Il rumore degli errori
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Book preview
Il rumore degli errori - Antonio Cotardo
perdonarsi
Ringraziamenti
Ora che finalmente è tutto pronto per essere impaginato, volevo scrivere qualche parola di ringraziamento per le persone che hanno creduto in me e che continueranno a farlo fin a quando lo riterranno opportuno. Ho scelto di mettere i ringraziamenti prima dell’inizio di questa storia, perché spesso, per mancanza di tempo, o per puro rifiuto cosmico, siamo soliti non leggere quella che in fin dei conti rappresenta la parte più importante del libro. Ringrazio Giuseppe Pascali per il tempo che mi ha dedicato e per i consigli spassionati. Ringrazio Inventiamo Eventi di Neviano, nelle persone di Fiorella Mastria, Cristina Sansone e Cinzia Panico, per la professionalità e la passione che mettono nel loro modus operandi. Alessandra Corsano, preziosa e imprescindibile amica, la ringrazio specialmente per il sostegno continuo, senza il quale probabilmente non avrei mai pubblicato alcun libro. Ringrazio Ferdinando Scavran, una persona dalla cultura straordinaria, da prendere come esempio per la vita e dalla quale ho imparato tanto, semplicemente leggendo. Ringrazio l’Accademia della Nike, rappresentata da Flavia Abati, una persona squisita e dalle mille idee geniali. Ringrazio il Fondo Verri e in particolar modo Piero Rapanà, Mauro Marino e Gianni Minerva, un gruppo di persone unite dal fuoco della passione culturale, la stessa che mi ha fatto innamorare della poetica di Antonio Verri. Ringrazio mia sorella e mio cognato per l’ospitalità a Milano, senza la quale probabilmente non avrei finito di scrivere questo romanzo. Ringrazio Silvio Valzani e Mary Troiano, per il continuo sostegno artistico nel territorio barese e per la stima infinita nei miei confronti. Ringrazio l’Associazione Kronos di Campi Salentina, per la disponibilità e la cordialità nei miei riguardi. Ringrazio Paolo Vincenti, un amico come pochi, lo ringrazio perché grazie alle nostre telefonate, ai nostri incontri culturali e ai suoi scritti, sono cresciuto tanto. Ringrazio Antonio Rizzo, abile coltivatore di bellezza. Il Comune di Caprarica di Lecce, perché è bello non sentirsi soli quando si cerca di fare cultura. Ringrazio il Jamming Bar, rappresentato da Silvano e Alessio, per il sostegno artistico e per il caffè lungo più buono del mondo. Ringrazio la dottoressa Annarita D’Aversa per i consigli da lettrice agguerrita, il mio maestro di canto Apollonio Scardino, per il continuo e serrato incoraggiamento allo studio e all’approfondimento senza fine. Fabio Maddalo ed Eliana Calò per la sincera e proficua amicizia. Infine, ma come già ho detto in altre occasioni non per ordine di importanza, ringrazio gli amici di sempre, quelli che oltre il mondo virtuale, mi supportano e soprattutto mi sopportano ogni giorno. Questa storia è nata riflettendo quotidianamente su diverse tematiche della vita reale che mi stanno particolarmente a cuore. In alcune mi sono soffermato un po’ di più, in altre ho voluto dare soltanto un piccolo spunto di riflessione perché a mio avviso, non bisogna mai calcare la mano: ognuno agisce come meglio crede, il nostro compito è quello di stimolare il pensiero attraverso l’arte, sia essa scritta, cantata, ballata o dipinta.
Buona lettura dal vostro Antonio.
PREFAZIONE
Cambiamenti di rotta durante il cammino della vita. Una trama di eventi narrati con semplicità ed immediatezza, legati tra loro dai processi mentali del protagonista, dai suoi pensieri e dalle sue riflessioni, con una generosa esposizione interiore che si interseca con la realtà esterna. Scrivo con piacere questa introduzione al romanzo di un giovane amico, che apprezzo per la coerenza ed il coraggio delle parole. Sono parole e pensieri di disarmante semplicità, che compongono una storia plausibile, di quelle che potremmo cogliere in un articolo di cronaca o tra i post ammessi alla nostra visione dall’algoritmo di Facebook. La storia di un giovane imprenditore che sceglie di costruire al sud il suo futuro, grato alle sue origini e fiero dei suoi sogni, che materializza nel suo lavoro, nella famiglia e nell’amore. Ma la vita può cambiare il suo corso anche per un attimo di debolezza, di superficialità o, forse proprio per la nostra sordida certezza di controllarla e curarla in ogni suo aspetto. Da quel momento l’errore diventa una presenza pervasiva e genera reazioni a catena, si dibatte dentro di noi e genera un rumore subdolo e incessante. Sembra di ascoltarlo, quel rumore, scorrendo le pagine e ascoltando i dialoghi degli attori che compaiono sulla scena di questo romanzo, talvolta lento nel racconto e talvolta impaziente di narrare fatti e personaggi. Sulla scena scorrono le immagini della natura e dei luoghi, che coincidono con quelli dove Antonio, autore sensibile e ostinato, intreccia i ricordi e le esperienze personali con quelli del protagonista di questa storia. E la storia termina proprio nel Salento, dove Antonio ha deciso di vivere. Il suo lavoro di giardiniere, la sua passione per il canto, il suo talento per la poesia. La sua maturità, a volte stridente con l’iscrizione all’anagrafe del piccolo Comune di Caprarica. La sorprendente semplicità con cui dipinge la sua terra, la lentezza delle giornate e i colori della natura. La straordinaria capacità di osservare la società e metterne a nudo i problemi e le dissonanze. In un piccolo Comune del Salento gli errori fanno rumore, si fanno notare e se ne parla in piazza, al bar ed al mercato. Chi parlerà, invece, della vita di tanti giovani, come Antonio? Che regola una siepe per rendere merito alla natura, che modula la sua voce con il canto per esprimere le note della vita e scrive, a volte senza rileggere, ma è un piacere, per me, scorrere le righe ed essere sua amica.
Mary Troiano
CAPITOLO 1
Q
uella che sto per raccontarvi, malgrado non potessi farlo, è la storia più vecchia del mondo ed è proprio per questo motivo che non avrei dovuto prendermi la briga di scriverla, tanto più che forse a questo punto, nemmeno vi interessa conoscerla. Del resto per quale motivo dovrebbe interessarvi la storia di un perfetto sconosciuto, anonimo anche a se stesso, per giunta già sentita? Strano a dirsi ma spesso siamo più interessati a quello che accade nella vita degli altri che nella nostra. Un po' come quando ascoltando delle persone parlare di qualcuno che conosciamo, cerchiamo di tendere l'orecchio il più possibile per sentire cosa dicono: chi non l'ha fatto almeno una volta? Insomma non c'è niente di male, sono semplici scene di vita quotidiana, c'è poco da fare gli schizzinosi! Tuttavia, prima di perdere il filo del discorso, lasciatemi il tempo di spiegare, almeno a voi, come sono andate effettivamente le cose. Non comincerò dicendo c’era una volta: certe cose c’erano, ci sono e ci saranno sempre, noi però di qualunque cosa si tratti, dobbiamo prepararci ad affrontarla con il muso duro, senza vergogna di cadere, qualora un giorno dovesse succedere. E poi anche se fosse, che male ci sarebbe? Chi non è mai caduto? Tutto ebbe inizio molti anni fa, quando i miei genitori decisero di mettermi al mondo. Siciliana lei, salentino lui, entrambi figli di contadini, erano scappati dal Sud in cerca di fortuna al Nord quando erano ancora adolescenti e dopo aver completato a fatica gli studi a suon di privazioni e lavori serali e con i morsi della fame che spesso si facevano ancora sentire come se fossero il peggiore degli incubi, la fortuna decise di venirgli incontro. Si perché la fortuna è così: più la si cerca e meno la si ottiene. La fortuna non va né cercata né inseguita, la fortuna va lasciata dove sta: la fortuna va lasciata in pace! Decide lei quando è il momento di girare e quando poi alla fine lo fa, bisogna solo rendersene conto. Furono anni difficili, anni in cui regnava nell’aria un egoismo torvo e per certi versi implacabile. La gente era cattiva, più che altro disperata, anzi forse il termine più giusto è: esasperata. L’ultimo conflitto mondiale infatti, aveva azzerato le possibilità di molte famiglie italiane. Al Sud però, almeno fino a qualche decennio fa, le persone sono sempre riuscite ad arrangiarsi rincuorandosi l’una con l’altra. Fu così che Angelica La Rosa e Nicola Calamò, emigrarono a Milano. Lavoravano di notte e studiavano di giorno, lavoravano di giorno e studiavano di notte, lavoravano giorno e notte e studiavano il pomeriggio. Non esistevano altre soluzioni per vivere: bisognava pagare l’affitto e mantenersi fuori casa senza alcun sostegno economico