Il nuovo Reich
Di Luca Busata
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Anteprima del libro
Il nuovo Reich - Luca Busata
633/1941.
Prologo
23/12/2012
Cara Maggie,
non so dove tu sia, ma queste poche parole le invierò a casa nostra, se mai riuscirò a trovare il modo. Spero con tutto il cuore che tu, un giorno, le leggerai, perché vorrebbe dire che sei ancora viva. Non so come dirtelo ma, è stata tutta colpa mia. Le cose non sono andate come avrebbero dovuto. Tutte le mie ricerche, tutti gli anni della mia vita passati a cercare il modo di aiutare le persone, in realtà non sono serviti a nulla. Anzi, sono serviti a distruggere e rovinare tutto quello che, con fatica, avevamo costruito. Certo, sono stato usato, sono stato tradito dalle persone in cui riponevo tutta la mia fiducia, ma la verità è che sono stato un ingenuo. Credevo davvero che i soldi non fossero la cosa più importante per le persone ma, ahimè, mi sbagliavo di grosso.
Ora non ho più nulla, non ho più un futuro, forse nessuno di noi ne ha. Forse pochi di noi vedranno un domani e, sicuramente, per chi lo vedrà, non sarà più come prima. Io però porterò sempre il tuo ricordo dentro di me, e questo mi conforta tantissimo.
Ti ricordi quando io ti parlavo scherzosamente della fine del mondo e tu mi prendevi in giro? Beh … forse abbiamo sbagliato a ridere … Credo che i Maya avessero veramente intuito quando sarebbe successo … il problema è che noi, non avevamo intuito come …
Adesso, con le lacrime agli occhi ti lascio e ti saluto, credo per l’ultima volta …
Ti Amo,
per sempre tuo
Pete
1
Magdeburgo, Germania
Il rumore dell’acqua che scendeva dalla doccia, risuonava come una musica rilassante nelle orecchie di Hans Kirchner. Il vapore risaliva lungo il suo corpo e gli faceva lacrimare gli occhi. Lui amava fare la doccia bollente e aveva bisogno di rilassarsi quella mattina perché non aveva mai avuto così tanta paura e non era mai stato così teso. Rimase per più di quaranta minuti sotto l’acqua bollente e scrosciante, si era alzato un po’ prima apposta. Chiuse il rubinetto, prese l’asciugamani appeso accanto alla porta in vetro scorrevole, ed iniziò ad asciugarsi con calma. Il piccolo specchio completamente appannato di fronte a lui, cominciava pian piano a rivelare la sagoma del suo volto e del suo capo, completamente rasato. Folte sopracciglia scure risaltavano sopra ai suoi profondi occhi azzurri come il ghiaccio. I numerosi tatuaggi sparsi lungo il suo corpo cominciavano a prendere forma, ma il più importante, quello sul muscolo pettorale sinistro, vicino al suo cuore, attirò il suo sguardo. Una grossa svastica nera, all’interno di un cerchio rosso. Il simbolo della NIN, Neue Intelligenz Neonazis, i nuovi servizi segreti neonazisti. Gliel’aveva fatto fare suo padre, all’età di 15 anni, una tradizione di famiglia, tramandata di generazione in generazione sin dagli anni ’40, ai tempi del Fuhrer.
Hans passò tutta la giornata in hotel, aspettando che venisse sera. Studiò e ristudiò il piano in tutti i suoi dettagli per più volte, cercando di capire se ci fosse qualche falla, qualcosa che non aveva pianificato bene, che avrebbe potuto mandare all’aria tutto.
A sera inoltrata, verso le 20:00, decise che era giunto il momento di uscire. Prese la sua valigetta, contenente tutto il necessario e scrupolosamente preparata il giorno prima, indossò il lungo impermeabile grigio e chiuse adagio la porta della sua stanza dietro di sé. Percorse lentamente il lungo corridoio costellato di porte tutte uguali, e raggiunse l’ascensore. Scese al piano terra, dove si trovava la hall di ingresso e passò davanti alla reception, controllando con la coda dell’occhio che non ci fossero sguardi indiscreti posati su di lui. Raggiunse la grande porta girevole dell’ingresso e uscì.
L’aria gelida di fine dicembre gli entrò diritta nel naso, scendendo giù nei polmoni e aprendogli di netto il respiro. La città era piena di luci e di colori, pronta ad accogliere il Natale Cristiano. Ogni vetrina, era allestita a festa e attaccate ad ogni lampione, risaltavano centinaia di luci in movimento che si accendevano e si spegnevano a ritmo costante. Per Hans, tutto ciò era inutile e riluttante. A terra, sui marciapiedi, la neve caduta il giorno prima era ancora fresca. Hans prese a camminare, imboccando un lungo viale pedonale, che portava verso Alter Markt, una delle piazze principali della città. Li, lo attendeva il contatto che lo avrebbe accompagnato sul luogo dove portare a termine la sua missione.
Appena si affacciò alla piazza, Hans, lo notò subito. Era seduto sul tavolino di un Bar, poco lontano da lui. Anche l’uomo notò immediatamente Hans. del resto il loro impermeabile grigio, per chi avesse anche letto solo qualcosa della NIN, era inconfondibile. Hans prese quindi a camminare verso di lui, sempre con fare completamente disinteressato e attento a tutto ciò che lo circondava. L’uomo si alzò dalla sedia, si avvicinò ad una Mercedes classe B completamente nera con i vetri oscurati parcheggiata di fronte al bar, e vi salì al posto di guida. Anche Hans, percorrendo un lungo marciapiede, raggiunse l’auto, e senza dare nell’occhio aprì lo sportello e salì sul sedile posteriore. L’uomo mise in moto l’auto senza proferire parola, accelerò con dolcezza, e imboccò una stradina secondaria in ciottolato. Aggirato un vecchio palazzo in stile, l’auto sbucò in un viale più ampio, che conduceva fuori dalla zona centrale della città. Attraversati alcuni isolati, e superata una zona residenziale, l’auto svoltò improvvisamente sulla sinistra, imboccando la Klausener Strasse. Lungo la via, sorgevano delle bellissime ville in stile, dei primi del ‘900, alcune delle quali modificate e altre completamente ristrutturate. Ai lati della strada, si stagliavano immensi alberi completamente spogli, con i rami coperti di neve.
L’auto si fermò improvvisamente davanti ad una villa bianca, con davanti una cancellata in acciaio fiancheggiata da due alte colonne in marmo, e da una ringhiera, che circondava tutto il giardino. Oltre il cancello, un vialetto illuminato a giorno conduceva all’ingresso principale. Hans scese dalla macchina, e si incamminò