La banda Cavallero. I rapinatori della periferia
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Book preview
La banda Cavallero. I rapinatori della periferia - Silvio Betulia
Indice
PREMESSA
La banda Cavallero. I rapinatori della periferia
I cambiamenti
Gli anni ’70
Il ritorno
Silvio Betulia
La banda Cavallero
I rapinatori della periferia
Piazza Statuto
Il 68
Il 77
Lotta continua
Il terrorismo
Il cambiamento
Il Postfordismo
Youcanprint Self-Publishing
PREMESSA
A Nando, a Nandino,
a Ronaldo, a Silvio
e suo fratello.
A Teresio e al fratello Ciro,
ad Angelo il marinaio.
A Beppe e al fratello Bruno
a Sergin e a Carlo.
A Carmine e a Fortunato,
a Vito
e a tutti quelli che per non
piegarsi si sono spezzati.
E soprattutto a colei
che non avrebbe potuto mai
leggere queste pagine.
Un grazie ai professori di storia, all’ora giovani assistenti dell’Ateneo torinese che giolittianamente ci hanno dato parecchio.
Un grazie a Gipo, che nelle sue canzoni ha lasciato, indelebili, le atmosfere, i colori, gli odori della barriera.
Nella storia d’ Italia e nella storia di Torino, gli anni Sessanta sono ricordati e collegati soprattutto alla loro fase finale e vengono associati a nomi come Viale, Bobbio, etc.
Così come il Risorgimento è associato, a Torino, a Cavour, a Balbo, a Lamarmora a Cialdini ad Abba. Possibile che non ci sia stato nemmeno un cuoco, uno stalliere, un sarto, di cui mettere il nome su qualche lapide o via? Possibile che nessuno impiegato, fattorino, nessun semplice operaio abbia partecipato al ’69 al ’70?
Ci sono stati invece, con il loro entusiasmo, con la loro energia, con la loro ingenuità e hanno contribuito a fare la Storia con la S maiuscola e non. Dimenticati, noi li ricordiamo, li ricordiamo giovani sì vogliamo ricordarli e ci teniamo a ricordarli giovani con le loro speranze e i loro sogni. Sarebbe bello però, dar voce, sull’esempio di Nuto Revelli, a questo mondo dei vinti della periferia torinese che non ha trovato né un Pasolini né un Nuto a ricordarlo.
"Talvolta vorrei ripercorrere le strade del mio quartiere
ricordare gli affanni, ricordare la fame, ricordare il freddo..."
Barista, fattorino, magazziniere, lavapiatti, cuoco, casellante, venditore, commesso, faccendiere, operaio e studente serale, itp e studente universitario, taxista e insegnante precario, insegnante, preside, spesso deriso, per i congiuntivi e le citazioni, latine, approssimative da professorucoli boriosi e pieni di sé per essere stati accompagnati dalle mamme al classico e poi all’università per aver festeggiato l’inutile tesi con il parentado e la fidanzata, con i fiori e l’aperitivo le paste secche e il bignè.
Pensino prima di ridere al loro tempo perso in vacanza a respirare lo iodio e a corteggiare con scarso successo la compagna di scuola annoiata dall’indecisione e dal rispetto.
Pensino, prima di ridere, alle loro domeniche passate nei candidi guanciali, a leggere la grammatica greca con noia e insofferenza. Pensino alle vacanze passate a lavare migliaia di piatti, pensino alle calde ore dei pomeriggi d’agosto a cucinare lasagne.
Pensino ai turni di notte passati nelle fabbriche, alle poste, nei caselli in mezzo alle risaie a due, tre, quattro lavori contemporaneamente, pensino ai libri, inesistenti, letti negli spazi liberi.
Pensino alle notte passate alla Pellerina a prendere e a portare ragazze africane.
Pensino. Troppo impegno. Troppa profondità di analisi.
Meglio sorridere rancorosi a chi li dirige senza essere passato dalla consecutio temporum.
"e ricordare qui vorrei
gli anni ’50
Tutti. Uno per uno.
Giorno