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Il profilo del docente, autonomia scolastica, metodologie e strategie per una didattica inclusiva
Il profilo del docente, autonomia scolastica, metodologie e strategie per una didattica inclusiva
Il profilo del docente, autonomia scolastica, metodologie e strategie per una didattica inclusiva
Ebook110 pages1 hour

Il profilo del docente, autonomia scolastica, metodologie e strategie per una didattica inclusiva

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La funzione docente realizza il processo di insegnamento/apprendimento volto a promuovere lo sviluppo umano, culturale, civile e professionale degli alunni, sulla base delle finalità e degli obiettivi previsti dagli ordinamenti scolastici definiti per i vari ordini e gradi dell'istruzione.

In attuazione dell'autonomia scolastica i docenti, nelle attività collegiali, attraverso processi di confronto ritenuti più utili e idonei, elaborano, attuano e verificano, per gli aspetti pedagogico - didattici, il piano dell'offerta formativa, adattandone l'articolazione alle differenziate esigenze degli alunni e tenendo conto del contesto socio - economico di riferimento, anche al fine del raggiungimento di condivisi obiettivi qualitativi di apprendimento in ciascuna classe e nelle diverse discipline.

Il testo, dopo aver ripercorso le principali tappe sulla rifoma della scuola italiana, autonomia scolastica e profilo professionale del docente, affronta il tema ICF e Bisogni educativi speciali, cooperative learning, role playing formativo, peer education, offrendo un quadro sulle metodologie e strategie per una didattica inclusiva.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateApr 4, 2019
ISBN9788831612791
Il profilo del docente, autonomia scolastica, metodologie e strategie per una didattica inclusiva

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    Il profilo del docente, autonomia scolastica, metodologie e strategie per una didattica inclusiva - Serena Caracausi

    633/1941.

    LE RIFORME DELLA SCUOLA ITALIANA

    La nascita della legislazione scolastica italiana e della nostra scuola si fa risalire al conte Gabrio Casati, ministro per la Pubblica Istruzione del Regno di Sardegna nel gabinetto Lamarmora dal 19 luglio 1859 al 21 gennaio 1960, che fece approvare il regio decreto legislativo 13 novembre 1859, n. 3725 del Regno di Sardegna, noto come legge Casati.

    La Legge riflette la realtà scolastica piemontese e lombarda, ma dopo la proclamazione del Regno d’Italia (1861) venne estesa gradualmente all’intero Paese.

    Lo scopo principale della legge Casati era che i bambini dovevano saper …leggere, scrivere e far di conto… e la stessa legge sanciva l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione elementare per il corso inferiore, impartita dallo stato per mezzo dei comuni, ai quali spettava anche il compito di assumere i maestri.

    La legge afferma alcuni principi generali molto importanti, come il principio della gratuità e dell’obbligatorietà dell’istruzione elementare dai sei agli otto anni e l’obbligo per i comuni di impartirla a proprie spese, ma non aveva previsto sanzioni per i genitori che avessero disatteso all’obbligo né il rilascio di un diploma che attestasse le competenze di base acquisite durante il biennio. L’affermazione dell’uguaglianza dei due sessi di fronte alla necessità dell’educazione. La  rivendicazione esclusiva alle scuole pubbliche della facoltà di concedere diplomi e licenze e norme precise per l’abilitazione all’insegnamento.

    La legge Casati era ordinata in cinque titoli:

    Il Titolo I: Dell’amministrazione della pubblica istruzione, definiva l’organizzazione della scuola a livello centrale e locale, stabilendo le attribuzioni di ogni organo ed istituendo a livello centrale il Consiglio superiore della pubblica istruzione.

    Il Titolo II: Dell’istruzione superiore stabiliva norme relative all’Università. All’istruzione superiore veniva assegnato il fine di indirizzare la gioventù, già fornita delle necessarie cognizioni generali, nelle carriere sì pubbliche che private. Le facoltà erano cinque: Teologia, Legge, Medicina, Scienze fisiche, matematiche e naturali, Lettere e Filosofia

    Il Titolo III: Dell’istruzione secondaria classica disciplinava i ginnasi e i licei. L’istruzione secondaria era divisa in due gradi:

    I grado: Ginnasi di 5 anni, istituiti in tutti i capoluoghi di provincia o di circondario e affidati ai Comuni; insegnamenti: lingua italiana, lingua latina, lingua greca, istituzioni letterarie, aritmetica, geografia, storia, nozioni di antichità latine e greche.

    II grado: Licei di 3 anni, istituiti almeno in ogni provincia, a carico dello Stato tranne che per i locali di competenza comunale; insegnamenti: filosofia, matematica, fisica e chimica, letteratura italiana, letteratura latina, letteratura greca, storia, storia naturale.

    I professori, distinti in titolari e reggenti, erano nominati dal Re previo concorso. L’istruzione religiosa era affidata a un direttore spirituale nominato dal Ministro.

    Il Titolo IV: Dell’istruzione tecnica  istituiva e regolava le scuole tecniche e gli istituti tecnici.

    L’istruzione tecnica veniva divisa in due gradi:

    I grado: Scuole tecniche di 3 anni, istituite in tutti i capoluoghi di provincia a cura dei Comuni; lo Stato concorreva per la metà delle spese degli stipendio di circondario; le scuole sono affidate ai Comuni.

    II grado: Istituti tecnici di 3 anni istituiti nelle città centro di un più notevole movimento industriale e commerciale; affidati alle province; lo Stato concorreva per la metà delle spese degli stipendi.

    Il Titolo V: Dell’Istruzione Elementare, istituiva e regolava le scuole elementari.

    L’istruzione elementare era di due gradi, inferiore e superiore.

    L’istruzione del grado inferiore (2 anni) comprendeva: l’insegnamento religioso, la lettura, la scrittura, l’aritmetica elementare, la lingua italiana, nozioni elementari sul sistema metrico.

    L’istruzione superiore (2 anni) comprendeva, oltre lo svolgimento delle materie del grado inferiore: le regole della composizione, la calligrafia, la tenuta dei libri, la geografia elementare, l’esposizione dei fatti più notevoli della storia nazionale, le cognizioni di scienze fisiche e naturali applicabili principalmente agli usi ordinari della vita.

    L’inchiesta sulle condizioni della pubblica istruzione nel Regno d’Italia, proposta nel 1864 da Carlo Matteucci, vicepresidente del Consiglio superiore della pubblica istruzione, confermò il sostanziale fallimento della legge Casati nella lotta all’analfabetismo soprattutto nel Mezzogiorno: i bambini disertavano la scuola perché lavoravano nei campi, i comuni non avevano i mezzi per fornire libri e quaderni ai più poveri, i maestri insegnavano in classi sovraffollate, che arrivavano a contare anche 70 allievi, di età diverse e diversi livelli di apprendimento, ed erano spesso precari e sottopagati, costretti a fare altri lavori per mantenersi.

    Alla legge Casati seguirono negli ultimi anni dell’800 e nei primi del ‘900 nuovi tentativi di riforma integrale del sistema scolastico.

    La legge 15 luglio 1877 n. 3961, detta anche legge Coppino dal nome del ministro proponente Michele Coppino, fu una legge del Regno d'Italia emanata durante il periodo di governo della Sinistra storica, con a capo Agostino Depretis.

    La legge Coppino elevava l'obbligo scolastico a tre anni, e introduceva inoltre sanzioni per chi lo disattendeva. Le spese per il mantenimento delle scuole, rimasero a carico dei singoli comuni, i quali nella maggior parte dei casi, non erano in grado di sostenerle. Inoltre, molte famiglie, specialmente nelle campagne, non mandavano i figli a scuola, perché dovevano aiutare nel lavoro dei campi.

    Nonostante tutto questa legge contribuì alla riduzione dell’analfabetismo nell’Italia di fine Ottocento.

    Nel 1904 la Legge Orlando innalzò l'obbligo scolastico fino 12 anni, prevedendo l'istituzione di un Corso popolare  formato dalle classi quinta e sesta, subito dopo la scuola elementare.

    Con questa legge furono migliorate le condizioni economiche e giuridiche degli insegnanti, i Comuni, oltre ad istituire scuole fino alla 4° classe, devono elargire fondi per gli adulti analfabeti e gli alunni più poveri.

    L'analfabetismo non decresce, ma ci si convince sempre più che occuparsi di istruzione sia dovere dello Stato e non dei Comuni.

    La legge Daneo-Credaro del 4 giugno1911, n. 487, elaborata dal ministro Daneo, diventa legge, con notevoli modifiche rispetto al progetto originario, con il suo successore Credaro. Essa prevede il passaggio dai Comuni allo Stato della scuola elementare..

    Con la legge Daneo-Credaro si esprime un forte impulso all’espansione sistematica dell’istruzione

    elementare nel Paese. Le scuole divenute statali sono amministrate dal rinnovato Consiglio scolastico provinciale.

    La legge prevedeva nel bilancio dello Stato stanziamenti a vari fini: per l’apertura di nuove scuole, per l’edilizia scolastica, per l’istituzione di Patronati scolastici per l’assistenza ai meno abbienti, per migliorare la retribuzione degli insegnanti, per istituire scuole serali e festive per gli adulti analfabeti.

    Con la riforma della scuola promossa da Giovanni Gentile, (L. 31-12-1923, n. 3126), ministro dell'Istruzione durante il governo Mussolini, si tendeva a ridare dignità al ruolo di maestro e agli studi, assegnando alla scuola pubblica un’alta funzione di controllo su tutto l’insegnamento medio, che aveva l’importante e delicato compito di forgiare le menti delle nuove generazioni.

    Punti salienti della riforma definita da Mussolini la più fascista delle riforme furono:

    innalzamento dell'obbligo scolastico sino al quattordicesimo anno di età. Dopo i primi cinque anni di scuola elementare uguali per tutti, l'alunno deve scegliere tra liceo scientifico, ginnasio e scuola complementare per l'avviamento al lavoro. Solo la scuola media consente l'accesso ai licei e a sua volta solo il liceo classico permette l'iscrizione a

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