Lo specchio: Racconti
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Esiste nel linguaggio cinematografico una tecnica, detta “soggettiva” in cui la telecamera sostituisce appunto il soggetto, avanzando nello spazio della location come fosse questi a muoversi; ciò che la telecamera narra è la visione o meglio, il “punto di vista” della persona o della cosa che osserva luoghi, persone e situazioni via via svolgersi sotto i suoi occhi.
Avrete fatto caso alla ripresa di una facciona che appare sollevando il coperchio di un vasetto di yogurt, nelle pubblicità, come se ci fosse una telecamerina sul fondo del vasetto, puntata verso l'alto! Quella è la soggettiva del vasetto di yogurt, ed è la tecnica usata da Bianca Fasano nel suo racconto, “Lo Specchio”.
Il libro di cui fa parte “Lo Specchio” è una raccolta omonima di sei racconti, scritti adoperando diversi punti di vista.
La Fasano narra ora in prima persona, ora in terza, mentre nel racconto scelto come apertura adopera il punto di vista di uno specchio, oggetto di famiglia, spiato da un osservatore esterno che ne descrive le generazioni a cui è appartenuto, i diversi arredamenti che si succedono nel tempo, le facce che vi si riflettono in un lungo e rotondo peregrinare, di casa in casa, fino alla chiusura del cerchio.
Un elemento importante nello stile di Bianca Fasano è la napoletanità. Lungi dalla facile scelta di intercalari o di espressioni popolari, la napoletanità è avvertita nella parlata essenziale e asciutta, franca e onesta, senza giri di parole, dalla terminologia tanto semplice quanto potente, nella forza evocativa di stati d'animo e descrizioni varie in cui l'autrice non si attarda e di cui non si sente la mancanza.
Pure, avrebbe potuto esibirsi in una dettagliata spiegazione di tutta la letteratura esistente sulla simbologia dello specchio; non lo ha fatto, ha preferito affidare alla sola forza di quelle due parole “lo specchio” la marea di interpretazioni libere dei lettori, e questa è la forza di uno scrittore: evocare, non spiegare.
Umanità, sobria accettazione del destino ma anche forza d'animo e spiccata intelligenza, senso pratico e altruismo sono i valori che emergono dalle storie, alcune dal sapore autobiografico come “Il Mal di Denti” dove paragona, e idealmente accompagna, una tribolazione fisica alla tribolazione emotiva per un fatto di cronaca realmente accaduto, il caso di Alfredino Rampi.
O ne “Il Padre” in cui la protagonista trova la forza di volgere al bene un male, quasi in un implicito accordo con leggi destiniche dove si trova suo malgrado a nuotare, ma anziché resistere asseconda il fluire degli eventi, e la vita, alla fine, le riserverà ancora belle sorprese.
Chiude la raccolta la poesia “Goditi il tuo fuoco”, trascritta a mano sopra l'autoritratto dell'autrice che, ricordiamo, è anche pittrice, e giornalista impegnata in problematiche sociali. Personalmente la conobbi nel 1996 come fondatrice dell'Accademia dei Parmenidei di Salerno e di un prestigioso Premio Letterario per il quale si spendeva con grande devozione e indefesso lavoro.
Mi colpirono il suo contagioso entusiasmo e la sua luce, dapprima al telefono e poi di persona, quando la incontrai a Salerno.
“Nella sua lettura gratuita”, scrive la Fasano “(Lo Specchio) ha avuto, in pochi mesi, oltre 250 letture”, e prosegue “Non tutti gli scrittori sono aiutati da campagne pubblicitarie e molti, come me, sono 'figli di un dio minore', per cui l'unico autentico sostegno ci viene da chi ci legge”.
Il libro, edito da Accademia dei Parmenidei, è in vendita su molte piattaforme del web.
La copertina è di Bianca Fasano.
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Book preview
Lo specchio - Bianca Fasano
poesia.
Lo specchio.
Racconti.
Lo specchio
è il racconto che da il titolo a questa piccola raccolta di racconti. Ho lasciato inalterato il titolo e quasi del tutto la copertina, perché questo mio scritto ha avuto molti commenti favorevoli. Nella sua lettura gratuita ha avuto, in pochi mesi, oltre 250 letture.
La mia ispirazione, così come avviene per molti dei miei scritti, è nata da un fatto reale. Più che ispirato a
, proprio inerente a.
L'ho offerto per mesi gratuitamente, come ho fatto per altri, quasi fosse un biglietto di presentazione.
Lo stesso successo ho avuto, precedentemente, per Il sogno
, gratuito anch'esso per molti mesi.
Ho molto gradito i feedback, perché mi aiutano a comprendere quali linee letterarie piacciano di più ai miei lettori.
In giro per il web, su tanti spazi letterari vi sono molti altri miei lavori: mi farebbe piacere che si leggessero anche quelli e si dimostrasse l'interessamento anche acquistando quelli che ho posto in vendita.
Non tutti gli scrittori sono aiutati da campagne pubblicitarie e molti, come me, invece, sono figli di un dio minore
, per cui l'unico autentico sostegno ci viene da chi ci legge. In questo ci aiuta molto StreetLib che offre una possibilità di diffusione inusitata.
Sono giornalista e mi occupo spesso di problematiche sociali.
Troverete, volendo, la mia firma sul Web.
Aggiungo che, recensioni anche lunghe, sarebbero gradite e avrei il modo di pubblicarle con la firma dell'autore.
Grazie per l'attenzione.
Lo specchio
Lo specchio, in realtà, era una specchiera e faceva parte di un sontuoso salotto dorato che si trovava a vivere i suoi giorni nella casa di un medico napoletano nel 1924. Il proprietario aveva fatto elaborare tutto l’insieme da un falegname di Salvator Rosa. Lavoro a mano, foglio oro, con una tappezzeria dai vaghi colori azzurrini. Si faceva compagnia
, con un divano, due poltrone grandi, una specchiera rettangolare orizzontale, una consolle (su cui si appoggiava quietamente), molte poltroncine, un bel tavolo ovale con marmo rosa, una seggiolina bassa, un porta statue e non so che altro. Il tutto confortato dai fregi sulle porte, uguali a quello in cima allo specchio (specchiera), di cui parliamo.
La bella signora di nome Bianca, alta, per il suo tempo, slanciata, dalla chioma color ruggine, vi si specchiava, sia andando a teatro che a comprare abiti alla Merveilleus, o a fare giri in carrozza.
Lo specchio l’amava.
Poi, un brutto giorno, si vide trasportato altrove, sempre assieme ai suoi amici del salotto
in un’altra casa, a Salvator Rosa.
Perché un brutto giorno?
Purtroppo il padrone di casa, ossia il medico, era morto di polmonite, alla giovane età di 42 anni e la bella signora, vedova, in attesa di un erede (il terzo), era rientrata a vivere con il padre.
In qualche modo trovarono posto.
Intanto il primo figlio di Vincenzo, Gaetano, di nove anni, la sorellina e il nuovo nato (Vincenzino), si ritrovarono senza un padre.
La mamma era abituata a vivere bene, con cameriere di fino, cuoche, sguattere e nessun pensiero. Già: con la scusa di lasciare le donne a fare le padrone di casa, le signorine dell’alta società non venivano per nulla addestrate
alla vita comune. Non sapevano fare la spesa, fare economie, spedire una lettera, andare in banca a vedersi i fatti propri. Figuriamoci, poi, lavorare.
Forse erano più fortunate
le donne della media e bassa borghesia: la necessità le faceva crescere più agguerrite.
La bella signora Bianca dovette cercarsi un avvocato per curare i suoi affari testamentari e lo trovò in un giovanissimo Enrico De Nicola, che poi sarebbe divenuto