punto di vista di un Pilota portuale aggiunge alla teoria, rende il testo particolarmente prezioso per tutti coloro vogliano approfondire lo studio dell’ancoraggio, ma anche per coloro i quali vogliano soltanto avere una ampia panoramica sull’argomento.
Dalla prima ancora all’ultimo ritrovato tecnologico. Questo è il percorso che l’autore ci propone per fare il punto, ad oggi, sull’evoluzione di questo indispensabile strumento, che può essere gettato dalla prua di una barca a vela o da quella di una mega nave.
Poche formule e tanti esempi pratici entreranno nel bagaglio di ogni lettore che voglia intraprendere questa lettura.
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Book preview
Il Punto sull'Ancora - Maurizio Garipoli
Ringraziamenti
Prefazione
Si narra che si diventa veri uomini solo dopo aver piantato un albero, fatto un figlio e scritto un libro.
L’amico Garry, con questa opera prima mette a segno ben due obbiettivi: guadagnarsi la qualifica di vero uomo e mettere su carta qualcosa che non c’era.
...L’ancora, questa sconosciuta...
Potrebbe sembrare un’affermazione eccessiva, ma sono convinto
che non sia così.
Ci sono diportisti che non conoscono realmente la differenza fra i vari modelli di ancore e il loro comportamento sui diversi tipi di fondale dove andranno ad ancorare.
Questo trattato, scritto in modo davvero magistrale dal C.L.C Maurizio Garipoli, dovrebbe far parte della biblioteca di bordo di ogni skipper, sia che navighi per professione o diporto.
Un testo che considero un prezioso manuale che, pur trattando soprattutto delle tecniche di ancoraggio delle grandi navi, contiene insegnamenti davvero preziosi per i diportisti meno esperti, su come portare a termine un ancoraggio corretto.
Sarà capitato a tutti, professionisti e non, di trovarsi ancorati alla ruota in piena stagione estiva, in una baia molto affollata e osservare nuovi arrivati, quelli che con ironia chiamiamo marinai della domenica che, dopo numerose evoluzioni, danno fondo nel posto peggiore della baia, senza nessuna cognizione su cosa sia il calumo.
Tuttavia anche gli skipper più esperti possono far tesoro degli insegnamenti dell’amico Maurizio, perché come si dice, c’è sempre da imparare.
Marco Maggioni - Skipper professionista
www.viaggiavela.it
******
Da ragazzo, la prima ancora che ho maneggiato è stata quella a ombrello. Giovani e spensierati, per ripararci con il gozzo in qualche caletta Ligure, tenevamo stipata nel gavoncino di prora questa piccola, particolare ancora che, una volta raccolta, occupa veramente poco spazio; la sua particolarità costruttiva consentiva, infatti, di chiudere le marre proprio come un ombrello.
Uno spezzone di catena, qualche metro di solida cima e lanciavamo a mano il nostro ancorotto, ma dovevamo scegliere con cura il fondale e soprattutto valutare bene la profondità, che doveva essere a portata dei nostri polmoni, poiché non era raro incocciarla in uno degli scogli di cui i fondali Liguri sono particolarmente ricchi. Ricordo che mi incantavo nel vederla risalire salpata a mano mentre vorticava nell’acqua come un’elica.
Detta anche a grappino
per le sue doti innate, è una rivisitazione in chiave moderna dei rampini. Erano ancore usate dai vichinghi per ancorarsi, ovviamente, e soprattutto per arrembare le navi nemiche. È tutt'ora usata ma non come ancora di posta, a causa della scarsa tenuta su fondali diversi dalla roccia, su tender e piccoli natanti nella sua versione a quattro marre.
Da quei giorni spensierati ad oggi, ho potuto approfondire la conoscenza di questo antico strumento grazie soprattutto al mio lavoro che, per un certo periodo di tempo, mi ha portato in giro per il mondo a gettare ancore diverse su fondali di ogni tipo. La condivisione di esperienze con colleghi e amici, capitani e marinai, velisti e skipper che ho avuto il piacere di conoscere durante il cammino ha fatto il resto.
Le ancore - divise per tipo di fondale, forma e materiale - sono troppe! La scelta, inoltre, è complicata dal fatto che i campi di utilizzo spesso si sovrappongono.
Questo problema, in campo navale e sopra un certo tonnellaggio, è risolto all’origine. Il Comandante imbarca su diversi tipi di navi, ognuna delle quali dotata di ancore la cui forma e dimensione è stabilita dagli Ingegneri Navali durante la costruzione.
Nel diporto, al contrario, ognuno è armatore della propria imbarcazione e può, in totale autonomia, decidere di dotarsi, o cambiare, la propria ancora per una nuova più performante.
È proprio qui, come vedremo, che il discorso si complica.
Introduzione
Lo scopo di questa dispensa vuole essere quello di approfondire il lavoro fatto dal Comandante John Gatti nel libro A bordo con il Pilota
, ampliando la parte della manovra riguardante l’ancoraggio.
Cercheremo insieme di focalizzare l’attenzione sugli aspetti più pratici nell’uso delle ancore in manovra, dal punto di vista del pilota portuale ma non solo. Esploreremo altri campi dove la nostra ancora potrà essere gettata non unicamente dai masconi di una nave in porto, ma anche in rade aperte o dal musone di un natante.
Per fare ciò, tuttavia, non possiamo esimerci dal seguire un filo conduttore che parta dalle basi, dalla conoscenza dello strumento
di cui si discorre, per arrivare alle pratiche più complicate, come il suo utilizzo in manovra o in emergenza. Manterremo per forza di cose una certa didattica senza perdere di vista lo scopo principale prefissato: la visione pratica.
Per dirla in altre parole, anche se il testo è rivolto prevalentemente a persone che hanno a che fare con il mare per hobby o per mestiere, dobbiamo partire da alcuni concetti di base: cos’è un’ancora, quale il suo corretto uso e, non ultimo, cosa succede fuori dalla nostra vista quando la catena si distende.
Qualsiasi lettore dovrebbe poterci seguire con facilità. Ogni concetto importante sarà spesso ripetuto più volte, seguendo il metodo: dillo, dillo in altre parole e dì che lo hai detto
. Perciò, permettetemi di salire virtualmente in cattedra e iniziare, quindi, con la descrizione dell’oggetto di questo studio.
L’ancora
Nata ancora prima dell’elica, quando le imbarcazioni sfruttavano il vento o navigavano a remi, dapprima in forma di masso, cesta riempita di pietre, sacco di sabbia o legno sagomato e zavorrato, l’ancora è parte imprescindibile delle dotazioni di sicurezza di un’imbarcazione.
In campo navale, fin dai tempi antichi, questo prezioso strumento ha subito una serie di innumerevole migliorie in termini di forme e di materiali; nessuno sa chi l’ha inventata, è stata modificata nei secoli e perfezionata, ma soltanto tra l’800 e il 900, in seguito allo sviluppo dei cantieri navali, alla costruzione di navi sempre più grandi e alla necessità di produrre ancore con misure e pesi adeguati, si sono determinate le forme che oggi riconosciamo.
Dominatrice dei mari in quell’epoca, la Reale Marina Britannica (His/Her Majesty’s - H.M.) vide i suoi Capitani prodigarsi nello sperimentare e sviluppare forme e meccanismi che portarono alcuni di loro a legare indissolubilmente il proprio nome a questo utilissimo strumento.
In seguito a questo fervente movimento di sviluppo, la stessa Royal Navy stabilì i canoni, a tutt’oggi validi, per cui un’ancora sia considerata efficiente.
Resistenza, tenuta, facilità di stivaggio e trasporto, trascinamento, capovolgimento, velocità di presa e di spedata, difficoltà a incattivarsi, comportamento quando trascinata sul fondo; queste alcune delle prove che hanno stabilito la classifica delle ancore secondo l’apposita commissione istituita in Inghilterra nel 1852, che ha sancito il successo dell’Admiralty come ancora di riferimento.
Altre due ancore degne di menzione, allora in uso e che hanno avuto un grande successo, sono la Rodger’s e la Trotman’s (1840).
L’ancora Trotman’s in particolare ha introdotto la novità delle marre mobili che, ruotando imperniate sul