La rosa rossa
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Book preview
La rosa rossa - Ivana Massini
Quarta
Ivana Massini
La rosa rossa
Romanzo
Youcanprint
Titolo | La rosa rossa
Autore | Ivana Massini
ISBN | 978-88-31680-62-2
Prima edizione digitale: 2020
© Tutti i diritti riservati all'Autore.
Questa opera è pubblicata direttamente dall'autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'autore.
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Questo romanzo è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’Autore o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.
Ai miei figli
Se il diavolo non esiste e quindi è stato creato dall’uomo, questi l’ha creato a propria immagine e somiglianza.
Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov
1.
Anna sedeva sulla panchina di pietra del giardino, dirimpetto al sole, eccezionalmente caldo per il mese di ottobre; i raggi solari la riscaldavano e lenivano la sua sofferenza, le recenti turbolenze familiari l’avevano resa stanca e preoccupata.
Osservava assorta la natura circostante: il pino silvestre si ergeva slanciato, quasi minaccioso, sovrastando il tetto della casa e la ginestra sfiorita alla sua destra non era più una vivace macchia di colore giallo, al contrario delle rose rosse ancora rigogliose per il caldo autunno.
I suoi pensieri furono distolti, ad un tratto, dalla visione di una familiare figura femminile che transitava tranquilla nella strada sottostante; il suo cuore accelerò i battiti e un turbamento l’assalì.
Riconobbe, in quella figura, Antonella, la cara amica di un tempo a cui era stata molto legata. La loro amicizia si era a un certo punto, senza un apparente motivo, interrotta e ciascuna di loro aveva vissuto la sua vita senza sapere nulla dell’altra.
Gli sguardi si incrociarono e Anna non ebbe esitazione: di scatto rincorse l'amica e la fermò.
Si guardarono negli occhi senza dirsi nulla, si abbracciarono forte e fu come se il tempo, dall'ultimo giorno in cui non si erano più viste, non fosse trascorso. «Oddio, quanto tempo è passato!», disse Anna ad Antonella, «come ti trovo bene, sei in ottima forma, sono felicissima di vederti. Quanta acqua sotto i ponti è passata dall’ultima volta che ci siamo viste!». «Anch’io sono contenta di vederti e non sei per niente cambiata, sei ancora una bella donna», le rispose Antonella, «perché tu no?», «Dai, vieni in casa così beviamo qualcosa», «volentieri», le rispose l’amica.
Si sedettero in cucina e Anna preparò il tè alla menta che si ricordava piacesse molto ad Antonella.
«Spero che i tuoi gusti non siano cambiati, ti ho preparato il tè preferito». «Ti ringrazio, hai buona memoria, sono un’abitudinaria, per me rimane la bevanda migliore».
All'inizio furono titubanti, quasi pudiche nel raccontarsi la loro vita, ma piano piano abbandonarono ogni indugio e iniziarono a parlare senza fingimento.
Si erano sposate con gli storici compagni, sebbene, tra di loro esistessero differenze culturali e caratteriali. Antonella iniziò a parlarle dei momenti salienti della propria vita, fino all'interruzione della loro amicizia.
«Sai Anna ho avuto da Ovidio un solo figlio, Luca. È un bravo ragazzo, un gran lavoratore e fino a oggi mi ha dato poche preoccupazioni. Cosa che invece il padre non è riuscito a fare; il nostro rapporto è difficile, ci troviamo d’accordo su poche cose», «come mi dispiace!», rispose Anna.
«Io, grazie a Dio con Hossein mi trovo bene anche se in certi momenti anche noi litighiamo, ma spesso per delle sciocchezze. In quest’ultimo tempo siamo un po’ tesi, il lavoro estenuante, Elena che se n’è andata, ci ha resi particolarmente nervosi. Passerà!
I figli stanno bene: il primogenito Michelangelo si è laureato in Storia dell'Arte e vive con la sua ragazza in un piccolo appartamento del centro storico di Firenze, lavorano entrambi nel campo dell'arte e sembrano felici. Valentino segue le orme del padre, studia con profitto Architettura. Elena, la più piccola, è dovuta emigrare in Francia.
In Italia non è riuscita a trovare un lavoro consono alle sue capacità e ai suoi studi. Lì ha trovato un’occupazione presso una fabbrica che produce champagne; fa un po' il factotum
e si trova bene; mi manca molto».
Discussero di tante altre cose e non si accorsero che il sole era già calato. «Devo andarmene Anna, si è fatto tardi, ma ti prometto che ci rivedremo presto», «mantieni la promessa, mi raccomando, le rispose l’amica».
Anna l'accompagnò fino alla strada oramai buia e dei brividi di freddo la costrinsero a rientrare in fretta.
Si recò nel soggiorno e si adagiò, stendendo le gambe, sul vecchio divano verde ancora confortevole malgrado i suoi tanti anni. Era posizionato di fronte al camino di marmo bianco che donava un tocco di luce all'intero ambiente, arredato con mobili un po’ cupi, di un colore marrone opaco.
Anna così distesa ripercorse mentalmente il tempo trascorso con Antonella. Ricordò il loro soggiorno in una vecchia casa di campagna, affittata insieme.
2.
Antonella aveva perduto in breve tempo entrambi i genitori e nella loro unica casa rimase il fratello sposato, con i due figli. Per il poco spazio, fu costretta a lasciarla.
Il trasferimento nella nuova abitazione, con Anna, la rese felice. Il piccolo appartamento, era situato vicino a un piccolo centro abitato, in aperta campagna.
La convivenza divenne piacevole e spensierata, il loro legame sempre più stretto, finché entrambe si sposarono: Antonella con il dolce e bel fidanzato, Ovidio, Anna con l'autoritario Hossein chiamato da lei ironicamente il mio bronzo di Riace, tale era la sua imponenza e avvenenza.
Per Anna l'attrazione fisica nelle sue storie sentimentali era stata sempre determinante e per questo non si erano rivelate sempre felici.
Le numerose problematiche vissute da Anna e Antonella nella loro vita matrimoniale, la professione e la nascita dei figli, le avevano poi progressivamente e inesorabilmente allontanate finché, come per un blackout, cessarono di sentirsi e incontrarsi.
Il ricordo di Antonella divenne per Anna struggente, ma nello stesso tempo, avvertiva un’inquietudine inspiegabile. Soffriva per questa incongruenza.
Il tempo scorreva inesorabile per le due amiche, tra il lavoro e la famiglia.
Il rapporto di Anna con il marito, era divenuto ultimamente più’ conflittuale, e le loro divergenze di mentalità si erano acuite, riguardo soprattutto al desiderio di libertà di Anna.
Ciò aveva reso la quotidianità di Anna difficile da gestire, soprattutto nei riguardi dei tre figli, costretti a vivere una situazione familiare spesso non serena.
La sensibilità e l'ottimismo di Anna di fronte ad ogni evento, si erano progressivamente attenuate e avevano lasciato il posto a un’indifferenza e pessimismo fino ad allora per lei sconosciuti. Ovidio il marito di Antonella, invece, non aveva mai ostacolato l’autonomia della moglie, pur essendoci tra di loro tante incomprensioni.
Le loro vite così diverse si erano svolte in parallelo, senza che ciascuna di loro ne fosse a conoscenza.
3.
Anna si era spostata nella camera da letto sopra al soggiorno e lo sguardo si concentrò su di una vecchia foto, posizionata sul cassettone. Ritraeva le due amiche abbracciate e sorridenti. Alle loro spalle si notava l'amata casa della loro coabitazione, circondata da molti alberi: castagni rigogliosi, aceri montani, pioppi tremuli e numerosi arbusti.
Fu bello per loro vivere in quel luogo isolato e tranquillo, lontano dal caos e dall'inquinamento della città, contente di poter godere di quel meraviglioso spettacolo naturale.
La strada per raggiungere l’abitazione si inerpicava ripida: una moltitudine di vegetazione la circondava. In estate il luogo diveniva un trionfo di colori: margherite gialle e bianche, papaveri, ginestre, anemoni, violette, tuberose, rosa canina, biancospino e altri fiori, si spargevano ovunque.
All'estremità della casa si trovava un piccolo rigagnolo, nei pressi del quale un tronco d'albero fungeva da panchina. Più di una volta le due amiche vi si erano sedute per ammirare la natura e osservare i ranocchi gracidanti che si tuffavano nella corrente.
Anna ricordava le passeggiate nel periodo della raccolta delle castagne, quando la vegetazione mostrava una tonalità esplosiva, di un giallo rosso fuoco, che le ricordava i quadri di Van Gogh.
Le legava un sentimento forte e consolidato. Condividevano una spiccata passione per l'arte in generale, in particolare per la letteratura, la poesia e la pittura.
Antonella dipingeva, mentre Anna aveva scritto numerose poesie mai fatte pubblicare, per una specie di pudore.
I giorni trascorrevano quieti e sereni e le amiche dividevano le giornate tra di loro, il lavoro e i compagni.
La casa antica in cui abitavano era stata edificata con la pietra serena, caratteristica del luogo. Di fronte un leccio grandissimo e dalla folta chioma, faceva ombra nelle giornate più calde. Nelle stagioni primaverile ed estiva, mille fiori di varie specie e colori, spargevano nell’aria un inebriante profumo.
Dal piccolo soggiorno sul retro, arredato con mobili di arte povera, si poteva osservare uno scorcio della valle sottostante e la cima della montagna che si stagliava fiera su di essa.
Nel comodino marrone vicino al suo letto, Anna aveva disposto un quadretto incorniciato della Madonna del Cardellino di Raffaello. Le era molto cara quell’immagine, sebbene a quei tempi lei non fosse credente; le piaceva per l'intensità d'amore che lo sguardo della madre e del figlioletto esprimevano.
Antonella scherzando, capovolgeva l'immagine sacra o la riponeva nel cassetto. In segno di scherno diceva all'amica, «le hai recitate le tue preghiere stasera?», Anna rispondeva col sorriso sulle labbra, «Certamente, non potrei dimenticarmene». Per Antonella essere credenti significava ignoranza; era atea in modo assoluto perché riteneva le religioni un inganno per l’umanità; per questo rifiutava ogni tipo di credo.
Le due amiche, quando nel tardo pomeriggio rientravano dal lavoro, preparavano a turno una cena frugale perché non davano molta importanza al cibo.
Dopo, si sedevano nel divanetto di colore giallo paglierino, posizionato dirimpetto al bel camino in pietra, accanto al tavolo da cucina.
Quello divenne il luogo preferito per le loro interminabili e piacevoli conversazioni.
Esse avevano deliberatamente escluso dalla loro amicizia i compagni, che frequentavano separatamente.
Il compagno di Anna, Hossein, non aveva compreso né condiviso, per un senso di gelosia, quell'intimità; Ovidio, il compagno di Antonella, si era invece mostrato più tollerante.
Le due amiche nutrivano un interesse particolare per la musica. Ad Anna piaceva ascoltare i brani di musica classica, soprattutto di compositori romantici, quali Chopin e Tchaikovsky; le capitava spesso di commuoversi ascoltando quella musica melodiosa; amava anche l'opera, in particolar modo la Manon Lescaut e la Madame Butterfly che aveva visto, con altre opere a teatro, insieme a Hossein.
Antonella preferiva invece ascoltare la musica rock, soprattutto quella heavy metal.
Anna, quando aveva bisogno di rilassarsi e di stare da sola, in silenzio ascoltava la musica classica che aveva il potere di tranquillizzarla e di renderla serena. Antonella al contrario, non ne era coinvolta, anzi ne era quasi infastidita; si rivolgeva all'amica con modi un po' sgarbati, «ehi, puoi spegnere quella palla di musica? È veramente noiosa! Ascolta il metal invece, ti darebbe una carica che neanche immagini». Anna le rispondeva, «ti ringrazio ma non posso, mi innervosisce e non capisco come tu possa ascoltarla per tanto tempo».
Per il resto tra di loro c’era sintonia, amavano i classici della poesia, in modo particolare Giacomo Leopardi.
Antonella spesso dipingeva e quando le giornate mostravano una luce particolare, disponeva il cavalletto all’esterno, sul terrazzo vicino alla porta principale. Iniziava così, a disegnare. Privilegiava l'arte espressionista; uno dei suoi quadri preferiti era L’urlo di Munch.
I libri preferiti di Anna erano Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen e Guerra e Pace di Tolstoj; per Antonella invece, i Demoni di Dostoevskij e il Faust di Goethe.
Le due amiche erano solite passeggiare fino al bosco e percorrendo il sentiero dietro la casa discutevano delle loro letture, mentre assaporavano l'atmosfera campestre.
4.
Antonella lavorava presso un laboratorio di pittura che produceva copie di grandi artisti; si trovava a Firenze, vicino alla Piazzetta de Ciompi, poco lontano dalla Basilica di Santa Croce; un lavoro, per lei, gratificante e interessante.
Anna invece insegnava Italiano e Storia in un Istituto Superiore del centro di Firenze.
In una delle loro numerose passeggiate crepuscolari, vicino alla loro casetta, Anna notò un bellissimo arbusto, il Cisto Laurino, comunemente detto il fiore della Madonna. Un fiore raro; fu sorpresa di trovarlo lì vicino ad un piccolo fosso.
Di solito cresceva vicino a impervi e rocciosi luoghi di collina. Si chinò per osservarlo ed ebbe l'impulso di raccoglierlo, tale era la sua bellezza.
Si fermò appena in tempo: non era giusto né corretto, reciderlo per farlo appassire in un anonimo vaso di fiori.
Nel chinarsi, quasi per caso, notò la presenza di una croce celtica dipinta su di una pietra grezza colorata di nero, intorno a dei simboli esoterici. Anna ebbe un istintivo senso di repulsione, si girò verso Antonella dicendole, «Oddio cosa sono questi inquietanti e strani oggetti? Perché si trovano qui, secondo te? Cosa potrebbero significare?»
Antonella con il volto e la voce impassibile, le rispose: «di cosa ti preoccupi fifona? Non è nulla di che. Per me è solo opera di qualche sciocco ragazzino che si è divertito nel pensare di spaventare qualcuno. Tranquilla, non c’è nulla di cui aver paura».
Anna ne fu parzialmente convinta e il discorso terminò lì. In allegria rientrarono nella loro abitazione.
Durante la notte, Anna ebbe degli incubi. Le pareva sentir qualcuno bussare alla porta con dei forti colpi, lei si alzava per aprire e veniva assalita da una grossa lince, con le corna e gli occhi di fuoco. Si svegliò gridando, era madida di sudore. Antonella dormiva nella piccola stanza accanto e si svegliò udendo l'urlo.
Si precipitò nella camera dell'amica e le chiese: «Anna cosa hai? Ti senti bene? Hai avuto un incubo?», Anna rispose, «ho fatto un sogno orribile e spaventoso, tremo tutta». Antonella l'abbracciò per tranquillizzarla. Anna molto turbata, non si accorse del tiepido abbraccio; Antonella le porse un bicchiere d'acqua e la invitò a bere. «Adesso dormi tesoro, stai tranquilla, si è trattato soltanto di un brutto sogno». Anna con fatica si riaddormentò e sognò di nuovo. Stavolta, però, fu un sogno d'amore: vedeva il bel volto dell'amato Hossein e i suoi occhi penetranti che l'osservavano con passione, la sua bocca protesa verso la sua, nell’atto di baciarla.
5.
Il rapporto con Hossein per Anna, divenne ultimamente difficile da gestire.
Ciò ne aveva condizionato il carattere. La sua sensibilità e il suo pessimismo si erano accentuati e soprattutto per il suo costante aggiornamento, tramite i vari mass media, su ciò che accadeva nel mondo.
Hossein, al contrario, aveva una visione fatalistica dei vari accadimenti, retaggio della sua cultura. Non amava seguire i social né i quotidiani, ritenendo che la stampa e i media in generale, non dicessero quasi mai la verità.
Aveva intrapreso studi scientifici nel suo paese di origine. In Italia, poi, aveva studiato architettura, laureandosi con il massimo dei voti.
Il suo carattere lo portava ad essere molto empatico con le persone; per lui l’ospitalità era sacra. Il suo intransigente ateismo, lo portava a credere alla strumentalizzazione delle religioni per fini politici.
Anna, al contrario, dopo un lungo periodo di scetticismo, si era avvicinata alla religione cristiana. Aveva avvertito, all’improvviso dentro di sé, un forte bisogno di spiritualità.
Tutti e due, però, credevano in una politica attenta ai bisogni dei più poveri ed emarginati, sebbene fossero consapevoli della difficoltà nel realizzarla, data la natura egocentrica e individualista dell'uomo.
Anna,