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Amore in fiamme
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Amore in fiamme

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About this ebook

Laurearsi all'Università a ventidue anni e contemporaneamente ricevere la sentenza di divorzio dall'uomo che aveva amato e che era il padre del bambino che portava nel suo ventre, non è stata una situazione facile per Amelia. 

Ma passato del tempo da quella brutta esperienza e dopo aver condotto una vita tranquilla nel Call Center del 911, comincia, tra lei ed un pompiere che conosce solo per telefono, una connessione che nemmeno lei riesce a spiegare.
Inspiegabilmente, la voce del Cowboy riesce a darle la sicurezza e la tranquillità, ma il vincolo che la tiene unita a Derek, il suo ex marito, comincia a complicare la sua esistenza.

Lorena Fuentes ci conduce in una novella di auto conoscimento nella quale Amelia comprenderà in cosa consiste la felicità e quello che significa realmente essere consumata dalle fiamme dell’amore, però non senza prima venire tradita.

LanguageItaliano
Release dateApr 6, 2019
ISBN9781547580927
Amore in fiamme

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    Amore in fiamme - Lorena Fuentes

    A mio nonno, perché sei per me l’uomo perfetto. E a tutte quelle donne che si sentono identificate con Amelia.

    Vagavamo senza cercarci pur sapendo che vagavamo per incontrarci.

    Julio Cortázar

    Prologo

    3 anni prima

    07/15/2013

    La vita ci insegna che quando non c’è più amore, il miglior modo di terminare una relazione è di uscirne a testa alta.

    Voglio raccontare la mia storia su queste pagine bianche, però prima mi presento: mi chiamo Amelia Reeds, ho ventidue anni, mi sono appena laureata in Psicologia Clinica all’Università di Boston e oggi è stata emessa la sentenza definitiva del mio divorzio.

    Potete crederci?

    Divorziata a ventidue anni.

    Adesso dovrei raccontarvi da chi ho divorziato?

    Il suo nome è Derek Fleming.

    Ho conosciuto Derek quando avevo appena compiuto quattordici anni e frequentavo la terza media. In quel periodo usciva dalla scuola superiore con una borsa di studio sportiva per l’Università di Boston. Potete incolparmi di essermi fatta prendere da lui sin dal primo momento, era il tipico adolescente americano, chi non si sarebbe innamorato? Avrei dovuto essere cieca per non farlo. Era un bellissimo giovane di diciotto anni con il corpo scolpito dallo sport, un metro e novantotto centimetri di altezza, capelli color del grano e degli occhi stupendi color miele che brillavano con una luce speciale quando mi guardava.

    Quando ripose la sua attenzione su di me, vagai tra le nuvole per una settimana. Per me fu amore a prima vista e con il tempo si convertì nel mio primo amore.

    Dopo aver fatto l’amore, Derek mi diceva che gli avevo fato perdere la testa; credo che cercasse, sempre in questo modo, di ricordarmi che mi aveva dovuto aspettare per quattro lunghi anni per poi finalmente stare insieme. Mentre eravamo fidanzati in quel periodo, lui aspettava pazientemente e non mi forzò mai a niente, e non è perché’ io non volessi stare con lui, ma non mi sentivo pronta e semplicemente mi ripetevo sempre:

    «Abbiamo la vita davanti, non dobbiamo affrettare le cose».

    Mentre mi diplomavo al liceo e lui era all’Università, tenemmo una relazione a distanza però senza sesso; ammiravo molto la sua capacità di sorvolare sulle prese in giro dei suoi compagni per avere una fidanzata più piccola di lui.

    Era una eresia che il giocatore simbolo della Università di Boston uscisse con una minorenne, però questo non lo frenò mai e mi curò come nessuno seppe fare in quel periodo. Tutti intorno a noi si opponevano, compresa mia madre, ma poi come tutti, mi lasciò sbattere il muso contro la realtà.

    Ci sposammo soli, nel mese di maggio nel municipio della città di Boston. Quello stesso giorno compivo diciotto anni e la mia famiglia (mia madre) gridò al cielo la sua disapprovazione di fronte alla notizia. Ricordo che tutti mi rimproveravano di essermi sposata per colpa dei reality di MTV o che Derek mi aveva convinta a farlo, ma io solo pensavo che fosse amore. Sentivo l’amore quello buono, quello che ti fa vivere tra le nuvole e che ti fa sentire le farfalle nello stomaco, e supponevo che anche Derek lo sentisse.

    Facemmo l’amore per la prima volta nella nostra notte di nozze e penso che questo sarà uno dei ricordi più belli della mia vita. La nostra luna di miele fu a New York, girammo tutta la città come due innamorati, ma la cosa più importante, con la felicità di esserci uniti per sempre.

    Perché’ questa parola mi pesa adesso che già non è più così? so la risposta, però mi fa paura scriverla o dirla a voce alta.

    Per continuare a scrivere della nostra storia, Derek e io vivemmo i momenti più felici della nostra vita. Il primo sogno che si è materializzato fu quando lui firmò un contratto con i Patriots del New England; celebrammo per giorni facendo l’amore nella modesta casa dove vivevamo. Ero la moglie del nuovo quarterback della squadra Nazionale. Io mi sentivo orgogliosa di lui e ogni giorno cresceva il mio amore, ma quello fu il momento in cui tutto cambiò fra noi.

    La fama cambiò tutto.

    Molte volte avrei voluto perdonargli tutto quello ciò che ha fatto per distruggere la nostra relazione, ma ormai non mi restano più forze per continuare, già non sento più niente, ormai non mi vedo più al suo lato. Non riesco a capire come una persona che aveva tutte le carte per raggiungere la vera felicità, distrugga tutto in modo così egoista. Derek mi ha tradita e, anche se il dolore per non essergli accanto non mi lascia vivere, a questo punto non posso più tornare con lui.

    Ovviamente lui mi ha pregata di tornare, ma pur con molto dolore, gli ho detto di no. Ho dato alla nostra relazione tutto quello che potevo e perciò ho preferito terminarla a testa alta.

    Adesso mi resta solo il ricordo di quei giorni pieni d’amore, comprensione e sogni che non si sono mai avverati. Mi tocca avere una relazione cordiale con lui perché tuttavia ci unisce un filo: nel mio ventre cresce una creatura che fu testimone del tradimento e il prodotto di quei mesi in cui fingemmo di essere felici. Un bebè che amerò e curerò perché’ non ha nessuna colpa. Ho paura in questo momento, ma cerco di riempirmi di coraggio per tirare avanti.

    Credo di aver scritto abbastanza per oggi, è meglio lasciar qualche storia per altre pagine in bianco. Oggi comincio questo diario perché la mia migliore amica Cassie crede che sia catartico scrivere sui propri sentimenti, ma nel mio caso io uso la musica per drenarli.

    Il sottofondo musicale è di Adele che canta Don’t you remember e aspetto che lui qualche giorno si ricordi le ragioni per le quali si innamorò di me.

    Prometto di continuare a scrivere e spero che questo mi aiuti a riuscire a perdonare Derek un giorno. Per il momento continuo a cercare di ricordare le ragioni per le quali l’ho amato.

    Capitolo 1

    Due anni e mezzo dopo.

    01/01/2016

    « Buon Anno!»

    Sento tutti gridare e, come se si trattasse di un episodio di Friends, tutte le coppie della festa si baciano e io sono la classica perdente che osserva da un angolo.

    Odio Cassie!

    La mia migliore amica stasera mi ha trascinata a questa festa nel centro di Boston perché è il primo anno che il mio piccolo Aaron passa la notte di capodanno con suo padre ed io mi sento depressa.

    Odio socializzare alle feste! Chiamatemi vecchia precoce, ma lo odio!

    Nota mentale: uccidere Cassie quando viene a casa mia.

    Sono trascorsi quasi tre anni dalla nostra separazione e adesso Derek torna nella mia vita per vincere il premio di padre dell’anno. Cassie dice che la ragione è che il suo ritiro è vicino ma io penso che la sua nuova fidanzata voglia avere dei figli; però semplicemente il fatto è che gioca ad essere un buon padre, e io glielo lascio fare perché nostro figlio merita di avere una figura paterna, ma devo assumere, anche se non mi piace per niente, che può esserci la possibilità che danneggi il mio piccolo.

    Ora sono a questa festa e mi sento fuori luogo. Niente e ancor meno nessuno combina con me e per me è giunta l’ora di andare. Cerco con lo sguardo Cassie che si scopa ogni persona nella sala e la trovo con la lingua di uno sconosciuto che le pulisce le corde vocali. Alzo gli occhi al cielo e scappo da questo giorno disastroso. Esco dalla casa e percorro solo pochi isolati fin dov’è parcheggiata la mia auto. Salgo il più velocemente possibile visto che il freddo è insopportabile, accendo l’auto e si attivano gli altoparlanti. Sta suonando 3 a.m. di Meghan Trainor.

    Prima di partire le scrivo una messaggio di testo:

    Vado a casa e domani sono di guardia.

    Parto con il mio amato maggiolone canterellando Meghan lungo il cammino e all’arrivo a casa mi faccio una doccia rapida e mi metto un pigiama di cotone.

    Durante il divorzio la legge mi ha avvantaggiata in molti aspetti e percio’ vivo nella stessa casa che condividevo con Derek prima di divorziare, che è ubicata nel quartiere Beacon Hill, uno dei più antichi della città. Nelle sue strade e negozi puoi incontrare giocatori delle diverse squadre, professori illustri e congressisti. Ricordo che avevo sempre sognato una casa qui, fu uno dei pochi sogni che Derek ed io abbiamo realizzato; comprò questa casa quando ricevette il primo pagamento per il suo tesseramento e non entrammo nemmeno a vederla perché quando arrivammo all’ingresso, sapevamo già che era qui che avremmo formato una famiglia insieme; queste pareti sarebbero diventate le testimoni di compleanni, anniversari e celebrazioni, avevamo scelto questo quartiere per quel suo carattere familiare e per la buona reputazione che vanta; le sue strade a ciottoli, le villette a schiera, locali contemporanei e una posizione centrale era tutto quello che potevamo desiderare per vivere tranquillamente per anni.

    Di solito costa una fortuna mantenere una casa come questa, no, lo dico letteralmente, perché costa una fortuna. In più il mio stipendio come supervisore del Call Center del 911 non mi permette di darmi ad una vita da jet set. Il mio credito universitario si prende la maggior parte dello stipendio, per questo nel primo anno dal mio divorzio fui tentata a venderla, ma semplicemente non ci sono riuscita, sarebbe stata la fine dei sogni che, tuttavia dentro di me, speravo riapparissero. Derek, in quel momento, promise di aiutarmi e credo sia l’unica promessa che ha mantenuto. Sembrerà orribile da dire, però il denaro del mantenimento mi lascia respirare tranquilla.

    Sono supervisore in un centro di chiamate, come psicologa velo sul benessere dei miei operatori e delle vittime di situazioni estreme (persecuzioni, furti, omicidi...). Faccio anche turni extra come operatrice, amo il mio lavoro e, anche se in molte circostanze è abbastanza difficile perché ci tocca ascoltare situazioni come saltate fuori da un film di azione o di suspense, a volte ci sono anche situazioni piuttosto divertenti.

    Una volta mi toccò di viverne una rispondendo alla chiamata di una signora che presumibilmente aveva già chiamato diverse volte chiedendo aiuto perché gli extraterrestri comunicavano con lei attraverso il microonde. Io pensai che realmente soffrisse di allucinazioni, però non spettava a me giudicarla, dovevo aiutarla, e mentre lei mi parlava, io trascrivevo la chiamata e dal nulla mi venne un’idea: le dissi che doveva trovare un foglio di alluminio e fare un cappellino, ma la signora mi gridò:

    «Pensa che sono pazza?»

    Si, pensai, ma come le dissi, non sono nessuno per giudicarla.

    Mentre lei soffriva di allucinazioni, forse c’era qualcuno che davvero aveva bisogno di noi. Mi inventai una scusa e le spiegai che i forni a microonde emettevano quelle onde e il metallo inibiva la trasmissione. La signora seguì il mio consiglio, fece il cappello e quando mi avvertì che aveva finito, le chiesi di metterselo. Tre giorni dopo ricevetti da parte sua un cesto di frutta, ringraziandomi per l’aiuto. Tutti i miei colleghi mi espressero gratitudine perché da quel giorno la signora smise di chiamare.

    Il tono di un messaggio di testo mi allerta e guardo il cellulare:

    Cassie per Amelia 01:50 a.m.

    Sei noiosa :P :P

    Alzo gli occhi al cielo per quanto possa essere infantile la mia migliore amica e le rispondo.

    Amelia 01:52 a.m.

    Non siamo tutte delle inutili a cui pagano persino l’acqua Evian che beve :P :P

    Aggiungo degli emoticon e le mando il messaggio, prima di sdraiarmi metto il muto al telefono per non svegliarmi al suono di un altro messaggio. Ricordo che alcuni mesi fa uno studio dell’Università di Colombia assicurava che le persone che usano quelle faccine hanno una vita sessuale attiva e ardente. Credo che nel caso della mia migliore amica sia vero, ma nel mio? Non parliamo della mia scarsa vita sociale e ancor meno di quella sessuale, avrei vergogna.

    Mi sdraio nel letto e cerco di dormire, mi giro e mi rigiro fino a deprimermi e a dare un paio di colpi al materasso. Non ho sonno e sono le due del mattino. In sei ore comincia il mio turno. Mi alzo dal letto e accendo il mio riproduttore di musica; quando Human di Christina Perri inizia ad uscire dagli altoparlanti, cerco il mio quaderno nel cassetto del mio comodino chiuso a chiave. Mi siedo sul letto con carta e penna pensando a quello che scriverò, ancora una volta le parole scaturiscono da sole.

    01/01/2016

    Caro amico, sono stata tanti giorni senza scrivere sulle tue pagine, e le cose sono cambiate un poco dall’ultima volta che l‘ho fatto. Derek è tornato e lo ha fatto a pieno nella nostra vita, e io sto morendo di paura, se questo non dovesse funzionare nel modo in cui spero... il mio piccolo Aaron si merita un padre e una figura sulla quale contare, fra poco compirà due anni e non ha ancora la capacità di distinguere il bene dal male.

    Non voglio che mio figlio esca ferito da questo nuovo gioco del mio ex"marito, perché nemmeno tutta la psicologia del mondo mi aiuterà a spiegargli come suo padre lo ha abbandonato di nuovo.

    Tu, meglio che nessuno intorno a me, sai chi è Derek, ti ho raccontato ciò che lo attrae e in che genere d’uomo si è convertito in questi anni; per questo non voglio che mio figlio si veda avviluppato dall’ambizione e dall’egoismo di suo padre.

    Mi fa anche paura che ad un certo punto Aaron voglia andare a vivere con lui e io sarei incapace di dirgli di no, ma il pensiero di non avere più il mio piccolino mi fa impazzire perché’ sarebbe come morire per me e non esagero, perdere mio figlio significherebbe il dolore più grande che potrei provare.

    Aaron è appena un bebè che inizia la sua vita ed è anche il bambino più buono del mondo perché dona il suo amore a tutti coloro che crede se lo meritino. Mi spiacerebbe pensare che Derek possa essere capace di usarlo per pulire la sua immagine e lo dico perché lo conosco meglio di chiunque al mondo. Sono stati sette anni insieme, ho conosciuto il meglio e il peggio di lui; forse perché’ ero innamorata e non ho voluto rendermi conto di ciò che realmente gli interessava e, dopo il divorzio e tutti i suoi tradimenti, ho aperto gli occhi rompendo in mille pezzi il mio cuore. Derek è mosso dalla fama e dal denaro, la NFL è stato solo il trampolino di lancio per ottenere tutto, per questo il cambiamento nel suo comportamento è cominciato quando è stato contrattato. Io non ho voluto vederlo e percio’ sono finita con il cuore rotto e pieno di cicatrici.

    Derek ha preferito perdersi le prime ecografie, la nascita e il primo anno di vita di nostro figlio, semplicemente ci ha ignorati, ha solo adempito mandando l’assegno per il mantenimento e le spese della casa. Per questa ragione, mi è sembrato strano quando in agosto è venuto a chiedermi che lo facessi rientrare nelle nostre vite, aggiungendo che avrebbe lottato per creare una relazione da padre a figlio con Aaron.

    Non posso negare che ho avuto molti dubbi, però ho accettato e a poco a poco sono riusciti in quello che lui tanto desiderava o almeno credo. Chiamami o no paranoica, ma so che Derek non durerà molto tempo nelle nostre vite.

    Il tempo dirà chi ha ragione.

    Per questa notte lascio tranquille le tue pagine.

    Amelia.

    Mi sdraio più calma dopo avere scritto tutto. Aveva ragione Cassie nel dire che farlo risultava liberatorio.

    Mi addormento sperando che quest’anno che ha trecento sessantasei giorni riesca a sorprendermi.

    Capitolo 2

    «Attenzione a tutte le unità vicine a South Boston, c’è la chiamata di una madre disperata. Un bimbo di cinque anni è salito su un albero andando dietro a un gatto. Per favore, assistere le unità vicine.»

    Parlo nel canale mentre ascolto la madre gridare al bambino di scendere, ma il bambino segue solo il gatto. Questi sono quei momenti nel nostro lavoro che, molte volte, ci rilassano.

    «Unità quaranta dei pompieri in cammino. E buon giorno, Numero Due. Buon anno nuovo!» Dio questa voce! «Cowboy, passo e chiudo».

    «Numero Due saluta Cowboy e lo ringrazia». Chiudo il mio canale dagli altri perché solo lui mi possa ascoltare e gli dico sottovoce. «Altrettanto e, per piacere, abbi cura di te».

    Che scombinata! Sono innamorata della sua voce!

    «Capito, Numero Due. Passo e chiudo.», risponde e con queste parole Cowboy saluta.

    La mia relazione con Cowboy dura da circa un anno, non l’ho mai visto di persona, però ci siamo uniti, e come è avvenuta questa relazione? La risposta non la so, però si quello che so è che semplicemente la sua voce mi trasmette la pace di cui ho bisogno e che voglio trovare. Può suonare come una vera pazzia, però sento questo, ogni volta che lo ascolto mi sento sempre più tranquilla.

    «Qualcuno ha parlato con Cowboy oggi...», mi dice Mary in tono scherzoso.

    Alzo gli occhi al cielo e le faccio la lingua.

    «Smettila di metterti nel mio canale.», la avverto seriamente.

    Lei comincia a ridere perché è l’unica che conosce la relazione che ho con quel uomo, cerco sempre di immaginarmelo grasso, panzone e calvo, però è Maria quella che mi assicura che nessun pompiere negli Stati Uniti sotto i trentacinque anni combacerebbe con quella descrizione. Io la ignoro quando cerca di dirmi che devo conoscerlo e dar un volto a quella voce che mi ha fatto innamorare.

    «Su, che fai una faccia da gattamorta quando parli con lui», mi risponde scherzando. «Scommetto venti dollari che il tipo è fichissimo e tu qui a sospirare per lui».

    Mi punzecchia in questo modo e io giro la sedia fino al cubicolo alla mia sinistra e le dò la mano accettando..

    «Scommessa accettata».

    Il richiamo dell’unità quaranta si insinua nel mio canale e sorrido quando Cowboy dice:

    «Qui Cowboy, situazione risolta a South Boston, bimbo in salvo e credo che qualcuno oggi sarà castigato. Passo e chiudo». Cowboy saluta e io aspetto di poter ascoltare di nuovo oggi la sua voce.

    «Qui Numero Due. Ottimo lavoro, Cowboy. Passo e chiudo», rispondo mentre ascolto la voce della mia collega morta dalle risate che mi dice:

    «Questi saranno i venti dollari più facili da vincere».

    Faccio il broncio scocciata e continuo a lavorare con le mie chiamate. Ho studiato il comportamento umano e le emozioni, per ciò a volte mi sento un poco incomoda nel sentire questo tipo di connessione con una persona che non ho mai visto e con cui ho solo condiviso discorsi di lavoro. Quando Cowboy risponde a una chiamata sento che tutto andrà bene. Tutto è cominciato una notte di un anno fa, quando la sua unità è intervenuta in un incendio causato da un incidente stradale, abbiamo avvisato tutti per radio di accudire sul posto perché c’erano molteplici feriti e forse qualche persona morta. Abbiamo monitorato l’incidente per via aerea e risposto ad ogni contatto delle unità, ma quando la sua unità ha risposto alla chiamata e ha detto che tutto sarebbe andato bene, mi sono sorpresa, non posso negarlo. Io guardavo dallo schermo gigante l’imponenza dell’incendio che stava consumando circa quindici veicoli.

    È stata questa persuasione che mi ha impattata e l’ho associata con la sicurezza che mi dava mio padre quando rispondeva alle sue chiamate; Cowboy ha sempre avuto performance esemplari e ha salvato la vita a due bambini prima di una esplosione. Credo che sia stato quel giorno che sono caduta conquistata da lui. Suppongo che lui senta un legame perché quando io ho l’incarico della sua linea, mi tratta in modo speciale, e lo so perché quando devo supervisionare ascolto la sua voce di nascosto.

    Dentro e fuori dell’ufficio sono Numero Due, è il soprannome che ho scelto in quanto sono la seconda al comando. Quando chiamano gli ufficiali per assistere a qualche chiamante diciamo solo questo; però nel caso di vittime allora si che diamo il nostro nome reale e, in questo modo, creiamo una connessione istantanea per calmarli e risolvere le loro emergenze. A volte penso a quanto sia insolito conoscere così poco di quest’uomo: il suo soprannome, la sua voce e il fatto che appartiene all’unità quaranta di South Boston. Non l’ho mai visto e non conosco il suo nome reale, però questi dettagli non contano, perché nell’ascoltare la sua voce il mio mondo si riempie di colori vivaci e mi fa pensare che ci sono ancora eroi che fanno in modo che nel mondo tutto finisca bene.

    *****

    Finalmente la giornata volge al termine e io mi sento sfinita, ho risposto a più di trecento chiamate, oggi è stato un giorno con molte assenze e in più il mio responsabile è stato in riunione con i capi. Voglio solo arrivare a casa, fare un bagno nella vasca con acqua calda e dormire profondamente fino a domani quando Aaron si sveglierà.

    Mi alzo stirando le gambe e Mary arriva offrendomi una tazza di caffè, che accetto di gusto, perché’ ho bisogno di un cicchetto di caffeina che mi riattivi. La mia linea suona con un’emergenza ricordandomi che noi non riposiamo mai.

    «Servizio di emergenza, il mio nome è Amelia, quale è la sua emergenza?», rispondo.

    In sottofondo si ascoltano grida, pianti disperati e respirazione affannosa, la mia mente si mette a pensare che potrebbe essere un incidente domestico o qualche assalto e dico con voce pacata alla persona che sta all’altro lato:

    «Salve, so che sei lì, dimmi in cosa possa aiutarti?». Ascolto un singhiozzo dall’altra parte che mi fa rizzare i peli e mi allerta totalmente.

    «C’è un ladro in casa mia e ha preso mia madre, non so cosa fare». La voce spaventata di un’adolescente accelera i battiti del mio cuore.

    «Tranquilla, su, dimmi il tuo indirizzo esatto e ti prometto che presto arriveranno gli aiuti», le dico con voce calma e sicura.

    Lei lascia andare un singhiozzo e parole senza senso che non riesco a capire.

    «Respira e ripeti l’indirizzo», le chiedo calma.

    «Vivo nel quartiere Roslindale, la via è Sycamore, casa numero ventidue... Amelia aiutami....ho paura», mi chiede con voce soffocata.

    «Dimmi il tuo nome», le chiedo mentre rispetto il protocollo.

    «Kim...» risponde.

    «Kim, ti aiuterò e ti prometto che presto arriveranno delle persone per risolvere la tua situazione», le dico rassicurandola.

    Sussurra un grazie, metto in attesa la sua chiamata mentre trasmetto le informazioni evitando così di renderla più nervosa.

    «A tutte le unità della polizia vicine alla via Sycamore nel quartiere Roslindale, in questo momento si sta producendo una situazione di assalto a mano armata nella casa numero ventidue, dentro ci sono minori».

    Ripeto varie volte mentre annoto ciascuno dei segnali, sento la respirazione un po’ più compassata della ragazza, quando alla fine ascolto:

    «Unità venti in cammino».

    Sospiro sollevata e parlo a Kim:

    «Kim, stanno arrivando».Silenzio. «Chi c’è con te?»

    «Mia mamma e il mio fratellino di cinque anni», mi risponde tra i singhiozzi.

    «Ti prometto che tutto andrà bene».

    Chiudo la linea di nuovo e chiedo la posizione esatta dell’unità che ha risposto alla chiamata.

    «Numero Due all’unità Venti di Roslindale, informi sulla sua posizione esatta».

    Sento gridare Kim e apro la linea:

    «Kim, che succede? Raccontami cosa succede», le chiedo.

    Silenzio e un fischio suona avvisandomi che la linea si è interrotta, chiudo gli occhi temendo per il peggio e chiedo la posizione all’unità che ha risposto alla chiamata.

    «Unità Venti, informare sulla posizione».

    Silenzio, nessuna risposta. Tutti sono in attesa, ascolto come anche le altre unità chiedono all’Unità Venti la sua posizione, il mio capo si avvicina accanto a me e mi mette una mano sulla spalla.

    «Unita Venti, confermare la posizione», ripeto alla radio.

    «Unità Tredici in appoggio alla Unità Venti. In cinque minuti siamo sul posto–mi risponde l’altra unità».

    «Capito», rispondo.

    Andrew mi sussurra:

    «Di sicuro sono già entrati in casa, aspetta qualche minuto».

    Mi siedo e respiro profondamente cercando di calmarmi. Odio quando

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