Le sue dita come stecchi di mandorlo
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Le sue dita come stecchi di mandorlo - Maurizio Mazzotta
633/1941.
Salento Salento!
1 - A punta Meliso
A punta Meliso il nonno, visto da me che stavo dietro a qualche metro da lui, sembrava una statua: un uomo di spalle col cappotto lungo e scuro, il cappello e il bastone, convinto di salutare l’incontro dei due mari.
Si voltò. Era chiaro che non mi vedeva. Col bastone indicava tutto ciò che aveva davanti e muovendolo leggermente pareva volesse detergere l’aria come quando si spanna il vetro del parabrezza. Ebbi l’impressione che volesse pulire l’aria per andare più lontano con lo sguardo.
Mi fece segno di avvicinarmi, mi prese sottobraccio.
«Fammi un favore. Io non ho la forza. Urla: Salento Salento, guardando dritto davanti.»
«Devo gridare, nonno?»
Guardai intorno per vedere se eravamo soli: non era ancora stagione di turisti. C’era il sole e l’aria un po’ freddina. Eravamo partiti presto ed erano le nove e trenta di un giovedì di metà maggio. Punta Meliso pressoché deserta.
«Sì sì, urla quanto più forte puoi.»
«Nonno!»
«Urla!»
«Salento Salento», dissi timidamente e lui, stringendomi a sé: «Pensa a tutto ciò che ha sofferto questa nostra terra e la nostra gente. Il terrore è venuto dal mare, i predatori dal Nord. Urla, Marco! Io non ho più forza. Pensa alle umiliazioni subite da gente che invece di essere solidale era ostile. Fai capire a questa nostra terra e alla nostra gente che noi non siamo con loro, fagli capire che siamo proprio loro» e mi prese le mani tra le sue.
«Salento Salento!! Salento!» urlai e il nonno mi abbracciò.
2 - Sulla via del ritorno
«Pensai a un dio, un dio avvolto in uno scuro mantello stretto alla vita da una fascia bianca.»
«Che stai dicendo, nonno?»
«Così vedevo il mare: con il suo immenso blu diviso da una scia luminosa che la luna rotonda e ridente stendeva sull'acqua coi suoi raggi. Ero meravigliato per tanto spettacolo e non mi accorgevo che il mio andare era sempre più difficoltoso. Mi avventuravo su un terreno roccioso ed informe. La costa in quel punto era impraticabile, scogli ai piedi e sagome incombenti si profilavano a destra e a sinistra. Non mi accorsi subito che alle mie spalle cumoli di nembi sopraggiungevano in una gara a chi per primo fosse riuscito ad oscurare la luna.»
Capii che stava raccontando un sogno, e infatti:
«I sogni cambiano continuamente gli scenari, lo sai. Una lingua di terra stretta ed alta. Prima era un prato che mi aveva portato con teneri passi fino a una scogliera che precipitava nel mare. La voluttà di dominare con l'udito, la vista, l'olfatto quella natura oscura mi spinse su quel crinale estremamente pericoloso, specie a quell'ora tarda e con la tempesta imminente.
«Gli scenari cambiano con disinvoltura, ma anche i personaggi. Ero io o un altro? Qualcuno, forse io stesso, pronunciò una frase, che ricordo con chiarezza. La frase era: Un prato sereno acceso dalla luna, ora una scogliera che precipita nel profondo. Insomma una frase del genere, ma ciò che conta è la mia sensazione: mi sentivo tradito. Come se qualcuno mi avesse detto andiamo, facciamo una passeggiata
e invece mi stesse portando verso un dirupo. Ciononostante - anche la contraddizione è tipica dei sogni - proseguivo deciso, dominato da una smania improvvisa come fossi impaziente di arrivare dove qualcuno mi stesse…ah ecco…trascinando… e dunque non ero deciso, mah!»
«La luna frattanto si era corrugata, si preparava ad affrontare i nembi che avevano assunto forme aggressive preoccupanti.»
Si zittì, e guidai nel totale silenzio della tarda mattina di maggio. Finché non dissi: «E allora, nonno?»
«Quando giunsi sulla scogliera a strapiombo, la luna ormai vinta riusciva solo debolmente a penetrare con i suoi raggi la cappa che sovrastava il mare. Il dio si era tolta la fascia bianca e aveva disteso il mantello per coprire l'orizzonte. Non ero deluso, anzi ero felice. Nell'imminenza della tempesta regnava una calma assoluta; la sensazione era netta: il tempo si era spezzato, si andava incontro a qualche spaventoso cataclisma. Il mare lo vedevo appena, anzi lo sentivo soltanto e continuava ad affascinarmi. Pensavo a cosa mai celasse ai miei occhi, che vita potesse esserci nei suoi abissi. Voleva afferrarmi, inghiottirmi…»
Qui mi afferrò il braccio, quello al volante. Dovetti fare resistenza e mi voltai rapidamente verso di lui: il nonno mi guardava con uno sguardo che passava oltre. Non mi piaceva, proprio i lineamenti, avevo quasi difficoltà a riconoscerlo. Che stava succedendo? Si era stancato troppo? Rallentai. E lui pronunciò lentamente:
«...farmi scivolare nella sua liquida essenza. La sua essenza! Mi affascinava ciò che di lui mi sfuggiva e che io cercavo di raggiungere. Non ero contento di goderlo con i miei sensi. Non mi bastava più. Volevo comprenderlo, ero irato con me stesso perché non vi riuscivo. Avrei voluto affondare le mani nel suo ventre, estrarne i tesori, portarli alla luce e gridare: è questo il mare! Questo è ciò che scienziati e poeti hanno cercato invano. Io l'ho trovato. A me solo il mare l'ha concesso.»
Fece una pausa. Con la coda dell’occhio vidi che si era voltato verso il finestrino dove correvano gli ulivi. Pensai che il pensiero era lucido e il linguaggio preciso. Era il nonno insomma e mi rassicurai.
«A Santa Maria i due mari si abbracciano, si azzuffano. Oggi si accarezzavano.»
E si voltò di nuovo verso di me, io gli afferrai la mano: era fredda.
« Senti freddo?»
« Sì, un po’»
« Il riscaldamento è acceso. Più di così non...»
« Fa nulla. I ricordi mi scalderanno.»
« Veramente mi stavi raccontando il sogno.»
Stette zitto per pochi secondi, poi riprese. Sentivo che mi stava guardando.
«So che la nonna ti ha raccontato di quando, appena diplomato scappai di casa e mi imbarcai…»
«Sì, ma non mi ha detto tutto. Papà, cioè tuo figlio che indaga sul passato, mi ha detto del biglietto che avevi lasciato. Aspetta! Lo dico io, me lo ricordo. Scandii parole, prelevando a poco a poco le frasi dalla memoria. Mi premio per gli esami superati col massimo dei voti, mi premio con una lunga permanenza in mare. Padre (ti rivolgevi prima a tuo padre), se ti avessi chiesto questo regalo non me lo avresti accordato. Mamma (la mamma veniva dopo), non ti preoccupare, saprò badare a me stesso
. E so pure che la polizia ti bloccò a Patrasso. Nonno, perché questo episodio non me lo hai mai raccontato, l’ho saputo a pezzi dalla nonna e da mio padre. Perché non me lo hai raccontato, c’è un motivo?»
«Perché lo ritengo un insuccesso. Perché mi vergogno che la polizia abbia frenato la mia corsa. Lo sai che inseguivo il mare? Mi piaceva troppo. Allora non c’erano mezzi veloci e sicuri, saltavo sulle carrette dei contadini, mi facevo prestare una bicicletta, passavano ore, un bel po’ di chilometri sia verso lo Jonio che verso l’Adriatico. Vedi, i salentini sono, meglio dire erano
, a quei tempi erano parte gente di terra, parte di mare. Ovviamente quelli nei centri della costa sarebbero i marini. Ma quelli di terra non avevano il mare, il mare era lontano - mezzi di trasporto insufficienti, - come fossero centinaia di chilometri. Però sono tutti mangiatori di pesce. I miei, i nostri sono tutti di terra, tranne me. Io per la verità sono di terra e di mare, di mare però non quanto avrei voluto.»
Cominciai ad avvertirlo stanco, come se si affannasse.
«Nonno, ti senti bene?»
«Per la verità non del tutto.»
«Allora basta, non parliamo.»
«No, devo finire il sogno.»
«Me lo puoi raccontare a casa. Tra mezz’ora…»
Stette in silenzio per un poco, infine riprese:
«Non ero solo, c'era qualcuno con me sulla scogliera. Una voce proprio dentro l’orecchio, una voce senza… senza suono che mi spingeva ad avanzare. Restai con lo sguardo incollato giù. Mi ero convinto che si poteva camminare sulla superficie di quel mare immobile. Ma io volevo sprofondare e ripresi a pregare le mie membra rigide che non riuscivano a fare quel piccolo passo che occorreva...» Parlava lentamente, come voler trattenere le parole. «... quel passo che