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In un diario
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In un diario

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Quasi attirata magneticamente dalla città da cui era partita con la sensazione di essere stata abbandonata, Francesca ritorna a Palermo nella vecchia casa di famiglia.
È qui che il passato ritorna prepotentemente nella sua vita sotto forma di un diario. È sorprendente la carica emotiva di quelle pagine ingiallite: è come entrare, in punta di piedi, nel passato e riuscire a guardarlo con occhi nuovi con la voglia di rinsaldare legami che sembravano ormai distrutti.



 
LanguageItaliano
Release dateMar 27, 2019
ISBN9788868227821
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    In un diario - Tina Lojacono

    spiaggia.

    1968

    Dal cortile si vedeva la porta aperta del garage.

    Come mai? – si chiese Giorgio.

    Pochi passi e si fermò sulla soglia.

    – Cosa state facendo?

    – Non si vede?

    Roberto e Giacomo stavano controllando le loro moto.

    – Non possiamo trascorrere così la sera prima della laurea!

    – Cosa dovremmo fare?

    Roberto si alzò, strofinandosi le mani con uno straccio.

    – Potremmo andare a ballare.

    – Io non ho voglia di fare niente, intervenne Giacomo continuando a pulire la moto.

    – Volete un consiglio? Fate testamento.

    Giorgio, indispettito, girò le spalle e se ne andò.

    L’agitazione era latente: la vigilia della laurea non è un giorno qualunque. Nemmeno loro erano ragazzi qualsiasi: stavano per laurearsi in Ingegneria al Politecnico di Milano e avevano tanti progetti per il futuro. Abitavano nello stesso appartamento, avevano caratteri diversi ma, andavano d’accordo.

    Giorgio, veronese, dotato di senso pratico, sapeva far fronte a qualsiasi situazione e riusciva a scegliere la soluzione più utile, trascinando gli altri che si fidavano ciecamente. E se questo contribuiva ad accrescere in lui l’autostima, per gli amici era garanzia di sicurezza: insieme potevano sfidare chiunque. Amava anche il rischio e, una volta, riuscì a trascinare gli amici al casinò.

    – Se vinco, potrò trasformare la fabbrichetta di papà.

    Vinse una piccola somma e si alzò dal tavolo guardando i giocatori con aria di superiorità: la disinvoltura testimoniava la sicurezza di sé.

    – Mi sono fidato dell’intuito, senza sperare nel caso, né aspettandomi colpi di fortuna – spiegò agli amici, più che mai convinti che, qualunque strada avesse imboccato, avrebbe raggiunto una posizione dominante poiché sapeva ciò che voleva e sapeva anche come fare per ottenerlo.

    Anche Roberto veniva da Verona. Estroso, irrequieto, imprevedibile, amante dei viaggi con la moto, alla ricerca di emozioni sempre nuove, trascinava gli altri due in avventure che lasciavano il segno. Quando erano liberi da impegni indossavano tute e guanti di pelle, caschi con visiere scure, accendevano i motori, lasciavano la città, si avventuravano in luoghi sconosciuti, sentivano alle spalle il rombo di altri motori, superavano le curve e, mentre la tensione saliva, le strade di montagna diventavano la palestra in cui affrontare lo sport preferito.

    – Sembriamo dei marziani su scalpitanti cavalli, diceva Giacomo.

    Lui veniva da Palermo. Era abituato ai paesaggi marini non a quelli innevati, agli alberi con le chiome al vento non agli arabeschi di ghiaccio sui rami spogli ma, quel cambio di scenario lo affascinava finché, un giorno, travolti da una tempesta di neve, riuscirono a salvarsi grazie all’intervento di due motociclisti, bardati come antichi cavalieri. Dopo quell’episodio, Giacomo non volle più seguirli: era il più serio e affidabile dei tre ma anche il più testardo e, quando si metteva in testa qualcosa, nessuno riusciva a fargli cambiare idea.

    Nemmeno la sera prima della laurea, gli amici riuscirono a fargli cambiare idea e così andarono a dormire presto ma, la mattina dopo non si svegliarono freschi e riposati. Tutt’altro. Giacomo preparò il caffè, mise tutto a posto, come faceva di solito e prese un libro, suscitando l’ironia di Giorgio.

    – Sei preoccupato per il voto? Alla fine, non è quello che sancisce la capacità o meno di una persona. Prima o poi la tua razionalità si confronterà con il caos dei sentimenti e il tuo senso dell’ordine si scontrerà con la confusione della vita vera.

    – Intanto aiutate me a uscire dalla confusione. Questa me l’ha regalata mio padre, non è troppo antiquata?

    Roberto aveva sparso le cravatte sul letto.

    – Ma chi vuoi che la guardi? – disse Giorgio – Neanche la mia è granché. Dopo la laurea, niente vestito e cravatta, solo jeans e maglioni larghi.

    – È tardi, muovetevi. Almeno oggi, volete arrivare in orario?

    – Giacomo non vede l’ora di trovarsi davanti al plotone di esecuzione.

    All’Università, chi passeggiava nervosamente, chi fingeva di ripassare, chi osservava il panorama per accertarsi che nulla fosse cambiato…

    Giacomo fu il primo a sedersi davanti alla commissione: era calmo e parlò con sicurezza; Roberto, palesemente agitato, dopo qualche indecisione, si riprese; Giorgio, all’inizio, faticò a parlare ma poi furono i professori a fermarlo.

    Finalmente le parole magiche.

    In virtù dei poteri conferitimi dal magnifico rettore, la proclamo dottore in Ingegneria .

    Dopo la proclamazione, accolta in un silenzio pieno di attesa e la stretta di mano, congedo definitivo dal mondo universitario, una sensazione liberatoria.

    – Ormai chi ci ferma più?

    Tra un commento e l’altro: la laurea è un punto di arrivo, un traguardo raggiunto, la fine di un percorso, i neo laureati erano fieri di aver centrato l’importante obiettivo.

    Avevano vissuto l’esperienza, unica, di un’amicizia totalizzante ma, dopo cinque anni di familiarità condivisa e di divergenze appianate, era venuto il momento di separarsi.

    – Gli anni dell’irresponsabilità sono finiti.

    Roberto chiuse, a fatica, la valigia.

    – Ormai siamo ingegneri, non andremo nelle piazze a gridare slogan ma, non smetteremo di frequentare locali allietati dalle canzoni di Donna Summer, Barry White, Joe Cocker. Sentite che melodia.

    Il volume della radio: al massimo.

    Serpeggiava il rimpianto per quella stagione vivace, durante la quale il sapore della ribellione e la lotta politica, intrecciandosi alla ricerca dell’amore, alla fantasia, avevano generato contraddizioni e senso di solitudine, alternati a gioia incontenibile e ambizioni sfrenate.

    – Non voglio pensare che la vita ci separerà.

    Giacomo finì di sistemare dei libri in una borsa: la sua voce era appena percettibile.

    – E perché dovrebbe separarci? Il filo che ci ha tenuti uniti non si spezzerà: la lontananza non distrugge certi vincoli, anzi li rafforza.

    Roberto gli diede una pacca sulla spalla.

    – Basta rincorrere utopie, inseguire miraggi e sogni senza senso: è ora di rimboccarci le maniche ed essere protagonisti della nostra esistenza. Io continuerò a lottare per il diritto allo studio dei figli di operai, contadini, pescatori e minatori ma, sicuramente non smetterò di seguire le ragazze con la minigonna.

    Le battute scherzose mascheravano la commozione. Giorgio estrasse dalla tasca la foto della sua ultima fidanzata e finse di piangere: aveva avuto tante ragazze ma, non si era legato a nessuna di loro.

    – Non mi piace quest’atmosfera da melodramma. Non stiamo partendo per una missione pericolosa, ci stiamo affidando alla vita e, prima o poi, la vita ci farà incontrare ancora.

    Il suo viso era animato dalla solita vitalità, i muscoli sembravano vibrare, senza sosta, sotto la pelle.

    E senti allora, se pure ti ripetono che puoi

    fermarti a mezza via o in alto mare,

    che non c’è sosta per noi

    ma strada, ancora strada

    e che il cammino è sempre da ricominciare.

    E. Montale

    Verona

    A Verona, Giorgio prende subito contatto con il mondo del lavoro: la fabbrica del padre, sorta nel 1950 come semplice laboratorio artigianale, si è ingrandita, tanto da rappresentare stabilità e sicurezza per molte famiglie. Si confezionano camicie di buona qualità: si inizia alle 8:00, si smette alle 13:45 per la pausa pranzo, per poi proseguire fino alle 18:00; a causa dell’enorme richiesta, a volte, si lavora anche il sabato mattina.

    Il padre di Giorgio, un omone dal cuore d’oro, non riesce a nascondere il proprio orgoglio per il figlio che si è laureato e che è tornato per portare avanti l’azienda di famiglia.

    – Mio figlio è tornato con la mentalità da imprenditore e quando sarà pronto a soddisfare le pressanti richieste di mercato, io mi farò da parte. Intanto, stando in fabbrica, a contatto con gli operai e i loro bisogni, apprenderà il mestiere, si comprerà una macchina potente per spostarsi facilmente e poi penserà al matrimonio.

    Restio a qualsiasi forma di autocelebrazione, non può fare a meno di parlare di lui con toni entusiastici ma, Giorgio si preoccupa e confida a un amico:

    – Se mio padre pensa di impostare il mio avvenire sulle tre M si sbaglia di grosso.

    – Tre M?

    – Mestiere – Macchina – Moglie.

    – Ah!

    – Per le prime due, ci sto ma, per la terza, deve aspettare!

    Contemporaneamente, Roberto si ritrova seduto a una scrivania accanto a quella del padre geometra.

    – Per il momento farai questa esperienza ma, prima o poi, il tuo nome sarà legato a una delle grandi opere, che si realizzeranno nel Veneto.

    In attesa delle grandi opere, Roberto, pur sentendo parlare di spazi multifunzionali e aree verdi, è oppresso da un senso di soffocamento: lui desidera essere cittadino del mondo, non ce la fa ad aspettare e accetta un’offerta di lavoro a Londra.

    – C’è chi si accontenta di quel che ha, c’è chi si scontra con la quotidianità, facendosi trascinare dall’ ambizione, c’è chi, come me, ha bisogno di confrontarsi con altri modelli.

    Con lo sguardo abbassato, fa questa specie di discorso al padre e tira un sospiro di sollievo quando lui gli dice:

    – Sono d’accordo con te: entrare nell’ottica dello spostamento vuol dire essere pronti per incontri che aprono prospettive inattese.

    Non solo non lo ostacola ma, gli dimostra tutta la sua fiducia e Roberto parte per Londra.

    Facendosi portavoce di quella fondamentale istanza di sfidare l’ignoto, che ha sempre caratterizzato alcune persone, ieri come oggi, da Londra, Roberto va a New York. L’ultimo verso della poesia Ulisses, di Tennyson, to strive, to seek, to find, and not to yield lottare, cercare, trovare, non cedere, diventa il suo motto.

    A Verona Giorgio frequenta giovani della sua età, scopre un mondo fatto di divertimento a basso costo, si ritrova alle prese con frasi di rito: lieto di conoscerla… il piacere è tutto mio… alla salute…

    La domenica, si assapora la libertà dal lavoro passando il tempo nelle sale da ballo, dove c’è una grande pista circondata da sedie, illuminata da lampadine colorate. A Milano, già da tempo, le lampadine erano state sostituite dalle luci psichedeliche, i gruppi musicali avevano preso il posto dell’orchestra, le gonne delle ragazze si erano accorciate e i capelli dei ragazzi si erano allungati...

    I frequentatori delle sale da ballo di Verona sono tutti giovanissimi: dopo tre ballabili c’è una pausa, durante la quale i camerieri portano le consumazioni, poi l’orchestra ricomincia ad alternare valzer e mazurke, con canzoni italiane in voga. I maschi in giacca e cravatta, le ragazze indossano vestiti eleganti.

    Giorgio le osserva e, con un sospiro, nota che sembrano tutte uguali, o meglio, una di loro, quella vestita di blu sembra diversa dalle altre: ha un personale snello, flessuoso, occhi azzurri ma, sembra annoiata, il suo corpo è staccato da quello del cavaliere che, inutilmente tenta di attaccare discorso. Alla fine del ballo, va via insieme a una signora. Giorgio la segue con lo sguardo e grande è la meraviglia quando, il giorno dopo, la rivede: è una lavoratrice della fabbrica. Lui è insieme a suo padre, che saluta cordialmente la ragazza.

    – Clara, come va?

    – Bene, grazie.

    Rivolge un sorriso smagliante a tutti e due, mentre un’amica le dice che l’aitante giovanotto è il figlio del padrone.

    Giorgio e Clara si scambiano sorrisi e sguardi per tutta la settimana e la domenica, quando lui le chiede: balli? Lei vola tra le sue braccia. Si cimentano nel tango, volteggiano nel valzer, danzano al suono di una musica struggente: Clara è diversa dalle ragazze che Giorgio ha frequentato a Milano, nel suo sguardo c’è timore? Oh! No. Ammirazione: lui è il figlio del padrone!

    Insieme all’interesse per Clara cresce, in Giorgio, l’interesse per il lavoro che si svolge nella fabbrica.

    – Come fate a creare queste camicie morbide e avvolgenti come una seconda pelle? – chiede alle esperte sarte.

    – Con l’ausilio di un semplice metro e il lavoro delle mani.

    Fanno a gara per mostragli i particolari: il collo intelaiato, i polsini doppi per metterci i gemelli, le asole fatte a punto occhiello, fitto fino a sembrare un cordoncino.

    – Adesso comprendo perché siano richieste ovunque.

    Non lesina i complimenti, le lavoranti sono soddisfatte del suo interessamento e il padre è sempre più orgoglioso di lui.

    Ora il giovane ingegnere non si accontenta del ballo della domenica, vuole passar più tempo con Clara, le dà appuntamento in un posto solitario e lei non va. Il giorno dopo si aspetta che gli chieda scusa ma lei gli lancia uno sguardo malizioso e si allontana: non era mai capitato che una donna si rifiutasse di incontrarlo! È graziosa, non è niente di straordinario, è uguale a tutte le ragazze che ho conosciuto, pensa Giorgio.

    La domenica, quando entra nella sala, Clara sta ballando con un altro, gli sguardi si incrociano, lui mostra indifferenza ma, non può negare a se stesso di essere attratto dai suoi occhi espressivi. Distoglie lo sguardo. Cosa mi sta succedendo? Non sopporto che un altro la sfiori.

    Il ballo successivo, la strappa dalle braccia del cavaliere, la stringe a sé più del solito, lei non si scosta, la stringe ancora e lei si abbandona completamente.

    – Mi sto innamorando di te.

    – Anche io.

    – Devi ballare solo con me.

    – Aspettavo che me lo chiedessi.

    Sono passati solo sei mesi da quella semplice dichiarazione d’amore e le tre M – mestiere, macchina, moglie – non si prospettano più come una gabbia soffocante per il giovane ingegnere.

    A New York, anche Roberto si innamora di una ragazza con cui rimane intrappolato in ascensore per alcuni minuti… Giusto il tempo per sapere che si chiama Susan e per strapparle la promessa di incontrarla fuori da quella gabbia di metallo, in cui, tutto sommato, è stato piacevole trovarsi. Naturalmente è più piacevole ritrovarsi a Central Park e innamorarsi…

    – La tua passione incontenibile per gli spostamenti da una parte all’altra del globo, la tua voglia di essere sempre un passo avanti dagli altri, mi terrorizzano, gli dice Susan.

    Ha gli occhi velati dalle lacrime, lui è allergico alle lacrime femminili ma, evidentemente, le sue sono speciali, perché si intenerisce a tal punto da confessarle:

    – Sto cercando dei punti di riferimento stabili, che possano indicarmi non solo la strada da seguire ma, anche il modo di percorrerla. Vuoi essere la mia bussola?

    Susan non piange più, sorride. Scoprono di avere gli stessi interessi, il lavoro va a gonfie vele per entrambi: perché non pensare al matrimonio?

    A distanza di un mese, Giorgio sposa Clara e Roberto Susan, l’uno a Verona, l’altro a New York.

    Dopo la nascita di Luca, Clara vorrebbe tornare a lavorare, ma scopre di essere di nuovo incinta ed è costretta a stare a casa, mentre Giorgio, intuitivo e propositivo, utilizza, al meglio, cioè per scopi vantaggiosi e costruttivi, la grande quantità di energia a disposizione: la piccola fabbrica viene adeguata alla normativa C.E.E. e si incominciano a confezionare pantaloni oltre alle camicie.

    Sono finiti i tempi in cui il padrone riceveva, con un sorriso, gli operai e consumava con loro il pranzo portato da casa! L’azienda, leader nel settore della moda, si avvale di uno staff, la cui professionalità è garanzia di perfezione e qualità: c’è la Direzione Aziendale che s’interessa di progettazione e sviluppo, la Direzione tecnica per la pianificazione del lavoro e la Direzione Commerciale per vendita e marketing.

    A New York Roberto, dopo la nascita di Paolo fa una promessa alla moglie. – Non lascerò questa città perché qui c’è tutto ciò che ho sempre desiderato: un lavoro che mi dà tante soddisfazioni e una famiglia meravigliosa.

    Ma, nel corso della vita, molte certezze crollano per dare spazio ad altre…

    Assunto da una società che produce sistemi di depurazione dell’acqua, grazie alla sua competenza, in breve, si distingue dagli altri. Tra i clienti, la società annovera gruppi industriali di importanza internazionale e, quando si presenta l’occasione di realizzare dei lavori nel Veneto, Roberto ne assume la direzione, preparandosi a intraprendere il viaggio di ritorno in patria, dopo diciassette anni.

    Susan è contraria ma, in seguito, sarà proprio lei a non voler più tornare in America, Paolo è entusiasta, addirittura impaziente di partire: passa interi pomeriggi a consultare guide turistiche, a guardare l’atlante e, quando il padre gli comunica: domani si parte, apri le braccia, Verona ti aspetta, si sente veramente felice.

    A Verona, Roberto riprende i contatti con Giorgio. Sono passati tanti anni: per i due amici è bello ricordare il periodo trascorso insieme a Milano ed è bello, anche, constatare che i rispettivi figli, Paolo e Luca, vadano subito d’accordo.

    All’inizio, Susan stenta ad adattarsi al ritmo lento della città e rimpiange il chiasso di New York, così frenetica, affollata, contraddittoria; non sopporta di stare chiusa in casa tutto il giorno, va a comprare il giornale, si ferma al bar e la sera descrive al marito tutto quello che scopre durante il suo romantico vagabondare: con le parole, gli fa vedere un vicolo, una prospettiva che lui, pur essendo nato a Verona, non aveva mai notato.

    – Lo sapevo che ti saresti innamorata della mia città.

    – La mattina, quando vado a fare colazione al bar, noto che gli uomini prendono il caffè ed escono di corsa, mentre le signore parlano tra di loro a bassa voce, consumano qualche pasticcino, mi rivolgono uno sguardo di rimprovero quando accendo la sigaretta e gettano uno sguardo, apparentemente distratto, ai miei capelli raccolti a coda, alle magliette che indosso con i jeans. Loro, sono sempre vestite bene e hanno i capelli a posto.

    – Tutto questo ti dà fastidio?

    Roberto teme che lei stenti ad adattarsi.

    – Nei loro sguardi leggo fredda analisi, non so, quasi sete di maldicenza e…

    – Forse anche malinconica invidia, perché tu sei bella, giovane e disinvolta, mentre loro sembrano imbalsamate.

    – Le loro occhiate mi incuriosiscono, ma non mi infastidiscono.

    – Gira per la città, come fanno i turisti e continua a raccontarmi ciò che scopri.

    – Lo farò volentieri. Verona è la città più suggestiva che ci sia, non solo perché il suo nome è legato alla storia di Giulietta e Romeo ma, per l’aria misteriosa che sembra avvolgere ogni angolo, anche il più remoto.

    A New York Susan insegnava Storia dell’arte, a Verona ammira l’arte, andando in giro da sola.

    I turisti non sono mossi dalla curiosità di leggere le epigrafi, lei, invece, cerca di interpretare anche l’origine di qualche strano toponimo, si immerge nell’atmosfera particolare del centro storico, quasi estraniandosi al tempo che scorre e cerca le tracce della storia sui muri, sulle lapidi della città, in cui il presente si intreccia con il passato; immagina come dovevano essere solenni i cortei dei superbi nobili veronesi che si avviavano verso Piazza dei Signori o verso la Loggia del Consiglio; percorre vicoli, attraversa piazzette nascoste, osserva le statue dei tanti personaggi e, incuriosita si chiede: cosa hanno fatto di tanto importante per meritare di essere immortalati, come monito per i posteri?

    In Piazza delle Erbe, uno dei luoghi più animati di Verona, Susan si aggira tra le bancarelle alla ricerca di qualcosa di interessante, presta orecchio alle battute divertenti degli espositori, si ferma a osservare portaspilli, ventagli di piume, cestini da lavoro, fazzoletti di seta ricamati, medaglie, bomboniere di porcellana, cucchiaini sparpagliati su un banco, silenziosi testimoni di altri tempi, sfiora quegli oggetti, percepisce tracce di vite nascoste, chiede il prezzo di un paio di orecchini abbinati a una collana e riceve questa risposta:

    – Non sono in vendita. Adornavano i lobi e il collo di una austera signora.

    Vorrebbe chiedere: come sono arrivati qua? E perché sono in mezzo alle altre cose? Ma incontra lo sguardo freddo del venditore, che sembra infastidito dalla sua presenza. Si allontana e con la fantasia, ripercorre i passaggi di quegli oggetti che adornano il banco: forse il proprietario è un lontano parente, che non vuole disfarsi di quegli oggetti, ma allora perché metterli in mostra? Li ha comprati per pochi soldi e ora aspetta l’occasione buona per guadagnarci parecchio? Sono oggetti rubati?

    In ogni caso, è molto strano.

    Mentre va facendo varie ipotesi, il sole inonda di luce la bella statua, popolarmente detta Madonna Verona, intorno a cui ci sono vasi di rose gialle, bianche, rosse, così belle e perfette da sembrare finte: Susan le sfiora ma, sente una voce alle spalle.

    – Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa, con un altro nome conserverebbe il suo dolce profumo.

    Susan si gira di scatto, incontra lo sguardo di un uomo, non afferra subito quello che sta dicendo.

    – Sono le parole che Shakespeare fa pronunciare a Giulietta.

    Fra curiosità e circospezione, Susan l’osserva attentamente: l’uomo ha un’espressione inquietante, viso scavato su cui risaltano vivaci occhi scuri, labbra sottili atteggiate al sorriso.

    – Lei è americana o inglese?

    Scandisce le parole con una cadenza strana.

    – Ero una turista americana ma, ora, in questa città, ci abito.

    – Questo è un omaggio alla sua bellezza.

    Le porge una rosa rossa: l’espressione del viso non è inquietante ma rassicurante.

    Lo stravagante approccio suscita molti pensieri in Susan. Frastornata da questi due incontri, così diversi l’uno dall’altro, torna a casa e racconta tutto a Roberto, che ascolta divertito.

    – Piazza delle Erbe è un luogo speciale in cui è possibile prendere confidenza con l’anima più vera ed estrosa del popolo veronese: è questo che rende inconfondibile la selva dei caratteristici ombrelloni. Chissà quanti altri incontri farai, continuando a girovagare!

    Susan compra dei libri per documentarsi sulla città, comincia a sfogliarli e approfondisce la conoscenza di Ezzelino da Romano, Cangrande Della Scala, Gian Galeazzo Visconti: personaggi che nulla hanno a che vedere con quelli di oggi, ma che hanno fatto la storia della città…

    Poi, quel suo dolce far niente diventa un ricordo.

    L’azienda si ingrandisce, lei rivela ottime qualità manageriali, non ha più il tempo per andare al bar ma, non smette di osservare, anche se il campo si restringe notevolmente. Critica il marito, che sta mettendo su una preoccupante pancetta e, quando lui dice del loro unico figlio: Paolo è uno splendido esemplare latino-americano, si sente orgogliosa di aver contribuito alla creazione del capolavoro, dalle spalle ampie, gambe lunghe, vita stretta, braccia muscolose, collo robusto, volto espressivo, come una di quelle

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