Il Pompiere E Il Poliziotto
By RJ Scott
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About this ebook
Salvare un agente da una stazione di polizia in fiamme fa parte del lavoro di Max; innamorarsi però non rientra nei suoi piani.
Max Harrison si è trasferito dalla città per assumere il ruolo di assistente del sindaco, lavorando anche come vigile del fuoco volontario. Quando incontra Finn Ryan a Ellery, ne è attratto con una passione bruciante quanto gli incendi che un piromane sta appiccando nella cittadina.
Finn Ryan è un agente di polizia e, in qualche modo, attira i guai. Gettarsi in mezzo a un incendio per salvare un ubriacone è solo l’inizio. Ora deve affidarsi all’uomo di cui si sta innamorando per evitare la morte.
RJ Scott
RJ Scott is the author of the best selling Male/Male romances The Christmas Throwaway, The Heart Of Texas and the Sanctuary Series of books.She writes romances between two strong men and always gives them the happy ever after they deserve.
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Il Pompiere E Il Poliziotto - RJ Scott
Capitolo Uno
L’adrenalina scorreva nel corpo di Max. Il bagliore di un incendio completamente sviluppato nella centrale di polizia era visibile nel cielo sopra il centro di Ellery; sarebbe stato impossibile contenere le fiamme. Curvando bruscamente, valutò il fattore di esposizione e rimase in ascolto mentre il tenente impartiva gli ordini.
Il distretto di polizia faceva parte di una zona vecchia della città. Un insieme di negozi di souvenir vuoti, un paio di drogherie e il palazzo del sindaco. Per fortuna la centrale, un edificio di due piani, distava una quindicina di metri dalle altre strutture. Gli unici palazzi che rischiavano di essere danneggiati dall’incendio erano già stati bagnati con gli idranti.
Con un lavoro di squadra collaudato, i pompieri volontari affiancarono i colleghi a tempo pieno e iniziarono la loro operazione.
«C’è qualcuno dentro?» chiese il capo Quinn alla folla riunita. Il suo superiore incuteva rispetto. Era un vigile del fuoco di carriera, e ovviamente, la gente gli prestava ascolto. Max riconobbe un paio di presenti ma non aveva idea di chi potesse essere rimasto nell’edificio.
Un uomo si precipitò fuori dalla porta avvolta dalle fiamme e cadde in ginocchio, scarmigliato e squassato dalla tosse.
Max fu subito da lui, allontanandolo dal pericolo e guidandolo verso i paramedici che erano arrivati qualche secondo dopo l’autopompa.
«Finn…» Un attacco di tosse interruppe l’uomo. «Dentro,» finì non appena riuscì a riprendere fiato. Indicava la direzione da cui era venuto.
Max si irrigidì. C’era ancora qualcuno all’interno? Si concentrò sul caos attorno a lui; sulle urla.
«Finn è ancora dentro,» gridava qualcuno. Un gruppo di astanti stava trattenendo un uomo alto che lottava per liberarsi e si guardava attorno con orrore, come se non riuscisse a credere che questo Finn fosse ancora nel palazzo.
Non si fermò a pensare prima di avvicinarsi all’uomo che si stava divincolando.
«Dove?» chiese seccamente.
Lui sbatté le palpebre ma non tentennò. «Prosegui dritto dopo la porta, verso il fondo sulla sinistra. La cella. È entrato a prendere Fitz.»
«È quello Fitz?» chiese Max, indicando l’anziano che era appena emerso dalle fiamme.
«Sì.»
«Okay. Vado dentro,» confermò nel microfono.
A quelle parole il capo Quinn si girò per fissarlo, la sua espressione una combinazione di ma che cazzo
e rassegnazione. Con un rapido cenno della testa e nessun pensiero al di là della concentrazione sul suo compito, Max si accertò di avere la maschera allacciata e si buttò tra le lingue rosso e arancio, attraverso l’unico ingresso possibile, un varco lasciato da una trave di ferro che sosteneva i resti del soffitto di quella che supponeva essere stata la reception.
Le fiamme divamparono nella sua direzione mentre avanzava nell’ampio corridoio. Il fuoco si alzava sul soffitto e sulle pareti. Era successo in fretta, il materiale delle mura e sui soffitti avevano nutrito la bestia, e le montagne di cartelle e documenti avevano fornito ancora più combustibile.
Dritto lungo il corridoio. I pesanti scarponi lo rallentavano ma la concentrazione lo spingeva ad accelerare. Ansimava pesantemente per il mix di paura ed eccitazione che gli scorreva nelle vene e nelle arterie; il respiratore che di norma durava sessanta minuti si sarebbe svuotato in un terzo del tempo. Non aveva importanza, perché l’edificio si stava già disintegrando intorno a lui in grossi frammenti fiammeggianti come l’inferno.
Il fuoco, la sua maledetta signora, era un’assassina, e Max nutriva un assoluto rispetto per il suo potere. Raggiunse un bivio e voltò a sinistra. L’aria era densa di fumo, e lui pregò di non essere arrivato troppo tardi. Chiunque fosse stato intrappolato in un ambiente simile sarebbe stato sopraffatto e vicino a perdere i sensi. Doveva scoprire dove era quell’uomo.
Alla fine, attraverso il fumo e le fiamme scintillanti, Max lo vide intrappolato sotto un tavolo rotto. Accorse da lui, inginocchiandosi e cercando di smuovere il tavolo senza successo. L’uomo era un agente di polizia, vestito di blu e parzialmente cosciente. Sembrava che il mobile fosse stato spinto dalla forza invisibile di un’esplosione e lo avesse bloccato comprimendogli il braccio e il petto.
«Aiutami!» gridò il poliziotto, ma le parole erano farfugliate e i suoi occhi stretti a causa del fumo. Max sperò che la perdita dei sensi sopraggiungesse a cancellare la sua paura.
Usando l’ascia che aveva in mano come leva, la spinse contro il tavolo dove si era conficcato contro il muro. Diede la schiena ai detriti che stavano cadendo e fece del suo meglio per proteggere l’uomo intrappolato, mentre l’intero soffitto crollava poco distante con un fragore spaventoso. Lanciando uno sguardo verso il percorso da cui era arrivato, vide che la loro via d’uscita si stava ostruendo. Ancora più inquietante era il fumo scuro e nero che si era accumulato in alto. Non andava bene, per niente. Il calore era intenso e la nube densa e surriscaldata di combustibile era troppo ricca per prendere fuoco. Era solo una questione di tempo prima che esplodesse, a quel punto per lui e l’agente sarebbe stata la fine.
Spingendo e tirando con tutta la forza che aveva, alla fine fece abbastanza leva per permettere al poliziotto di scivolare lungo il muro e finire a terra. Senza fermarsi, sollevò quell’uomo robusto sopra una spalla e a passi barcollanti si voltò per affrontare la sua nemesi. Aveva i muscoli tesi per il peso, il calore e la mancanza di fiato, quindi seguì l’istinto. Dovevano uscire, e quello era un vicolo cieco. Avevano una sola possibilità, tornare da dove erano entrati.
Non c’era nessuna raffinatezza nel suo piano. L’addestramento prese il sopravvento, e Max fece l’unica cosa che sapeva avrebbe funzionato. Corse. Incespicando in mezzo alle macerie e trasalendo ogni volta che il fuoco lo sfiorava, avanzò in mezzo alle rovine del soffitto crollato e tornò nel corridoio principale. Un tremendo schianto alle sue spalle gli fece capire che l’edificio si stava disintegrando attorno a lui.
L’ingresso era illuminato come un cerchio di fuoco che doveva attraversare e, con un ultimo sforzo, finì dall’altra parte della porta e in strada.
Apparvero mani ad aiutarlo, liberandolo del suo fardello, mentre guardava tutto il palazzo che implodeva e un’enorme esplosione di polvere e macerie che si alzava nella notte.
Sentì urla e grida, ma nella sua mente c’era solo pace. Aveva fatto il suo lavoro.
* * *
I paramedici insistettero per visitarlo e lo spinsero verso l’ambulanza con una determinazione a cui Max non riuscì a opporsi. Là c’era l’agente. Pronto per essere trasportato all’ospedale, con una maschera d’ossigeno sulla bocca e il naso. Aveva gli occhi aperti, e per un secondo Max guardò in un limpidissimo sguardo verde e gli si mozzò il fiato. Non aveva osservato per davvero l’uomo che aveva salvato. Sì, aveva maledetto il fatto che fosse sopra il metro e ottanta e che fosse quasi morto là dentro, ma gli occhi e i lineamenti forti, visibili sotto la maschera, le labbra sode e la mascella… quelli non li aveva proprio notati.
Il poliziotto si sollevò la maschera con dita tremanti. «Mi piacciono i pompieri,» sussurrò e tossì.
«Chiedo scusa?» Max si chinò per sentirlo sopra i rumori e il caos attorno a loro.
«I pompieri… Non ne riesco mai a trovare uno gay.»
Beh, a me piacciono i poliziotti, pensò Max.
In passato aveva ricevuto proposte di matrimonio da donne riconoscenti che aveva salvato, ma ovviamente era troppo professionale, e troppo gay, per accettare le loro offerte. Che quell’agente ci stesse provando con lui?
L’uomo era chiaramente delirante, in carenza di ossigeno o qualcosa del genere. Max era abituato a quel tipo di reazione, e di solito stava al gioco. Era normale che le persone tratte in salvo fossero grate, e lui accettava sempre con gentilezza i loro commenti, come ogni altro pompiere nella sua posizione.
«Avete dei fisici fantaaaastici,» stava farfugliando il paziente. La sua espressione era sempre meno concentrata e più vicina all’incoscienza. «E le vostre pompe. Ma non ne trovo mai uno gay.» Poi prese a bofonchiare e all’improvviso chiuse gli occhi.
Max si allontanò in fretta e si ritrovò a guardare mentre l’ambulanza partiva con dentro l’agente, diretta verso il St Martin’s Hospital, immaginò.
Un poliziotto gay ci aveva provato con lui e poi era svenuto. Si sarebbero incontrati di nuovo, quello dopotutto era un piccolo paese, ma le probabilità che l’agente, Finn, riuscisse a ricordare qualcosa di ciò che era accaduto erano scarse.
Classico.
Decise di andarlo a trovare in ospedale; solo per controllare che stesse bene. Tutto lì. Niente a che vedere con la faccenda degli uomini in uniforme. O con il fatto che gli occhi del poliziotto gay fossero di un verde incredibile anche arrossati dal fumo.
«Datti una mossa, Max,» ordinò il capo Quinn.
Servì molto tempo perché cessasse l’allarme. Ancora di più per tornare alla sua piccola casa in affitto e infilarsi sotto la doccia. Avrebbe incastrato la visita prima del lavoro, il giorno seguente, al quale, secondo l’orologio del forno a microonde, mancavano meno di tre ore. L’aspetto negativo del volontariato era doversi presentare in ufficio come al solito, il giorno dopo. Sapeva che il suo nuovo principale gli avrebbe lasciato un certo margine, ma aveva appena iniziato l’incarico per il sindaco di Ellery, e sperava con tutto il cuore che la sua recente posizione gli avrebbe tenuto i piedi in movimento e la mente vigile.
Altrimenti sarebbe stato fregato.
Non ricordava di essersi addormentato, ma una telefonata lo risvegliò dai suoi sogni e Max si precipitò