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Pacchetto a sorpresa: Nel mondo segreto dei ricchi e dei loro domestici
Pacchetto a sorpresa: Nel mondo segreto dei ricchi e dei loro domestici
Pacchetto a sorpresa: Nel mondo segreto dei ricchi e dei loro domestici
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Pacchetto a sorpresa: Nel mondo segreto dei ricchi e dei loro domestici

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About this ebook

Lavinia vive sulla Costa Azzurra. È enormemente ricca e altrettanto capricciosa, e tiranneggia i suoi numerosi domestici. Suo marito è un ministro della repubblica francese, ambizioso e potente. Ma non molto onesto e ancor meno fedele. Nessuno dei due si occupa molto del loro figlio di dieci anni che stringe amicizia con l'autista di casa e una cameriera. Quando il ministro manda i due domestici in Svizzera con uno strano pacchetto da consegnare a un avvocato, il ragazzo decide di andare con loro. Durante il viaggio avviene una lunga serie di imprevisti e Lavinia si convince che suo figlio è stato rapito. Avverte la gendarmeria e a quel punto...

 
LanguageItaliano
Release dateFeb 14, 2019
ISBN9788832516586
Pacchetto a sorpresa: Nel mondo segreto dei ricchi e dei loro domestici

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    Pacchetto a sorpresa - Sophie Blanchard

    Epilogo

    1. Madame

    La villa era nascosta dagli alberi del grande parco ma qualcosa si riusciva a intravedere tra i rami e le foglie. La costruzione era massiccia e imponente e Paloma provò una strana sensazione di minaccia, anche se non avrebbe saputo spiegarne il motivo. Le mura di recinzione, di pietra grigia, erano alte almeno tre metri e spesse mezzo metro o poco meno. L'intenzione di chi le aveva costruite era evidente: isolare la villa dal resto del mondo. Quel posto non le ispirava fiducia e per un momento fu tentata di voltargli le spalle e allontanarsi. Ma fu solo un momento. Data la sua situazione, non poteva permettersi di fare la schizzinosa.

    La giovane si avvicinò esitante al cancello d'ingresso che, come tutto il resto, era degno di un castello medievale. Dal centro di un piattino di ottone incastrato nel muro sporgeva un pulsante nero. Doveva essere il campanello, anche se nessun nome vi appariva accanto. Ma il numero civico, che sporgeva da una piastra quadrata anche questa di ottone, corrispondeva: l'indirizzo era proprio quello. Paloma premette il pulsante e attese mentre il suo nervosismo cresceva.

    L'occhio vitreo della telecamera osservò per alcuni secondi la donna dai capelli neri e dalla pelle ambrata, poi uno scatto e il cancello cominciò a scorrere lentamente da un lato. Paloma fece un passo indietro un po' spaventata: non si aspettava che quell'imponente inferriata alta tre metri di colore nero e oro si muovesse da sola. La osservò spostarsi alla sua destra finché si bloccò con un secco click. Lei si guardò intorno intimidita. Non comparve nessuno. Allora si incamminò per il lungo viale ricoperto di ghiaia e delimitato a destra e a sinistra da una fila di alberi imponenti, tra cui riconobbe querce, platani, castagni e qualche palma.

    In fondo al viale un'aiuola di rose rosse e gialle circondate da basse siepi disegnava una rotonda che permetteva ai veicoli di imboccare il viale in senso inverso dopo aver depositato i loro passeggeri davanti a una scalinata. Paloma camminò a passo lento tenendosi sul bordo del viale e facendo scricchiolare la ghiaia sotto le scarpe. Superata la rotonda, salì i dodici scalini che conducevano al portone d'ingresso, anch'esso nero e oro, e si fermò sulla soglia dove un'altra telecamera sembrò fissarla con diffidenza. Poteva ancora andarsene, si disse, ma non lo fece. Suonò il campanello e attese nuovamente. Dopo qualche istante una cameriera in un'immacolata divisa nera, con grembiulino e crestina bianchi, aprì la porta e sorrise.

    «Buongiorno. Mi manda il Pôle emploi» disse intimidita Paloma.

    «Sì, la stavamo aspettando» rispose la cameriera con una gradevole voce tenorile.

    «Ah sì? Io... sono venuta per quel posto...»

    «...di guardarobiera. Ci hanno avvertito» completò la frase la cameriera.

    Paloma la osservò più attentamente e sbatté gli occhi. Non le sembrava possibile.

    «Ah, vi hanno avvertito...» ripeté, non sapendo che dire.

    «Certo, l'agenzia. Lo fanno sempre prima di ogni colloquio.»

    La cameriera era piuttosto alta, aveva un bel viso di forma regolare, capelli castani corti pettinati all'indietro, il naso e il mento un po' pronunciati e delle spalle ampie, da sportiva.

    «Allora prima di me...»

    «Ne sono venute altre cinque.»

    «Così, io sono la sesta.»

    «Infatti. Se la matematica non è un'opinione.»

    Paloma notò che la cameriera aveva un pomo d'Adamo alquanto pronunciato e delle mani decisamente grandi per una donna.

    «Come?»

    «Niente, scherzavo. Bene, madame la sta aspettando.»

    «Madame?»

    «Sì. È lei che comanda qui. Il padrone è a Parigi per la maggior parte del tempo. Allora, non vuole entrare?»

    Lei riuscì solo a dire: «Ma...»

    «Ma?» ripeté la cameriera, sempre sorridendo.

    «Ma, scusi... lei...»

    «Sì?»

    «Lei...»

    «Dica.»

    «È... un uomo!»

    «In effetti è così» ammise la cameriera. «Ma solo quando sono fuori servizio. Quando lavoro divento Nadine

    «Ah! Be', io... io credo che... credo di aver... ecco, credo di aver sbagliato indirizzo. Sarà... sarà meglio che vada adesso.»

    «Ma lei non è Paloma Gonzalez? Bellissimo nome, tra parentesi.»

    «Oh, grazie. Ma io...»

    «Paloma, le assicuro che l'indirizzo è proprio quello giusto. E, come dicevo, madame la sta aspettando. E si spazientisce facilmente.»

    «Ma io... lei...»

    «Capisco quello che pensa, ma non si preoccupi. Le garantisco che sono normale, cioè strettamente etero. Ma le spiegherò tutto dopo.»

    «Etero? Oh, ehm...» rispose Paloma arrossendo un po'. «Ma... allora, cos'è? Una specie di... scherzo?»

    «Be', in un certo senso. Adesso entri, non abbia paura. L'accompagno da madame. E sa una cosa? Lei è molto carina.»

    Paloma si disse Lo sapevo, lo sapevo che non avrei dovuto venire. Me lo sentivo! Perché non me ne sono andata via subito? Perché?

    Avrebbe voluto mettersi a correre e scappare il più lontano possibile da quella casa ma si sentiva come paralizzata. Una sensazione di gelo aveva invaso il suo corpo. Voltò lentamente la testa all'indietro e vide che il cancello si era richiuso. Era prigioniera!

    «Scusi... lei come ha detto che si chiama?» domandò, tentando di mostrarsi a suo agio e di nascondere lo spavento che l'attanagliava.

    «Quando sono in servizio mi chiamo Nadine, mentre quando non lo sono mi chiamo Hubert.»

    «Ah!»

    Ma dove sono capitata? Questi sono matti, e magari anche... pericolosi!

    «Hubert è anche il mio nome di battesimo» precisò la cameriera.

    «Ma se lei è... ehm etero, allora...»

    «Cosa?»

    «C'è forse in casa... forse qualcuno un po'...»

    «Mi dica, Paloma.»

    «Mi rendo conto che non sono affari miei, ma... ma...»

    «Vuol sapere se qui ci sono dei gay? No, non mi risulta. Anche se per la governante... be', non metterei la mano sul fuoco. Sto scherzando. Ma adesso andiamo: è meglio non far spazientire madame.»

    Esitante ma ormai rassegnata, Paloma seguì Hubert/Nadine che le fece strada oltre il vestibolo per saloni e corridoi. Si sentiva quasi come una condannata alla ghigliottina che veniva scortata dalle guardie sul patibolo, e si ritrovò a sperare con tutte le sue forze di non piacere a madame e di non essere assunta. Tutto ciò che voleva in quel momento era scappare da quella casa e non rimetterci mai più piede, anche se era la più bella che avesse mai visitato con tutti quei quadri antichi, gli arazzi, i tappeti e le statue di marmo e di bronzo. Pareva più un museo che un'abitazione.

    Madame era una bella donna tra i trentacinque e i quaranta. Capelli tinti biondo platino, profumo Chanel n° 5, elegante abito di seta lucente color avorio che le arrivava poco sopra il ginocchio, sandaletti neri con tacco a spillo, e oro perle e pietre preziose equamente distribuiti su orecchie, collo, polsi e dita. Da far invidia alla vetrina di un gioielliere di place Vendôme. Stava prendendo il tè nel salottino cinese, tra gong, Budda di bronzo, grandi anfore e un paravento di lacca e seta, che era ricamato con delle grandi cicogne bianche e nere sullo sfondo di un laghetto, o forse uno stagno.

    «La signorina Paloma Gonzalez» annunciò Hubert. «È qui per il posto di guardarobiera.»

    «Grazie, Nadine. Puoi andare. Venga, cara. Facciamo conoscenza. Si accomodi.»

    Madame aveva quel tono di voce che sembra dare ordini anche quando vuol essere gentile e cordiale. Paloma obbedì e le si sedette di fronte, sul bordo della poltroncina imbottita rivestita di seta gialla. Non vedeva l'ora di andarsene, anche se aveva maledettamente bisogno di un lavoro. Adesso che si era un po' ripresa dallo shock iniziale, si domandava che razza di gente vivesse in quella grande villa sul mare, e al contempo malediceva il momento in cui aveva accettato di presentarsi per quel posto di guardarobiera.

    «Vuole un po' di tè? Si serva pure. È autentico Darjeeling. Lo faccio venire direttamente dall'India.»

    «Oh, davvero?» fece Paloma, che non beveva mai tè e non aveva idea di dove si trovasse la regione del Darjeeling.

    Mentre Paloma cercava di destreggiarsi con la teiera cinese fumante, i piatti, le tazzine, i cucchiaini e la zuccheriera, e si domandava se questa faccenda del tè era una specie di prova d'esame, madame le chiese: «Quanti anni ha, Paloma?»

    «Ehm, ventidue.»

    «Spagnola?»

    «No. Io... sono nata in Perù.»

    «In Perù?»

    «Sì, ma ho il permesso di residenza.»

    «Ah, e da quanto tempo si trova in Francia?»

    «Da sette anni.»

    «Sette anni? L'ha imparata bene la nostra lingua.»

    «Grazie.»

    «E ha pratica del lavoro di guardarobiera?»

    «Ecco, non molta.»

    Madame alzò le sopracciglia, perplessa. Aveva messo ben in chiaro con l'agenzia che voleva incontrare solo persone con esperienza pluriennale.

    «Non molta? Qual è stato il suo ultimo lavoro?»

    «Be', io... ero una suora.»

    Madame adesso corrugò le sopracciglia.

    «Una... suora?»

    «Sì. In un convento.»

    «Credo di non aver capito bene. Ha detto proprio che era suora in un convento?»

    «Sì. Di clausura.»

    «Ah. È la prima volta che conosco una ex suora di clausura» rifletté madame. Nessuna delle sue amiche poteva vantare un'ex suora alle sue dipendenze. Poteva essere cool. «E quando ha smesso la tonaca?»

    «Prego?»

    «Quando ha lasciato il convento?»

    «Una settimana fa.»

    «E lì, in quel... convento, si occupava del guardaroba delle sue consorelle?»

    «Be', non proprio. Per la maggior parte del tempo lavoravo nell'orto o in cucina.»

    «Oh! Sicché non ha esperienza come guardarobiera e immagino che non abbia nessuna referenza.»

    Paloma si strinse nelle spalle.

    «Ehm, no. Mi dispiace.»

    Nella sua mente vedeva già la porta d'ingresso che si spalancava e il pesante cancello che scorreva da un lato ridonandole la libertà perduta.

    Madame invece era combattuta: da una parte assumere un'ex suora - e di clausura! - sarebbe stato davvero cool; dall'altra, questa tizia non aveva nessuna esperienza come guardarobiera. Poteva fare dei danni, rovinare dei capi unici e insostituibili... Si immaginò il suo Lagerfeld da sera - quello che le stava così bene - tutto macchiato e strappato, e le venne un brivido lungo la schiena. No, non poteva correre un rischio simile.

    «Allora, mia cara...» madame assunse la sua tipica espressione dispiaciuta e un po' delusa «temo che abbiamo perso tutte e due il nostro tempo. Vede, io assumo solo personale di servizio con buona esperienza. Capisce? Perciò...»

    «Sì sì, capisco» disse svelta Paloma, che si immaginava già in salvo fuori dalla villa.

    «È stato un vero piacere fare la sua conoscenza, ma non voglio trattenerla oltre e...»

    Paloma aveva afferrato i braccioli della poltroncina e si preparava già ad alzarsi quando all'improvviso si sentì all'esterno una serie di forti scoppi e un rumore di ferraglia.

    «Accidenti! Di nuovo quelle maledette candele!» esclamò madame stringendo le labbra. «Eppure le ho appena fatte cambiare!»

    «È un'auto nuova?» domandò Paloma tendendo l'orecchio.

    «Oh, noo. È un'auto storica. Una Silver Shadow del '78.»

    «Ah, una Rolls Royce.»

    «Sì, l'abbiamo appena presa all'asta di Sotheby's. Quella che fanno allo Sporting Club di Montecarlo. Ha presente?»

    «Ehm, veramente no. Del '78, ha detto? Ma usa la benzina normale? Cioè, quella verde?»

    «Be', credo di sì. Perché? Che altra benzina dovrebbe usare?»

    «Senza additivi al sodio o al potassio?»

    «Additivi? Cosa sono?»

    «Ecco... sono sostanze che servono a non far detonare il motore, cioè a evitare gli scoppi che sta sentendo adesso.»

    «E non c'entrano le candele?»

    «No, non c'entrano. Fa tanto rumore perché il suo motore non è adatto alla benzina verde.»

    Madame alzò le sopracciglia, perplessa. «Ah no?»

    «Gli servirebbe quella col piombo, che agisce anche da lubrificante. Ma non viene più prodotta da un sacco di anni.»

    «E come si può fare?»

    «Be', per risolvere definitivamente il problema penso che sarebbe consigliabile rifare la testata e sostituire le valvole.»

    «La testata?»

    «Sì. E naturalmente bisognerebbe anche rettificare l'accoppiamento tra le valvole e le rispettive sedi.»

    Madame rimase per un istante a bocca aperta.

    «Lei... s'intende di motori, Paloma?»

    «Abbastanza. Mi padre aveva un'officina e io ho imparato un sacco di cose da lui. Ho smontato e rimontato diversi motori di auto e di moto. E senza che alla fine mi avanzassero dei pezzi» disse con una risatina.

    «E sa anche guidare?»

    «Guidare? Certo. Auto, moto... e anche camion.»

    «Patente?»

    «Sì sì, tutto in regola. Guidavo io sia l'auto che il furgoncino del convento.»

    «Splendido! Paloma, lei è proprio la persona che fa per me.»

    «Io?»

    «L'assumo come autista.»

    «Come autista?»

    «Tremila euro al mese. Accetta?»

    «Be', io... ecco, veramente...»

    «Oh, non si faccia pregare. Ho proprio bisogno di un autista di fiducia.»

    «Ma...»

    «Il vecchio François sta per andare in pensione e io... non mi piace guidare. Mi fa paura con tutto il traffico che c'è e tutti i pazzi scatenati che si incontrano per strada.»

    «Ma io...»

    «Facciamo tremila e cinque. Va bene?»

    «Tremila e cinquecento euro al mese?» domandò stupita Paloma. «Solo per guidare la sua macchina?»

    «Sì.»

    «Be', io... non so che dire.»

    «Allora dica di sì.»

    Per Paloma tremila e cinquecento euro equivalevano a uno stipendio principesco. Anche se in quella casa c'era gente parecchio strana, come poteva rifiutarlo?

    «In realtà avrei proprio bisogno di un lavoro, e la sua offerta... insomma, proprio non me l'aspettavo.»

    «Mi sta dicendo di sì, Paloma?»

    «Io... Sì, accetto.»

    «Magnifico. Comincerai lunedì prossimo. Intanto puoi trasferirti qui. Naturalmente avrai una stanza tutta per te e potrai far pratica con la Rolls. Nel frattempo la manderò in officina a sistemare. D'accordo?»

    «Ehm, d'accordo. Grazie, ma... madame.»

    «Mi domando perché François non mi abbia detto niente di questa faccenda della benzina verde» rifletté madame. «Ha sempre dato la colpa alle candele sporche! Be', torniamo a noi. Puoi trasferirti qui subito?»

    «Subito? Va... va bene, madame. Devo solo andare a prendere le mie cose alla pensione.»

    «Perfetto. Però dovremo fare qualche aggiustamento.»

    «Aggiustamento?»

    «Sì, al tuo aspetto. Sei carina, ma... fuori moda. Ti affiderò alla mia parrucchiera di fiducia e le dirò di tagliarti i capelli à la garçonne. Ti staranno magnificamente. E poi ti farò fare una divisa su misura.»

    «Una divisa? Ma...»

    «Col tuo fisico ti starà splendidamente. Una divisa beige, berretto con visiera e stivali neri. Sarai un incanto!»

    2. Confidenze

    Hubert aveva ottenuto da madame il permesso di aiutare Paloma per il suo trasloco alla villa. Si era tolto la divisa da Nadine e si era vestito da Hubert, con maglietta polo azzurra, pantaloni blu scuro e sneakers nere. La cosa aveva un po' tranquillizzato la ragazza che ancora non si spiegava molte cose e ogni tanto gli lanciava un'occhiata sospettosa, domandandosi se non avrebbe fatto meglio a rinunciare al suo aiuto e arrangiarsi da sola.

    Hubert possedeva una Clio grigia, una macchinetta da città di seconda mano di cui andava alquanto fiero. Madame gli permetteva di posteggiarla all'interno del parco sotto una tettoia di legno rivestita di tegole rosse. Non era come tenerla in garage, ma proteggeva dalla pioggia e preservava la vernice dal sole. E poi lui non era mai stato un patito delle auto, come dimostravano i graffi sugli specchietti esterni e alcune piccole botte sparse nella carrozzeria. Una di queste gli dava particolarmente fastidio perché non l'aveva causata lui. Si trattava di un solco verticale

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