L'unica notte
By Anna Nihil
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L'unica notte - Anna Nihil
Nihil
PREFAZIONE
Questo testo è liberamente ispirato al capolavoro della letteratura araba più noto al mondo, Le mille e una notte.
Tutti sanno della saggia e scaltra Shahrazâd, che riuscì a sedurre il re di Persia raccontando ogni notte una storia diversa e accattivante.
In questo testo troverete alcune delle novelle più avvincenti, grottesche e maliziose de Le mille e una notte rielaborate in una nuova coinvolgente storia.
Buona lettura!
Complotto di famiglia
C’era una volta un sultano ricchissimo e potente.
Nessuno al mondo aveva un palazzo degno del suo. Bianco e con enormi cupole dorate, risplendeva, sembrava un pezzo di sole sulla Terra. All’interno, nelle sontuose stanze, c’era ogni bene possibile, arazzi pregiati, gemme e oro a non finire. Aveva inoltre un harem con seicento concubine più belle della Luna.
Queste sue grandi ricchezze non destavano eccessiva invidia, perché il sultano era dotato di una bellezza e di una purezza d’animo degna di rispetto.
Si preoccupava molto del suo popolo e spesso, con il suo fidato visir, si vestiva da comune suddito e girava in incognito per le strade del regno, per capire quali potessero essere le soluzioni migliori per rendere piacevole la vita anche alla povera gente. Ogni gesto magnanimo, degno di essere raccontato, era opera del sultano. Era impossibile per il suo popolo non essergli devoto.
Durante uno dei loro sopralluoghi segreti, il sultano e il visir andarono al mercato, qui il sultano rimase folgorato da un’ancella di straordinaria bellezza. Ordinò al visir di comprarla per lui alla cifra migliore.
Il visir già immaginava di dover sostenere una lunga e ardua trattativa, invece il mercante propose da subito un prezzo molto basso.
Il sultano, incredulo, intervenne, chiese al mercante se fosse pazzo, come poteva vendere una tale bellezza a tal prezzo?
Il mercante, che era un uomo fin troppo pio e onesto per il suo mestiere, ammise di temere la donna perché la considerava portatrice di sventura. Non vedeva l’ora di sbarazzarsene, ma, allo stesso tempo, soffriva all’idea che potesse nuocere ad altri.
Il sultano gli chiese come potesse sostenere una tale grave accusa. Il mercante gli rispose che la donna aveva mandato in rovina suo padre, fatto impazzire suo marito e costretto al suicidio i suoi due fratelli.
Tutto ciò era spaventoso, ma non abbastanza per rimuovere il desiderio del sultano. Ammirando le graziose fattezze dell’ancella, i capelli di seta e i suoi occhi scuri e profondi come la notte, sostenne che fossero state solo meschine casualità. Era troppo bella per recare danno. Così, il sultano acquistò il gioiello del suo harem, la sua prediletta, a una cifra ridicola.
La portò nel suo palazzo e la sera stessa organizzò le nozze. Trascorse la notte più bella della sua vita con la nuova sposa, e la felicità si protrasse anche nei giorni seguenti. La sua amata ben presto gli avrebbe dato un erede.
Dopo nove mesi, la sposa partorì il figlio maschio che il sultano sognava da tempo. Aveva trascorso giornate intere a pensare al nome da dargli, a come istruirlo al meglio per fare di lui il futuro sovrano... ma i suoi sogni si infransero di colpo appena vide il neonato.
Era l’essere più orrendo che avesse mai visto, non sembrava nemmeno un figlio di un uomo.
La delusione fu troppo cocente: quella sposa perfetta e un tale figlio! Era davvero maledetta, l’aveva avvertito il mercante, il sultano poteva prendersela solo con se stesso per essersi fatto accecare da tanta bellezza che ben camuffava la sciagura in cui lo avrebbe trascinato.
L’ira, il dolore, la paura, tutti sentimenti che non aveva mai provato prima, lo pervasero tutti insieme e, nella confusione irrazionale, decise di far tagliare la testa alla sua sposa.
Con il bambino, che era pur sempre sangue del suo sangue, il sultano fu clemente, lasciò che vivesse con i fratelli e le sorelle, ma il più lontano possibile dalla sua vista. Infatti, ogni volta che andava a far visita ai figli, il sultano ordinava che Mosd venisse allontanato dalla stanza. Così chiamò quel piccolo, con un nome che non significava nulla, perché per lui era il nulla, un capitolo nero della sua vita, da cancellare.
Non passò molto tempo che, desideroso di un erede degno del suo nome, il sultano si sposò