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Nel Regno dei Devoti
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Nel Regno dei Devoti

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About this ebook

"In altri Paesi le donne si vestono così per spaventare i bambini piccoli."

Per tredici mesi, il giornalista tedesco Peter Boehm ha insegnato nelle università saudite. Questo è il suo reportage. Racconta di bambini a cui è permesso guidare, ma donne a cui non è permesso, di disoccupati di lusso, donne in costume di Darth Vader, di cameriere e delle loro storie dell'orrore, il vero significato della preghiera, le compagnie di amici che scorrazzano in auto per le città  e il pazzo boom edilizio. Ma soprattutto, Peter Boehm disegna il ritratto dettagliato di una società fondamentalista islamica che non ha eguali nel mondo.

Descrizione del libro:
 

Descrizione del libro:
 

"In altri Paesi le donne si vestono così per spaventare i bambini piccoli."

Per tredici mesi, il giornalista tedesco Peter Boehm ha insegnato nelle università saudite. Questo è il suo reportage. Racconta di bambini a cui è permesso guidare, ma donne a cui non è permesso, di disoccupati di lusso, di donne in costume di Darth Vader, di cameriere e delle loro storie dell'orrore, del vero significato della preghiera, delle compagnie di amici che scorrazzano in auto per le città  e del pazzo boom edilizio. Ma soprattutto, Peter Boehm disegna il ritratto dettagliato di una società fondamentalista islamica che non ha eguali nel mondo.

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateMay 14, 2019
ISBN9781547585779
Nel Regno dei Devoti
Author

Peter Boehm

Peter Boehm worked as a foreign correspondent for the Berlin daily paper die tageszeitung (taz) for almost ten years, based in Nairobi, Tashkent and Los Angeles. He has also worked for a number of well-known German-language newspapers and has produced features for public radio stations. He has also written (in English) for the Independent newspaper and for the Christian Science Monitor. Peter's experiences from his travels have also formed the subject-matter of a number of books and plays, of which Africa Askew - Traversing the Continent is just one. Peter Boehm can be found on Facebook at: http://www.facebook.com/pages/Peter-Boehm/121666391323734

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    Nel Regno dei Devoti - Peter Boehm

    NEL REGNO DEI DEVOTI

    Di Peter Boehm

    Testo Copyright © 2013 Peter Boehm

    Tutti i diritti riservati.

    Indice

    UNA PREGHIERA PER LA PIOGGIA

    UNA PREGHIERA PER LA PIOGGIA

    PERCHÉ LA PRIMAVERA È RIMASTA FUORI DAI CONFINI DEL REGNO.

    IL LAVORO: UN TERNO AL LOTTO.

    LA POSTA? LA POSTA!

    FARE LA CAMERIERA NEL REGNO: UN RACCONTO DELL'ORRORE.

    I COSTRUTTORI EDILI

    GLI ALTRI: GLI SCIITI IN ARABIA SAUDITA

    DONNE AL VOLANTE, PERICOLO COSTANTE?

    AUTO DI CITTÀ, AUTO DI CAMPAGNA

    INTERVISTE A DONNE SCONOSCIUTE

    MI CHIEDEVO: COME CI SI SENTE A DORMIRE CON DARTH VADER?

    SALAH - CUORI CHE BATTONO PER IL SIGNORE

    LA FABBRICA DEI TERRORISTI O UN AVVERTIMENTO PER GLI ESPATRIATI.

    TI O UN AVVERTIMENTO PER GLI ESPATRIATI

    UNA PREGHIERA PER LA PIOGGIA

    La capitale saudita Riyad si trova in mezzo al deserto, quindi non piove spesso lì, nemmeno a metà gennaio. Così rimasi stupito quando una sera vidi le previsioni del tempo su internet che davano forte pioggia per il giorno successivo.

    Fin dal mattino gli Imam avevano iniziato di diffondere per i quartieri della città preghiere per la pioggia servendosi degli altoparlanti posti sopra i tetti delle moschee. Sui giornali si diceva che il re, dopo una lunga siccità aveva dato disposizione agli Imam di pregare insieme con i fedeli per il dono dell'acqua dispensatrice di vita. Fatta eccezione per alcuni Imam di moschee private, il re è il capo dei fedeli, colui il quale assume e paga gli Imam stessi.

    La pioggia arrivò come previsto ma così intensa che ben presto nelle strade l'acqua raggiunse l'altezza delle ginocchia. I nostri studenti ci chiesero di lasciarli andare a casa due ore prima del previsto per evitare il caos del traffico cittadino. L'acqua aveva invaso le strade larghe e pianeggianti impedendo la circolazione. Nel tragitto verso casa, il nostro minibus si era lentamente fatto strada attraverso enormi pozzanghere, - dei veri e propri laghetti - e, in alcuni punti aveva guadato piccoli fiumi. Davanti al nostro condominio si era formato un piccolo lago che fummo costretti ad aggirare per non bagnarci i piedi. Finalmente dopo alcuni giorni arrivò un'autocisterna a pompare via l'acqua.

    Jeddah, la città portuale sul Mar Rosso, era stata ancora una volta completamente sommersa dall'acqua. Già nel dicembre del 2009, in seguito alle forti piogge, secondo le stime ufficiali qui morirono 120 persone, la maggior parte delle quali intrappolate in auto.

    Ma come aveva potuto la pioggia di un solo giorno costituire un problema così grande? Il motivo era semplice: mancava un sistema fognario. Di conseguenza l'acqua piovana non poteva defluire.

    Ma qual era il motivo di una simile situazione? Anche se i giornalisti avevano riempito dozzine di pagine di giornale sull'argomento, non mi era ancora chiaro il motivo per cui le città saudite fossero ancora prive di fognature.

    Un ingegnere civile europeo, al quale mi ero rivolto per avere delle spiegazioni, mi aveva raccontato che in un primo tempo gli urbanisti semplicemente non le avevano previste. Dopo tutto: Quante volte piove nel deserto?! Tuttavia, mano a mano che le città erano cresciute, era aumentata anche la superficie di terreno asfaltata e di conseguenza era diminuita al possibilità per l'acqua di defluire. Gli urbanisti, quindi, dovettero ben presto rivedere le loro posizioni.

    Era accaduto a Jeddah dieci anni prima. Peccato che i soldi stanziati dal governo per la costruzione del sistema fognario fossero finiti nelle tasche di qualche principe o di qualche suo favorito. Per questo motivo le fognature non furono mai costruite né lì né altrove e proprio per questa ragione le città saudite finivano e finiscono tuttora sommerse dall'acqua ogni volta che piove.

    Una domanda mi frullava ancora per la testa: erano state davvero le preghiere dei fedeli a portare la pioggia?

    Posi questa domanda al giovane saudita addetto alla portineria del nostro condominio, il giorno dopo l'acquazzone. Aveva studiato all'università ma disse: Dio non ci delude.

    Chiesi quindi al mio superiore all'università. Aveva studiato e vissuto in Inghilterra per otto anni. Alzò gli occhi al cielo e con voce trasognata rispose: -Ma certamente. Tutto il Paese ha pregato per questo.

    Solo l'attivista per i diritti umani Mohammed Al Qaht oppose resistenza con aria annoiata. Era una sorta di voce fuori dal coro all'interno del Paese, uno dei pochissimi sauditi a parlare con disinvoltura con i giornalisti occidentali. Senza pensarci un attimo rispose: Danno sempre spettacolo qui, prima che inizi a piovere.

    BENVENUTI NEL REGNO DEI FEDELI DEVOTI

    Ad alcuni l'Arabia Saudita può fare lo stesso effetto di un grande show. D'altra parte è il Paese stesso che si considera come la risposta che dio ha dato alla questione all'organizzazione statale; una sorta di paradiso terrestre dei fedeli. Il clero del Paese aveva sempre sostenuto che l'Arabia Saudita fosse il sistema islamico perfetto fino a quando gli attacchi dell'11 settembre 2001 non fecero vacillare questa immagine - 15 dei 19 piloti infatti erano giovani sauditi.

    I membri del clero non sono gli unici a pensare che l'Arabia sia lo stato islamico migliore se non addirittura lo stato islamico ideale. Queste ultime ad esempio sono le parole di Muhammed Saeed, capo del Pakista Jamt Ud Dawah Group, ex Lakshkar e Taiba, un'organizzazione responsabile degli attentati terroristici di Mumbai del 2008

    Il Regno condivide l'ideologia dei fondamentalisti radicali sunniti, Al Quaida compresa: il Salafismo. Il Salafismo è il credo secondo il quale tutto era buono sotto il governo del Profeta e i primi quattro califfi successori di Maometto nel VII secolo. Il Salafismo è la base per il sistema islamico perfetto.

    Ecco perché il Regno è il modello per tutti i sistemi fondamentalisti sunniti. Dopo il colpo di stato militare a Karthum nel 1989, Hassan Al Turabi e Omar Al Baschir si sono rivolti all'Arabia Saudita per concretizzare le loro idee. Gli Stati della Nigeria settentrionale volevano introdurre un sistema giudiziario basato sulla Sharia? Potevano osservarne l'attuazione pratica nel Regno. I Talebani afghani avevano bisogno di denaro? La soluzione fu di introdurre alcuni loro sostenitori pakistani all'interno del Regno. Sebbene oggi l'Arabia Saudita abbia un ruolo secondario nel finanziamento dei talebani afghani è stata di gran lunga il più importante Paese nel finanziare le scuole coraniche sia attraverso sovvenzioni governative che attraverso fondi di organizzazioni per l'assistenza sociale non governative.

    I Talebani, da parte loro, hanno istituito il loro famoso ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, seguendo l'esempio diretto della Commissione per la virtù e la prevenzione del vizio, alias la polizia religiosa saudita.

    Osama bin Laden è cresciuto e si è formato nel Regno. Non si è allontanato dalla sua patria fino al 1994, quando suggerì alla famiglia reale saudita di inviare associazioni di volontariato, da lui stesso costituite, nelle regioni di confine minacciate dall'Iraq. La casa reale, che nel 1980 con l'occupazione della grande Moschea de La Mecca aveva avuto brutte esperienze con i guerriglieri radicalizzati, ringraziò Osama per il consiglio ma rifiutò e fece invece entrare le truppe americane nel Paese. Fu la politica filo-occidentale dell'Arabia Saudita a provocare la rottura con Osama e non il suo ordine interno.

    Ma come poteva apparire oggi, ai tempi della rivoluzione dell'informazione, un sistema così perfetto?

    La risposta era lì davanti a me, anche sotto la pioggia. La tecnologia moderna e la volontà divina coesistevano pacificamente senza escludersi a vicenda. Anche in Arabia Saudita c'era il meteo naturalmente e anche i miei studenti lo avevano ascoltato e si erano fidati delle sue previsioni. In caso contrario si sarebbero trovati intrappolati nel traffico. Ma allo stesso tempo erano convinti che le preghiere avessero avuto la loro parte nel far piovere.

    Quasi ogni giorno i giornali sauditi scrivono di problemi come la necessità della costruzione di un sistema fognario, la mancanza di una pianificazione urbana, la promessa di una metropolitana che non arriverà mai e, in definitiva, dell'incapacità di far fronte ai compiti municipali di base, ma non mettono mai in dubbio il perfetto sistema islamico.

    Ogni giorno si assiste al contrasto fra la dottrina islamica e le sfide di un'economia e di un'amministrazione moderne. Qualche volta hanno la meglio i tempi moderni, ma non sempre e quindi il conflitto persiste.

    QUI GOVERNANO GLI ANZIANI

    Probabilmente l'uomo più potente del mondo arabo è un anziano: mi riferisco a re Abdullah. Durante uno dei suoi rari discorsi televisivi nella primavera del 2011 è apparso estremamente fragile. Con fatica stava cercando di chiarire alcuni decreti. Parlare gli costava evidentemente un grosso sforzo tanto che ha stento riusciva a leggere alcune frasi sul foglio che aveva davanti. Dopo alcuni lunghi ed interminabili minuti aveva finalmente concluso il suo discorso.

    Non era possibile, tuttavia, attribuirgli un'età. La sua barba era tinta di un nero intenso e il bianco Shemagh, il panno con cui si copriva sempre il capo, nascondeva la testa calva.

    Subito dopo il discorso aveva avuto luogo la tradizionale danza delle sciabole dei principi sauditi. Intorno alla fine degli anni Settanta il re Abdullah dimenava le spalle e ballava con passo elastico brandendo la sua sciabola con agilità. Ora non era più così, ma la televisione di Stato aveva omesso di precisare che il ballo era stato registrato qualche anno prima. Il re ha mal di schiena cronico, disse un diplomatico occidentale, non riesce più a brandire la sciabola.

    Mentre nella primavera del 2011 i vecchi regimi di alcuni Paesi arabi vacillavano, l'Arabia Saudita fu l'unico Paese - a parte la Mauritania - in cui non si verificarono proteste di massa se non nella provincia orientale dove viveva una numerosa minoranza Sciita. Tutte le personalità alla guida del Paese sono uomini ottuagenari e, o sono malati, o vivono all'estero per interi mesi, o sono del tutto inetti per governare.

    Re Abdullah può occuparsi degli affari di governo solo per due o tre ore al giorno, sosteneva Simon Henderson dell'Istituto per la politica del Medio Oriente di Washington. Simon Henderson è probabilmente l'osservatore meglio informato e anche la persona più vicina alla famiglia reale saudita.

    Si dice che il re abbia circa novant'anni. Quando nacque nessuno in Arabia si preoccupò di registrarlo all'anagrafe. Ecco perchè non si conosce con esattezza la sua età.

    A cavallo tra il 2010 e il 2011, il re dovette sottoporsi ad una serie di interventi alla schiena e quindi trascorse diversi mesi negli USA ma essendo il principe in carica, la sua salute veniva data per relativamente buona. Il suo predecessore King Fahd aveva avuto un ictus nel 1995 e a volte era assente anche durante le apparizioni pubbliche. L'odierno re Abdullah ha dovuto governare il Paese come principe ereditario per dieci anni. Solo nel 2005 dopo che re Fahd è passato a miglior vita, Abdullah è finalmente salito al trono.

    Ha ereditato il ruolo di principe buono ma completamente privo di volontà propria. Secondo un rapporto dell'ambasciata americana a Riyad - pubblicato da Wikilieaks - negli ultimi anni Abdullah è stato incapace di assolvere a qualsiasi funzione. Secondo Simon Henderson, soffriva di demenza senile ed era in stato vegetativo. Prima che la sua mente fosse irrimediabilmente offuscata dalla malattia, il principe ereditario era stato ministro della difesa per quarantotto anni.

    Quando re Abdullah, nel 2011, rimase per alcuni mesi negli USA per essere curato, il principe ereditario, già malato, fu spinto nella stanza dei ministri e gli vennero fatte presiedere le riunioni di gabinetto. Non era più in grado di riconoscere alcuno dei presenti. Nell'autunno del 2011 finalmente passò a miglior vita.

    Dopo di lui divenne principe ereditario il ministro degli interni che era in carica da più di trentacinque anni: il principe Naif. Era considerato un integralista e favorito dal clero wahabita. Per molto tempo era stato considerato il più probabile successore del re. Morì anche lui dopo appena otto mesi.

    Fu la volta del principe Salman, per quarantotto anni governatore dei Riyad, principe ereditario e ministro della difesa. All'età di settantasette anni, si può dire che fosse un giovanotto tra gli Al Saudi.

    La domanda nasce spontanea: Come fanno i saggi anziani a gestire i loro ministeri quando sono ospiti in cliniche per lungo degenti oppure sono ricoverati in ospedali stranieri? Gli affari quotidiani sono portati avanti dai figli. Lo sappiamo- dice l'attivista per i diritti umani Mohammed Al Qahtani.

    Già. Ė cosa nota. Dopo la morte del fondatore re Abdulaziz Al Saud, i ministeri e le cariche di governatore furono distribuiti alle famiglie dei suoi figli in un delicato sistema proporzionale. Il trono non passa, come nelle monarchie europee, al figlio maggiore, ma la successione avviene secondo il sistema del seniorato, ossia il trono passa al membro della famiglia più anziano dopo il re. Questo ha preservato a lungo il Regno dalle controversie per la successione ma ha lo svantaggio che i futuri governanti diventano vecchi ancor prima di essere in carica. Inoltre, c'è un fragile equilibrio tra le famiglie dei figli di Abdulaziz che sarebbe estremamente pericoloso far vacillare. Ecco perché i principi sauditi restano in carica fino al giorno della morte. Nell'immediato è più semplice per tutte le persone coinvolte e sul lungo periodo i vantaggi sono notevoli. Innanzi tutto la suddivisione del potere tra le famiglie all'interno della casa regnante.

    Se non litigano tra loro, gli Al Saud tengono l'Arabia Saudita saldamente in pugno. Come suggerisce il nome del Paese, la famiglia reale tratta l'Arabia Saudita con i suoi venti milioni di sudditi e dieci milioni di lavoratori ospiti come una sua proprietà. Ma gli Al Saud non si considerano dei proprietari. Essi sostengono di aderire semplicemente al codice beduino che si è sviluppato nel deserto arabo nel corso dei secoli.

    Di conseguenza non trattano la terra come se fosse di loro proprietà, governano semplicemente secondo i dettami della loro tradizione. Tra i beduini, infatti l'emiro era semplicemente uno di loro. Tutti i beduini hanno sempre avuto il diritto di vedere il loro emiro e di raccontargli i loro problemi. Questo è stato per molto tempo l'unico modo per i sauditi di vedere riconosciuti i loro diritti.

    Nel marzo 2011, quando la primavera araba sembrava essere arrivata in Arabia Saudita, alcuni principi sauditi fecero pressioni affinché coloro che volevano protestare si rivolgessero a loro e presentassero i loro problemi e proponessero soluzioni. Come sempre, le loro porte erano aperte a tutti. Dopo tutto non si erano sempre presi cura dei loro connazionali?

    Naturalmente con venti milioni di abitanti, questo sistema sembrava obsoleto, e con le grandi manifestazioni di piazza in Tunisia e in Egitto, l'idea che le masse arrabbiate chiedessero udienza ai loro principi prima di cacciarli nel deserto sembrava ridicola. Ma era così che la famiglia Al Sud aveva sempre fatto. Perché improvvisamente avrebbe dovuto cambiare il suo sistema?

    Ma facciamo un passo indietro. Per capire il rapporto degli Al Saud con i loro sudditi, dobbiamo tornare alle origini della famiglia reale. Il modo in cui ha esteso il suo potere sulla Penisola Arabica è rivelatore. La storia moderna dell'Arabia Saudita inizia nel 1902 con l'audace attacco a Riyad da parte di un giovane Al Saud. A quel tempo questo attacco fu un misto tra una razzia e un atto di spavalderia giovanile, ma oggi è considerato l'atto fondatore della moderna Arabia Saudita.

    Per comprendere il rapporto tra la religione e la famiglia reale, dobbiamo andare ancora più indietro.  Nel 1744 aveva avuto luogo un incontro cruciale che ancora oggi fa sentire la sua influenza. A quel tempo il sacerdote radicale islamico Muhammad Abd Al Wahab fece un patto con l'emiro della famiglia Al Saud, che governò a Nejd. Patto che ha ancora oggi il suo valore.

    L'unità e l'unicità di Dio è al centro dell'Islam Wahabita. Questa visione è in netto contrasto con la variante Sufi dell'Islam che ammette l'esistenza dei santi così come l'erezione di tombe in loro onore e la conservazione delle loro reliquie. Fondamentalmente, l'Islam wahabita è ostile a tutto ciò che non è incentrato esclusivamente sul culto di dio.

    Le fondamenta di questo patto fanno sentire ancora oggi il loro effetto. Le famiglie Al Saud e Al Wahab si accordarono tra loro e i fondamenti di questo patto di convenienza fatto sentire il loro peso ancora oggi. Al momento di stabilire le condizioni gli Al Saud lasciarono l'autorità religiosa agli Al Wahab, che oggi si definiscono semplicemente Al Scheik, cioè la famiglia del padre religioso fondatore. In cambio, gli Al Scheik cedettero agli Al Saud la carica di sovrano legittimo, che rappresenta la dottrina dell'Islam puro. Ancora oggi il supremo sacerdote, il Grand-Mufti, e allo stesso tempo presidente del Consiglio Supremo dei Chierici, proviene quasi sempre dalla famiglia di Al Scheik.

    Nel XVIII secolo gli albori dell'organizzazione statale della famiglia Al Saud erano situati sull'altopiano al centro della penisola arabica, a Nejd la zona intorno a Riyad. Ma gli Al Saud dovettero lottare a lungo contro i loro rivali a sud-est della Penisola per affermare la propria supremazia: gli Al Raschid. Più volte gli Al Saud furono sopraffatti.

    Agli inizi del XIX secolo Agli inizi del XIX secolo gli Al Raschid si allearono con i Turchi. Nel 1818 le truppe ottomane attaccarono la capitale Ad Diriya scacciarono gli Al Saud. Oggi le rovine di questa prima capitale saudita si trovano in un sobborgo della Riyad nord-occidentale.

    Ecco perché gli Al Saud costruirono la loro nuova capitale Riyad, ancora più a sud. Nel 1891, tuttavia, gli Al Raschid li scacciarono anche da lì. Gli Al Saud andarono in esilio in Kuwait, dove la casa regnante diede loro asilo. Lì è cresciuto il futuro fondatore della dinastia saudita: re Abdulaziz.  Gli Al Saud si sono guadagnati da vivere razziando Nejd, la zona intorno a Riyad.

    Sotto la guida dell'allora ventunenne Abdulaziz, gli Al Saud nell'inverno del 1901 intrapresero di nuovo una di queste incursioni contro gli Al Raschid. Nel deserto, i cavalieri decisero di estendere l'incursione fino a Riyad. All'epoca l'odierna capitale saudita era un piccolo villaggio nel deserto con poche case di fango e una guarnigione.

    Insieme a circa venticinque uomini, Abdulaziz fece irruzione nella piccola fortezza Masmak a Riyad. In primo luogo il gruppo razziò casa di uno dei suoi ex servi di fronte al forte. Poi, la mattina, quando il cancello della piccola guarnigione fu aperto, attaccarono.

    Dopo una breve battaglia, il futuro primo re saudita Abdulaziz salì sulle mura della fortezza conquistata, spinse la testa mozzata del governatore e la lanciò ai piedi degli spettatori a terra. Era nato il moderno stato saudita.

    Questa fortezza di Masmak può essere visitata ancora oggi nel centro di Riyad. Proprio accanto alla moschea centrale si trova questo piccolo forte in argilla che ha un'ampia torre ad ognuno dei quattro angoli. L'interno ospita un piccolo museo.

    Tuttavia nel 1902 Abdulaziz, come Emiro di Riyadh, era uno dei tanti governanti regionali della Penisola Arabica. Inizialmente contro la volontà britannica e infine con l'aiuto della potenza egemonica inglese, tuttavia, eliminò gradualmente a poco a poco i suoi rivali nella Penisola. I primi che dovettero ammettere la sconfitta furono gli Al Rashid, i rivali nel nord. Poi entrò nel suo mirino il Califfo di Hijaz - la regione intorno alla Mecca-, Medina e la città portuale di Jeddah sul Mar Rosso, nell'ovest dell'odierna Arabia Saudita.

    In origine il califfo era un governatore dei turchi. Nella prima guerra mondiale, tuttavia, si ribellò e passò dalla parte degli inglesi. Questo episodio è stato reso famoso da I sette pilastri della saggezza di T.E. Lawrence.

    L'Ikhwan, termine arabo per I Fratelli o La Fratellanza, diede ad Abdulaziz il vantaggio decisivo in tutte le guerre contro gli altri principi arabi. Si trattava di associazioni di volontari fanatici che diffondevano l'orientamento wahabita dell'Islam in tutta la penisola.

    I membri dell'Ikhwan formarono spontaneamente delle

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