TROPPE STORIE per un titolo: Racconti
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TROPPE STORIE per un titolo - 1F LICEO LING. MANZONI (MI) 2018/2019
Classe 1 F- Liceo Manzoni- Milano
TROPPE STORIE per un titolo
Racconti
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Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
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A testa alta
Giulia Bergonti
Marta era una ragazza come le altre: aveva quindici anni, frequentava la scuola ottenendo discreti risultati e un corso di canto, la sua vera passione; aveva un gruppetto di amiche formato da altre due ragazze, Anna e Bianca. Gli altri pensavano di sapere tutto di lei, che ogni giorno andava a scuola con il sorriso sulle labbra, per nascondere quello che solo lei sapeva. La realtà era ben diversa: appena arrivava a casa da scuola, Marta si rifugiava nella sua camera ad ascoltare la musica, cercando di scappare dalle continue litigate dei suoi genitori, che erano sempre stati distaccati da loro figlia e non si erano mai preoccupati più di tanto di lei. Ormai Marta ne aveva fatto l’abitudine: arrivava a casa e sentiva i suoi genitori urlarsi contro le peggiori cose; ormai si era preparata al fatto che tra non molto si sarebbero separati. La preoccupazione di Marta degli ultimi tempi, però, non era tanto dovuta alla situazione dei suoi genitori, quanto al fatto che da qualche giorno continuava a trovarsi messaggi di Instagram da parte di un certo user3649, che la insultava a causa del suo aspetto fisico e la minacciava di morte nel caso in cui lei avesse bloccato il suo profilo o avesse deciso di riferirlo a qualcuno.
Marta, spaventata, lo accettò e iniziò a dubitare del suo fisico. Si sentiva grassa date le continue offese. Iniziò a sentirsi inadatta e a disagio con il suo corpo e con gli altri. Dopo qualche tempo, la previsione di Marta si avverò: i suoi genitori divorziarono e lei iniziò a fumare e decise di restare a digiuno per dimagrire e mettere a tacere lo user3649. Ad un mese dall’inizio degli insulti, Marta perse 10 chili ed era sempre stanca, probabilmente a causa delle notti insonni a pensare di essere di troppo o di non essere abbastanza.
La bocca di user3649, però, non si chiuse facilmente e continuò a ferire la ragazza, questa volta facendola sentire anoressica e brutta. Il comportamento di Marta si fece più cupo anche a scuola: parlava meno, rideva poco, preferiva stare sola. Marta non ce la faceva più e decise di prendere la decisione più importante della sua vita: seduta alla sua scrivania, prese carta e penna e scrisse. Si mise a scrivere tutto quello che le passava per la mente, tutto quello che era sempre riuscita a nascondere, ma che era arrivato il momento di esternare. E, come frase finale, un sappiate che vi ho sempre voluto bene
. Sicura e decisa, il giorno seguente, quando sua madre stava ancora dormendo, Marta pose la lettera sul tavolo della cucina e lasciò casa. Si diresse verso la metropolitana, fece qualche sospiro profondo prima di scendere sui binari. Proprio in quel momento arrivò per caso in stazione la sua amica Anna, che, riconoscendo l’amica, corse a perdifiato verso di lei, chiamandola con le lacrime agli occhi e tirandola per un braccio, impedendole di saltare giù. Marta si girò seccata, ignorando la persona che le aveva appena salvato la vita. D’istinto Anna la abbracciò stretta a sé e scoppiò a piangere, e dopo poco, appena Marta riuscì a realizzare tutto quello che era appena successo, le lacrime di entrambe si mischiarono rigando le loro guance di mascara.
Cosa ho appena fatto
è tutto quello che riuscì a sussurrare Marta con una voce flebile, scuotendo la testa, pentita. Anna, dopo essersi ripresa dall’esperienza, decise di riportare a casa l’amica e parlare con lei di quello che le stava succedendo. Nel frattempo, a casa, dopo aver letto la lettera, anche la madre di Marta stava piangendo, e, appena vide la figlia varcare di nuovo la soglia di casa, le corse incontro abbracciandola, non credendo ai suoi occhi. Quella madre che a malapena si ricordava di avere una figlia, si preoccupò del suo malessere dopo anni che non lo faceva. Così, nonostante il non volere di Marta, su suggerimento delle due amiche, i genitori decisero insieme di denunciare i numerosi episodi di cyberbullismo alla polizia postale. Nel mese successivo Marta scoprì che user3649 era in realtà Mattia, un suo compagno di scuola, uno di quelli a cui della scuola non importa nulla e senza amici. Le amiche di Marta, invece, restarono sempre lì per lei, e non la abbandonarono.
Per noi sei perfetta qualunque sia il tuo aspetto fisico
dicevano.
Ora di Marta si sa poco. Niente più bulli, questo è sicuro, le sue amiche le sono vicine più di prima.
La situazione con i suoi genitori non si sarà risolta del tutto, ma il rapporto con loro sì.
Ora Marta starà sicuramente affrontando la vita più forte di prima, senza preoccuparsi dell’opinione degli altri e camminando sempre a testa alta, fiera della persona che è.
Cambiare
Giulia Mongiovì
Caro Andrea,
vorrei raccontarti una storia.
Hai presente quando in seconda mi trasferii? Nuova città, nuova scuola.
Non ero un tipo molto popolare e volevo fare qualcosa per farmi notare.
Iniziai a osservare come facevano gli altri, deciso a crearmi una reputazione.
Ero sicuro di me. Dovevo diventare quello che avevo sempre desiderato essere, qualcuno che gli altri avrebbero apprezzato.
Così qualcuno iniziò a seguirmi, poi altri ed altri ancora. Andava bene, ma non era sufficiente. Volevo di più, volevo essere ancor più popolare.
Facevo il gradasso, sentenziavo giudizi impietosi sugli altri.
Gente che prima avrei considerato antipatica per quell’atteggiamento superficiale ed egocentrico si aggregò al mio gruppetto. Iniziai ad insultare quelli che si lamentavano del mio comportamento. Presi di mira i più deboli. Diventai quello che mai avrei voluto diventare, senza accorgermene. Ero un bullo.
Passò un anno. Poi notai questo ragazzino, Mattia. Mingherlino, silenzioso. Passava l'intervallo nel suo angolino, a leggere o a parlare con uno della mia stazza, Giovanni. Lui in genere stava anche con altri ragazzi, che si erano rifiutati di frequentarmi, che mi consideravano antipatico e scortese.
Quando scoprii che Mattia era il fratello di Giovanni, fui colto da un'idea improvvisa. Dovevo vendicarmi del rifiuto del gruppo di amici di Giovanni.
Così io e i miei compari quando dovevamo gettare, ad esempio, gli incarti della