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Il conte e il giacobino
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E-book187 pagine2 ore

Il conte e il giacobino

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Info su questo ebook

L'intento di questo libro e far conoscere gli avvenimenti dell'epoca che, a seguito dell'arrivo in Piemonte dei canoni rivoluzionari francesi, mutarono sostanzialmente la vita della società nelle città cosi come nei piccoli paesi. L'introduzione dell'uguaglianza delle persone di fronte alla legge, il divorzio, l'adozione di un sistema fiscale basato sul reddito individuale e la possibilità di esprimere liberamente i propri convincimenti politici iniziarono quel processo che portò alcuni decenni dopo alla nascita delle democrazie liberali. E augurabile che, leggendo quest'opera e comprendendo a quali traversie dovettero sottoporsi i protagonisti per realizzare i propri convincimenti, il lettore ricavi uno stimolo per comprendere meglio e affrontare in modo meno rinunciatario le problematiche attuali.
LinguaItaliano
Data di uscita16 apr 2019
ISBN9788831615273
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    Anteprima del libro

    Il conte e il giacobino - Livio Barengo

    633/1941.

    Presentazione

    Il romanzo è ambientato a Mazzè, in Canavese, alla fine del  XVIII secolo e i protagonisti sono realmente esistiti. Non si hanno notizie certe delle vicende raccontate, ma queste, essendo tracciate sulla falsariga di quanto conosciuto della personalità dei protagonisti, le rende verosimili. In estrema sintesi si raccontano fatti che molto probabilmente sono realmente avvenuti.

    Lo scopo è di far conoscere in modo scorrevole al lettore la storia del periodo napoleonico in Canavese,  un tempo di grandi sommovimenti sociali ed economici estremamente importante per comprendere l’attualità.

    Capitolo Primo

    In una mattinata d’autunno  tersa e  frizzante  solo  un lieve velo di foschia  gravava  ancora sui prati illuminati da poco dal sole,  mentre  in lontananza  mandrie di cavalli  al pascolo annunciavano la vicinanza della Mandria,  uno dei luoghi dove nasceva la cavalleria  del re di Sardegna.

    Una carrozza  con lo stemma verde oro dei conti Valperga  sulle porte,  trainata  da un paio di giumente dall’aspetto  appassito, avanzava lentamente sulla strada che conduceva alla grande masseria reale. A prima vista pareva  che  agli occupanti della carrozza non  interessasse giungere  a  destinazione,  tanto che le giumente  non andavano oltre uno  svogliato trotto. Nessun rumore, a parte lo zoccolio  dei cavalli e il cigolio delle ruote rompeva il silenzio, ma a un centinaio di trabucchi dalla tenuta  il  passeggero all’interno della carrozza esclamò ad alta voce:

    - Tonio! Fermiamoci alla Mandria, voglio  bere un goccio.

    - Molto volentieri,  signor conte, ne approfitterò anch’io -  rispose il cocchiere.  - Però se ci fermiamo  non arriverete in tempo a Chivasso per prendere  la diligenza diretta a Torino.

    - Non importa, voglio parlare con il nuovo comandante della Mandria. Se poi deciderò di andare alla capitale tu mi porterai  a destinazione.

    - Come volete, signor conte - confermò il cocchiere, aggiungendo dopo qualche secondo di silenzio: - Siete preoccupato di quanto accade a Parigi?

    - Mia caro Tonio, mi pare che il mondo stia andando alla rovescia - spiegò il passeggero sporgendosi dalla finestrella. - Spero che siano esagerazioni.

    - Perdonate, ma è vero che in Francia c’è la rivoluzione?

    - Sì, pare che i francesi vogliano creare un mondo nuovo.

    - Dio ci scampi,  bastano i guai di quello attuale! - esclamò  il postiglione incitando i cavalli -  Cosa credete che avverrà?

    - Non so, però sono sicuro che ne vedremo delle belle - borbottò il Valperga, quasi parlando a se stesso.

    In quel mentre la carrozza, valicato uno dei  portoni che si aprivano nella cinta esterna  della tenuta  entrò all’interno nella Mandria,  dirigendosi verso la fontana  che zampillava nel mezzo del vasto cortile,  dando così modo  ai cavalli  di abbeverarsi. A quella vista un ufficiale uscì dal portico che contornava  il piazzale e si diresse verso la carrozza:

    - Sono il tenente Grassi, signor conte. Vi do il mio benvenuto alla Mandria reale.

    - Vi ringrazio, tenente. Mi sono fermato perché  voglio bere un goccio e scambiare quattro chiacchiere con il vostro comandante  - rispose il nobiluomo, un giovane alto e dinoccolato vestito con ricercatezza dall’apparente età di  trent’anni,  scendendo agilmente dalla carrozza.

    - Come volete - assentì  l’ufficiale e poi, chiamato un soldato, ordinò: - Prenditi cura dei cavalli del signor conte e  porta la carrozza sulla strada per Chivasso.

    A quell’ordine il soldato salì in cassetta e occupò il posto di Tonio  già  sceso a terra da alcuni momenti  e, prese le briglie,  diresse la carrozza verso il  luogo indicato dall’ufficiale.

    - Tenente, sapete qual è la situazione a Torino? - chiese  il  nobile  avviandosi verso la taverna  che si indovinava sotto un androne del portico.

    - Si sentono le cose più incredibili - rispose  il giovane ufficiale. - Io non so a cosa credere, pare che in Francia  stia andando tutto  alla malora. Oltretutto si dice che anche in Savoia siano avvenuti disordini.

    - Questo non me lo aspettavo! - esclamò il nuovo arrivato.

    - E’ una notizia giunta  ieri - chiarì il tenente. - Probabilmente gli autori erano persone arrivate da oltre confine. Voi  pensate che  in Francia i rivoluzionari potrebbero proclamare la  repubblica?

    - Non so, ma se lo faranno significherebbe che è giunto l’anticristo in terra - rispose il conte entrando nel locale.

    La taverna della Mandria era un vasto ambiente semibuio che si apriva su un  lato del  porticato.  Il suo arredamento consisteva in un  banco di mescita a lato dell’entrata e dei tavoli  sparpagliati nella parte  più lontana.  Al fondo, oltre ad una scala che conduceva al piano superiore, un focolare ardeva in un camino addossato al muro, che oltre a  riscaldare  forniva  luce agli avventori seduti ai tavoli.

    -  Benvenuto signor conte! - esclamò l’oste, un uomo tracagnotto seduto dietro al bancone, chiaramente un veterano dell’esercito sabaudo,  quando scorse il Valperga. - Sono molto onorato dalla vostra presenza, come posso servirvi? 

    - Tu sai quanto sia esile il mio desiderio di bere un bicchiere di quello che tu definisci vino, ma visto che non c’è altro,  portaci del Greco - ordinò il nobile accomodandosi ad un tavolo poco lontano dal  camino e facendo cenno al suo cocchiere di fare altrettanto.

    Un tavolo poco distante  era occupato da due giovanotti vestiti con una certa cura che parlottavano tra loro in francese,