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L'amante di Eolo
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L'amante di Eolo
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L'amante di Eolo

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Romance - romanzo (162 pagine) - Esiste il vero amore? Quello che tutti cercano e che pochi vivono?
Solo chi ha il coraggio di crederci, riuscirà a scoprirlo, e Chiara sfida il tempo e la sofferenza per scoprirlo.


Chiara Valdi cresce con sua nonna in una bellissima villa situata sulla costiera amalfitana, in compagnia anche di don Carmine e suo figlio Pasquale, che le aiutano nella gestione della fattoria. Rosa è la fattucchiera del paese e, facendo i tarocchi, prevede l’arrivo dell’uomo che sua nipote dovrà sposare. Il vento cambia e porta con sé Roberto, un uomo tenebroso e affascinante, che occuperà il posto di lavoro di Pasquale, il quale dopo avere inutilmente sperato in un matrimonio con Chiara, illuso da Rosa, decide di andare via.

Tra Roberto e Chiara subito esplode un grande amore, ma Chiara non vuole accettare ciò che sente e si rifiuta di vivere una passione travolgente. Nel momento in cui sta per cedere alle sue avances, arriva però Sara, la giovane moglie di Roberto. Inizia per Chiara un periodo cupo che la porta a isolarsi da tutti e a continuare a scrivere sul suo diario i suoi pensieri, fino a quando un giorno riceve un messaggio da un mittente anonimo.

“Amante di Eolo sono io”. Termina così la prima parte del racconto nella quale si alternano le vicende amorose della protagonista e da cui nasce Amante di Eolo, una pagina di aforismi realmente esistita su Facebook dal 2009 al 2011 e di cui esiste la raccolta Parole nel vento di Amante di Eolo


Imma D’Aniello è nata e vive a Napoli. Ha pubblicato racconti, poesie e aforismi in numerose antologie. Ama spaziare tra vari generi ma predilige il romance. Tra gli e-book ricordiamo Sotto il cielo di Parigi, Non ti dimentico, Levigo il vento e ti vengo a cercare (Delos digital). Ha pubblicato il suo primo romanzo storico Il tesoro delle meraviglie (Les Flaneurs edizioni).

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateMar 19, 2019
ISBN9788825408492
L'amante di Eolo

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    L'amante di Eolo - Imma D'Aniello

    9788865305508

    1

    … Amai te,

    un alito di vento mi ghiacciò

    e nel vento ti ho perduto

    e nel vento ti ho trovato.

    Amai te, amai …

    Era l’ultimo giorno di aprile e la primavera sbocciava sugli alberi e nei cuori. I colori s'impossessavano degli occhi e si riflettevano nelle lacrime terse di Chiara, che fuoriuscivano senza alcun motivo, magari solo per un’emozione troppo forte, sentita sulla pelle e avvertita nel cuore. Le sue idee erano rapite da una brezza calda e i suoi ricordi spuntavano come fiori su distese sconfinate. Chiara ammirava, in silenzio, l'acqua profonda del mare. Aveva tra le mani un libro e rivedeva vecchie frasi d'amore, create da lei e dedicate al vento. Divorava lentamente i suoi ricordi, ripassando ogni scena vissuta come una favola con un lieto fine, ma neanche lei sapeva ben definire ciò che le era accaduto. La sua pelle vibrava, come ali bagnate nel vento, e lei si cullava le ferite, mentre avrebbe voluto alzarsi in volo su quegli scogli, che pesanti ostruivano il suo cuore. La sua mente era confusa. Aveva amato e sofferto tanto. Aveva dei tagli che ancora sanguinavano. Una canzoncina romantica squarciò il silenzio di quegli attimi di profonda introspezione – Pronto! – rispose istintivamente, passandosi una mano tra i capelli inanellati, che ricadevano morbidi in un groviglio, sulle spalle esili – Sto arrivando. Aspettami! – terminò la telefonata, guardandosi intorno con aria rilassata. Chiara odiava stare al telefono, preferiva piuttosto guardare in faccia le persone per esprimere con calma le proprie idee. Osservare i gesti e gli atteggiamenti quando si parla, è meglio di mille parole, pensava. Si alzò in fretta e afferrò la borsa, mettendo via un libro dalla copertina blu di seta, con la scritta argentata: Pensieri nel vento, Amante di Eolo.

    Con passo sinuoso, come solo lei sapeva fare in modo così naturale, raggiunse la vettura e in meno di un minuto era già partita, lasciando il mare alle spalle e il sole che si affogava lentamente. Le luci del tramonto sbiadivano al passare delle ore e la notte dolcemente scendeva. Chiara guidò la sua macchina nera come una notte d'estate che riverberava tempestata dalle stelle. L'odore del mare e l'immensità della spiaggia facevano da sfondo al cielo illuminato da una luna crescente, come l'ansia che sentiva germogliare dentro di sé.

    Era pervasa dall’inquietudine di arrivare alla meta per sfiorare il viso del suo amato e accarezzare ancora una volta la sua pelle vellutata e carpirne il sapore. Mentre l’odore del fumo e la nebbia dei ricordi svanivano lentamente. Indissolubili pensieri la riportarono indietro, quando neppure conosceva quell'uomo e non sapeva cosa fosse l'amore. Non è facile imparare a vivere e amare quando respirare, è un limite umano e chi lo supera, è un eroe. Lei lo era. L’eroina della sua vita, il trionfo della sua imperfezione alla ricerca della sua esistenza perfetta. Ripensava a questo, Chiara, mentre cercava di accendersi una sigaretta. Non amava fumare, ma le piaceva ricordare il sapore del vento misto a quello di baci dati a lui, che sapevano di fortuna e audacia. Accese la sua memoria e, con la prima boccata, iniziò a ricordare. Tutto ritornò nitido e chiaro agli occhi del suo cuore, avanzando nella sua mente come scene mai vissute, ma solo desideri espressi che la riportarono indietro di anni. Cominciò a rivivere così la sua storia, la sua vita.

    2

    Cinque anni prima

    Il vento era cambiato un’altra volta e accarezzava le onde del mare, increspandole, fino toccare il cielo. L’aria fredda avvolgeva la figura sottile di Chiara, che nel suo vestito argento, brillava più delle stelle in cielo. Il suo sorriso illuminava gli occhi di Pasquale che l’ammirava con aria sognante, e mentre le nuvole si addossavano l’una all’altra, oscurando la luna, il cameriere servì l’antipasto di mare – La vista da questo terrazzo è incantevole. Spero che ti piaccia questo posto disse Pasquale, portandosi una mano nei capelli.

    – Scherzi? Hai prenotato nel ristorante più importante della zona! – rispose Chiara, guardando il panorama estasiata, mentre un violino intonava le più belle canzoni d’amore. Non mancava proprio nulla: la candela, che sfavillava nel centro del tavolo, lo champagne con le mille bollicine nella coppa e un’atmosfera magica che profumava di buono. Chiara avvertì un fremito che dai piedi risalì lungo le gambe e si fermò allo stomaco. Pasquale la stava guardando troppo insistentemente, e lei nel disagio, continuò a tracannare champagne come se fosse acqua. Si portò una mano sulla guancia accaldata più per l’imbarazzo che per l’alcool e mise a fuoco il volto dello spasimante: i suoi capelli ricci gli cedevano sugli occhi, nascondendoli. La sua bocca carnosa, che mordeva continuamente, era di un rosso intenso, e le mani grosse si allungarono verso le sue fino a prenderne una. Chiara s’intenerì. Non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, Erano cresciuti insieme e lui era stato sempre la sua ombra. Il tempo passava e il vento si alzava sempre di più, facendo gonfiare l’ampia gonna del vestito di Chiara e scompigliandole i lunghi capelli. La delizia al limone era su tavolo, pronta per essere gustata e Chiara si sentiva come il dessert della serata, divorata dagli occhi del giovane. Avrebbe voluto non provare quell’enorme disagio, tanto si trattava di poche ore passate a mangiare le prelibatezze della costiera amalfitana, con il suo più caro amico, cosa le sarebbe mai potuto accadere? Si chiedeva mentre iniziò a sudare, appena il cameriere le portò uno scatolino di velluto rosso, servito in un vassoio. Ingoiò l’ultimo boccone di dolce, sporcandosi le labbra di panna e sorseggiò ancora champagne. Pasquale si alzò e si stagliò in piedi davanti a lei. Il vento spense la candela e fece sventolare i lembi della tovaglia bianca del tavolo tondo. Erano rimasti soli sul terrazzo. La pioggia aveva iniziato a bagnare i ricci del ragazzo, mentre s’inginocchiava davanti a Chiara, che assisteva incredula a quella sceneggiata – Poiché per me sei come una fidanzata, posso chiederti di sposarmi? – dicendo così, Pasquale aprì il cofanetto e le mostrò un solitario che riverberò negli occhi immensi di Chiara.

    – Un solitario? Un matrimonio? Io la sposa? – farfugliò Chiara, tra stupore e meraviglia.

    Pasquale annuì soddisfatto e afferrò la sua mano, per infilare l’anello. Chiara si alzò. Le gambe le tremavano. Aveva bevuto molto. La pioggia scrosciante picchiava sul suo decolté nudo, come la sua ampia scollatura sulla schiena. Era stata un’estate mite fino a quel momento, ma qualcosa era cambiato. Gli occhi di Chiara trasbordarono di lacrime. Non amava Pasquale, non voleva dargli un dolore ma non poteva sposarsi solo per non restare una zitella. Ci stava provando. Nel corso degli anni non aveva mai respinto le sue avances ma ora si era cacciata proprio in un bel guaio. Non ebbe neppure il coraggio di rispondergli un no secco, deciso, come avrebbe voluto urlargli. Le parole le morirono in gola, mentre si girò di spalle e andando via, lasciò Pasquale in ginocchio sotto la pioggia.

    Il giorno dopo, Chiara, agitata come una furia, si diresse nel giardino antistante alla villa, imboccando il viale d’ingresso. L’orologio del campanile della chiesa vicina segnava le tre del pomeriggio passate. Il sole batteva cocente sull’asfalto sconnesso della strada di campagna.

    – Torna subito qui benedetta ragazza! Mi farai crepare prima del tempo.

    Le parole divamparono, risuonando nella vallata sottostante, e mentre il cielo sfiorava i tetti del paese, stanca e barcollante venne fuori dalla villa una donna anziana. Il suo viso mostrava segni di sofferenza per il caldo estenuante, ma ciò che davvero non passava inosservato, era il colore dei suoi capelli, rossi come la porpora. Nel paese tutti la chiamavano con il suo cognome: Strega, anche perché era considerata una fattucchiera capace di praticare magia nera. Aveva sedotto parecchi uomini nella sua vita, per lo più soldati americani, durante la seconda guerra mondiale.

    Il tempo sembrava essersi fermato sulle case che si addossavano l’una all’altra. Da lontano tutto il paesaggio sembrava lo schizzo di un pittore pazzo. Uno spettacolo per gli occhi e per il cuore di Chiara, come lo erano le iridi di sua nonna: quella destra, verde come i prati sconfinati lungo i pendii dei monti, la sinistra era azzurra come il mare su cui si ergeva a strapiombo tutto il paese. Al suono di quelle parole, con l’affanno per aver mangiato troppo, sbucò dalla dependance don Carmine. Il suo enorme pancione non gli permetteva di camminare spedito, arrancando con gli scarponi impolverati, su per la collina. Chiara l’osservò aguzzare la vista in direzione della strega e quando la scorse per strada, sotto il sole, lo vide lisciarsi i baffoni, acuendo lo sguardo rallegrato da quella visione. Poi, con aria serena, quatto, ritornò a gustarsi il sigaro, boccheggiando, nell’aria, cerchi di fumo.

    Anche la dependance di don Carmine si affacciava a picco sul mare. A quell’ora, il sole arroventava le pietre e abbracciava i limoni che ornavano l’ingresso della villa. L’aria profumava di malva rosa e i fiori d’arancio si sposavano bene con mandarini.

    – Nonna, non provarci mai più! Ti ho detto che non cerco marito e non voglio sposarmi. Semmai convivo! Che cosa hai raccontato a Pasquale per fargli comprare addirittura un anello? – ribatté sferzante, raccogliendosi i ricci castani con un elastico rosso, mai quanto il suo viso stracolmo di rabbia, che lei sentiva in fiamme.

    – Va bene, ho capito. Ho esagerato. L’ho spinto a dichiararsi, ma ricordati che hai quasi venticinque anni e a quest’età le ragazze nessuno se le sposa più e restano zitelle.

    – Nonna, non siamo nel medioevo. Non ci si sposa per avere un avvenire e sistemarsi. Semmai dovessi maritarmi, come dici tu, lo farei per amore, ma quello vero. Quello che ti fa camminare a un metro da terra, che si legge nei libri e che si vede nei film. Chiara si avvicinò e tremò nello sguardo austero di quella donna che inarcava le sopracciglia sfoltite, sistemandosi la crocchia scarlatta.

    – Tua madre, prima di morire, poco dopo il parto, mi ha detto di proteggerti, di insegnarti la vita e di farti diventare una donna indipendente. Tra poco il mio tempo finirà e io vorrei avere qualcuno a cui dire le stesse cose. Desidero vederti felice, con una famiglia, dei figli. Vorrei affidarti a qualcuno che sappia amarti e rispettarti sempre. Chiedo forse troppo?

    – Tu non puoi obbligarmi a sposare Pasquale perché hai paura di lasciarmi sola. Pensi che sia giusto? – rispose, svincolandosi dallo sguardo incollerito che la fissava.

    Dagli occhi cerulei della strega scesero due lacrime che andarono a confondersi con il sudore, che le grondava il viso. Chiara intuì la tristezza di sua nonna e si accostò a lei. Prese un fazzoletto di cotone bianco e passandoglielo sul suo viso rugoso, la carezzò, poi le stampò un bacio sulla guancia.

    – Nonostante la tua età, sei ancora una donna in gamba. Appartieni a un’altra generazione, quella che ha patito la fame e la miseria e poi sei del sud, con tutte le caratteristiche fisiche e dal temperamento focoso come la lava del Vesuvio, ecco perché hai queste idee retrograde, ma io vorrei essere come te, nonna, piena di forza, furba, bella. Se avessi la metà delle tue doti, sarei la regina del mondo. Nella tua vita hai fatto strage di cuori. Quante donne hai fatto sposare e quanti bambini hai allattato? Tu sei la vita. Sei una vera donna. Io sono degna e orgogliosa di avere nelle vene il tuo stesso sangue, i tuoi stessi ricci e la tua pelle bianca.

    La nonna le appoggiò un dito sulle labbra per zittirla – Sei nata in una notte di plenilunio e io ti ho chiamata Chiara, proprio com’era la luna nel cielo. Ricordo, come ora, che ti ho stretto tra le braccia e, mentre tua madre credeva che fossi un maschio, io sapevo, da prima che nascevi che eri una femmina. Nei tuoi occhi vidi una luce. Chiara Valdi, tu vivrai qualcosa di meraviglioso su questa terra e io vorrei condividerlo con te, prima di andarmene.

    – Nonna, ma tu non morirai mai! – reclamò, sbuffando – Smettila di dire cose tristi e andiamo a preparare la torta per gli ospiti. Già l’ho combinata grossa ieri sera, devo rimediare. Mica vogliamo fare un’altra brutta figura? Sai don Carmine quanto ci tiene a mangiare bene! – sorridendo, fece una boccaccia per alleggerire la tensione del momento e rientrarono in casa, sottobraccio. Chiara accostò la porta di legno intarsiata e corse in cucina. La domestica si era appisolata, di nuovo, in salotto con il televisore acceso, mentre guardava la De Filippi su canale cinque. Chiara abbassò il volume e con il vocio in sottofondo, prese tra le mani un pacco di farina; due uova; lo zucchero per preparare la torta. Adorava creare dolci, la rilassava. Pensò alle parole di sua nonna, asciugandosi con il dorso della mano una lacrima. Non c’era bisogno di una strega, per prevedere il futuro. Le cose sarebbero andate esattamente come diceva lei: tra qualche anno sarebbe rimasta sola al mondo e la cosa la spaventava molto.

    Il vento era aumentato e lo sfarfallio delle stelle riverberava nel cielo senza nuvole. Il respiro di Chiara si fece pesante, mentre correva al piano di sopra per cambiarsi d’abito. Tutto doveva essere perfetto. Doveva sistemare l’equivoco con Pasquale e farsi perdonare.

    – La cena è stata deliziosa. Sei una cuoca bravissima – affermò don Carmine, qualche ora dopo, rivolgendosi a Rosa, che si era appena alzata per preparare il caffè. La tensione era stata talmente alta che si sarebbe potuta tagliare con un coltello. Pasquale non aveva aperto bocca tutto il tempo e Chiara si era sforzata di essere gentile, destreggiandosi con le varie portate.

    – La torta l’ha fatta Chiara – aggiunse, gridando Rosa, mentre si allontanava per andare in cucina.

    – Non avevo dubbi. Chiara è pronta per il marito, deve solo decidere quando – dicendo ciò, lanciò uno sguardo al figlio che sedeva di fronte – Chiara non ne vuole sapere ancora di maritarsi, peccato. Aspetteremo.

    Lei non era riuscita a dirglielo in faccia che non lo amava. Non aveva il coraggio di fargli male e così lo teneva in bilico e tra una cena e una passeggiata romantica, Pasquale restava zitto con il viso arrossato, lo sguardo attento e un sorriso da innamorato pazzo, disegnato al posto della bocca. Gli mancavano solo gli occhi a cuoricino e sarebbe stato perfetto per fare la pubblicità dei baci perugina a San Valentino. Chiara si chiedeva come mai lui si fosse invaghito di lei. Non era poi così bella come dicevano tutti. Anche lei aveva i suoi difetti, con quei riccioli ribelli, che le coprivano il volto e quel carattere pungente che si ritrovava.

    – Rosa, non dirmi che le hai insegnato anche a fare la tua parmigiana di melanzane? Perché se è così, me la sposo io, magari mi dice di sì prima di te – continuò don Carmine, dopo essersi lisciato i baffi e acceso il solito sigaro.

    – Non si fuma in casa – sbottò Rosa, con aria decisa – Ecco, questo è uno dei motivi per cui io non mi decido a sposarti – sostenne la strega, mentre gli levava il sigaro dalle mani.

    – Ma un caffè non è buono senza fumo, – sbottò lui, bevendo l’ultimo sorso dalla

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