Il cliente Iraq
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Il cliente Iraq - Cesare Marchetti
633/1941.
Una spedizione in Iraq prima della guerra.
In un periodo di scarso lavoro nella Petrocom società di ingegneria arrivò, come il cacio sui maccheroni, la richiesta di offerta per la costruzione di un impianto asfalti in Iraq. L’ente di stato iracheno ci chiamò per presentare un’offerta che fosse in linea con le loro richieste, trattandosi di un impianto che trattava un greggio molto particolare.
Così il 29 giugno del 1976, giorno di san Pietro e Paolo, io e altri colleghi: l’ing John Falcon, un inglese esperto petrolifero, l'ing Nodari responsabile commerciale e un esperto di preventivi il sig. Attilio Di Muzio ci trovammo pronti a partire all'aeroporto di Linate. Dovevamo atterrare a Roma per prendere a Fiumicino il volo diretto per Baghdad, che partiva alle 13. Gli aerei furono puntuali e noi atterrammo all'aeroporto di Baghdad alle ore 16.
Io di fatto ero al primo volo diretto nel Medio Oriente. Appena il portello dell'aereo si aprì e fui sul primo gradino della scaletta, sentii sul viso una folata d'aria molto calda, molto simile a quella che emette un asciugacapelli. Sentii il sudore sul collo e sotto le ascelle e lì per lì una certa fatica a respirare. Scendemmo nella hall dell'aeroporto, che era caldissima e sporca. Dovemmo fare una lunga fila per il controllo dei passaporti, poi passammo in uno stanzone, dove girava una specie di giostra sgangherata, che portava alla consegna i bagagli. Poi vi era un ulteriore controllo degli stessi: alcuni militi li facevano aprire per vedere il contenuto, non sequestravano quasi nulla ad eccezione di qualche rivista, che riportava immagini di ragazze seminude.
Nella hall di uscita vidi delle donne sedute per terra, ricoperte da veli neri, che lasciavano scoperti solo gli occhi. Delle mosche si muovevano sui veli e sul pavimento vi erano strisce di un liquame di natura sconosciuta. A me quelle donne velate fecero una certa impressione; Falcon se ne accorse e mi disse : Non ti impressionare, in questo paese è normale che una donna si vesta così...
Nell'aria vi era come un vago odore di carne bruciata e il vento secco muoveva le foglie degli eucalipti e delle palme, che costeggiavano il viale davanti all'aeroporto. Il centro della città distava una decina di chilometri e apparentemente non esistevano mezzi che conducessero i viaggiatori da un luogo all'altro. Per fortuna vi era lì la grossa macchina dell'ingegner Luca Soleri, il rappresentante della Petrocom in Iraq. Luca un bel ragazzo, alto e moro, aveva un'aria sicura di sé. Scorse i colleghi e ci venne incontro.
Meno male che sei arrivato in tempo... stare qui ad aspettarti in questo luogo di merda, con le valige in mano, non mi sarebbe piaciuto. Fra tutti quelli che passano di qui, ci potrebbe essere qualcuno che ha la brillante idea di fregarti le valige e il portafoglio.
gli disse l’ing. Nodari.
Caricammo i bagagli in macchina e salimmo tutti nell'abitacolo: l'ing. Nodari e di Muzio davanti, Falcon e io dietro. Per fortuna in macchina vi era l'aria condizionata e quindi si respirava meglio. Dal finestrino posteriore una lama di sole andò a colpire il mio colletto; sentiì un'impronta molto calda sul collo. Sudavo abbondantemente e si notava che ero in sofferenza.
E' la prima volta che vieni in Iraq?
mi domandò Luca Soleri, io annuii.
Allora ti devi abituare a vivere in questi posti...pensa che oggi alle 14 locali vi era all'ombra una temperatura di 44 °C.
Non ti preoccupare
riprese Falcon in albergo c'è l'aria condizionata e poi la sera fa fresco.
La macchina viaggiava nella strada larga e asfaltata con qualche buca tra filari di palme ed eucalipti. Le prime case che apparvero erano molte povere, fatte di pietra e fango e man mano che ci avvicinavamo alla periferia della città gli alberi cominciarono a diradarsi lasciando il posto a larghi sterrati pieni di sabbia. La polvere sembrava coprire tutto: i tetti delle case, le strade, qualche aiuola con dei fiori stentati.
Siete arrivati proprio in un bel giorno
disse Luca stamani la polizia ha catturato una decina di estremisti egiziani contrari alla rivoluzione. E' arrivato Saddam Hussein e li ha fatti fucilare immediatamente, senza neanche un processo
E' l'uomo forte del regime vero?
domandò l'ing. Nodari.
Ah sicuro...ormai Al Bakr, che è il presidente, essendo stato il primo capo del partito Ba'ath, cioè il partito che è andato al potere dopo la rivoluzione, lascerà presto il posto all'uomo forte del regime, Saddam.
Ormai ci stavamo inoltrando all'interno della città. Si scorgevano ai lati della strada principale asfaltata gli imbocchi di tante strade sterrate, sui bordi delle quali sorgevano filari di casupole vecchie e sporche con le insegne dei negozi in lingua araba. Spuntarono in lontananza i palazzi del centro, dove la macchina era diretta. Avevano una taglia moderna, erano alti almeno sei o sette piani e parevano ben tenuti. La macchina si fermò in un piazzale davanti all'Hotel Baghdad, il più bello della città. Nel piazzale vi era un gran movimento, automobili straniere sfrecciavano continuamente per imboccare uno dei viali principali. Di fronte all'hotel si ergeva il palazzo del ministero del petrolio, sede del cliente.
Luca fece strada a noi quattro, che entrammo nella hall dell'albergo assai vasta; dopo l'esibizione dei documenti alla reception, il portiere disse in un buon inglese che non vi erano cinque camere disponibili, ve n'erano solo due doppie e una singola. Allora fu deciso che io e Falcon ci sistemassimo in una doppia, Di Muzio nella singola e l'ing. Nodari nell’altra