L'Autorealizzazione in R. Assagioli e G. I. Gurdjieff
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L'Autorealizzazione in R. Assagioli e G. I. Gurdjieff - MAURO VENTOLA
Prefazione
Sono grato all’amico Mauro Ventola e ai suoi solerti collaboratori per aver realizzato questo piccolo libro tratto da una mia conferenza – presso il Centro di Psicosintesi di Napoli, di cui Mauro è Direttore – dal titolo L’Autorealizzazione in R. Assagioli e G.I. Gurdjieff.
Ho conosciuto il sistema di Gurdjieff quasi contestualmente al mio primo approccio alla Psicosintesi. Avevo poco più di vent’anni quando iniziai a frequentare il Centro di Psicosintesi di Roma e a partecipare ai vari incontri tenuti da Sergio Bartoli, allievo diretto di Assagioli e divenuto poi mio didatta. Mi interessai quindi alla Quarta Via, divorando
i principali testi di Gurdjieff e Ouspensky e intessendo fitte conversazioni con allievi di allievi diretti di Gurdjieff.
Ho notato subito interessanti punti di contatto tra i due modelli di sviluppo umano e qualche differenza: ne parlai per la prima volta a Firenze, in una conferenza che tenni nel 1991, seguirono poi varie altre occasioni. Nel 2013, l’Organo direttivo dell’Istituto La Teca, Associazione di Quarta Via fondata da Giovanni Maria Quinti, mi propose di partecipare, come presidente dell’Istituto di Psicosintesi, a un convegno nei pressi Varese con l’obiettivo di introdurre i loro soci ai fondamenti del pensiero di Roberto Assagioli, individuando punti in comune e differenze col pensiero di G.I. Gurdjieff, per loro fonte di continua ispirazione. È invece storia recente la menzionata conferenza del 20 ottobre scorso, presso il Centro di Psicosintesi di Napoli.
Autorealizzazione è forse una parola inflazionata e talvolta indebitamente pronunciata. Ci sono vari tipi e livelli di realizzazione: nell’ accezione mondana
il termine è rivolto per lo più al "ben-avere e riguarda le aspettative della personalità secondo le mode del periodo storico in cui si vive, ma – in questo libro – mi riferirò piuttosto al senso che la parola acquisisce dal punto di vista della realizzazione psicospirituale, che attiene alle istanze dell’anima e ha tra i suoi effetti il
ben-essere".
In parole semplici, auto-realizzarsi significa divenire reali, manifestare ciò che si è, esprimere la propria nota. Ma noi abbiamo abdicato alla nostra nota originale e al nostro autentico sentire e quasi sempre le cose che desideriamo non corrispondono alle nostre vere aspirazioni.
Purtroppo il nostro vero essere è il grande assente sulla scena della vita. Al suo posto si è insediato un falso sé, un replicante esistenziale, una fotocopia
che si riconosce nei rituali convenzionali che ci arrivano tramite TV, stampa, mass media, Internet, etc.
Un denominatore comune in tutti i tipi di disagio è la mancanza di sintesi, cioè l’essere scomposti, l’essere divisi, l’essere una molteplicità di io che non ha un centro unificatore. È fondamentale il discorso assagioliano sui centri unificatori
che si alternano nelle varie fasi della nostra vita, dando luogo a sintesi parziali
. E la realizzazione di un Centro di Gravità Permanente – così denominato da Gurdjieff ed espresso musicalmente da Battiato – è ciò verso cui urgentemente ed incessantemente tendere.
Si tratta di vivere coerentemente con le proprie istanze interiori e di vivere bene con gli altri, uscendo dalla meccanicità. In poche parole sarebbe bello "essere se stessi, esserci, essere in armonia con gli altri. Ed è verso questo obiettivo che, sostanzialmente anche se con diversa terminologia, i due approcci – Quarta Via e Psicosintesi – convergono, partendo dal fatto che per realizzare se stessi è necessario
smascherare l’auto-inganno, capire che
ci si era persi", ed entrambi i metodi ci esortano a ritrovare la strada e ci indicano come procedere in un percorso che partendo dalla conoscenza di sé, passa attraverso la padronanza delle proprie funzioni bio-psichiche per giungere, infine, alla trasformazione.
E lo strumento necessario per orientarsi e guidare i nostri passi in questo percorso è la volontà, una volontà di sintesi, una volontà creativa, una volontà di significato (per dirla con V. Frankl), che prenda il posto del lasciarsi vivere
.
Nel presente testo propongo una panoramica di raffronto che trasmetta al lettore la conoscenza dei punti focali dei due modelli autorealizzativi, nell’auspicio che possa accendere la curiosità e servire da stimolo per un approfondimento del pensiero dei due maestri.
Daniele De Paolis,
Roma, 14 Giugno 2018
Presentazione
È una gioia e un onore presentare il primo volume del Gruppo Studi & Ricerche sul Progetto Volontà, elaborato di una trascrizione della conferenza che Daniele De Paolis ha tenuto su mio invito il 20 ottobre 2017 presso il nostro Centro. Ho conosciuto il lavoro di Daniele qualche anno fa, mentre ero in Umbria ospite da un’amica socia, che in biblioteca aveva il suo libro L’io e le sue maschere.³ Un anno dopo averlo letto ho incontrato Daniele De Paolis a Firenze, al Congresso Nazionale di Psicosintesi Lo Spazio e il Tempo della Cooperazione (2017) a cui entrambi partecipavamo come relatori. Ero stato da poco invitato dalla nostra ex-direttrice a candidarmi come direttore del Centro di Napoli, e ne stavo discutendo con Alberto Alberti durante una pausa del congresso. Daniele si unì alla conversazione e mi suggerì vivamente di candidarmi. Gli dissi però, nel caso in cui avessi deciso di farlo, che avrei avuto bisogno della sua collaborazione e che lo avrei invitato a Napoli per il nuovo anno. Accettò volentieri.
Daniele ha onorato la sua parola e, poco dopo aver aperto ufficialmente il nuovo anno di attività del Centro, ha tenuto una conferenza intitolata L’autorealizzazione in R. Assagioli e in G. I. Gurdjieff, da cui è tratto questo documento. Al Centro erano presenti diversi giovani, e – grazie al supporto del nostro gruppo di collaboratori – siamo riusciti a creare un evento degno di nota
. Il grande filosofo Martin Heidegger parlò dell‘ evento
come di un’apertura, di uno svelamento: uno spazio o una radura all’interno del quale un aspetto dell’Essere può manifestarsi. L’evento specifico rappresentato da questa speciale occasione («uno stato di cose che rende qualcosa possibile») è la possibilità di comparare il lavoro di due grandi maestri della coscienza umana come Assagioli e Gurdjieff. Non solo rispetto alla ricerca e all’avanzamento storico della psicosintesi, ma anche in relazione al compito di far insorgere una nuova forma di umanità, considero questo evento degno di nota – e per più di un motivo.
Sono trascorsi infatti poco più di cento anni da quando, nel primo decennio del Novecento, a Mosca, il filosofo armeno George Ivanovich Gurdjieff, uomo dal passato misterioso ma dall’indubbia capacità di toccare la coscienza delle persone che lo incontrarono, giunse in Occidente portando con sé un messaggio tanto profondo quanto radicale (dal latino, alla radice
). Il suo radicale punto di partenza caratterizza il suo insegnamento trasformativo (o iniziatico). Un insegnamento iniziatico è una pratica conoscitiva in cui il soggetto conoscente, per poter conoscere, deve trasformarsi.
Il suo punto di partenza è che l’uomo, nel suo stato di coscienza ordinario, vive come una macchina. Egli non è una macchina come per Pavlov o quei fisiologi che hanno parlato del corpo come di un complesso meccanismo
. L’uomo è una macchina nel senso che, nel suo stato ordinario, è esistenzialmente morto: vive dissociato dalla sua essenza, incapace di esprimersi, di sentire la vitalità dentro se stesso, di provare emozioni reali, di essere reale e affrontare la realtà per ciò che è. La filosofia orientale e occidentale, l’alchimia, la psicologia e le antiche tradizioni spirituali affermano lo stesso. Dai dormienti
di cui parlava Eraclito, ai prigionieri della Caverna di Platone, al Velo di Maya
di Schopenhauer, questo insegnamento è sempre esistito. Uno dei meriti di Gurdjieff è di averlo presentato in modo esistenzialmente serio e in maniera radicale. La sensazione sottostante di non essere reali e il sospetto di vivere una vita illusoria è certamente una questione decisiva nella svolta della storia di vita di un cammino di trasformazione. La chiamata di ogni Viaggio dell’Eroe, di cui parlano i miti di tutti i tempi, non è altro che una chiamata alla realtà, alla vita, al risveglio, all’espressione del nostro progetto autentico. L’alternativa è indicata dal filosofo americano Henry D. Thoreau in modo lapidario:
La gran parte delle persone vive una vita di quieta disperazione, e finisce alla tomba con la propria canzone ancora dentro.
Ma come accennavo, oggi, a più di cent’anni da questo messaggio radicale, le conseguenze negative di questa falsa identità e di questa irreale
configurazione dell’Io umano, si sono estese