Scherzi da Scrittori
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About this ebook
Di seguito, in ordine alfabetico, l'elenco dei racconti inclusi nella raccolta (quelli contrassegnati da un asterisco sono ispirati a racconti di altri autori, rielaborati in ottica personale)
FURTO IN CHIESA (*)
GRAN BELLA FESTA, CONTESSA (*)
IL GENIO DELLA PENNA
IL MIO MIGLIORE AMICO
IN ATTESA DI UN OSPITE
L'ANGELO E IL PRINCIPE AZZURRO
L'AVVENTURA DI UN CONTROLLORE (*)
L'EX ALUNNA
LA FESTA A SORPRESA
LA FRANA (*)
LA LIBERTA'
LA SCOMMESSA (*)
LE STORIE DI MARIA
LO STRANO INCONTRO (*)
PEN GRIENDS
SI’, QUI E SEMPRE MOLTO TRANQUILLO (°)
TERRE VIOLA (*)
VECCHI LIBRI E GRANDI SPAZI
Dato il carattere tematico della raccolta, si avverte che i racconti qui contenuti possono essere presenti anche in altre raccolte tematiche dello stesso autore.
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Scherzi da Scrittori - Marco Fogliani
MARCO FOGLIANI
Scherzi da Scrittori
ISBN ebook: 9788832523195
Aggiornamento: 20/04/2024
Indice dei contenuti
VECCHI LIBRI E GRANDI SPAZI
IN ATTESA DI UN OSPITE
LE STORIE DI MARIA
LA FESTA A SORPRESA
L'EX ALUNNA
GRAN BELLA FESTA, CONTESSA
IL MIO MIGLIORE AMICO
LA LIBERTA'
IL GENIO DELLA PENNA
PEN FRIENDS
L'ANGELO E IL PRINCIPE AZZURRO
TERRE VIOLA
LO STRANO INCONTRO
FURTO IN CHIESA
L'AVVENTURA DI UN CONTROLLORE
LA FRANA
LA SCOMMESSA
SI’, QUI E’ SEMPRE MOLTO TRANQUILLO
VECCHI LIBRI E GRANDI SPAZI
Ogni mattina, al sorgere del sole, è mia piacevole abitudine immergermi nella lettura.
Stamattina il gallo era di buon umore, ed aveva tanta voglia di cantare.
Per alzarmi ho atteso di veder filtrare il primo coraggioso raggio di luce della giornata. Cercando di non turbare troppo la quiete dell’alba - punteggiata, gallo a parte, dal cinguettare festoso degli uccellini - sono sceso dal mio vecchio letto cigolante, ho indossato le mie fedeli pantofole ed ho aperto le imposte della mia stanza.
La vista da lassù è sempre ugualmente bella, seppure mai uguale - oggi una nuvola più scura e arruffata là nell’angolo; ieri la foschia che saliva dalla valle. Una villa come tante in Toscana, la villa di famiglia, dei miei nonni e degli avi prima di loro. In primo piano, in tutta la sua bellezza, il giardino ben curato, coi suoi vialetti e gli zampilli alle fontane; ma l’alto muro di cinta non impedisce allo sguardo di spaziare sulle colline circostanti, le vigne, la strada che porta al paese arrampicato su quella collina. Toh, ieri il nostro giardiniere tuttofare ha dimenticato la carriola là sotto l’albero; e laggiù un carretto se ne va per le campagne del vicino. E quelle nuvole nere là in fondo non promettono nulla di buono. Per il resto è tutto a posto, sarà una giornata normale tale e quale a tutte le altre.
Per arrivare alla biblioteca passo davanti alle stanze chiuse delle mie figlie - ne sono rimaste due ancora non maritate, e chissà se mai lo saranno – e della zia Luigina, e scendo il grande scalone. Anche la servitù è ancora addormentata; ma la zia Luigina a volte la trovo già in cucina, a trafficar con le verdure dell’orto o coi fornelli.
Leggo molto adagio, per questo in genere riprendo il volume dal tavolo della biblioteca così come l’avevo lasciato il giorno prima. Ma quando lo finisco, passo decine di minuti per scegliere il successivo, tirandoli fuori dagli scaffali uno a uno, rigirandomeli in mano e cercando di capire dalle premesse o introduzioni se siano adatti al mio gusto ed al mio umore, o se per caso li abbia già letti. Ultimamente sto leggendo degli autori toscani poco conosciuti del secolo scorso che evidentemente a mio nonno, il principale artefice di questa piccola collezione di volumi, interessavano molto. Ma alle volte mi trastullo anche non poco, e per non poco tempo, nello sfogliare quei due o tre tomi scritti a mano in latino: di quelli con le lettere di inizio pagina dorate ed istoriate, provenienti da chissà dove e da chissà quando – probabilmente qualche antico monastero. Sono i pezzi forti della raccolta.
Nessuno in quella casa, oltre a me, frequenta la biblioteca. Lo dico con certezza non solo per la polvere che trovo sia sui volumi, che in ogni oggetto della stanza. I libri non sono roba per donne
, mi sento dire dalle mie figlie e dalla zia, loro istigatrice, sempre indaffarate con tombolo, stoffe e uncinetto o, la piccola, coi pennelli. Ed io hai voglia a ricordar di scrittrici e poetesse che, almeno loro, meriterebbero la loro attenzione: è come parlare a un muro.
Meglio così, forse: la biblioteca resta tutta mia, mio regno incontrastato e mio rifugio. Se qualcuno mi vuole sa dove trovarmi. Almeno fin verso le nove, allorchè sento le galline razzolare ed i cani abbaiare, abbandono i libri e vado a prepararmi per ricevere visite o ancora meglio, a seconda dei giorni, per una piacevole battuta di caccia.
Ogni mattina, quando si alza il sole, è mia piacevole abitudine dedicarmi per un po’ di tempo alla lettura. Ma oggi invece ho preferito rimanere a letto, sveglio ma con gli occhi chiusi, ad immaginare come sarebbe stata la mia giornata in una di quelle ville sontuose - che mi ricordano molto la villa dei miei nonni - descritte da alcuni vecchi scrittori toscani poco conosciuti del sette-ottocento. Scrittori tra quelli di cui faccio conoscenza ogni mattina spaziando per la vastissima biblioteca che è internet, fintantoché il mio piccolo loculo abitativo, un monolocale di meno di quaranta metri quadrati con angolo cottura e bagno, non viene invaso dai rumori della strada indaffarata – clacson, camion della spazzatura, gente che parla ad alta voce – e dalle voci urlanti dei miei vicini: tre bambini con mamma isterica che li deve accompagnare a scuola e che sono sempre in ritardo.
A quel punto so che la mia lettura finisce, e anche per me deve ricominciare la solita giornata.
IN ATTESA DI UN OSPITE
La nostra villeggiatura stava ormai volgendo al termine, e lei non era ancora venuta a farmi visita.
Vedrai che verrà a trovarmi in questi ultimi giorni, me lo sento
, avevo detto speranzoso anche alla mia mamma; ma lei mi aveva guardato con una certa aria di commiserazione, quasi a volermi dire: Beato te che sei giovane e ingenuo, e credi ancora in certe cose!
Quella sera di fine agosto il tempo era strano, freddo da non potersi restare all’aperto se non con un bel maglioncino; e ad un tratto arrivarono anche delle goccioline sottili, un piovigginare fastidioso che ci costrinse tutti a rientrare. Io mi ritirai nella mia stanza e mi sedetti davanti alla finestra, ad ammirare il turbinio del vento e delle goccioline che si lasciavano trasportare inermi, sbatacchiare sul vetro e poi trascinare su di esso come agli ordini di un artista, fantasioso e capriccioso ma che non riusciva a decidersi a concludere in maniera definitiva la sua opera.
Anche la mia mente vagava vuota, seguendo quei disegni; ma poi mi rendevo conto che tornava sempre a lei, a quella strana sensazione che sentivo nell’aria: sì, quella sarebbe stata la sera giusta. Lei sarebbe venuta a trovarmi di lì a poco, me lo sentivo quasi come una certezza.
Nell’attesa, presi la mia matita e cominciai ad abbozzare su un foglio l’opera d’arte che vedevo davanti a me, sul vetro e fuori di esso. La mano andava quasi da sola, ma la mente già era corsa in avanti, immaginandomi in compagnia della tanto attesa ospite come se già fosse entrata e si fosse venuta a sistemare lì, sulla sedia di fianco alla mia, col maltempo, la pioggia e l’ombrello rimasti fuori di casa, o nell’altra stanza. E di cosa avremmo parlato, poi, io e lei, mi chiedevo?
Sicuramente le avrei parlato dell’estate appena trascorsa e che stava per finire. Probabilmente di mio cugino Pasquale, nato nel mio stesso anno, che ogni estate incontravo sempre e solo lì, immancabilmente, e con cui sin dall’infanzia condividevo le più belle avventure, e soprattutto una serie continua e inarrestabile di marachelle che la sua fervida fantasia proponeva una dietro l’altra. Marachelle a cui prendevo parte assai volentieri, ben consapevole che il mio limitato ingegno non sarebbe mai riuscito da solo a idearne o a ipotizzarne neanche una, neanche la più piccola e insulsa.
Le avrei parlato della figlia del fattore, Torina, di come si fosse fatta alta e bella così all’improvviso, da un anno all’altra, e non fosse più quella bambina noiosa che mi ricordavo, che voleva sempre venirci dietro ad ogni costo ma che finiva sempre per trovare un qualunque pretesto per piagnucolare ed accusarci ed incolparci di qualunque cosa. E della comitiva dei ragazzi che si era formata in paese, e dei loro nuovi passatempi che erano venuti in voga ultimamente; e dei racconti di quelli che si erano trasferiti in città per studiare; e anche di Giuliano, che ormai non si vedeva quasi più, che già da un anno aveva la fidanzata che non voleva o non poteva farci conoscere, che diceva essere bellissima, ma Pasquale lo canzonava perché diceva che aveva paura che gliela rovinassimo solo a guardarla.
O forse le avrei raccontato delle passeggiate in collina e su per la montagna, a raccoglier more o lamponi o funghi con mio zio, che poi ci portava anche al mercato del paese, dove conosceva tutti e si informava di questo o quell’altro, e di ogni nuovo arrivato chiedeva perché era lì e con chi era imparentato. E - perché no - magari le avrei riferito anche della processione in paese per la festa dell’Assunta, in cui per la prima volta mi avevano proposto di portare un vessillo, che sembrava leggero ma che dopo mezz’ora mi aveva distrutto le braccia; ma io l’avevo portato sempre alto e dritto, con tutta la serietà e la dignità richiesta dalla circostanza. O forse, infine, avrei affrontato con lei argomenti più culturali e, diciamo così, scolastici
, come la gita a Firenze ed a Siena fatta qualche giorno addietro coi miei genitori.
Continuavo a pensare a cosa le avrei detto, anche quando il mio disegno era ormai finito da un pezzo persino nei particolari; e pensavo ancora ad altri eventi significativi di quella che era stata la mia estate appena trascorsa, per poterli raccontare a lei, e riceverne in cambio impressioni, pareri, consigli. Ma, ahimè, la pioggia era finita già da un po’, ed io sentivo che nel frattempo una gran sonnolenza si era impadronita dei miei occhi e di tutto me stesso, e che se anche la mia attesa visitatrice fosse arrivata io non sarei stato in grado di accoglierla come si deve, né di conversare con lei.
Mi buttai sul letto, stanco. No, non era venuta neanche quella sera. Come al solito la mia mamma aveva avuto ragione.
Ormai restavano davvero pochi giorni all’inizio della scuola, ed il compito delle vacanze era ancora tutto da svolgere. Racconta cosa ti ha colpito di più della tua estate appena trascorsa
. Avrei finito come ogni anno per scrivere le solite stupidaggini, magari copiate da qualche parte o suggerite da chicchessia. Mentre invece avrei voluto scrivere delle belle parole aiutato dall’ispirazione, che una sera di pioggia mi aveva fatto credere che sarebbe venuta, ma che poi ho tanto atteso inutilmente. Peccato. Ma io, parola mia, l’ispirazione continuerò ancora ed ancora per molto ad aspettarla, pazientemente, per tutto il tempo che sarà necessario.
LE STORIE DI MARIA
Ricordo che un giorno, in biblioteca, un mio studente mi portò quel libro a far vedere.
Professore, se ha un momento vorrei mostrarle una cosa interessante.
In corrispondenza della pagina dell’indice era infilato un foglio, compilato minuziosamente a mano in bella grafia, in cui erano ripetute le voci dell’indice e a buona parte di esse era associato un altro titolo ed il nome di un autore italiano vissuto tra il quattro e l’ottocento.
Di che si tratta? E da dove viene?
, gli chiesi.
Un collega laureando l’ha trovato abbandonato su una panchina. Qualunque studente di lettere si sarebbe incuriosito. Lui poi pensava che Maria fosse la Madonna, sarebbe stato perfetto per la sua tesi. Ma iniziando a leggere si è accorto subito che era tutt’altro.
E invece chi sarebbe Maria?
Non ne ho idea
, rispose. Leggendo non si capisce. Non l’autore, che si chiama Marcello.
Esaminai alla buona la copertina e le prime pagine del libro: autore, editore, anno di pubblicazione.
"È quella che si potrebbe chiamare una Compilation, di letteratura italiana minore dei secoli scorsi, continuò il ragazzo.
Giusto qualche parola o qualche costrutto non più usato è stato sostituito, qualche piccolo rimaneggiamento qua e là; ma la derivazione è evidente. Per qualcuno dei racconti non ho ancora trovato la fonte, ma credo che cercando meglio …"
Me lo potresti lasciare per qualche giorno?
Glielo posso anche regalare, se vuole.
Quando mi capitò l’occasione accennai il fatto all’avvocato Morini, con cui di tanto in tanto avevo avuto a che fare per delle consulenze. Tra noi si era instaurata reciproca stima e simpatia.
Certamente correttezza e tradizione avrebbero voluto che da qualche parte nel libro si accennasse alle fonti originarie
, iniziò a disquisire. Ma il discorso del diritto d’autore, quando è trascorso abbondantemente più di un secolo, non dovrebbe avere rilevanza dal punto di vista giurisprudenziale. Non ricordo di aver mai incontrato o studiato un caso del genere. Tuttavia non escluderei che, presentandosi come parte lesa una biblioteca o una Università o un istituto di cultura, chi di competenza potrebbe in qualche modo prendere le parti di chi istituzionalmente è chiamato a difendere e a tutelare la cultura, avendo questo compito tra le sue finalità istituzionali
.
Fece una breve pausa, passando rapidamente al punto di vista della controparte.
Certo si potrebbe obiettare che comunque è un modo di diffondere cultura; che l’autore poteva effettivamente in buona fede non conoscere le fonti, e che nessun obbligo di legge esisteva in tal senso da parte sua. La vedrei dura. Possibile, perché la magistratura a volte - dove incontra delle singole casistiche che giudica non contemplate dall’ordinamento giuridico - su singoli casi può dare sentenze e motivazioni apparentemente sorprendenti; ma difficile sicuramente sì.
Insomma, conoscendo l’avvocato Morini, mi stava dicendo che come sempre il suo studio non si sarebbe tirato indietro, e se necessario avrebbe portato la faccenda fino in fondo con il massimo impegno e la massima serietà; ma anche, tra le righe, che a fronte di un impegno sicuro e fino ai massimi livelli del giudizio - perciò con tempi lunghi e costi elevati - il risultato non aveva possibilità di essere raggiunto se dall’altra parte ci fosse